[LIJ] Fonetica e fonologia liguri - «celeu(s)ma» -

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Riporto di seguito le considerazioni riferite dal prof. Toso in merito a un continuatore ligure del grecismo «celeu(s)ma» da me citate nel filone dedicato all'etimologia di «ciurma», "Storia della lingua":
Fiorenzo Toso ha scritto:"Siömma [si’ma] - evidentemente, siamo in presenza d'un refuso, in quanto manca l'[ø] e la seconda [m] - f.; ‘cantilena noiosa’, solo in locuzioni come a l’è delungu a mæxima siömma ‘è sempre la stessa solfa’ o in esclamazioni come che siömma! ‘che barba, che litania!’. L’interesse di questa forma sta una volta tanto non nel rapporto con la documentazione antico-genovese riconducibile alla stessa base etimologica (che in ultima analisi è il grecismo CELEU(S)MA), bensì nella sua difformità da essa: il genovese antico ebbe infatti ihusma già nell’Anonimo Genovese col significato di ‘ciurma’ («soa ihusma examinando» [passando in rassegna la sua ciurma], AG 49: 118), e la voce è rimasta in questo significato nel genovese moderno (anche ad Arenzano) nella forma corrispondente ciüsma, largamente attestata fino ai repertori moderni (cfr. solo Casaccia 1876: 231; per la documentazione storica ligure cfr. DEST: 484–485).

Al contrario, la voce arenzanese ha in primo luogo un significato che sembra avvicinarsi a quello presente nell’area meridionale (e specialmente siciliana) per i continuatori di CELEU(S)MA, dove l’attestazione più antica è data nel 1348 dal siciliano chiloma ‘grido dei marinai’ (Fanciullo 2005: 135): ma il siciliano cialòma (VS I: 695) significa piuttosto ‘vocìo, confusione di più voci che parlano insieme’ e anche ‘discorso lungo e sconclusionato’, che rappresenta comunque una diversa (o ulteriore) evoluzione dal significato originario, che era ‘clamor, cantus, vox tibiae similiumque, quo simul laborantibus [e soprattutto ai rematori sulle navi] signum datur, ut numerum servent’ (Fanciullo 2005: 135): la voce arenzanese sembra essersi insomma sviluppata autonomamente anche da quella siciliana, e non solo per l’evoluzione semantica (da ‘canto monotono dei vogatori’ a ‘cantilena’, quindi ‘solfa, discorso noioso’), ma anche per la fonetica, che rende assai poco probabile una derivazione dalla voce insulare; è da osservare che quest’ultima è entrata in genovese (anche ad Arenzano) come prestito, nella forma cialümma, cialümmu la cui forma è inequivocabile, e il cui significato di ‘pasticcio’ e ‘gozzoviglia’ (Casaccia 1876: 219) è chiaramente un’evoluzione del siciliano ‘confusione di voci’.

Riassumendo, ad Arenzano sussistono, con significati diversi, tre varianti della stessa base etimologica: una (ciüsma) in comune col genovese, dove è di antica attestazione; una (cialümma) che rappresenta un prestito dal siciliano in area ligure, dove in genovese è attestata dal XVIII secolo (De Franchi 1771–1772: 125); una prettamente locale (siömma), più vicina per aspetto fonetico alla variante siciliana, da cui purtuttavia è autonoma, e con un significato particolarmente vicino a quello della base.

Senza voler azzardare in questa sede un’interpretazione di dati che confermano quanto meno la molteplicità dei canali di diffusione e l’ampia circolazione di questa voce nella sua varietà di forme e significati, credo che il reperto arenzanese implichi almeno una ridiscussione della distribuzione areale delle varianti e della cronologia relativa. In particolare, se è valida la lettura dei problemi proposta da Fanciullo 2005, il siömma arenzanese dovrebbe riflettere, insieme all’italiano meridionale cilòma, la variante più antica del grecismo assunta in latino (keléuma), rispetto alle forme derivate da una più tardiva riassunzione di kéleuma, dai cui succedanei tardo-latini e romanzi sarebbero derivate le varie voci genovese (ciüsma), toscana (ciurma, forse a sua volta un genovesismo), veneta ecc.
Per quanto l'articolo del Toso prenda in esame anche altre voci che nulla hanno a che vedere coll'argomento trattato, se qualcuno fosse interessato all'informazioni di contesto che egli fornisce all'inizio del suo contributo, inserisco di seguito il riferimento:

https://revije.ff.uni-lj.si/linguistica ... /3566/3263

Evidentemente, la voce arenzanese siömma proviene da un precedente stadio evolutivo zi(ŕ)ömma, in quanto Arenzano appartiene alla Liguria linguisticamente "genovese" in cui /-ŕ-/ raggiunse lo zero fonico. Nel caso di voci di questo tipo la derivazione da celeu(s)ma - anche per il significato - non sembra porre problemi. Per il genovese urbano - per quanto non direttamente attestato - era stato ipotizzato - come derivazione da celeu(s)ma - l'esito siòuma. La voce d'Arenzano presenta consonante postaccentuale geminata in quanto "risponde" al dittongo etimologico eu mediante vocale anterocentrale labiata, /ø/, cui, nelle pronunce più "genuine" degli anziani, corrisponde la vocale centrale labiata, /ɵ/. Nell'ipotesi formulata relativamente al capoluogo ligure non è stata indicata geminazione consonantica in quanto s'è ipotizzata la presenza di un dittongo - equivalente a vocale lunga -. Infatti, anche nel "sistema linguistico genovese", vale l'isocronismo sillabico. Come in italiano ['fa:to] implica una vocale - allofonicamente - lunga, diversamente da ['fat:to], così, nel sistema genovese si può avere [si'ømma], ma, nelle varianti in cui si fosse conservato il dittongo, si sarebbe potuto avere soltanto l'esito degeminato ['sjɔuma] - com'è stato già riferito -.

Rimane il fatto evidente che, anche ad Arenzano, le voci siömma e ciüsma - che penso, ormai, pronunciata con /z/, mentre, anticamente, il fonema era /ʒ/ (o /ŕ/) - manifestano strutture molto diverse.

Se per si- si può agevolmente risalire a celeu(s)ma, il sistema linguistico locale non consente ciò per ciüsma. Quindi, ovviamente, i rispettivi etimi non possono essere che diversi. Tutto sta a capire se a grado di correlazione diverso o eguale a zero.

P.S. Evidentemente, il Toso fa riferimento agli studi del Fanciullo con una frase dubitativa, per quanto di mera prammatica

Tuttavia, non si pone - almeno, non in questo articolo - i problemi che sono stati affrontati nel filone relativo all'etimologia della voce «ciurma».
Ultima modifica di Ligure in data dom, 14 nov 2021 16:55, modificato 2 volte in totale.
Ligure
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Re: [LIJ] Fonetica e fonologia liguri - «celeu(s)ma» -

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Il messaggio precedente tratta di questioni etimologiche e mostra l'esito - della località costiera di Arenzano - dell'antica voce celeu(s)ma, oltre a una mia personale previsione (da me fatta quand'ancora non ero a conoscenza che una tale voce esistesse) relativa a quello che sarebbe stato lo stadio evolutivo di un eventuale derivato di celeu(s)ma nel dialetto genovese (in cui, per altro, non risulta attestato).

Sostanzialmente, la differenza tra le due voci riguarda la durata consonantica postaccentuale.

Ovviamente, non ci sarebbe nulla di particolarmente scandaloso se lo scarto oggettivamente rilevabile fosse dovuto a un'eventuale imprecisione della previsione. E quest'ultima parola non è stata impiegata a caso.

Né potrei assolutamente avermene a male, avendo operato al massimo della conoscenza possibile in merito.

Tuttavia, in realtà, non è così. Si tratta - assai semplicemente - di due stadi evolutivi diversi. Uno caratterizzato da consonante geminata (l'esito provinciale) e uno da consonante degeminata (l'esito urbano non riscontrato, ma unicamente "previsto", "ipotizzato" - e come se fosse stato soggetto anche a "evoluzione successiva" rispetto allo stadio di sviluppo raggiunto dalla voce "provinciale" -, ciò che sarebbe stato perfettamente "normale" in città).

Quanto esposto, per altro, si presta inoltre a illustrare assai semplicemente la significativa differenza fonologica tra la lingua italiana - in cui è la durata consonantica a risultare distintiva - e, ad es., la varietà linguistica di tipo genovese in cui è la quantità vocalica dicotomica - breve o lunga - a risultare fonologicamente distintiva.

Definizioni che, talora, si leggono, ma che dubito si possano davvero capire se non si riescono a riscontrare esempi concreti adeguatamente commentati.

Ovviamente, cercherò d'illustrare quanto anticipato nel modo più semplice e immediato possibile, scegliendo una voce molto comune - cipolla -, dal momento che celeu(s)ma non possiede affatto continuatori certi nella stragrande maggioranza delle parlate liguri tradizionali. E si formulerebbero soltanto illazioni.

