[xCAL] «Ollu» (presentativo)
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[xCAL] «Ollu» (presentativo)
Nel mio dialetto, nella zona di confine tra i dialetti alto-meridionali e quelli meridionali estremi, e immediatamente a sud della cosiddetta Area Lausberg, è possibile riscontrare la presenza di elementi di collegamento con tale area arcaica, che da alcuni sono considerati, appunto, degli arcaismi.
Uno di questi è il presentativo "ollu", un vero e proprio termine milleusi che significa più o meno "ecco, eccolo".
Ai tempi del liceo io avevo pensato che questa parola potesse derivare dal latino "hoc illud (est)" : "ciò (è) quella cosa". Recentemente, però, su un articolo che tratta dei dialetti della costa tirrenica cosentina, da Cetraro a Paola e Amantea, ho letto che deriverebbe direttamente dal latino olle, olla, ollud, forma arcaica per "ille, -a, -ud".
Sembra, inoltre, che in tutta la zona arcaica (Lausberg) sia diffusa la forma ollə (con lo scevà), quindi indeclinabile, mentre nel mio dialetto è declinabile in ollu (m), olla (f), olli (plur.).
Pertanto corrisponde, nell'uso, all'avverbio presentativo ecco quando è unito a uno dei pronomi personali atoni lo, la, li.
Come dicevo, si tratta di una parola "milleusi", ad esempio si può esclamare «Ollu!»:
quando si trova una cosa che si stava cercando;
quando si indica o si porta qualcosa a qualcuno;
quando si vede apparire una persona conosciuta;
In quest'ultimo caso è anche possibile dire: oll'ad illu; oll'ad illa, oll'ad illi, cioè, letteralmente: ecco (a) lui, ecco (a) lei, ecco (a) loro, esplicitando il pronome personale.
Non si può, invece, usare al posto di "eccomi!", "eccoti!", a meno di ricorrere a perifrasi tipo "ecco che sono arrivato!" o "ecco dov'eri!".
Mi piacerebbe riuscire a scoprire qual è la diffusione di tale termine, anche all'esterno della provincia cosentina e della Calabria, e come si esprime il presentativo "ecco" nelle zone (limitrofe e no) in cui non s'usa più questo modo di dire.
Inoltre, pensate che possa derivare davvero da olle, -a, -ud? Questa forma arcaica (o più rara) del pronome dimostrativo latino, per la verità, non l'avevo mai sentita, e anche in Rete se ne trovano pochissimi esempi. Se così fosse, comunque, la sua declinazione si sarebbe conservata quasi immutata!
Uno di questi è il presentativo "ollu", un vero e proprio termine milleusi che significa più o meno "ecco, eccolo".
Ai tempi del liceo io avevo pensato che questa parola potesse derivare dal latino "hoc illud (est)" : "ciò (è) quella cosa". Recentemente, però, su un articolo che tratta dei dialetti della costa tirrenica cosentina, da Cetraro a Paola e Amantea, ho letto che deriverebbe direttamente dal latino olle, olla, ollud, forma arcaica per "ille, -a, -ud".
Sembra, inoltre, che in tutta la zona arcaica (Lausberg) sia diffusa la forma ollə (con lo scevà), quindi indeclinabile, mentre nel mio dialetto è declinabile in ollu (m), olla (f), olli (plur.).
Pertanto corrisponde, nell'uso, all'avverbio presentativo ecco quando è unito a uno dei pronomi personali atoni lo, la, li.
Come dicevo, si tratta di una parola "milleusi", ad esempio si può esclamare «Ollu!»:
quando si trova una cosa che si stava cercando;
quando si indica o si porta qualcosa a qualcuno;
quando si vede apparire una persona conosciuta;
In quest'ultimo caso è anche possibile dire: oll'ad illu; oll'ad illa, oll'ad illi, cioè, letteralmente: ecco (a) lui, ecco (a) lei, ecco (a) loro, esplicitando il pronome personale.
Non si può, invece, usare al posto di "eccomi!", "eccoti!", a meno di ricorrere a perifrasi tipo "ecco che sono arrivato!" o "ecco dov'eri!".
Mi piacerebbe riuscire a scoprire qual è la diffusione di tale termine, anche all'esterno della provincia cosentina e della Calabria, e come si esprime il presentativo "ecco" nelle zone (limitrofe e no) in cui non s'usa più questo modo di dire.
Inoltre, pensate che possa derivare davvero da olle, -a, -ud? Questa forma arcaica (o più rara) del pronome dimostrativo latino, per la verità, non l'avevo mai sentita, e anche in Rete se ne trovano pochissimi esempi. Se così fosse, comunque, la sua declinazione si sarebbe conservata quasi immutata!
