[LIJ] Fonetica storica dei dialetti liguri

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u merlu rucà
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[LIJ] Fonetica storica dei dialetti liguri

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Alcuni tratti nell'evoluzione fonetica dei dialetti liguri. Ve ne sono altri, ma questi sono i più caratteristici.

1) Esito di Ū lunga latina.
In quasi tutta la Liguria l’esito di Ū è [ü]: vent. lüxe, spez.. lüṡe “luce” <LUCE>; in alcune località, tra cui Pigna (IM), la sua frazione Buggio e Fontanigorda (GE), vi è un’ulteriore evoluzione da ü > i, ad es.: pign. miřa, fontanig. mira “mula”.
Si conserva invece la [u] soltanto ad est della Spezia: vezz. mulo, fumo.

2) Palatalizzazione di -CT-
Quasi tutte le parlate liguri presentano il passaggio da -ct- latino a -jt- tipico dei dialetti galloitalici dell’Italia settentrionale, fenomeno spiegato spesso con il sostrato celtico e comune al francese: apric., baiard. carp., badal. nöjte “notte” < NOCTE, vall., vent., sanr., apric., sold., lajte “latte” < LACTE (nei dialetti intemeli il dittongo è sempre conservato dopo a, e, e in parte dopo ö, ü, mentre la [j] viene generalmente assorbita dopo ü e i: vent., vall. frütu “frutto” < FRUCTU; fritu “fritto” < FRICTU). In alcuni dialetti della fascia montana che va dall’Ingauna interna all’Oltregiogo savonese si ha, invece, la palatalizzazione in /č/ʧ/ castelv., calizz., sass., nöce, erli, giust. nöcce < NOCTE; castelv. láce, Erli, giust., calizz. lacce < LACTE come in molti dialetti lombardi e piemontesi. Viene da chiedersi quale sia stato l’esito originario ligure, dato che la palatalizzazione ʧ non è presente solo nella zona interna della provincia di Savona, dove vi sono forti influssi piemontesi, ma anche in paesi decisamente liguri. Nel piemontese stesso, l’esito –jt- sembra più recente. Nella Liguria orientale dalla linea Sesta Godano- Levanto l’esito è simile a quello toscano (-T- < -TT-: fato”fatto”). L’isoglossa è valida analogamente per gli esiti di -GD- che regolarmente vedono in quasi tutti i dialetti liguri fino a Levanto la vocalizzazione della G analoga a quella della C del gruppo CT [jd]: vall., sanr., pietr., sav., gen., arenz., ecc. frejdu; “freddo” < FRIGIDU, mentre nell’Oltregiogo abbiamo sass., rossigl. freǧu e nell’estremità orientale lev., sp. fredu, fredo.

3) Assibilazione di CE, CI in [ts]
In tutta la Liguria, escluse soltanto alcune zone dell’estremo est, CI e CE risultano, in posizione iniziale o postconsonantica generalmente assibilati in [ts] fontanig., sarz. furzina < *FURCINA, carp., imp., sass., stella, fontanig. zèrne < CERNERE, o nello stadio successivo in [s]: sav., loan. chia. séxa, , arenz., gen., lev. sȇxa “ciliegia” < CERESEA, vent. fursina, leric. forsina, cam. furscin-a “forchetta” leric. sesi, sp. séṡoi, “ceci” < CĬCĔRE. Nella Liguria occidentale alcuni termini presentano eccezionalmente conservata la fricativa palatale, cfr. con le forme vall., vallecr. ceřeixa “ciliegia/ciliegio”; vall. furčina “forchetta”; vall., sold., vallecr. apric. ceixi “ceci”, vent. céixi

4) Lenizione di -P- e -B-
La lenizione di -P e -B-, che ha come esito [v,], interessa tutta la Liguria: sarz., vezz. savòn; cic., chiav., vent. vall., alt. savùn “sapone” < SAPONEM; vall.; vent.; chiav. rava “rapa” < RĂPA; vall.; vent.; loan.; monter. savé “sapere” < SAPERE. In alcuni casi la [v] cade: tagg., giust., arenz., rezzoaglio, saùn “sapone”; vall., vent., sanr. touřa; sav. tòua; tri., tagg., pigno. tòa; “tavolo” < *TAULA < TA(B)ULA ; vall. fouřa, vallecr., calizz., carp. fořa, genov. centr. fòua “favola” < FA(B)ULA.

