La «Mappa dei dialetti italiani»

Spazio di discussione su questioni di dialettologia italiana e italoromanza

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Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

valerio_vanni ha scritto:Nelle Marche, il pergolese è stato inserito tra i gallo-italici.
Conosco quella zona, e mi sembra un errore marchiano ;-) .
Già, concordo. :)
Cembalaro
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Intervento di Cembalaro »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Il suo bloggo non è piú consultabile, perciò è difficile anche sapere quale metodo abbia seguito e di quali opere si sia servito per disegnare la cartina.
In realtà è ancora consultabile grazie alla Wayback machine. È uno strumento che registra con frequenza variabile il contenuto dei siti. La data della più recente registrazione è il 31 maggio, ma ci sono copie anche nelle settimane precedenti. La pagina si presenta come un calendario, evidenziati i giorni nei quali è stata scattata un'"istantanea" del sito. Un clic su uno dei giorni evidenziati conduce al bloggo. :-)

Il collegamento è questo: https://web.archive.org/web/%2A/Languag ... dpress.com
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

La ringrazio. :) C’è anche un altro metodo, che però funziona solo coi siti non piú in linea da poco: digitare il comando «site:nomesito.it» su Google e selezionare la memorizzazione temporanea («copia cache») di ciascun risultato. Il guaio è che, come per l’istantanea della Wayback Machine, i risultati sono frammentari, e il sito ovviamente non è navigabile, non sempre è aggiornato all’ultima modifica, e inoltre non vi si possono fare ricerche interne. :?

Comunque, nell’istantanea della Wayback Machine si vede che l’autore si è limitato a pubblicare una serie di cartine a suo nome, senza ulteriori spiegazioni. Ho notato poi un’altra cartina che mi lascia perplesso: in «Languages of Italy», egli considera dialetti, o meglio varietà, dell’italiano tutti quelli che vanno dalla Toscana, l’Umbria e le Marche giú fino all’Abruzzo, il Molise, la Puglia, la Basilicata e la Calabria settentrionale!
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Comunque, nell’istantanea della Wayback Machine si vede che l’autore si è limitato a pubblicare una serie di cartine a suo nome, senza ulteriori spiegazioni. Ho notato poi un’altra cartina che mi lascia perplesso: in «Languages of Italy», egli considera dialetti, o meglio varietà, dell’italiano tutti quelli che vanno dalla Toscana, l’Umbria e le Marche giú fino all’Abruzzo, il Molise, la Puglia, la Basilicata e la Calabria settentrionale!
Dovrei ricercare il libro, ma mi pare che anche Carlo Tagliavini Battisti una volta propose un sistema del genere, nel quale si evidenziava un «sistema continuo» che comprendeva le zone italoromanze con l'esclusione dei dialetti settentrionali e meridionali estremi.
Ultima modifica di Carnby in data sab, 05 dic 2015 17:45, modificato 1 volta in totale.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Nelle Origini delle lingue neolatine, Tagliavini, escludendo le isole linguistiche alloglotte, le parlate ladine e il sardo, divide il «dominio linguistico italiano» in «tre grandi suddivisioni dialettali: 1. dialetti alto-italiani o settentrionali; 2. dialetti centro-meridionali; 3. dialetti toscani (ivi compresi i dialetti della Corsica)» (Carlo Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine, Bologna: «Pàtron», 1982, p. 396). Nella stessa opera si può vedere una cartina (tratta da C. Merlo, Lingue e dialetti d’Italia, Milano, 1937, p. 4) che illustra questa ripartizione, e riporta inoltre le isole linguistiche di tipo non italiano e le zone di transizione tra varietà settentrionali e centromeridionali (un triangolo che, se mal non mi appongo, include Arezzo, Ancona e Rimini) e tra i dialetti toscani e quelli centromeridionali (una striscia di terra che va da Arezzo, attraversa la Val di Chiana e termina, grosso modo, nel tratto di costa che va dal Grossetano al Viterbese).

