[COS] Modi di dire còrsi

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Il Còrso
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Iscritto in data: gio, 12 ott 2006 10:40
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[COS] Modi di dire còrsi

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Articolo estratto ne la rivista "A Viva Voce"

Nel confrontare il còrso settentrionale con la lingua italiana standard, ci si accorge che parecchie volte la parola italiana è identica a quella còrsa (la casa - a casa; la croce - a croce; il cane - u cane...) ; o differisce un pochino, specie la vocale finale (la canzone – a canzona; il baule - u baullu; il capo - u capu...); altre parole còrse sono ormai arcaiche in Italia ma quantunque appartenenti al lemmario italiano (il fulminante (fiammifero), - u fulminante; il catello – u catellu...). Certe altre sono del tutto dissimili(1) (Il foro/buco – u tufone ; falà – scendere...)
In questo articolo vogliamo invece farvi notare alcune voci della lingua italiana che sono impiegate in còrso esclusivamente all’interno di talune espressioni o modi di dire:
- L’aggettivo “bagnatu” viene talvolta usato in talune zone di Cismonte (Bastia, Capo Corso) tuttavia ovunque si dice comunemente “crosciu’” che si può accoppiare pleonasticamente con “intintu” (crosciu intintu), oppure con “làpidu” (crosciu lapidu = scrosciante).
Eppure per dire che c’è stato una bella baruffa condita di botte e percosse in tutte le parlate si suol dire: “Falàvanu asciutte e bagnate”; letteralmente: “Venivano giù asciutte e bagnate”.
- Di un Còrso mancino non si dice che scrive con la mano sinistra ma cù a manu manca... Dunque la parola sinistra non esiste in còrso?
Sì, ma esiste soltanto nella locuzione: “Esse à diritta e à sinistra” cioé essere dappertutto.
- La preposizione “su” non viene usata da sola in Corsica, ma soltanto nelle forme insù, a l’insù. Il suo equivalente comune è “nantu à”. “Il pane è sul tavolino” si dirà: “U pane è nant’à u tavulinu”. Eppure per esprimere la lontananza di un’abitazione, al còrso piace dire (ad esempio di uno che dimora in un luogo davvero impervio e lontano): “Sta sulle forche...”.
- L’avverbio “molto”, nelle sue accezioni più comuni, non è impiegato da noi. Gli preferiamo “assai” che è invece molto corrente.
Ciononostante, usiamo la locuzione avverbiale “moltu più”. Esempio: ...Mi sò fattu male, moltu più chì sò cascatu nant’à a gravetta... (...Mi son fatto male, tanto più che sono cascato sulla ghiaietta...). E usiamo anche il plurale molti con il valore di “molta gente”, per esempio: ci n’è molti cum’e voi.
Da questa sponda del Tirreno, per intendere che uno ci insegue, si dirà : “È daretu à me”, dunque l’avverbio còrso “daretu” è la traduzione del “dietro” della lingua standard. Tuttavia, per indicare uno che non lascia il suo posto a nessuno, ad esempio uno che beve smoderatamente, si dirà: “Per a bivenda, Paulu unn’è in dietru à nimu!”... (“Quanto al bere, Paolo non si lascia sopravanzare da nessuno!”).
Tutto ciò dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che il còrso e la lingua italiana appartengono alla stessa famiglia linguistica e hanno avuto nel decorso dei secoli relazioni privilegiate. Così facendo si è costruita la nostra elocuzione. Interrompere o negare queste relazioni sarebbe suicida!




(1): Quando la parola còrsa è del tutto dissimile alla parola italiana, accade sovente che la prima sia (quasi) uguale a una parola dialettale dell’area italo-romanza: ligure, gallurese-sassarese, romanesco, umbro...
Esempio :
La pesca (frutto) si dice in còrso come in romanesco: “a pèrsica” o “a prasca”.
La sedia si può dire “a sedia” o “ a carrega” come in ligure.
Il cavolo si può dire “u cavulu” o “ u carbusgiu” come in ligure...
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