5) Passaggio da -L- intervocalica a [ř].
Altro tratto fonetico unitario dei dialetti liguri è rappresentato da quello che viene tradizionalmente considerato un fenomeno del sostrato ligure preromano (C. Merlo), cioè il passaggio di -L- semplice intervocalica a una [ř] poco vibrante, articolata come apicale dorsale palatale o come apicale retroflessa (lo stesso passaggio interessa anche la –R- semplice). Mentre a Genova e, generalmente anche nella Liguria orientale, è ormai scomparsa (salvo in alcune zone appenniniche), si conserva ancora nei dialetti centrali, nel ponente ligure, in particolare nell’entroterra intemelio, (dove la [ř] ha un suono più palatale), in quello di Albenga e nell’Oltregiogo (dove ha un suono velare): alb., alass., vall., vallecr., apric müřa, sass., müra “mula”; alb., muřin, fin. M. murin; vall., vallecr., sold., muřin; pigno., arenz. pietr. müa, sav., arenz., pigno. muin sp. moin, sarz. mulin (la -l- si conserva nell’estremo levante) “mulino”. La rotacizzazione di -l- intervocalico a -ř- si ritrova anche in Provenza, cfr. [ALF 849], nel Piemonte meridionale [Cortemilia, AIS], nell’Emilia occidentale [Coli, Bardi, AIS], nell’area a cavallo del confine tra Piemonte e Lombardia e in una parte del Canton Ticino.

6) Esiti di GE, GI, DJ, J
L’assibilazione di GE, GI, DJ, J in [dz], copre una grande area dell’Italia superiore, dal Piemonte meridionale, alla Lombardia fino alla Lunigiana. Secondo Rohlfs [1966: 209- 213], [dz] è da considerarsi un sviluppo ulteriore di [ǧ /ʤ]. In Liguria si ritrovano sia la prima fase [dz] sia quella successiva in [z], sia, in alcune zone della Liguria occidentale vicine al Piemonte e alla Provenza, la conservazione di [ǧ /ʤ]; vall., vallecr. ğiögu; vent. zögu, sp. leric. ṡego, sarz. żogu, sass., calizz., campol., żö “gioco” < JOCU; vall., vallecr. péğiu, vent., sanr. pezu, calizz., campol. peżżu, alass., pietr., alb., loan. peṡṡu “peggio” <PEJU>.

7) Conservazione delle vocali atone
La conservazione delle vocali atone e delle vocali finali (tranne -e e -o dopo le consonanti -n-, -l-, -r-) rappresenta uno dei tratti peculiari del ligure rispetto agli altri dialetti gallo-italici. Al contrario dei tipi piemontese ed emiliano, nel ligure, se si escludono alcune zone dell’Oltregiogo (alt., mill. speǧ; dego ṡnuǧ) più esposte all’influsso piemontese ed emiliano e non soggette all’influenza genovese, le vocali atone e in particolare le vocali finali sono ben conservate: vall., vent., spegliu “specchio”; sass. speǧu, sestri L. spogiu, vall. ṡenugliu “ginocchio”, stell. żenugiu; sass. ṡenuǧu.

8) Esiti di KS (X), PSJ e -SJ-
Comune a tutta l’area ligure, salvo alcune zone dell’estrema Liguria orientale, è il passaggio -KS- e -PSJ- > - [š/ʃ] vall., vent., sanr., sav., sass. cöscia, vs. sp. côssa, “coscia” < COXIA, vent. cascelan, vallecr. cascelà “dente molare” <CAPSEU> [ž/ʒ], vall., vent. baixu, on., fin.mar. bôxu; spez. baso, “bacio” < BASIU.


9) Esiti palatali di PL, BL, FL, GL
La palatalizzazione di PL, BL e FL, che giunge agli esiti [č/ʧ], [ğ/ʤ], [š/ʃ], è spesso più avanzata rispetto a quella meridionale continentale e siciliana (chianu, sciuri, iancu): vall. ciàsa “piazza”< PLATEA; giàncu “bianco” < blank (germ.); duğu “doppio” < DUPLUM; sciuřa “fiore” < FLORE. Esiti simili si riscontrano curiosamente nel galego. La palatalizzazione in [ğ/ʤ] avviene anche da GL ma solo in posizione iniziale e postconsonantica: vall. giasa “ghiaccio” < GLACIA, geva “zolla di terra” < GLĒBA, vall., vallecr., bord. ungia < UNG(U)LA. Verso est l’area di diffusione del fenomeno si estende a tutta la Liguria, escludendo solo l’area marginale dell’estrema Liguria orientale e alcune zone appenniniche: gen., arenz. giancu, spez. gianco;. sant.stef.aveto fiümme < FLUMEN, sarz. biàncu, vezz. bianco. Verso il Piemonte la palatalizzazione arriva fino a Ormea, Garessio: čöve “piove”, časa “piazza”, čan “piano”, ğanku “bianco”, duğu “doppio”.

