Discussione sui traducenti di forestierismi

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Le parole del professor Sabatini sono a nostro favore, e il suo appoggio preziosissimo dà alla nostra impresa un peso che mai avremmo immaginato.

È evidente che non possiamo aspettarci repentini cambiamenti, poiché il mutare delle consuetudini locutorie richiede tempo. Spero però che qualcosa si faccia concretamente nelle redazioni dei giornali e delle reti televisive affinché almeno una parte degli anglismi, quelli piú inutili e odiosi, scompaia definitivamente dall’uso e qualcuno di non superfluo si adatti, appunto, alle regole della lingua italiana.

A questo proposito, e se non fraintendo, Francesco Sabatini sarebbe favorevole agli adattamenti, per maggiore trasparenza internazionale. Non so voi, ma io non vedo cosa ci sia di «isolante» nel francese ordinateur o nello spagnolo ordenador/computadora; né capisco, allora, perché non accogliere la proposta del Castellani e dire computiere, che non c’isolerebbe punto, invece della grafia compiuter (che sarebbe comunque il minore dei mali)...

Adattando o trovando sostituti secondo me non ci si isola, ma si crea quel ponte di cui parlava Tullio De Mauro, che agevola comunicazione e apprendimento. Che in certi casi ci si allontani dall’inglese non mi pare importante: bisogna incoraggiare lo studio delle lingue, e ogni lingua deve mantenere la sua specificità.
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arianna
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Intervento di arianna »

Complimenti a Marco e Paolo per l'intervista!

Nel commento di Sabatini ho trovato significativo questo commento sulla scuola:
La scuola non ha preparato bene la società, quindi non prendiamocela con i malparlanti del momento! È la scuola che ha non potuto svolgere la sua azione di formazione culturale di educazione e di coltivazione della sensibilità per i fatti linguistici, e questa insensibilità della società italiana per la propria lingua è la stessa insensibilità che ci ha fatto trascurare di studiare le altre lingue. È una non-educazione all’importanza del linguaggio, proprio e degli altri. Questo è quanto di meno nazionalistico si possa pensare, perché i fenomeni del linguaggio sono di estrema importanza per l’individuo, e se ce
Io credo che la scuola abbia un grande potere educativo, quest'ultima dovrebbe sviluppare negli alunni uno spirito critico nei confronti dei forestierismi (che non vuol dire chiusura nei confronti delle altre culture ma vuol dire capire l'influenza e il perché dei forestierismi nella nostra lingua) e apprender loro ad avere più fiducia nelle capacità dell'italiano.
A mio avviso la sensibilizzazione inizia soprattutto dalla scuola e sono pienamente d'accordo con Sabatini che scrive ancora:
e se ce ne rendessimo conto si insegnerebbe con maggior sensibilità l’italiano e con maggior impegno le lingue straniere».
Felice chi con ali vigorose
le spalle alla noia e ai vasti affanni
che opprimono col peso la nebbiosa vita
si eleva verso campi sereni e luminosi!
___________

Arianna
fabbe
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Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 20:57

Intervento di fabbe »

Marco1971 ha scritto:Le parole del professor Sabatini sono a nostro favore, e il suo appoggio preziosissimo dà alla nostra impresa un peso che mai avremmo immaginato.

...

A questo proposito, e se non fraintendo, Francesco Sabatini sarebbe favorevole agli adattamenti, per maggiore trasparenza internazionale. Non so voi, ma io non vedo cosa ci sia di «isolante» nel francese ordinateur o nello spagnolo ordenador/computadora; né capisco, allora, perché non accogliere la proposta del Castellani e dire computiere, che non c’isolerebbe punto, invece della grafia compiuter (che sarebbe comunque il minore dei mali)...
Devo ammettere di non aver ben compreso il senso di quella parte del discorso.

Le differenze culturali e linguistiche sono una ricchezza (specialmente nell'epoca dell'omologazione).