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- Ferdinand Bardamu
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[VEC] «Arda» (=ecco)
Nel Rohlfs non ho trovato nulla.
L’articolo che ha citato dice:
Altri arcaismi esemplificativi sono la presenza di [g]ollu > [g]ollu ad illu ‘eccolo’, [g]olla ad illa ‘eccola’ (cfr. gollə di tutta la zona arcaica, dal latino arcaico olle,-a,-ud per ille, -a, -ud)
Non capisco a cosa faccia riferimento quella [g]. Olle per ille potrebbe essere dovuto ad apofonia, ma non vedo fonti nel documento.
Da me il presentativo è arda (=guarda): àrdelo lí, àrdelo coà, ecc. La costruzione è molto simile al francese voilà, voici.
Nella prima coniugazione, la desinenza dell’imperativo, in unione con un clitico, muta normalmente in -e: màgnelo (=mangialo), strúchelo (=stringilo), ecc.
L’articolo che ha citato dice:
Altri arcaismi esemplificativi sono la presenza di [g]ollu > [g]ollu ad illu ‘eccolo’, [g]olla ad illa ‘eccola’ (cfr. gollə di tutta la zona arcaica, dal latino arcaico olle,-a,-ud per ille, -a, -ud)
Non capisco a cosa faccia riferimento quella [g]. Olle per ille potrebbe essere dovuto ad apofonia, ma non vedo fonti nel documento.
Da me il presentativo è arda (=guarda): àrdelo lí, àrdelo coà, ecc. La costruzione è molto simile al francese voilà, voici.
Nella prima coniugazione, la desinenza dell’imperativo, in unione con un clitico, muta normalmente in -e: màgnelo (=mangialo), strúchelo (=stringilo), ecc.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mer, 22 lug 2015 10:48, modificato 1 volta in totale.
- marcocurreli
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- Millermann
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Si tratta di una [g] prostetica, ovvero non etimologica, che può essere aggiunta al principio della parola da alcuni parlanti.Ferdinand Bardamu ha scritto:Non capisco a cosa faccia riferimento quella [g]. Olle per ille potrebbe essere dovuto ad apofonia, ma non vedo fonti nel documento.
Tuttavia, non mi è mai capitato di sentire gollu, almeno nel mio paese. Ad orecchio, mi sembra che possa essere una realizzazione tipica di località situate più nell'entroterra, o arcaica.
Spulciando in rete, ecco cosa ho trovato sul latino olle.
Da wiktionary inglese, alla voce ille risulta, per il latino:
Inoltre, su questo dizionario latino in linea sono declinate entrambe le forme ille, olle.wiktionary ha scritto:Alternative forms
olle (archaic)
Etymology
From earlier olle, from Old
Latin ollus (“he, that”),
from Proto-Indo-European
*al- (“beyond, other”).
Spinto dalla curiosità, mi sono preso la briga (nonostante il caldo ) d'andare a cercare financo nel mio "vetusto" dizionario Latino-Italiano di Gino Angelini (ah, che ricordi!), che così recita:
Pertanto, il "cartaceo" è molto preciso, e indica che la vera forma arcaica è ollus, piuttosto che olle, dunque ancora più simile al presentativo ollu!olle, v. ollus
ollus, a, um, arc. per ille, a, ud (v.)
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
- Ferdinand Bardamu
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Attenzione però che ollu, com’è normale nelle lingue romanze, è piuttosto la continuazione dell’accusativo che del nominativo. (Certo, ci sono delle eccezioni, ma in questo caso non saprei pronunciarmi…)Millermann ha scritto:Pertanto, il "cartaceo" è molto preciso, e indica che la vera forma arcaica è ollus, piuttosto che olle, dunque ancora più simile al presentativo ollu!
Ollus si trova anche nel Lewis-Short.
- Millermann
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Per Ivan92 e MarcoCurreli: molto interessante! Sia èllo che millu ricordano, in qualche modo, ollu. Non potrebbero essere imparentati col latino ille, -a, -ud? Immagino, infatti, che siano declinabili anche al femminile o al plurale, sbaglio? Magari, però, è una semplice contrazione (eccolo -> ello).
O forse millu è proprio la forma contratta di miralu? In questo caso, è ovvio che il gatto si morderebbe la coda!
Per Ferdinand, infine, un piccolo "fuori tema":
in presenza del clitico, la desinenza -i dell'imperativo muta in una e, su cui cade anche l'accento tonico:
Vinni -> vinnèlu (vendi-vendilo)
Japri -> japrèlu (apri-aprilo).