10) Lenizione di -T- e -D-
La lenizione di –T- e –D- fino alla scomparsa (sea < SAETA; niu < NIDU) interessa praticamente tutti i dialetti liguri, eccetto quelli della Liguria orientale dove abbiamo -d- primario e secondario da -T- conservato: batüdo “lardo triturato” (Calice al Cornoviglio), spez. ledáme “letame”, pigno. prádu “prato”.

11) Velarizzazione e rotacizzazione di -N-
In area genovese -N- semplice, in posizione postonica e seguita da vocale finale si velarizza pur mantenendo l’articolazione apicale prima della vocale: Noli kaṅpaṅna “campana”, laṅna “lana”. Nel corso del XVIII nel genovese vi fu la perdita dell’articolazione apicale prima della vocale: kaṅpaṅa, laṅa. Nella Liguria occ. e centr., fino a Finale e nella Liguria orient. da Varese Ligure e Levanto verso est -n- rimane inalterata, vall., vent. caṅpana, lana. Nelle zone montane di Pigna, Apricale e Triora si registra, invece, una rotacizzazione di -n-: apr. kaṅpanřa, trior. kaṅpanřa, pign. kaṅpařa.

12) Esito di -CL-
Un’altra caratteristica comune ai dialetti della Liguria occidentale, ma diversa dal ligure centrale è l’esito [ł/ʎ] di -CL- intervocalico: vall. aur̂églia “orecchia”< AURIC(U)LA [REW 793]; ṡenùgliu “ginocchio”< GENUC(U)LU [REW 3737]; fenugliu “finocchio” < FENUCULUM [REW 3246]. Nei dialetti di tipo genovese e nel ligure centrale, invece, si ha la palatalizzazione in ǧ: au̯ȓéǧa, żenúnǧu, fenúggiu, famiggia. In molti dialetti costieri (incluso il mentonasco) e dell’immediato entroterra del ponente ligure, l’esito tende ad uno sviluppo ulteriore in [i̯]: sanr. ur̂éja, zenuju; sold. aur̂eja, ment. awreja; dʒinuj “ginocchio”; vallecr. aur̂eia “orecchia”, mentre una fase intermedia [ii̯] si registra a Soldano: aur̂eii̯a. Questa isoglossa, che corrisponde all’esito provenzale di -CL- arriva fino a Taggia, Sanremo e alla media e alta valle Argentina (Badalucco, Montaldo, Triora) mentre Carpasio (aur̂égia) sulla sinistra della valle, va quasi sempre con il ligure centrale. Nella Liguria orientale (da Levanto fino alla Magra) si ha invece l’esito [č/ʧ] come nei dialetti di tipo emiliano: lev. uécia, zenuču, dial. di Campiggia fraz. di (SP) fenùciu, mentre alcune parlate dell’area spezzina presentano, anche se parzialmente, esiti simili a quelli di alcune parlate ponentine: a Maissana e a Campiglia méi̯u, a Vezzano méjë .

13) AU < óu̯
Altra caratteristica dei dialetti liguri occidentali rispetto, ad esempio, a quelli dell’area genovese, è l’esito di AU tonico latino che passa a óu̯: vall., vent., sanr. tóu̯r̂a “tavola” < TA(B)ULA [REW 8514]; fou̯r̂a “favola” < FA(BU)LA [REW 3124].; vall. ciousu “terreno coltivabile entro le mura della città” < CLAUSUM [REW 1973]; vall. cour̂u “cavolo” < CAULUS [REW 1778]. In genovese la AU passa invece a ō gen. fôa “favola” toa “tavolo”, cou “cavolo”, mentre in provenzale si mantiene prov. taulo “tavolo”, kaulet “cavolo”.

14) Dittongazione di e chiusa protoromanza in sillaba libera
La Liguria occidentale, dalla frontiera con la Francia fino ad arrivare ad Albenga, e la Riviera di Levante, da Monterosso a La Spezia, non conoscono il dittongo che, al contrario, si rileva nel genovese, dove la e chiusa dittonga in modo libero e generalizzato: mei̯se “mese”; pei̯ve “pepe”; sei̯a “sera”. Tra Albenga e Finale si trovano casi particolari del dittongo, quando e è seguita da r primaria o secondaria da -l-: abbiamo qui béve, péve, méze, ma sei̯r̂a, kandei̯ra, tei̯r̂a. La forma sei̯r̂a si trova anche nella Liguria occ. nel senso sia di “cera”, sia di “sera” sia di “ieri”. Per Merlo si tratterebbe di “attrazione” dei vocaboli in -eira, mentre Azaretti propone come etimi *SERIA e CEREA, cfr. anche Petracco Sicardi .