Secondo me conoscere una lingua franca tipo l'inglese è l'unico modo per raggiungere una trasparenza comunicativa internazionale e per imparare a rivalutare la propria lingua.

Naturalmente questo è solo il mio umile punto di vista.
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Federico
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Intervento di Federico »

Sí, quella parte ha lasciato un po' perplesso anche me:
Però ci sono altri settori in cui sostituire significa isolarsi, ed è il caso di computer. [...] è una parola mondiale, quindi io cercherei di tenerla viva in tutte le lingue. Elaboratore, ordinatore eccetera, isolano, e non è un bene.
Non capisco bene in cosa consisterebbe questo isolamento: perché parlando un'altra lingua non si dovrebbe conoscere la traduzione anche di una parola come computer? Forse perché è una parola giudicata "importante", che unifica tutti i popoli? Ma allora dovremmo anche avere nel mondo un solo modo di dire "mangiare", "respirare" ecc.
Altro esempio che faccio per indicare l’esagerazione dei francesi: la sigla che indica quel terribile male che è l’Aids, Acquired immune deficiency syndrome, viene tradotta in Francia con una sigla che ricalca la struttura francese: Sida. La sigla vale piú del significato delle singole parole che la compongono, senza dover capire che cosa è questo male, ed è importante che sia unificata, perché il male corre da una parte all’altra del mondo.
Ecco, invece quando si tratta di una sigla mi sembra un ragionamento già piú comprensibile, anche se pure qui parlare di isolamento mi pare assurdo...

Per il resto, Sabatini mi è piaciuto perché ha centrato un punto che secondo me può interessare piú di altri: l'incomunicabilità (già ora a un livello preoccupante) (a cui collegherei il "rischio dell'aria fritta e delle favolette", per cosí dire). Anche la questione della padronanza delle strutture della lingua mi sembra un'argomentazione efficace.
Peccato che questa parte non abbia potuto essere pubblicata...

P.s.: comunque i titolisti non scherzano, eh? "Parole straniere, ora basta. La crociata dei cruscanti"! :roll:
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Federico
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Intervento di Federico »

Queste interviste, questo spazio dedicatoci dalla stampa, sono un'occasione straordinaria (oltreché insperata), ma per evitare di essere additati solo come una curiosità (da fiera), del genere "ma guarda, ci sono ancora dei folli che si oppongono alle parole inglesi! persino a computer!", dobbiamo fare ogni sforzo possibile per rendere piú comprensibile questa nostra "crociata".

Fabbe, che ne dice di sviluppare quella sua lista di luoghi comuni per compilare una pagina di "domande e risposte" (centrata ovviamente sul normale italiano) da affiancare alla lista dei forestierismi (e alla "lettera ai mezzi d’informazione", ovviamente)?
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

I miei più vivi complimenti a Infarinato e Marco1971 per l’articolo sulla Nazione.
Nonostante non condivida l’idea dell’elaborazione dilettantesca di una lista di traducenti, la pubblicazione dell’articolo rappresenta pur sempre un’occasione per porre all’attenzione di un più vasto pubblico il problema delle carenze culturali del nostro Paese.