Nel seguito dell'intervento m'avvarrò dei dati riportati nel riferimento incluso - in modo che chi fosse interessato possa anche ascoltare direttamente le pronunce su cui si fonda ciò che andrò esponendo -:

https://www2.hu-berlin.de/vivaldi/index ... 65&lang=de

Nel territorio ancora considerabile come "linguisticamente genovese" - sebbene, ormai, "di confine" nei confronti dei dialetti di tipo "spezzino" vero e proprio -, in località come Cassana e Levanto, si possono tuttora riscontrare le forme più "arcaiche" - cioè meno lontane rispetto all'esito fiorentino e, quindi, italiano - le quali sono "zevulla" e "sevulla". La vocale "i" non accentata è passata a "e", ma la parola è, sostanzialmente, ben conservata e la durata consonantica postaccentuale è mantenuta. La vocale accentata è breve come - allofonicamente, per altro - anche in italiano.

A Rovegno, sull'Appennino, si pronuncia "zigulla". Il fonema "-v-"<"-p-" si ridusse allo zero fonico, ma l'inserimento di "-g-" anetimologico impedì lo stravolgimento della struttura della parola e consentì di poter mantenere consonante geminata - esattamente come in italiano - e, conseguentemente, vocale accentata breve.

Ma a(l) Sassello e a Calizzano non s'adottò alcuna modalità di recupero rispetto a ciò che s'era verificato anche a Rovegno - la riduzione allo zero fonico di "-v-" -. E, pertanto, le forme locali sono entrambe "zjula", in cui la formazione dello pseudodittongo ['-ju:-], lungo in quanto dovuto alla coalescenza di due sillabe contigue precedentemente distinte, determinò la degeminazione della consonante immediatamente successiva - "-l-"<"-ll-" -.

Anche a Genova e a Zoagli s'ebbe la riduzione allo zero fonico di "-v-" e ci si ritrovò allo stadio evolutivo "seulla<"sevulla"<"zevulla". Qui, per altro, s'inserì la vocale "o" per tentare di rendere meno "traumatica" la transizione da "e" - appartenente alla "serie vocalica anteriore" - a "u" - timbro della serie posteriore e, inoltre, "più alto" - mediante un passaggio "più graduale" tramite "o". Ne conseguì l'esito "seoulla">"sjoula". Ma anche in questo caso si determinò coalescenza sillabica - s'ebbero, infatti, due sole sillabe in luogo delle tre originali - e la prima sillaba - lunga in quanto caratterizzata da dittongo - determinò anche a Genova e a Zoagli la degeminazione di "-ll-">"-l-".

Da quanto esposto in modo molto sintetico, ma sostanzialmente corretto, si può capire in modo estremamente chiaro che cosa implichino definizioni e differenze fonologiche anche abbastanza divulgate, ma che - generalmente - lasciano il tempo che trovano se s'omette di fornire al lettore, che già non possieda una specifica conoscenza diretta, un minimo numero d'esempi concreti a sostegno dell'affermazioni diffuse.

Ne consegue, inoltre, che la previsione fornita precedentemente ai lettori in merito a un eventuale continuatore genovese urbano della voce celeu(s)ma non è affatto approssimativa, ma, anzi, estremamente accurata. Infatti, il panorama odierno di un sistema linguistico quale quello di tipo genovese mostra come possano convivere - dal momento che il tratto fonologico distintivo risulta essere la quantità vocalica e non la durata consonantica - esiti provinciali ancora geminati del tipo di "zevulla" - trisillabi e direttamente confrontabili, in qualche modo, col "modello" evolutivo rappresentato dal fiorentino/italiano - e voci caratterizzate da degeminazione intervenuta in epoca storica quale la parola del genovese urbano "sjoula" = cipolla - bisillaba -.

Risulta ovvio, per altro, che il processo evolutivo che determina la variazione della quantità vocalica (e ha, come diretta conseguenza, la corrispondente variazione della durata consonantica) è costituito dalla coalescenza sillabica. Il conteggio delle sillabe - prima e dopo - può (o no) renderci certi che esso sia diacronicamente intervenuto. In assenza di coalescenza sillabica vale quanto si riscontra anche in italiano. E' la condizione dell'apertura o della chiusura della sillaba a determinare la quantità vocalica. Quindi, originariamente, prima della documentabilità storicamente accertabile e prima degli effetti della "coalescenza", anche per il sistema linguistico genovese la quantità vocalica non poteva che possedere - come in fiorentino e in italiano - valore meramente allofonico, risultando, sotto accento, breve in sillaba chiusa ed essendosi potuta, invece, allungare in sillaba aperta.

E la previsione a suo tempo formulata va ritenuta effettivamente precisa in quanto tiene adeguato conto della realtà linguistica analizzata. Se, poi, un derivato da celeu(s)ma possa - in genovese - esserci davvero stato e quale potrebbe essere, eventualmente, stata la sua accezione semantica - in assenza di evidenze documentali - non può che permanere, almeno al momento, questione meramente speculativa.
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