15) Esito di -LJ-
Una nota peculiarità del ligure occidentale e centrale, oltre che nell’Oltregiogo , è l’esito [ł] o [i̯] di -LJ- interno: vall. figliu, fiju; vallecr. fîu “figlio”, sass. fiju; alb. fìu < FILIUM [REW/REWS 3302]. Da Noli fino a La Spezia e Lerici, nonché nella Val di Vara e nella Val di Magra l’esito è invece ǧ arenz., gen. centr., sav. fiǧèu, vezz. figio. In alcune zone dell’area spezzina, infine, si ritrovano sporadicamente gli esiti dei dialetti del ponente sp. fíu.

16) Esiti di TR-
Nella Liguria occidentale e centrale l’esito principale di -TR- è [i̯r] come nel pro-venzale: vall., apric., sold., pair̂e/mair̂e “padre/madre”, vent., buss., campor. paire/màire; quest’esito non copre la Liguria orientale: pign., lev. pàe/mâe, màe. Nell’area attorno a Genova a causa della caduta di r, della monottongazione di ai e dell’epentesi di u dopo consonante labiale: gen., cic., lav., puè/muè. Nell’Oltre-giogo savonese, nella Val Trebbia e sulla costa tra Porto Maurizio e Albenga si ritrova invece l’esito [r] tipico dei dialetti padani (e del francese): alass., alb., sass., par̂e /mar̂e.

17) Dittongazione di o aperta
In Liguria la dittongazione di o aperta con passaggio a ö avviene in tre circostanze: a) quando essa si trova in sillaba aperta, b) per influsso metafonetico, c) presenza di una consonante palatale. A differenza del resto della regione, l’area orientale attua il passaggio a ö solo nei primi due casi, mentre nel terzo la dittongazione avviene nelle condizioni toscane: apric., baiard., badal., nöite, vent., vall., sanr., sold., nöte, “notte”, vs. spez. nóte; sanr., on., sass., giust. föja, vall., apric., campor., carp., föglia “foglia” vs. sp., sarz., riomagg. fògia.

18) Riduzione di QU e GU a [k] e [ġ]
Un altro elemento di differenziazione interna alle parlate liguri è la caduta della semivocale -u̯- dopo le velari k e ġ. Mentre quasi dappertutto sul territorio ligure, compresa la parte settentrionale dell’anfizona Liguria-Provenza che concorda con il retroterra piemontese, QU e GU davanti a vocale rimangono come [ku̯] e [ġu̯]: cuànde, cuàndu “quando”, aigua, ägua. “acqua” nelle parlate ad ovest della Valle Argentina la semivocale scompare completamente riducendosi a [k] e [ġ]: vall., vent., sanr. càndu, àiga. Questa forma si ritrova anche nei dialetti provenzali e catalani. Sporadicamente questi esiti si possono ritrovare in parlate arcaiche del ligure orientale montross. kátru “quattro” katórṡe “quattordici”, kélu “quello”.


vent. Ventimiglia IM
vall. Vallebona IM
vallecr. Vallecrosia IM
bord. Bordighera IM
apric. Apricale IM
sold. Soldano IM
pign. Pignone SP
baiard. Baiardo IM
badal. Badalucco IM
carp. Carpasio IM
fontanig. Fontanigorda GE
sanr. Sanremo IM
castelv. Castelvecchio SV
calizz. Calizzano SV
sass. Sassello SV
giust. Giustenice SV
pietr. Pietra Ligure SV
sav. Savona
arenz. Arenzano GE
gen. Genova
rossigl. Rossiglione GE
spez. La Spezia
lev. Levanto SP
sarz. Sarzana SP
loan. Loano SV
chia. Chiavari GE
leric. Lerici SP
cam. Camogli GE
vezz. Vezzano SP
cic. Cicagna GE
tagg. Taggia IM
monter. Monterosso SP
tri. Triora IM
alb.. Albisola SV
alass. Alassio SV
fin m. Finale Marina SV
campolig. Campoligure GE
sestri l. Sestri Levante GE
alt. Altare SV
mill. Millesimo SV
sant.stef.aveto Santo Stefano d’Aveto GE
Ultima modifica di u merlu rucà in data mar, 26 mag 2015 17:12, modificato 7 volte in totale.
Largu de farina e strentu de brenu.
ippogrifo
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[LIJ] RE: FONETICA STORICA DEI DIALETTI LIGURI

Intervento di ippogrifo »

Chapeau ! :wink:
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Complimenti! :)
cambrilenc
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Intervento di cambrilenc »

C´è (c´era) palatalizzazione di -CT- anche nelle isole linguistiche di Biot, Vallauris, Mons e Escragnolles, ma immagino sia difficile sapere se nel fare così conservavano un tratto arcaico oppure subivano influenza provenzale.