Vorrei commentare alcuni passi dell’intervista a Sabatini apparsa sul sito di Massimo Binelli.
Naturalmente c’è da evitare la puntigliosa sostituzione di ogni parola estera, perché, come dicevo, c’è da evitare l’isolamento della propria cultura rispetto ad altre culture…
Sono d’accordo sulla prima affermazione ma non sul perché si dovrebbe evitare ogni sostituzione.
L’opportunità della sostituzione non dipende, a mio parere, dalla necessità della comunicazione internazionale (per questo basta esprimersi in una lingua comune) ma dalla necessità di tener conto dei vincoli storici e socio-culturali in cui s’imbatte la nostra proposta. Oggi, in Italia: per la nostra storia e il nostro livello culturale, per il nostro sviluppo scientifico-tecnologico, per la nostra importanza politica rispetto agli altri Paesi, da una parte; per il grado di diffusione dello specifico anglicismo che si vuole eliminare, per la sua “anzianità” d’ingresso, per il suo radicamento (esistenza di derivati) dall’altro; alcune sostituzioni sono realisticamente proponibili altre no. Per effettuare quest’analisi, e la conseguente cernita, bisogna essere dei professionisti, degli studiosi che conoscano bene gli aspetti e le dinamiche sincroniche e diacroniche della nostra lingua, non dei dilettanti (io per primo), la maggior parte dei quali, dotati solo di una vaga idea di ciò di cui stanno parlando.
Qual è il suo giudizio sull’iniziativa dei «Cruscanti»?
«I simpaticissimi “Cruscanti”, prima di tutto, meritano tutta la stima e l’apprezzamento per il fatto che si dedicano ad osservare i fenomeni linguistici.[…] Mi sembra, tuttavia, che siano sulla linea di una rigidità eccessiva nei confronti della presenza, circolazione entrata e adattamento dei termini stranieri. Non bisogna isolarsi.
[…]
Sono da considerare un modello, almeno come impegno. Possono avere anche idee non collimanti con quelle di altri, però il loro impegno, lo rimarco, è lodevole e vogliamo che si diffonda questa cultura della lingua».
Su questo concordo in pieno, sia sull’eccessiva rigidità, sia, soprattutto, sull’impegno riguardo alla diffusione della “cultura della lingua”.
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Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Complimenti a Marco e a Infarinato!

Ho letto l'articolo, La Nazione non sono riuscita a trovarla, purtroppo. :cry:

Mi fa molto piacere l'apertura di Sabatini a collaborazioni, che, secondo me, dovremmo cogliere al volo.

Tuttavia, con questa storia del ventennio fascista, che giustifica tutto, sarebbe anche ora di finirla. L'insensibilità è un dato di fatto? Si cerchi di rimuoverla. Non sarà poi una situazione ineluttabile, no?
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Federico
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Intervento di Federico »

bubu7 ha scritto:Nonostante non condivida l’idea dell’elaborazione dilettantesca di una lista di traducenti [...] Per effettuare quest’analisi, e la conseguente cernita, bisogna essere dei professionisti, degli studiosi che conoscano bene gli aspetti e le dinamiche sincroniche e diacroniche della nostra lingua, non dei dilettanti (io per primo), la maggior parte dei quali, dotati solo di una vaga idea di ciò di cui stanno parlando.
Questo è vero, ma riguarda solo parzialmente il nostro lavoro: la nostra non è una lista prescrittiva (figurarsi!), anzi non è nemmeno un dizionario (inglese-italiano, francese-italiano ecc.). Io la chiamo "lista di suggerimenti per la sostituzione di forestierismi usati in italiano" (cioè, chi voglia fare a meno di un forestierismo, aiutandosi con questa lista può farlo molto piú facilmente).

Il problema si presenta solo in quei casi in cui proponiamo delle nuove coniazioni, perché uno studio come quello di cui parla lei è utile a scegliere cosa proporre; leggendo i parametri usati nel libro Inglese-Italiano 1 a 1, però, abbiamo constatato che sostanzialmente li abbiamo sempre applicati, anche se in maniera meno sistematica.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:I miei più vivi complimenti a Infarinato e Marco1971 per l’articolo sulla Nazione.
La ringrazio dei complimenti e del commento, caro Bubu, anche perché sono consapevole che, vista la sua [ben nota] posizione nei riguardi della nostra iniziativa, è davvero il commento piú positivo che Lei potesse esprimere.

