[VEC] «Ca»

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Sixie
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[VEC] «Ca»

Intervento di Sixie »

Millermann ha scritto:Mi avete appena richiamato alla mente un'espressione che non sentivo da tempo: «chi mai»! :D
Penso che si usi piú o meno come da voi (correggetemi se sbaglio):
«è bella chi mai» (è proprio bella!)
«s'è 'nquetàtu chi mai» (s'è arrabbiato tantissimo)
«gòi fa nu càvudu chi mai» (oggi fa davvero caldo!)
Non si usa ca mai?
Io, sì:
l'è bèla ca mai!
el s'à inrabià ca mai!
uncuò a fa on caldo ca mai!
:D
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Millermann
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Intervento di Millermann »

Sixie ha scritto:Non si usa ca mai?
È quello che stavo per chiederle anch'io, visto che prima sia lei sia Ferdinand avevate scritto «che mai»! :)
La mia risposta, comunque è che qui l'espressione idiomatica è «chi mai»; «ca mai» mi suonerebbe "strano".
Una spiegazione potrebbe essere che nel mio dialetto ci sono tre "varianti" dell'italiano che:
«ca» (lat. quia)
«chi» (lat. qui/quem)
«cchi*» (lat. quid)
Nel dialetto "moderno" «ca» guadagna terreno su «chi»; questa però è un'espressione antica, e perciò conserva il «chi». :?
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Dalle mie parti ca non si usa, nemmeno nel veronese in generale. Anzi, sonerebbe un po’ strano, quasi meridionaleggiante.

Qui ca è dato come proprio dell’altovicentino, ma non è, con tutta evidenza, una localizzazione accurata.
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Sixie
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Intervento di Sixie »

Millermann ha scritto:La mia risposta, comunque è che qui l'espressione idiomatica è «chi mai»; «ca mai» mi suonerebbe "strano".
Riflettendoci, ca mai suonerebbe strano anche a me. Oppure dovrei riscrivere le frasi nel seguente modo:
- gran bèla ca te sì!
- gran caldo ca fa!

laddove ca altro non è che la contrazione di che a e andrebbe scritto - forse - ch'a .
In a te sì gran bèla e a fa gran caldo, quella particella a è un pronome atono. :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ho qualche dubbio, cara Sixie. Se lei usa ca anche come introduttore di completive (es. «Vorrei che lo facesse»), non può essere la contrazione di che a. L’a veneto assomiglia vagamente all’o toscano — è una specie di rafforzativo — e perciò non può stare in frasi subordinate. Anzi, sta sempre all’inizio della frase.
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Intervento di Sixie »

Ferdinand Bardamu ha scritto: Se lei usa ca anche come introduttore di completive (es. «Vorrei che lo facesse»), non può essere la contrazione di che a.
Sì, invece; anche Luigi Meneghello si interroga sul pronome debole 'a', nell'uso della congiunzione che, e pertanto: a vorìa ca te lo faxési e a vorìa che 'l lo faxése.
Il pronome atono fantasma 'a' si usa per le prime e seconde persone singolari e plurali. Per la terza, non risulta (però io lo sento a Chioggia, esclusivamente per la terza persona maschile).

Anche nella forma di cortesia: Cossa Vòrlo ca ghe diga, caro Ferdinand... :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie della replica e della documentazione fornita a sostegno della sua affermazione. Evidentemente, mi sbagliavo, non avendo la possibilità di analizzare la parola, assente nella mia variante.

Ho qualche dubbio, tuttavia, riguardo alla definizione di «pronome atono». Meneghello, nel rimando da lei fornito, dice di aver presentato a in precedenza, ma l’anteprima di Google Libri è limitata: lei è in possesso dell’opera? Potrebbe riportare quanto dice l’autore al riguardo?

Confermo, comunque, che quell’a si usa, anche da me, solo alla prima e alla seconda persona, singolare e plurale. Ciò mi fa pensare che si tratti piú che altro di un rafforzativo (su ho fatto l’esempio dell’o toscano). M’immagino che sia un «pronome» com’è, ad esempio, il ci attualizzante italiano (es. «Ci ho fretta»). Ma forse il passo di Meneghello potrebbe risolvere la questione.
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Intervento di Sixie »

Ferdinand Bardamu ha scritto:

Potrebbe riportare quanto dice l’autore al riguardo?

Confermo, comunque, che quell’a si usa, anche da me, solo alla prima e alla seconda persona, singolare e plurale. Ciò mi fa pensare che si tratti piú che altro di un rafforzativo (su ho fatto l’esempio dell’o toscano). M’immagino che sia un «pronome» com’è, ad esempio, il ci attualizzante italiano (es. «Ci ho fretta»). Ma forse il passo di Meneghello potrebbe risolvere la questione.
Meneghello chiude la questione:

« Tra i pronomi personali non accentati, o atoni, sono particolarmente importanti i seguenti, usati come soggetti del verbo: Sing. 1a [a] ; 2a [a] te ; 3a - la/el ; Plur. 1a [a] ; 2a [a] ; 3a - le/i .
L' a qui indicato fra parentesi quadre è facoltativo, e il suo uso è in regresso (qualche altro ragguaglio a p. 251). » ( Maredè, maredè..., p.240)

e ne apre un'altra:

« Lingua 'nativa' come luogo di stampi... Vasche dove galleggiano in sospensione, le forme singole e quelle doppie o multiple […] e forme come [mi] a són appaiabile con [mi] són. A proposito di queste ultime: l'a si usa facoltativamente, ma non dai più: è però capito e non di rado interpretato come un intensificatore del verbo. A gò visto du aroplani: a ghin' ò visto du […] sono espressioni più forti di Gò visto... ghin'ò visto...
Quando non c'è intensificazione, però, non è chiaro quale sia la funzione di questa a. E qui interrogando la propria competenza linguistica non si trovano risposte immediate. Altro è saper dire a, altro sapere con quale effetto, se c'è un effetto. » (p.182)

On conto xe saverla dire la 'a', on altro parché, se 'l gh'è on parché.

E io? ah be', sono abilitata all'uso, io, essendo dotata di nonna materna alto-vicentina. :D
(ma sia l' a, sia il ca sono ancora in uso nel polesano, sebbene in regresso, come nell'alto-vicentino)
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie di nuovo. :)

Abilitato all’uso di a sono anch’io; se non ricordo male, a è panveneto. Come dicevo sopra, ca non fa parte invece della mia competenza nativa.

Mi pare, però, che Meneghello non chiarisca la natura di quell’a, dando per scontato che si tratti di un «pronome personale». Se è un pronome personale atono, perché presenta la stessa forma per piú persone? :?
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Ferdinand Bardamu ha scritto: Se è un pronome personale atono, perché presenta la stessa forma per piú persone? :?
Per l'estensione delle forme della prima persona singolare alle altre persone. Dia un'occhiata al primo documento, p. 288.
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ri-grazie: molto, molto interessante. :) È meglio però dare il rimando diretto al documento, piuttosto che il collegamento ai risultati di ricerca di Google, perché essi possono mutare nel tempo. Il documento s’intitola «Pronomi e fenomeni di prostesi vocalica nei dialetti italiani settentrionali».

Per riassumere, la trafila è ĔGO > eo > e > a. A è dunque, in origine, il pronome clitico soggetto di prima persona. Per quanto riguarda l’estensione ad altre persone: «È probabile che il clitico di 1. pers. si sia esteso prima alla 4. pers. (in entrambe è infatti presente il tratto [+ parlante]), e in un secondo tempo sia stato usato per la 5. pers.» (p. 290).
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