d´altronde, c´è un tratto non panligure (almeno non attualmente) che mi pare interessante, e non so se U merlu, ippogrifo o qualcun altro ne sanno l´origine o ne hanno ulteriori informazioni: l'assimilazione della vocale lunga /a/ in /o/ i savonese (per cui ad esempio gli infiniti in -â vengono pronunciati in -o). Siccome questo esito esiste anche, se non sbaglio, in tabarchino, significherebbe che lo si troba anche nella periferia occidentale di Genova (Pegli)
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Grazie Passero solitario. :)

Sarebbe molto utile se volesse integrare il suo intervento con una serie di indicazioni/riferimenti bibliografici.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

AZARETTI Emilio
19822 L’evoluzione dei dialetti liguri esaminata attraverso la grammatica storica del ventimigliese, Edizioni Casablanca, Sanremo.
1989 “Un dialetto di transizione fra area ligure e occitanica: Olivetta San Michele” in Giulia PETRACCO SICARDI/Emilio AZARETTI Studi Linguistici sull’anfizona Liguria-Provenza, Alessandria.

2003 CUNEO Marco
1992 “Il dialetto della Val Fontanabuona” in Studi Linguistici sull’anfizona ligure-padana, a cura di Lorenzo MASSOBRIO e Giulia PETRACCO SICARDI, Edizioni dell’Orso, Alessandria.
2001 Le parole dell’ardesia: Storia e descrizione dell’industria ardesiaca in Val Fontanabuona. Glossario etimologico comparativo, De Ferrari Editore, Genova.

PETRACCO SICARDI Giulia/AZARETTI Emilio
1989 Studi linguistici sull’anfizona Liguria-Provenza, Edizioni dell’Orso, Alessandria.
1992 “Per la definizione dell’anfizona ligure-padana”, in Studi Linguistici sull’anfizona ligure-padana, a cura di Lorenzo MASSOBRIO e Giulia PETRACCO SICARDI, Edizioni dell’Orso, Alessandria, pp.12-25.

PETROLINI Giovanni
1983 “Sul carattere ligure delle parlate altovaltaresi”, in Studi di etnografia e dialettologia ligure in memoria di Hugo Plomteux, a cura di COVERI Lorenzo/MORENO Diego [1983], pp. 229-248

PLOMTEUX
1975 Hugo PLOMTEUX, I dialetti della Liguria orientale odierna. La Val-Graveglia, (2 voll.), Bologna.

ROHLFS Gerhard
1966 Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti (3 voll. ed. orig. tedesca Bern 1949) Giulio Einaudi Editore Torino.

TOSO Fiorenzo
1993 Gli ispanismi nei dialetti liguri, Edizioni dell’Orso, Alessandria.
1997 Storia linguistica della Liguria: Vol. 1. Dalle origini al 1528, Le Mani, Genova.
2004 Dizionario Etimologico Storico Tabarchino (vol. I), Le Mani, Microart’s Edizioni, Genova

VAN den BERGH Herman
1983 “Aspetti fonetici rilevanti delle sottovarietà dialettali liguri: -N- e –R- intervocalici” in Studi di etnografia e dialettologia ligure in memoria di Hugo Plomteux, a cura di COVERI Lorenzo/ MORENO Diego [1983], pp. 63-74.

VPL
1985-94 Vocabolario delle Parlate Liguri, Genova (5 voll.).

ZÖRNER Lotte
1983 “L’ottonese: un dialetto ligure”, in Studi linguistici sull’anfizona ligure-padana, MASSOBRIO Lorenzo/PETRACCO SICARDI Giulia (a cura di), Edizioni dell’Orso, Alessandria, pp. 73-184.

Inoltre vari dizionari dialettali e ricerche personali.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

cambrilenc ha scritto:C´è (c´era) palatalizzazione di -CT- anche nelle isole linguistiche di Biot, Vallauris, Mons e Escragnolles, ma immagino sia difficile sapere se nel fare così conservavano un tratto arcaico oppure subivano influenza provenzale.

d´altronde, c´è un tratto non panligure (almeno non attualmente) che mi pare interessante, e non so se U merlu, ippogrifo o qualcun altro ne sanno l´origine o ne hanno ulteriori informazioni: l'assimilazione della vocale lunga /a/ in /o/ i savonese (per cui ad esempio gli infiniti in -â vengono pronunciati in -o). Siccome questo esito esiste anche, se non sbaglio, in tabarchino, significherebbe che lo si troba anche nella periferia occidentale di Genova (Pegli)
Sulla palatalizzazione di -CT c'è un interessante articolo di Werner Forner, La Liguria ‘genovesizzata’: fossili della facies antica, purtroppo non reperibile in rete. Secondo lo studioso dell'università di Siegen, intorno all'anno 1000, la Liguria avrebbe avuto l'esito -ʧ- anziché quello -jt-. L'esito -jt- si sarebbe in seguito affermato grazie all'influsso del genovese, che lo aveva conservato come tratto 'urbano'. L'espansione della Repubblica di Genova lo avrebbe diffuso in molta parte della Liguria. Come testimonianza della condizione passata, cita alcuni termini 'fossili' che presentano -ʧ- in zone dove attualmente c'è -jt-.
Per quanto riguarda la -å- è effettivamente diffusa nella zona di Pegli/Voltri (Ippogrifo sarà sicuramente più preciso di me). Esiste anche nel Ponente, per esempio a Oneglia e Dolceacqua. Dovrebbe, qui, essere abbastanza recente, perché pare che il Pellis non l'abbia annotata nella sua inchiesta a Dolceacqua per l'ALI eseguita nel 1935 se non erro.
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cambrilenc
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Intervento di cambrilenc »