Tuttavia, le sue parole mi offrono il destro per qualche osservazione a margine, che, insieme ad altre, dovrebbe forse comparire a mo’ d’introduzione alla nostra lista.
bubu7 ha scritto:
Naturalmente c’è da evitare la puntigliosa sostituzione di ogni parola estera, perché, come dicevo, c’è da evitare l’isolamento della propria cultura rispetto ad altre culture…
Sono d’accordo sulla prima affermazione ma non sul perché si dovrebbe evitare ogni sostituzione.
L’opportunità della sostituzione non dipende, a mio parere, dalla necessità della comunicazione internazionale (per questo basta esprimersi in una lingua comune) ma dalla necessità di tener conto dei vincoli storici e socio-culturali in cui s’imbatte la nostra proposta.
Giustissimo. Infatti l’affermazione sull’isolamento interculturale rimane per me misteriosa… Semmai, si potrebbe parlare d’isolamento infraculturale o «diastratico» fra addetti ai lavori e non specialisti all’interno della medesima comunità linguistica.
bubu7 ha scritto:Oggi, in Italia: per la nostra storia e il nostro livello culturale, per il nostro sviluppo scientifico-tecnologico, per la nostra importanza politica rispetto agli altri Paesi, da una parte; per il grado di diffusione dello specifico anglicismo che si vuole eliminare, per la sua “anzianità” d’ingresso, per il suo radicamento (esistenza di derivati) dall’altro; alcune sostituzioni sono realisticamente proponibili, altre no.
Vero… D’altra parte, come ha opportunamente sottolineato Incarcato, applicando rigorosamente criteri di questo tipo, di forestierismi da tradurre ne rimangono ben pochi (altro che 1-1), e quelli che rimangono sono comunque cosí estemporanei o specialistici che sarebbero in ogni caso destinati a un’esistenza effimera.

Questa lista si propone anche di ricordare che, a seconda del contesto, del registro e della particolare situazione comunicativa, per certi forestierismi [anche ben radicati] esistono dei sinonimi, ché una delle conseguenze a mio avviso piú preoccupanti dell’attuale tendenza non è l’uso [piú o meno occasionale] del forestierismo [piú o meno radicato], ma il fatto che questo progressivamente erode la classe d’equivalenza semantica in cui s’istalla. Un esempio per tutti: il problema —fonotassi genuina a parte— non è usare standard, ma usare solo standard e dimenticare che esistono, e.g., cànone e canonico.
bubu7 ha scritto:Per effettuare quest’analisi, e la conseguente cernita, bisogna essere dei professionisti, degli studiosi che conoscano bene gli aspetti e le dinamiche sincroniche e diacroniche della nostra lingua, non dei dilettanti (io per primo), la maggior parte dei quali, dotati solo di una vaga idea di ciò di cui stanno parlando.
Sono parzialmente d’accordo. In realtà, di professionisti di varie discipline, qui ce n’è [toscanismo :mrgreen:] parecchi, e a questi dovrebbe comunque ricorrere un organismo come l’Accademia della Crusca, se ad essa fosse demandato un tale compito, come avviene in Francia con l’Académie française (…per inciso, saremmo lietissimi che la Crusca si assumesse, avendone i fondi, un compito del genere, dal quale —come s’è già ricordato altrove— non è mai stata aliena.)

Ciò che, al di là dell’intrinseca ufficiosità dell’iniziativa, è veramente dilettantistico (dilettantistico, please, non «dilettantesco») è il pochissimo tempo che possiamo dedicarvi e l’assenza d’una sistematica revisione scientifica. Ma, se, ad esempio, ci mettessimo ad applicare scrupolosamente i criteri del Giovanardi e corredassimo la lista d’un apparato esemplificativo, di dilettantistico rimarrebbe ben poco.
bubu7 ha scritto:
Sono da considerare un modello, almeno come impegno. Possono avere anche idee non collimanti con quelle di altri, però il loro impegno, lo rimarco, è lodevole e vogliamo che si diffonda questa cultura della lingua».
Su questo concordo in pieno, sia sull’eccessiva rigidità, sia, soprattutto, sull’impegno riguardo alla diffusione della “cultura della lingua”.
La rigidità è eccessiva se la lista viene recepita in senso normativo anziché informativo, come nelle intenzioni dei suoi estensori —anche questo, ne sono consapevole, non è stato adeguatamente sottolineato.

