La «coccinella» nei dialetti

Spazio di discussione su questioni di dialettologia italiana e italoromanza

Moderatore: Dialettanti

Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5077
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Il Dizionario etimologico dei dialetti italiani di Manlio Cortelazzo e Carla Marcato riporta la voce seguente:
  • marìa-vòla, sf. (piemontese). ‘Coccinella’.
    È una delle varie denominazioni dialettali di questo insetto che fanno capo a termini religiosi, in questo caso al nome di Maria (si confronti anche il nome francese bête à la Vierge); ad esempio nel trentino, emiliano, romagnolo, toscano, marchigiano è detta mariòla, nel veneto (bellunese) maria mariola, maria vola via. Le designazioni del tipo “maria vola (via)” sono dipendenti da filastrocche fanciullesche comunemente connesse alla coccinella con cui i bambini giocavano: nel veneto (a Teolo) «maria maria, žola via / va ntel pra da vó / che te catarè na vaca m bò» ‘maria maria, vola via / va nel prato di [probabile allusione al paese di Vo Euganeo nei pressi di Teolo] / che troverai una vacca e un bue’, ad Ancona «marióla, marióla, / chi t’ha fatta la camigiòla? / Me l’ha fatta la mamma mia / Pie el vólo e fugge via» [Garbini 1925; AIS; DEI]. M.
Avatara utente
marcocurreli
Interventi: 624
Iscritto in data: ven, 25 set 2009 22:36
Località: Cagliari

Intervento di marcocurreli »

Anche da noi c'era una filastrocca, che si recitava quando una coccinella si posava nella mano. Mi ricordo solo l'inizio e la fine:

Babbaiola babbaiola/piga su libru e bai a scola [...] babbaiola torra a bolai.
[coccinella coccinella prendi il libro e vai a scuola [...] torna a volare]
e si faceva volare via.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5077
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Re: La «coccinella» nei dialetti

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Nell’interessantissimo I nomi del mondo: santi, demoni, folletti e le parole perdute di Gian Luigi Beccaria (Torino: «Einaudi», 1995) c’è un paragrafo dedicato a «Coccinelle, mantidi, libellule» nel capitolo «Il diavolo nella zoonimia popolare»:
Gian Luigi Beccaria, in op. cit., pp. 192-193 ha scritto:[O]gni cultura ha dato contenuti positivi o negativi ai colori. Il nero simboleggia la notte, la distruzione, il regno dei morti. Nel mondo cristiano-occidentale il colore negativo, infernale per eccellenza è il nero. Anche il rosso ha valenze distruttive (il fuoco, la guerra), e inquietanti, demoniache (il dragone rosso dell’Apocalisse, «grande, color rosso-fuoco»). Si pensi al caso della graziosissima e largamente santificata coccinella rossa dai sette punti neri. Si potrebbe di primo acchito azzardare che sia stato il rosso delle elitre a suggerire l’inattesa denominazione galineta del diàolo in provincia di Verona (RATTI), gallinella del diàolo a Pitigliano, provincia di Grosseto15. Il fatto è che si è creata una opposizione: la rossa celestiale, la nera (o la ocra) infernale (un informatore mi attesta che in Lucania, provincia di Potenza, la coccinella color ocra era ritenuta velenosa). Il tipo gallinella del diavolo dovrebbe riferirsi alla coccinella di colore scuro. La cosa non è sempre facile da appurare perché né atlanti linguistici né dizionari dialettali distinguono le differenti specie di coccinelle. Sono comunique attestate denominazioni come sic. porta-ogghiu-ô-Signuri a Termini Imerese per la coccinella rossa, e per la scura porta-ogghiu-ô-diàvulu nello stesso luogo, a Marsala gaddinedda di lu diàvulu.
Le infernali comunque non paiono denominazioni fuori norma. Oppongono la nera alla piú comune rossa che secondo diffusissima tradizione è un animale del cielo, e ha vari poteri, come quello di prevedere il futuro, portare fortuna (ancora oggi è una consueta spilla amuleto): vedi il tipo indovinella registrato nell’Italia centro-meridionale, indovinello in provincia di Pisa e Siena (ALI, 4735), fortuna nel Modenese, portafortuna a Trento, e a Camogli. Una formula raccolta in provincia di Bologna testimonia che la coccinella poteva predire la durata della vita («viola violanda dalle gambe sottili | quanto mi concedi ancora prima di morire?»). Indicativo il nome gr. mod. mira, dal classico moira ‘destino’. La coccinella, come altri animali animisti, ha la facoltà di recare buoni presagi, le si ponevano quesiti, come si faceva al cucú ad esempio, o ad alcuni insetti. È un demone-folletto (indicativo il nome monachello dei fiori, attestato nel meridione d’Italia).

15[…] [I]n Sardegna il liquido giallo che secerne la coccinella è chiamato merda del diavolo (al contrario, uno dei nomi del piccolo coleottero, proprio per il liquido che secerne, è in Sardegna abbasanta ‘acqua santa’ […])
Ho condotto un mio personale sondaggio sulle reti sociali, chiedendo in un gruppo di venetofoni quale fosse il nome dialettale di quest’animaletto. Solo otto utenti sui trenta che hanno risposto hanno saputo citare il corrispettivo veneto; gli altri hanno riferito di non conoscerlo e di usare soltanto la parola italiana.

