«Farsi il capogatto»

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domna charola
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«Farsi il capogatto»

Intervento di domna charola »

Scilens ha scritto: ... ma, il fatto è strano, anche a me succede che se mi metto a pensare al "come si dice" tante volte mi ci faccio il capogatto e non so più come si parli.
Recuperata da un'altra discussione, mi ha incuriosito questa espressione, perché non l'avevo mai sentita. Il termine è riportato sul Treccani:

http://www.treccani.it/vocabolario/capogatto/

però mi viene da chiedere: nell'uso sopra evidenziato, è regionale? In quali aree è diffuso? Oppure era corrente ma si è perso?

Grazie!
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Credo che sia italiano con diffusione solo toscana. Il capogatto è un modo per sostituire una vite che è morta in un filare. Si sotterra un capo (tralcio) con tutto il butto e quando le gemme crescono all'insù si separa dalla vite madre. La gatta, oltreché la femmina del gatto, nel medioevo era anche "una cosa nascosta", e quindi una trappola o un inganno.
Questo significato spiega, oltre al capogatto, anche il proverbio "gatta ci cova", che non avrebbe senso con il significato ordinario di gatto.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Capogatto si usa anche qui. Sul significato di gatto/gatta come «cosa nascosta» può aver influito anche l'associazione con i genitali femminili (cfr. fr. chatte e ingl. pussy)?
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Scilens ha scritto:La gatta, oltreché la femmina del gatto, nel medioevo era anche "una cosa nascosta", e quindi una trappola o un inganno.
Questo significato spiega, oltre al capogatto, anche il proverbio "gatta ci cova", che non avrebbe senso con il significato ordinario di gatto.
Ho sentito, da alcuni toscani, l'espressione "gattare" = "vomitare". E' un qualche altro significato recondito? O magari una trasformazione fonetica di una parola che non c'entra niente?
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Scilens
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Intervento di Scilens »

valerio_vanni
Gattare è gergale (o vernacolare?) e successivo alla più diffusa locuzione originaria che è "fare i gattini" (grossa vomitata di pezzi interi).

Carnby
Non vedo riferimento al sesso, tantopiù che quello femminile è connotato da una diversa simbologia, come "farfallina" (in antico parpuglina-farfuglina ecc. verosimilmente dalla radice par- che è la stessa di partorire), oppure per esempio "topa", che è lo stesso di "sorca" nel Lazio.
Credo che si tratti di un'altra origine, forse era una parola omofona toscana che è andata perduta.
Nei documenti antichi si trova anche "dar gatta" nel senso "dare buca" o "dare una fregatura" o "ingannare".
La proverbiale "gatta da pelare" (fregatura da pulire -> problema da risolvere) è un altro gioco di parole come "gatta ci cova" e anche del verbo covare va ricordata l'origine di "restare nascosto in un incàvo" (non ìncavo!) come il fuoco che cova (di nascosto) sotto la cenere. I detti sui gatti si sprecano. Impegnativo come "pelare una gatta" è un altro modo di dire e "è come levare un pelo a un gatto" (togliere qualcosa di talmente abbondante da non avere nessun peso), "saper fare i pied'a'gatti" (saper fare cose che nessuno sa fare), senza parlare del bucigattolo. Però dove c'è "gatta" c'è da spettarsi anche l'altro senso.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Il modo di dire gatta ci cova pare che riguardi proprio il gatto. Del resto il motivo è facilmente intuibile: un gatto che sta per attaccare qualcosa o qualcuno si accovaccia in un modo che ricorda quello degli uccelli che covano.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

:) Mi fa ricordare cose vecchie. La sapevo così "Ogn'oste č'ha la gatta", e il senso è complementare al detto 'gatta ci cova'. Infatti vanno visti anche "A chi fa' conti senza l'oste, gli convien falli du' vorte" e l'ovvio "chiedere all'oste se il vino è buono".
Quel Gatto per disfare le mura, del quale ignoravo l'esistenza, non è chiamato gatta (perché il significato originale era già perso e la Crusca ha cruscheggiato?), e sebbene abbia un artiglio ("il quale falce è chiamato" e non artiglio), è più facile che debba il nome ad un inganno nascosto (gatta) che a un micio.
Dissento, Ferdinand, il gatto in caccia non 'si accovaccia' ma gattona come i lupi ed i felini da agguato, cioè che non siano da corsa.
Trovo in giro che "gatta ci cova" si riferebbe ad un rozzo covare le uova, ma è del tutto assurdo, il senso originale è un doppio senso molto più fine.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:Dissento, Ferdinand, il gatto in caccia non 'si accovaccia' ma gattona come i lupi ed i felini da agguato, cioè che non siano da corsa.
Sí, ammetto che non è proprio un accovacciarsi. Ma forse, per ispiegare il detto, si deve abbandonare del tutto il significato letterale. Il TLIO, alla voce gatta, riporta, come ha fatto anche lei, il significato di ‹inganno›, insieme con un esempio significativo:

E a cciò che gacta nessuno non ⟨ci giaca⟩ ci sia socto

Come si nota, sia il verbo espunto sia l’altro rimandano press’a poco allo stesso significato di covare. Sicché non c’è bisogno d’immaginare gatti in improbabili posture, ma un inganno che giace, sta sotto o, meglio, cova.
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Scilens
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La gatta gnuda

Intervento di Scilens »

Molti avranno sentito l'espressione:
"Ma di che hai paura, della gatta gnuda?"
Anche questa gatta rientra tra quegli esempi detti sopra, infatti non si può temere un pericolo nascosto quando ormai è svelato.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Carnby
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Re: La gatta gnuda

Intervento di Carnby »

Scilens ha scritto: "Ma di che hai paura, della gatta gnuda?"
Anche questa gatta rientra tra quegli esempi detti sopra, infatti non si può temere un pericolo nascosto quando ormai è svelato.
Io l'ho sempre interpretato in un'altra maniera: non si deve aver paura di una cosa inesistente (una gatta senza pelliccia, appunto). Sono venuto anche a conoscenza del fatto che questa «gatta gnuda» qualcuno l'ha resa reale, creando dal (quasi) nulla un felino immaginario e terrificante, una gatta «più grossa di un montone, magra come un lupo affamato e spelacchiata come un gatto rognoso» (M. C. Cresti, Fate e folletti della Toscana, p. 100).
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Scilens
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Re: La gatta gnuda

Intervento di Scilens »

Carnby ha scritto: un felino immaginario e terrificante, una gatta «più grossa di un montone, magra come un lupo affamato e spelacchiata come un gatto rognoso»
E' impossibile non rimanere terrificati da un così orribile mostro.

:)
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Mi fa venire in mente mia nonna quando mi diceva "Ti ga paura dela gata maùra", che indicava - nella sua spiegazione - un felino scuro, nero.
Penso che possa collegarsi a mauro, moro, come etimologia, con l'accento spostato per far tornare la rima.

Un mio collega romagnolo usalo stesso detto ma la sua gatta è bura, buia, e qui si apre un altro vasto filone, quello della gattabuia, che però ha molto più senso se si interpreta come luogo nascosto e buio che non come felino scuro.

Tornando al "gatto" da assedio medievale, è già noto a Vegezio, chelo indica come sinonimo di "vinea", già presente nel De Bello Gallico come marchingegno che nasconde gli assedianti che si avvicinano alle mura. Stando agli antichi, potrebbe essere corretta l'originaria etimologia felina:

http://ducange.enc.sorbonne.fr/CATUS2

A questo punto, anche il significato di gatta come "cosa nascosta" può derivare proprio dal gatto (al femminile perché, si sa, la donna è più sfuggente e infida...), che spesso pur presente sa nascondersi abilmente, per saltare fuori solo per compiere un misfatto (ricordo quando da bambina si preparava lo spiedo, e sempre qualche pezzo di carne "spariva" senza quasi che ce ne accorgessimo...)
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Scilens
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Intervento di Scilens »

domna charola ha scritto: si sa, la donna è più sfuggente e infida...
:) e la gatta è miglior cacciatrice del gatto.

Informazioni interessanti. Bene, qui il Gatto-macchina-da-assedio del primo collegamento di Ferdinand viene chiamato Gatta.

A meno che non sia una parola persa, pur avendo pochi elementi per risalire all'etimologia, avevo ipotizzato un'origine da capta = trappola, collegata col gattice (pioppo), legno elastico adatto a far scattare un laccio. Si può anche fare un confronto con 'accattare' da ad-captare, e con 'cattura'.

Gatto invece verrebbe da catulus, cucciolo.

Si trova infatti gattolo per gatto, però trovo anche:
“escluderei senz'altro ogni rapporto col toponimo di Gattolino, (…) il quale sarà da riconnettersi piuttosto con GATTOLO, vale a dire piccolo fortilizio.” pag.198, Rivista di filologia e di istruzione classica, Volume 68.
E anche, in Veneto:
“(...) poi lo cacciò in entrata dietro il portone a terra, ove si andava al gattolo per pisciare.”
Ateneo Veneto: revista di scienze, lettere ed arti, Volume 3, pag 262
Ferrarese Gatul per acquedotto.
C'è di tutto.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
Avatara utente
Carnby
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Intervento di Carnby »

Scilens ha scritto:Gatto invece verrebbe da catulus, cucciolo.
Non ci complichiamo troppo la vita: cattus (di origine egiziana?) è già attestato in latino (Palladio).
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Scilens
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Iscritto in data: dom, 28 ott 2012 15:31

Intervento di Scilens »

O anche quasi trecent'anni prima, Marziale dice 'catta', gatta.
Si dice che i romani abbiano avuto il gatto piuttosto tardi, ma è falso. Ce ne sono nel modo etrusco fin dall'Orientalizzante e il più antico gatto domestico d'Europa è stato trovato nella capanna di Fidene, del 1000-1100 a.C.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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