Perché non potrebbe essere, invece, un'abbreviazione di millu? (intendo dire: senza il clitico "lu". Ipotesi azzardata, visto che non conosco la lingua sarda)marcocurreli ha scritto:Invece diciamo mi' (sia in sardo che in italiano ) per dire guarda!, guarda qua!, ecco!, ecco qua! (probabilmente è un'abbreviazione di mira)
O forse millu è proprio la forma contratta di miralu? In questo caso, è ovvio che il gatto si morderebbe la coda!
Per Ferdinand, infine, un piccolo "fuori tema":
Curioso: anche qui si verifica una cosa simile, ma con i verbi della seconda/terza coniugazione:Ferdinand Bardamu ha scritto:Nella prima coniugazione, la desinenza dell’imperativo,
in unione con un clitico, muta normalmente in - e: màgnelo (= mangialo ), strúchelo(= stringilo), ecc.
in presenza del clitico, la desinenza -i dell'imperativo muta in una e, su cui cade anche l'accento tonico:
Vinni -> vinnèlu (vendi-vendilo)
Japri -> japrèlu (apri-aprilo).
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
Aggiungo anch'io qualcosa : (t)ello.
Non so spiegarmelo ma, nella mia variante medio-polesana, poiché confina con il ferrarese, si può sentire un tel cuà per eccolo!, oltre a (v)àr(d)elo! già indicato da Ferdinand.
ILLU - ello - dello - tello
Solo al maschile, credo.
Non so spiegarmelo ma, nella mia variante medio-polesana, poiché confina con il ferrarese, si può sentire un tel cuà per eccolo!, oltre a (v)àr(d)elo! già indicato da Ferdinand.
ILLU - ello - dello - tello
Solo al maschile, credo.
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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- Millermann
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Grazie del suo contributo, cara Sixie! Allora, (t)ello e tel cuà... anche qui la somiglianza (con ille) c'è, ma... è quella (t) che m'insospettisce: non potrebbe essere una forma contratta di tienlo e tien(lo) qua?
Forse un modo per capirlo potrebbe ricavarsi da come si usa: direbbe così anche per indicare una cosa (o persona) lontana?
È poi sicura che si usi solo al maschile? (T)ella non si dice affatto, o forse direbbe (t)ello anche per indicare un oggetto di genere femminile?
Noto adesso che, senza quella (t), la sua espressione polesana è praticamente identica a quella, marchigiana, segnalata da Ivan92: èllo !
Forse un modo per capirlo potrebbe ricavarsi da come si usa: direbbe così anche per indicare una cosa (o persona) lontana?
È poi sicura che si usi solo al maschile? (T)ella non si dice affatto, o forse direbbe (t)ello anche per indicare un oggetto di genere femminile?
Noto adesso che, senza quella (t), la sua espressione polesana è praticamente identica a quella, marchigiana, segnalata da Ivan92: èllo !
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
Qui c'è mo', con il significato di «dammelo», «fammelo vedere».marcocurreli ha scritto:Invece diciamo mi' (sia in sardo che in italiano ) per dire guarda!, guarda qua!, ecco!, ecco qua! (probabilmente è un'abbreviazione di mira)
I lessicografi ritengono che sia l'apocope di mostra.
- Ferdinand Bardamu
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Facendo uno spoglio piú approfondito del Rohlfs, ho trovato questi due paragrafi, di cui ricopio alcuni passi.
Nel paragrafo intitolato «Ecco, esso, ello» (Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. III Sintassi e formazione delle parole, Torino: «Einaudi», 1969, § 910), in cui si passano in rassegna alcune forme di dimostrativi dialettali, si legge:
Accanto a queste forme [derivate dal latino ECCUM e proprie del Lazio meridionale e delle zone confinanti di Abruzzo e Campania] altre ne sono state coniate a significare ‘costí’ e ‘lí’, sulla base di i p s u e i l l u, per esempio antico romanesco esso ‘ivi’ (Monaci, 123), Castro dei Volsci, Amaseno, Sora èssə e èllə, Nemi dèsso e dèllo, abruzzese aèssə e aèllə. Difficile dire se la vocale aperta risalga a un e l l u m ‘eccolo’1, attestato già in epoca latina (cfr. Merlo, ZRPh 20, 445 sgg.) o a un’analogia con e c c u m.
1 Cfr. anche il calabrese meridionale allu ‘eccolo’, alla ‘eccola’, calabrese settentrionale òllu ‘ecco’.
Nel paragrafo successivo (ibidem, § 911), dedicato a ecco e varianti, si legge invece:
Nella latinità volgare d’Italia l’avverbio dimostrativo e c c e è stato sostituito da e c c u m, che propriamente significa ‘eccolo’ (e c c e e u m): eccomi, eccolo, ecco che viene, eccolo venir fuori. Con dativo etico, si ha poi nel toscano eccoti il castello, eccotelo ‘eccolo’, in napoletano eccotíllo (accanto a tècchətə, rafforzato con tè ‘guarda’, propriamente ‘tieni’), nel calabrese èccute vinire u frate ‘ecco che viene il fratello’. Il toscano (Siena, Livorno) dècco deriva dalla fusione con ed; mentre una fusione con ve ‘vedi’ mostra il napoletano vecco.