Grazie Merlu,
peccato che l´articolo non sia reperibile in rete. Mi accontenterò di questo breve resoconto che ho appena trovato:

https://unistrasi.academia.edu/PaolaDardano
ippogrifo
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[LIJ] RE: -CT->-IT- / A>O

Intervento di ippogrifo »

cambrilenc ha scritto:C´è (c´era) palatalizzazione di -CT- anche nelle isole linguistiche di Biot, Vallauris, Mons e Escragnolles, ma immagino sia difficile sapere se nel fare così conservavano un tratto arcaico oppure subivano influenza provenzale.

d´altronde, c´è un tratto non panligure (almeno non attualmente) che mi pare interessante, e non so se U merlu, ippogrifo o qualcun altro ne sanno l´origine o ne hanno ulteriori informazioni: l'assimilazione della vocale lunga /a/ in /o/ i savonese (per cui ad esempio gli infiniti in -â vengono pronunciati in -o). Siccome questo esito esiste anche, se non sbaglio, in tabarchino, significherebbe che lo si troba anche nella periferia occidentale di Genova (Pegli)
1) Non ricordo l'articolo del Forner citato dal Merlo. Come lei stesso ha scritto, relativamente alle varietà linguistiche di Mons et c . . . (completamente estinte e da tempo e di cui non si possiede altra documentazione rispetto a quella che anche lei conosce) avrei pensato anch'io a un'interferenza di contesto: coloni, non "colonizzatori" , inseriti in uno spazio linguistico di tipo provenzale al di fuori del "continuum" ligure. Dei quali non conosceremo mai con certezza da dove esattamente provenissero né se provenissero tutti dallo stesso posto . . . Anzi, potrebbe essere così gentile da rendere disponibile il brano dove il Forner tratta la questione. :wink: Così, ci si ragiona insieme. :wink:

2) Premetto che per qualsiasi questione attinente alla fonetica italiana - varietà dialettali incluse - non si può più prescindere dal Manuale di fonetica del Canepari. Già Magister aveva chiarito che il timbro delle vocali lunghe in genovese è diverso da quello delle vocali brevi. Ma espose il concetto in termini sostanzialmente "divulgativi". Verosimilmente per non "épater" troppo "les bourgeois". Nel Manuale citato si trova il vocogramma del genovese e vengono rappresentati con adeguati fonemi i due vocoidi "distinti" che costituiscono - nella realtà fonetica - i "dittonghi ristretti" del genovese. Cioè, le "tradizionali" vocali "lunghe". Quindi - sotto accento - , vocali "sdoppiate" e non vocali "lunghe" come un'esangue e - quanto meno - "imprecisa" tradizione persevera - ostinatamente e insopportabilmente - nel riferire. Il latino classico aveva vere e proprie lunghe. Il genovese no. Sono dittonghi. Se si ascoltano registrazioni attendibili, tutto ciò appare molto chiaro. Ad es., in genovese, ā non è [a:] , ma [a.α]. Il puntino rappresenta il semicrono. E il secondo vocoide risulta essere "posteriore" a partire dall'inizio della dinamica articolatoria . . . Per altro, anche in inglese - mutatis mutandis - è così. Anche se - ovviamente - non c'è alcun nesso diretto. Inoltre, partendo dal concetto di "sdoppiamento" vocalico e mediante "Vokaldifferenzierung" e "anafonesi", si riescono a "giustificare" i timbri cui lei accenna . . . Diversi nelle diverse località. L'anafonesi delle lunghe è un tratto abbastanza diffuso, certamente non solo ligure . . . Ho predisposto un articolo, ma credo che non avrò mai il tempo per pubblicarlo . . .