La coccinella era tradizionalmente un animale sacrale, cui erano attribuiti poteri magici; col venir meno di questa concezione della natura, è scomparso anche il nome popolare, complice anche il fatto che la coccinella non aveva altri impieghi: per esempio, non si mangia.

Si mangia, invece, la chiocciola, un cibo che chi, in passato, non aveva molto altro da metter sotto i denti poteva procurarsi da sé, al pari delle erbe spontanee commestibili (le mie nonne andavano spesso «a bogoni», cosí come andavano «a brusaòci», cioè in cerca di tarassaco).

La chiocciola è un animale altrettanto magico —anche per questo esistono filastrocche minacciose nella cultura popolare di tutta Europa— ma aveva e ha mantenuto una sua utilità pratica, nella cucina appunto, anche dopo la morte della civiltà contadina. Cosí, per l’altra domanda che ho posto nel gruppo («Sapete come si chiama quest’animaletto in dialetto?») ho ricevuto piú di duecentocinquanta risposte, nessuna delle quali riportava in termine italiano.
Ligure
Interventi: 399
Iscritto in data: lun, 31 ago 2015 13:18

Re: La «coccinella» nei dialetti

Intervento di Ligure »

Ritengo non sia ancora stato proposto (ma una duplicazione spero non costituisca un problema grave) il termine genovese per "libellula". In ambito urbano è/era massapræve [ˌmassa'prɛ:ve] - letteralmente "ammazzaprete" -. Nel territorio appenninico semplicemente præve ['prɛ:ve], coincidente in tutto con la voce corrispondente a "prete". Ho chiesto ai miei informatori "preferiti" - persone semplici, non studiosi, ma piuttosto acute - se ravvisassero alcunché di "sacrale" nelle denominazioni locali. La loro risposta è stata positiva, pur contenendo, in realtà, l'antitesi dell'espressione della sacralità in quanto improntata - sempre secondo gli informatori stessi - a uno spirito beffardo di dissacrazione - per quanto solamente di tipo verbale, cioè gergale - non del tutto alieno dalle tradizioni del territorio.

Sintetizzando: i montanari si avvarrebbero del termine præve semplicemente a motivo del colore scuro dell'insetto. Che è anche piuttosto lungo. Proprio come l'abito tradizionale dei sacerdoti.

E, forse, questa era davvero la denominazione locale originaria. In ambiente urbano non pare si sia dimenticata questa attribuzione, ma, probabilmente, si prestò attenzione anche alla forma affusolata e lunga dell'insetto. Paragonata a un bastone. Qualcosa con cui, purtroppo, in un passato non, poi, così lontano, chi era povero e non poteva acquistare vere e proprie armi ammazzava pure, se solo fosse occorso, a suo avviso, il caso di farlo. Non solo animali. Quindi, il bastone poteva anche essere considerato un "ammazza-qualcuno" ... Dovendo (o, meglio, volendo) mantenere la denominazione riferita alla colorazione, si aggiunse quella relativa al corpo dell'insetto visto come un bastoncino e si poté forgiare il nome gergale massapræve [ˌmassa'prɛ:ve], irridente e dissacrante - e, inevitabilmente, anche un po' "ribaldo" - in quanto faceva riferimento all'uso più "improprio" di un bastone, l'omicidio di una persona ritenuta "inviolabile". Dalla fede e dalle leggi della Repubblica, che ammettevano un foro separato per le offese e le lesioni ai religiosi. Quindi, se minuziosamente regolamentate, non, poi, così infrequenti! Comunque, sia ben chiaro: relata refero. :wink: Opinioni non mie, ma di altri che prendono in considerazione epoche del tutto aliene dal "buonismo" e dalla "correttezza politica e verbale" dell'attuale Modernità. Nelle quali, forse, meno sentito era il bisogno di dover ricorrere a "trasgressioni" in quanto le manifestazioni fondamentali della vita erano già tutte, in sé, "trasgressioni". :wink: :)

P.S.: diverse sono le ulteriori denominazioni dello stesso insetto nel territorio ligure. Le quali, per altro, confermano l'intenzione di voler segnalare la colorazione scura - munneghetta - o la forma a bastoncino - pestun, pistun -.
Avatara utente
andrea scoppa
Interventi: 155
Iscritto in data: lun, 22 feb 2021 16:07
Località: Marche centrali
Info contatto:

Re:

Intervento di andrea scoppa »

olaszinho ha scritto: mer, 26 set 2018 11:39 In dialetto marchigiano, Nord(e) della provincia di Ancona, è o forse era mariòla
Anche qui.
È cosí piana e naturale e lontana da ogni ombra di affettazione, che i Toscani mi pare, pel pochissimo che ho potuto osservare parlando con alcuni, che favellino molto piú affettato, e i Romani senza paragone.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 2 ospiti