Non ho (ancora) trovato nulla riguardo alle forme settentrionali del presentativo. Tuttavia, credo che il tel di cui parla Sixie possa esser fatto risalire o alla fusione con tè, oppure all’unione con il dativo di seconda persona.
Nel paragrafo intitolato «Ecco, esso, ello» (Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. III Sintassi e formazione delle parole, Torino: «Einaudi», 1969, § 910), in cui si passano in rassegna alcune forme di dimostrativi dialettali, si legge:
Accanto a queste forme [derivate dal latino ECCUM e proprie del Lazio meridionale e delle zone confinanti di Abruzzo e Campania] altre ne sono state coniate a significare ‘costí’ e ‘lí’, sulla base di i p s u e i l l u, per esempio antico romanesco esso ‘ivi’ (Monaci, 123), Castro dei Volsci, Amaseno, Sora èssə e èllə, Nemi dèsso e dèllo, abruzzese aèssə e aèllə. Difficile dire se la vocale aperta risalga a un e l l u m ‘eccolo’1, attestato già in epoca latina (cfr. Merlo, ZRPh 20, 445 sgg.) o a un’analogia con e c c u m.
1 Cfr. anche il calabrese meridionale allu ‘eccolo’, alla ‘eccola’, calabrese settentrionale òllu ‘ecco’.
Nel paragrafo successivo (ibidem, § 911), dedicato a ecco e varianti, si legge invece:
Nella latinità volgare d’Italia l’avverbio dimostrativo e c c e è stato sostituito da e c c u m, che propriamente significa ‘eccolo’ (e c c e e u m): eccomi, eccolo, ecco che viene, eccolo venir fuori. Con dativo etico, si ha poi nel toscano eccoti il castello, eccotelo ‘eccolo’, in napoletano eccotíllo (accanto a tècchətə, rafforzato con tè ‘guarda’, propriamente ‘tieni’), nel calabrese èccute vinire u frate ‘ecco che viene il fratello’. Il toscano (Siena, Livorno) dècco deriva dalla fusione con ed; mentre una fusione con ve ‘vedi’ mostra il napoletano vecco.
Non ho (ancora) trovato nulla riguardo alle forme settentrionali del presentativo. Tuttavia, credo che il tel di cui parla Sixie possa esser fatto risalire o alla fusione con tè, oppure all’unione con il dativo di seconda persona.
Certo: ello, ella, elli, elle.Millermann ha scritto:Immagino, infatti, che siano declinabili anche al femminile o al plurale, sbaglio?
Non è stata considerata la forma (popolare e medievale) 'heccum', che è molto più vicina ai toscani deccolo, deccovi, (non solo livornesi e senesi) che non richede la presenza di ED.Ferdinand Bardamu ha scritto: latino ECCUM (...) Il toscano (Siena, Livorno) dècco deriva dalla fusione con ed;
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
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Uhm, forse non è stata considerata perchéScilens ha scritto:Non è stata considerata la forma (popolare e medievale) 'heccum', che è molto più vicina ai toscani deccolo, deccovi, (non solo livornesi e senesi) che non richede la presenza di ED.Ferdinand Bardamu ha scritto: latino ECCUM (...) Il toscano (Siena, Livorno) dècco deriva dalla fusione con ed;
- l’aspirazione nel latino volgare scomparve abbastanza precocemente;
- l’eventuale conservazione dell’aspirata avrebbe semmai dato luogo a una velare non sonora (cfr. annichilire der. del lat. medievale nichil), non a una dentale.
La testimonianza italiana più antica dovrebbe essere questa:
Cum procul vidissent Mediolanum, Ardericus idem in protensi virga, usque ad Majorem Ecclesiam Civitatis portavit, clamando: Heccum la Stola, Heccum la Stola;
Quest'Arderico era il vescovo di Milano dal 936 al 948. Notare anche come il normale articolo italiano fosse già formato, ma di ciò esistono testimonianze più antiche.
(Ora sono di fretta, torno più tardi.)
Cum procul vidissent Mediolanum, Ardericus idem in protensi virga, usque ad Majorem Ecclesiam Civitatis portavit, clamando: Heccum la Stola, Heccum la Stola;
Quest'Arderico era il vescovo di Milano dal 936 al 948. Notare anche come il normale articolo italiano fosse già formato, ma di ciò esistono testimonianze più antiche.
(Ora sono di fretta, torno più tardi.)
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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