P.S. : qualora potesse interessarle . . .

a) Le pag. 293 - 296 del Manuale contengono i vocogrammi del catalano.

b) L'inventario fonetico del genovese è sbagliato, ma ne ho già scritto.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Grazie per la bibliografia u merlu rucà. :)

Forse si potrebbe rendere questa discussione Importante in modo che venga visualizzata a inizio sezione.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Forse si potrebbe rendere questa discussione Importante in modo che venga visualizzata a inizio sezione.
Fatto. :)
ippogrifo
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[LIJ] RE: -CT-

Intervento di ippogrifo »

u merlu rucà ha scritto:Sulla palatalizzazione di -CT c'è un interessante articolo di Werner Forner, La Liguria ‘genovesizzata’: fossili della facies antica, purtroppo non reperibile in rete. Secondo lo studioso dell'università di Siegen, intorno all'anno 1000, la Liguria avrebbe avuto l'esito -ʧ- anziché quello -jt-. L'esito -jt- si sarebbe in seguito affermato grazie all'influsso del genovese, che lo aveva conservato come tratto 'urbano'. L'espansione della Repubblica di Genova lo avrebbe diffuso in molta parte della Liguria. Come testimonianza della condizione passata, cita alcuni termini 'fossili' che presentano -ʧ- in zone dove attualmente c'è -jt-.
Ritengo che il contributo di W. Forner citato non possa "ribaltare" la tesi "tradizionale". Mi spiego: [-t∫-] per [-it-] veniva considerato esito d'interferenza di contesto, non come situazione anteriore - il che, come si vedrà nel seguito, risulta essere impossibile -. Infatti, [-t∫-] ha una certa diffusione - ampiamente minoritaria - a partire da dove le varietà "confinanti" - non liguri - mostrano lo stesso esito. Inoltre, ai confini con varietà linguistiche che esibiscono esiti di tipo emiliano - a levante -, non si hanno più forme con [-t∫-] quali, ad es., "fac(c)iu" per fatto<factu(m), che si oppone al tipo ligure "faitu>fætu" - [-it-] -, ma "fattu/fato" in [-t(t)-], che rappresenta la soluzione emiliana. In realtà, anche quella "toscana", cioè italiana. L'esempio citato è generalizzabile con altri casi e questo sembra un argomento molto forte a favore della tesi "tradizionale" e difficilmente scalfibile. A meno che, anziché scrivere di "una" facies antica, non se ne debbano postulare più d'una, ma - comunque, in questo caso - la tesi di una singola facies antica cadrebbe.
Inoltre, per altro, l'esito "fac(c)iu" presuppone "faitu" da cui si perviene a "fac(c)iu" solo tramite metatesi: "faitu">"fatiu">"fatju">"fac(c)iu". Non c'è altro modo. Non potrà mai essere l'opposto: è - semplicemente - assurdo. E, allora, si ha l'impressione di trovarsi di fronte a una teoria "avanti/indietro" o "tira-molla". La Liguria dovrebbe esser passata da "faitu" a "fac(c)iu" - infatti, senza il precedente "faitu" non può sussistere il successivo "fac(c)iu" - e, poi, in maggioranza, nuovamente a "faitu" - ! ? -. E perché mai la Liguria non sarebbe potuta rimanere a "faitu", visto che già lo possedeva - infatti, "faitu" precede "fac(c)iu" - ed era ritenuto così "prestigioso"? Senza contare il fatto che "ai confini orientali" "fac(c)iu" non si riscontra, ma sono presenti solo i tipi "fattu/fato" ! Troppi aspetti non tornano, mentre la teoria "tradizionale" dell'interferenza di contesto risulta conforme ai dati disponibili e non presta il fianco a incongruenze.
cambrilenc
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Intervento di cambrilenc »

piccola parentesi, ma sempre sulla questione del esito nei participi: è curioso vedere come nelle varietà di ponente si può avere alternanza fra le forme lunghe in -aito/a e quelle brevi. Da uno stesso brano in bordigotto:

Se ti avesi ciamau in infurmasiun de següru a te sareva sta daita in cun educasiun e parlendu in italian, magara ghe sareva staitu ancun in tentativu, in cun ina parola magara due dite in dialetu, (..) Se gh'avesi ciamau anche sulu in infurmasiu a ve sareva staita dà in cun tanti particulari

http://www.bordighera.net/mavui.htm
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u merlu rucà
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Re: [LIJ] RE: -CT-

Intervento di u merlu rucà »