Il Brankov, nella sua cartina, accomuna invece le varietà toscane a quelle centromeridionali, senza ulteriori discriminazioni, se non per il salentino, il calabrese e i dialetti campani.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ho sbagliato Carlo: è Carlo Battisti.
Purtroppo non so da quale opera sia stata tratta questa cartina (i confini tra varietà regionali mi paiono molto approssimativi).

Immagine
domna charola
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Intervento di domna charola »

Sixie ha scritto:La lingua, nelle sue variazioni, è comprensibile al 90% o, così affermano gli studiosi. Io ho esperienza diretta della linea che va da occidente a oriente, all'incirca dal veronese al chioggiotto e posso dire che l'unità linguistica non è da intendersi in una assoluta omogeneità, ma in una articolata variazione di tratti tipici, a volte impercettibili, a volte vistosi, senza però che venga mai meno la loro continuità.
Anche per mia esperienza mi sembra così.
Nelle discussioni che facciamo qui, ad esempio, capisco benissimo le espressioni dialettali citate dagli utenti veneti, ma sono spesso un po' sfasate rispetto a come lo direi io (o piuttosto, come ho sempre sentito dire in casa da piccola... purtroppo sono cresciuta in altra regione, e quindi non so effettivamente parlare con la giusta cadenza e fluidità).
Alcune espressioni, invece sono identiche, ad esempio quell'anca màsa che era tanto che non sentivo (grazie...)!
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Sixie
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Intervento di Sixie »

domna charola ha scritto:Nelle discussioni che facciamo qui, ad esempio, capisco benissimo le espressioni dialettali citate dagli utenti veneti, ma sono spesso un po' sfasate rispetto a come lo direi io (o piuttosto, come ho sempre sentito dire in casa da piccola... purtroppo sono cresciuta in altra regione, e quindi non so effettivamente parlare con la giusta cadenza e fluidità).
Sì, è proprio così: uno sfasamento, malgrado le vicinanze e le affinità.
Permetta che le citi il poeta Andrea Zanzotto, al riguardo:

Quando ci si inoltra in testi dialettali si è in preda di numerose e insistenti allucinazioni. E resta di massima rilevanza il fatto che si sia o no parlanti. Nel primo caso si ritroverà il gusto davvero biologico di un contatto, di una respirazione, di un camminare a braccetto, fino al punto da non percepire il dialetto come lingua peculiare in ciò che la differenzia da altre parlate, ma come lingua 'universale per difetto', per indifferenziamento edenico, o addirittura come veicolo talmente perfetto da sparire, per lasciare posto soltanto al suo essere mezzo di comunicazione, da dissolversi nella comunicazione stessa, impercepito…

Così il poeta e per il lato positivo; poi vi è anche il lato negativo e sono gli sfasamenti, se non le vere e proprie allucinazioni, allorché si crede di riconoscere e capire, ma così non è:

Dato l'enorme numero e la varietà dei dialetti che vivono in Italia, come in un abbagliante mosaico, le allucinazioni che si producono, specie per i parlanti, al momento di entrare in altre tessere, sono ricche, creative, emozionanti... Quando le tessere sono vicinissime per colore si è portati a sentire come meravigliose variazioni del proprio dialetto i lessici contigui, o a stupori accecanti quando ci si aspetta un vocabolo simile e invece è diversissimo, come accade per i nomi di piante e animali abbastanza spesso.

Sì, è un gioco di attrazione-repulsione, come dice il poeta, di vicinanza-allontanamento, di connivenza-fastidio perché

ci si sente direttamente coinvolti, eppure in qualche modo esclusi, rispetto alla profonda verità antropologica e linguistica…

(A. Zanzotto, Allucinazioni dialettali, in Veneto. Connessioni culturali, a cura di G. Marcato, Padova, L'Albero, La Memoria, 1983, pp. 13-14).
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