La variabilità sul territorio dei vincoli fonotattici

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La variabilità sul territorio dei vincoli fonotattici

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L'intervento è semplicemente mirato a esporre un esempio dell'estrema variabilità dei vincoli fonotattici nel panorama linguistico, incluso quello di tipo dialettale italiano, anche in riferimento a quanto già ben illustrato e chiarito relativamente alla lingua italiana nel filone dedicato alla fonetica e alla fonologia.

Nel dialetto genovese urbano e in tutti quelli di tipo genovese esiti del tipo di /ʃj/ – ma anche di /ʧj,ʤj,ɲj e ʒj/ – risultano, ad es., frequentissimi. Essi infatti, nella flessione verbale, compaiono al futuro e al condizionale. Ad es.: a/u lasciâ /a/u la'ʃja:/ = (lei/lui) lascerà e a/u lascieiva /a/u la'ʃjeiva/ = (lei/lui) lascerebbe alla III pers. il condiz., in genovese, non proviene da "lasciare ebbe", ma da "lasciare aveva".

L'infinito sostantivato, per quanto caratteristico di una modalità espressiva molto "italianizzante" in riferimento a un ipotetico contesto dialettale, differisce rispetto al futuro solamente per la presenza dell'approssimante /j/: u lasciâ /u la'ʃa:/ = il lasciare & u lasciâ /u la'ʃja:/ = (lui) lascerà.

A differenza della lingua italiana, come mostrato sopra, le geminate "originarie" immediatamente preaccentuali vengono pronunciate come semplici, mentre si conservano quelle immediatamente postaccentuali (ad es., gattu /'gattu/).

Il genovese attuale, o ciò che ne resta, altro non è che la sopravvivenza del socioletto borghese antico. All'epoca della repubblica oligarchica esistevano tre socioletti: quello aristocratico, caratterizzato da /-ŕ-/, quindi, pronuncia intervocalica approssimante, e dalla conservazione di /v/, il quale si estinse nel corso dell'’800 perché i nobili che lo parlavano passarono direttamente alla lingua italiana rifiutandosi di adottare il socioletto borghese; il socioletto borghese, caratterizzato da /-0-/ per /-ŕ-/ e dalla conservazione di /v/, attualmente noto come dialetto genovese, se pure, storicamente, non ne rappresenta che un solo socioletto; e il dialetto popolare, estintosi subito dopo la II guerra mondiale perché abbandonato dai suoi parlanti a motivo della stigmatizzazione sociale cui erano sottoposti, caratterizzato da /-0-/ tanto per /-ŕ-/ quanto per /-ʋ-/</v>/a/u maɳ'ʤja:/, forma del socioletto borghese urbano.
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Infatti, le forme verbali aristocratiche corrispondenti a quelle del verbo "lasciare" riferite erano, rispettivamente: a/u lasceŕa /a/u ˌlaʃʃe'ŕa:/ = (lei/lui) lascerà e a/u lasceŕeiva /a/u ˌlaʃʃe'ŕeiva/ = (lei/lui) lascerebbe [il segno "ˌ" indica l'accento secondario, al quale è dovuta la manifestazione della geminazione "originaria", non più possibile, come visto, nel socioletto borghese o genovese "attuale"] data la diversa struttura della voce verbale. Infatti, la conservazione della geminazione consonantica non risulta indipendente dalla posizione rispetto agli accenti della parola primario e secondario.

Le forme verbali indicate, oggigiorno, si possono ancora riscontrare in varietà dialettali mantenutesi a uno stadio evolutivo arcaico per motivi di tipo geografico e/o sociale.

Evidentemente, quanto riferito si applica anche a fonemi quali /ʧ,ʤ,ɲ,ʃ e ʒ/ e si hanno innumerevoli voci verbali di questo tipo. Ad es.: a/u maciâ /a/u ma'ʧja:/ = (lei/lui) macchierà, a/u mangiâ /a/u maɳ'ʤja:/ = (lei/lui) mangerà, a/u bagniâ /a/u ba'ɲja:/ = (lei/lui) bagnerà, a/u sciüsciâ /a/u ʃy'ʃja:/ = (lei/lui) soffierà e a/u taxiâ /a/u ta'ʒja:/ = (lei/lui) tacerà.