Grazie infine per l’apprezzamento del nostro impegno. Speriamo davvero che si diffonda questa «cultura della lingua», unico requisito veramente indispensabile perché s’inverta la tendenza attuale [anche] in materia di forestierismi. Ma, perché questo avvenga, bisogna che prima l’Italia riacquisti fiducia in sé stessa su una scala «un po’ piú ampia»: speriamo bene…
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

...cos'ha che non va dilettantesco?
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

giulia tonelli ha scritto:...cos'ha che non va dilettantesco?
Che (a rigore) è «meno neutro» di dilettantistico (lege: «spregiativo»)… ;-) Anche se —ne sono certo— non erano queste le intenzioni di Bubu.
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Federico
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Intervento di Federico »

Sottoscrivo per intero l'ultimo (penultimo) intervento di Infarinato.
Infarinato ha scritto:qualche osservazione a margine, che, insieme ad altre, dovrebbe forse comparire a mo’ d’introduzione alla nostra lista. [...] anche questo, ne sono consapevole, non è stato adeguatamente sottolineato.
Sí, anche secondo me urge una pagina di "istruzioni per l'uso" della lista... altrimenti è incomprensibile il suo valore e scopo...

P.s.:
Infarinato ha scritto:ce n’è [toscanismo :mrgreen:] parecchi
Ah, è un toscanismo? Recentemente me n'è stato contestato l'uso, e non capivo cosa ci fosse di sbagliato... Grazie, Infarinato, mi ha tolto un dubbio (per il quale non valeva la pena di aprire un nuovo filone). :)
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:Semmai, si potrebbe parlare d’isolamento infraculturale o «diastratico» fra addetti ai lavori e non specialisti all’interno della medesima comunità linguistica.
… che proprio l’adozione degli esotismi, soprattutto dei tecnicismi, contribuisce ad incrementare. Tradurre i termini stranieri faciliterebbe sicuramente la comunicazione diastratica, con una più diffusa comprensione del significato e una maggiore “aderenza” tra significante e oggetto denominato.
Infarinato ha scritto:
bubu7 ha scritto:Per effettuare quest’analisi, e la conseguente cernita, bisogna essere dei professionisti, degli studiosi che conoscano bene gli aspetti e le dinamiche sincroniche e diacroniche della nostra lingua, non dei dilettanti (io per primo), la maggior parte dei quali, dotati solo di una vaga idea di ciò di cui stanno parlando.
Sono parzialmente d’accordo. In realtà, di professionisti di varie discipline, qui ce n’è [toscanismo :mrgreen:] parecchi, e a questi dovrebbe comunque ricorrere un organismo come l’Accademia della Crusca, se ad essa fosse demandato un tale compito, come avviene in Francia con l’Académie française (…per inciso, saremmo lietissimi che la Crusca si assumesse, avendone i fondi, un compito del genere, dal quale —come s’è già ricordato altrove— non è mai stata aliena.)