ippogrifo ha scritto:
u merlu rucà ha scritto:Sulla palatalizzazione di -CT c'è un interessante articolo di Werner Forner, La Liguria ‘genovesizzata’: fossili della facies antica, purtroppo non reperibile in rete. Secondo lo studioso dell'università di Siegen, intorno all'anno 1000, la Liguria avrebbe avuto l'esito -ʧ- anziché quello -jt-. L'esito -jt- si sarebbe in seguito affermato grazie all'influsso del genovese, che lo aveva conservato come tratto 'urbano'. L'espansione della Repubblica di Genova lo avrebbe diffuso in molta parte della Liguria. Come testimonianza della condizione passata, cita alcuni termini 'fossili' che presentano -ʧ- in zone dove attualmente c'è -jt-.
Ritengo che il contributo di W. Forner citato non possa "ribaltare" la tesi "tradizionale". Mi spiego: [-t∫-] per [-it-] veniva considerato esito d'interferenza di contesto, non come situazione anteriore - il che, come si vedrà nel seguito, risulta essere impossibile -. Infatti, [-t∫-] ha una certa diffusione - ampiamente minoritaria - a partire da dove le varietà "confinanti" - non liguri - mostrano lo stesso esito. Inoltre, ai confini con varietà linguistiche che esibiscono esiti di tipo emiliano - a levante -, non si hanno più forme con [-t∫-] quali, ad es., "fac(c)iu" per fatto<factu(m), che si oppone al tipo ligure "faitu>fætu" - [-it-] -, ma "fattu/fato" in [-t(t)-], che rappresenta la soluzione emiliana. In realtà, anche quella "toscana", cioè italiana. L'esempio citato è generalizzabile con altri casi e questo sembra un argomento molto forte a favore della tesi "tradizionale" e difficilmente scalfibile. A meno che, anziché scrivere di "una" facies antica, non se ne debbano postulare più d'una, ma - comunque, in questo caso - la tesi di una singola facies antica cadrebbe.
Inoltre, per altro, l'esito "fac(c)iu" presuppone "faitu" da cui si perviene a "fac(c)iu" solo tramite metatesi: "faitu">"fatiu">"fatju">"fac(c)iu". Non c'è altro modo. Non potrà mai essere l'opposto: è - semplicemente - assurdo. E, allora, si ha l'impressione di trovarsi di fronte a una teoria "avanti/indietro" o "tira-molla". La Liguria dovrebbe esser passata da "faitu" a "fac(c)iu" - infatti, senza il precedente "faitu" non può sussistere il successivo "fac(c)iu" - e, poi, in maggioranza, nuovamente a "faitu" - ! ? -. E perché mai la Liguria non sarebbe potuta rimanere a "faitu", visto che già lo possedeva - infatti, "faitu" precede "fac(c)iu" - ed era ritenuto così "prestigioso"? Senza contare il fatto che "ai confini orientali" "fac(c)iu" non si riscontra, ma sono presenti solo i tipi "fattu/fato" ! Troppi aspetti non tornano, mentre la teoria "tradizionale" dell'interferenza di contesto risulta conforme ai dati disponibili e non presta il fianco a incongruenze.
Certamente faitu precede cronologicamente faciu. Quello che sostiene Forner è che la Liguria era già giunta anche lei allo stadio -ʧ- salvo a Genova che aveva conservato -jt-. In seguito l'esito -jt sarebbe stato (ri)esportato da Genova grazie al prestigio. La stessa trafila sarebbe avvenuta in buona parte del Piemonte, partendo da Torino.
Largu de farina e strentu de brenu.
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u merlu rucà
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Re: [LIJ] RE: -CT->-IT- / A>O

Intervento di u merlu rucà »

ippogrifo ha scritto:
cambrilenc ha scritto:C´è (c´era) palatalizzazione di -CT- anche nelle isole linguistiche di Biot, Vallauris, Mons e Escragnolles, ma immagino sia difficile sapere se nel fare così conservavano un tratto arcaico oppure subivano influenza provenzale.
1) Non ricordo l'articolo del Forner citato dal Merlo. Come lei stesso ha scritto, relativamente alle varietà linguistiche di Mons et c . . . (completamente estinte e da tempo e di cui non si possiede altra documentazione rispetto a quella che anche lei conosce) avrei pensato anch'io a un'interferenza di contesto: coloni, non "colonizzatori" , inseriti in uno spazio linguistico di tipo provenzale al di fuori del "continuum" ligure. Dei quali non conosceremo mai con certezza da dove esattamente provenissero né se provenissero tutti dallo stesso posto . . .
F. TOSO, Per uno studio del lessico del dialetto figun della Provenza: glossario dai testi
Il contributo raccoglie tutti gli elementi lessicali noti, a partire dalle residue testimonianze scritte, del dialetto "figun" importato dalla Liguria occidentale in Provenza nel corso del sec. XV. attraverso tale documentazione vengono meglio precisati i dati relativi all'area d'origine della parlata (il contado di Oneglia e di Albenga) e le modalità del contatto linguistico con i dialetti provenzali contermini, che alla lunga determinò l'estinzione di una parlata di cui, per quanto riguarda soprattutto la varietà di Mons, le ultime vestigia furono raccolte alla metà del secolo scorso. Lo spoglio completo della pur esigua produzione letteraria in "figun" ha consentito di recensire circa 500 voci, che costituiscono comunque una base lessicale interessante per ulteriori approfondimenti.
Largu de farina e strentu de brenu.
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