Ovviamente, al condizionale si riverificano le sequenze costituite dai fonemi sopra indicati seguiti direttamente dall'approssimante /j/, come, per altro, si può riscontrare anche in altri domini del vocabolario dialettale. A riprova di quanto possano risultare diversi gli esiti locali nell'ambito di un territorio linguistico quale quello italiano come le strutture e gli stessi vincoli linguistici. In quanto eredi di processi evolutivi che si sono svolti nel corso dei secoli su altri presupposti e con differenti modalità.

P.S.: ovviamente, l'"i" assolutamente ed esclusivamente "grafica" che si riscontra nelle grafie (più o meno "tradizionali") del dialetto genovese non è mai stata pronunciata come tale, ma ha sempre indicato una pronuncia approssimante fin da quando, tra la fine del ’700 e l'inizio dell'’800, si "osò" porre per iscritto anche il socioletto borghese. Prima si scriveva soltanto nel socioletto aristocratico. A quell'epoca il socioletto borghese era già /a/u maɳ'ʤja:/ = (lei/lui) mangerà e si adoperò "i" per /j/. Prima si scriveva a/u mangerà /a/u ˌmaɳʤe'ŕa/>/a/u ˌmaɳʤe'a/>/a/u maɳ'ʤja:/, forma del socioletto borghese urbano.

Le pronunce precedenti si possono ancora riscontrare presso parlanti di varietà arcaiche.

Si può anche notare come le forme ancora dotate di /-ŕ-/ (sulla stampa cittadina, verso la fine dell' '800 comparve il necrologio di un vecchio marchese Doria cui veniva ancora attribuita la parlata aristocratica) "rasentassero", in moltissimi casi, pur "mutatis mutandis", l'analogia colle voci fiorentine/italiane. Analogia completamente perduta nella pronuncia del "genovese borghese", cioè quello "rimasto".
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Ulteriori considerazioni:

1) ovviamente gli esiti genovesi in /'-ja:/, per quanto già pronunciati così quando comparvero (non prima della fine del '700, come riferito) le grafie del socioletto borghese, possono derivare anche da /-i'ŕa/ come, ad es., si verificò per a/u vegniâ /a/u ve'ɲja:/ = (lei/lui) verrà, proveniente da a/u vegniŕà /a/u ˌveɲɲi'ŕa/ di analogo significato.

2) nel socioletto aristocratico /ŕ/ poteva essere considerato fonematico. Si aveva, ad esempio, la coppia minima costituita da câŕu /'ka:ŕu/ = caro e câru /'ka:ru/ = carro. Oggi, ormai, il contrasto oppositivo non si riscontra più. Infatti, si ha câu /'ka:u/ = caro, pur essendo rimasto câru /'ka:ru/ = carro.