Ciò che, al di là dell’intrinseca ufficiosità dell’iniziativa, è veramente dilettantistico (dilettantistico, please, non «dilettantesco») è il pochissimo tempo che possiamo dedicarvi e l’assenza d’una sistematica revisione scientifica. Ma, se, ad esempio, ci mettessimo ad applicare scrupolosamente i criteri del Giovanardi e corredassimo la lista d’un apparato esemplificativo, di dilettantistico rimarrebbe ben poco
.
Forse non mi sono spiegato bene.
Quando parlavo di professionisti, mi riferivo a quelli individuati dall’inciso successivo: “studiosi che conoscano bene gli aspetti e le dinamiche sincroniche e diacroniche della nostra lingua”. Questi dovranno certo rivolgersi ad altri “professionisti” (specialisti) delle diverse discipline, per avere una spiegazione del significato degli anglicismi (soprattutto dei neologismi), ma la scelta del traducente deve essere compito del linguista, che dispone del bagaglio di conoscenze a cui accennavo prima. Ora la maggior parte di noi (e ho usato un eufemismo) non è un linguista e quindi non possiede le conoscenze di cui sopra.
Non si tratta quindi solo di mancanza di tempo ma dell’incapacità di operare scientificamente sia in sede di stesura sia in sede di revisione. Perché non basta applicare i criteri di Giovanardi, che pur aiutano a rendersi conto delle difficoltà dell’impresa, ma bisogna essersi formati quelle conoscenze e competenze che solo un lungo studio sistematico ed un’altrettanto lunga pratica di ricerca possono fornire.
Quindi, anche se applicassimo quei criteri, la nostra rimarrebbe sempre un’operazione dilettantesca, sì proprio dilettantesca e non dilettantistica.
Ovviamente il senso spregiativo del termine è inteso in senso linguistico, come sinonimo di peggiorativo, negativo.
Per molti di noi (voi) l’elaborazione della lista è stata sicuramente un utile momento di approfondimento delle proprie conoscenze, ma volerla proporre all’esterno, anche solo in veste “informativa” e non “prescrittiva”, rappresenta, a mio parere, una sottovalutazione dei propri limiti e di come procede la vera ricerca in ambito linguistico.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Non si tratta quindi solo di mancanza di tempo ma dell’incapacità di operare scientificamente sia in sede di stesura sia in sede di revisione. Perché non basta applicare i criteri di Giovanardi…
Certo. E infatti era solo un esempio.
bubu7 ha scritto:…ma bisogna essersi formati quelle conoscenze e competenze che solo un lungo studio sistematico ed un’altrettanto lunga pratica di ricerca possono fornire.
E chi le dice che alcuni di noi non lo siano? ;)
Per molti di noi (voi) l’elaborazione della lista è stata sicuramente un utile momento di approfondimento delle proprie conoscenze, ma volerla proporre all’esterno, anche solo in veste “informativa” e non “prescrittiva”, rappresenta, a mio parere, una sottovalutazione dei propri limiti e di come procede la vera ricerca in ambito linguistico.
Once again, Lei presume un po’ troppo, caro il mio Bubu —e anche questo non è atteggiamento scientifico.

Non confondiamo —come troppo spesso si fa in Italia— la scientificità con l’autorevolezza (reale o presunta) data da un eventuale «bollino di garanzia»… Detto questo, confermo tutti i limiti della nostra lista e l’auspicio che iniziative di questo tipo siano intraprese in futuro da un organismo come l’Accademia della Crusca all’interno di un piú ampio programma di consulenza neologica.
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:
bubu7 ha scritto:…ma bisogna essersi formati quelle conoscenze e competenze che solo un lungo studio sistematico ed un’altrettanto lunga pratica di ricerca possono fornire.
E chi le dice che alcuni di noi non lo siano? ;)
Confesso che dal tenore degl'interventi non li ho riconosciuti. :roll:
Infarinato ha scritto:Non confondiamo —come troppo spesso si fa in Italia— la scientificità con l’autorevolezza (reale o presunta) data da un eventuale «bollino di garanzia»…
Giusto. Ma anche fuori dall'Italia esistono dei criteri oggettivi di autorevolezza come, ad esempio, le pubblicazioni su riviste linguistiche di prestigio internazionale.
Infarinato ha scritto: Detto questo, confermo tutti i limiti della nostra lista e l’auspicio che iniziative di questo tipo siano intraprese in futuro da un organismo come l’Accademia della Crusca all’interno di un piú ampio programma di consulenza neologica.
Mi unisco al suo auspicio. Un'iniziativa da parte dell'Accademia mi troverebbe completamente favorevole. :)

P.s. (fuori tema?)
Infarinato ha scritto:Ma, perché questo avvenga, bisogna che prima l’Italia riacquisti fiducia in sé stessa su una scala «un po’ piú ampia»: speriamo bene…
:cry: :cry: :cry:
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