3) esempi simili a quelli della flessione del futuro o del condizionale genovese urbano si possono riscontrare anche negli "italianismi", cioè in quelle voci che sono entrate nel sistema linguistico genovese a partire dalla lingua italiana e non sono, quindi, di provenienza diretta, cioè non hanno subito la loro completa derivazione linguistica nell'ambito del dialetto e non ne hanno, pertanto, condiviso tutti i processi evolutivi. Alcuni, come, ad es., sciâ ['ʃja:] = sciare semplicemente perché il dialetto non possedeva il verbo corrispondente. Altri, come, ad es., giâ ['ʤja:] = girare, perché alla forma di derivazione diretta (e perfettamente "regolare") ziŕâ [zi'ŕa:] = girare - ancora attestata in città nel socioletto aristocratico di metà del '700 - venne preferita, come più "elegante", quelle esemplata sull'italiano. Infatti, nel sistema linguistico genovese [ʤ-] non risulta possibile, in quanto si ebbe [z-], come, appunto in ziŕâ [zi'ŕa:] = girare - ancora attestata in città nel socioletto aristocratico di metà del '700 - venne preferita, come più "elegante", quelle esemplata sull'italiano. Infatti, nel sistema linguistico genovese [ʤ-] non risulta possibile, in quanto si ebbe [z-], come, appunto in ziŕâ [zi'ŕa:]<[ʣi'ŕa:] - tramite [ʣ-] -. Cioè [ʤ-]>[ʣ-]>[z-] come avvenne in zenzîa [zeɳ'zi:a] = gengiva - lat. gingīva(m) - e in molte altre voci derivate da etimi latini in ge-. Al futuro e al condizionale, attualmente, anche gli "italianismi" si comportano esattamente come nella flessione di forme verbali di derivazione diretta. Infatti, si hanno le voci: a/u giâ [a/u 'ʤja:] = (lei/lui) girerà, a/u gieiva [a/u 'ʤjeiva] = (lei/lui) girerebbe, a/u sciâ [a/u 'ʃja:] = (lei/lui) scierà e a/u scieiva [a/u 'ʃjeiva] = scierebbe (in queste occorrenze, quindi, ʤj- e ʃj-) et c..

Le forme corrispondenti della flessione verbale di "girare" nel socioletto aristocratico erano, invece: a/u zīŕeŕà [a/u ˌzi:ŕe'ŕa] = (lei/lui) girerà e a/u zīŕeŕeiva [a/u ˌzi:ŕe'ŕeiva] = (lei/lui) girerebbe.

Quindi, finché durò l'autonomia politica locale - i fenomeni linguistici risultano difficilmente separabili dagli aspetti sociali e politici -, venivano parlati in parallelo - certo, diastraticamente - socioletti che manifestano chiaramente strutture molto diverse. Non è questa la sede per poter approfondire, ma risulta, ad es., immediatamente evidente la differenza sillabica in riferimento alla stessa voce verbale.
Tre sillabe nel futuro aristocratico, una in quello borghese. Quattro sillabe nel condizionale aristocratico, due - ancora due in meno - in quello borghese et c..
Ultima modifica di Ligure in data mar, 20 mar 2018 17:16, modificato 1 volta in totale.
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4) non sono stati inseriti esempi genovesi con /ʎj/ semplicemente perché, nel genovese urbano, la transizione /ʎ/>/ʤ/ risulta estremamente antica. Quindi, la forma attuale a/u pigiâ /a/u pi'ʤja:/ = prenderà (letteralm. piglierà perché il verbo prendere non è stato continuato nel dialetto) deriva dalla forma aristocratica a/u piggeŕà /a/u ˌpiʤʤe'ŕa/, già in /ʤ/. Ciò nonostante, si possono ancora riscontrare località della provincia di Genova in cui si pronuncia tuttora a/u piglieŕà /a/u ˌpiʎʎe'ŕa/, con struttura e fonema geminato /ʎʎ/ più simili a quelli della voce fiorentina/italiana corrispondente "piglierà" a motivo della minore "deriva" evolutiva subita in loco dalla forma verbale.

Anche se neppure in queste località, evidentemente si può avere /ʎj/.

Infatti, la transizione da /ʎ/>/ʤ/ si generalizza a partire dalla II metà del sec. XII, mentre i futuri e i condizionali in /j/ si generalizzano in città soltanto a partire dalla fine del sec. XVIII!

Dalla città si avvieranno alla lenta "conquista" dei territori provinciali.

E ancora attualmente, cioè in un momento storico assai prossimo all'estinzione di tutte queste parlate locali, la "conquista" non si può definire completa perché le varietà di tipo genovese usciranno dall'uso vivo con tutte le forme intermedie, testimoni del lunghissimo percorso evolutivo, non ancora totalmente "unificate".
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