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Moderatore: Cruscanti
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Buon giorno a tutti,
Sono un novello del forum e questo è il mio primo intervento.
Curiosando fra i numerosi filoni, non ho trovato interventi in merito a possibili traducenti del termine multitask/multitasking.
Questo aggettivo è usato principalmente nell'ambito tecnico dell'informatica per indicare un sistema operativo che esegue più programmi contemporaneamente. Inoltre, c'è chi adopera questo anglicismo nella vita di tutti i giorni, per indicare l'abilità di una persona nello svolgere più compiti insieme (i.e. "Nel terzo millennio le mamme sono sempre più multitask").
Personalmente lo reputo un termine obbrobrioso e lo tradurrei con: multiattivo (o pluriattivo?).
Che ne pensate? Avete altri suggerimenti?
Complimenti vivissimi per il sito!
Sono un novello del forum e questo è il mio primo intervento.
Curiosando fra i numerosi filoni, non ho trovato interventi in merito a possibili traducenti del termine multitask/multitasking.
Questo aggettivo è usato principalmente nell'ambito tecnico dell'informatica per indicare un sistema operativo che esegue più programmi contemporaneamente. Inoltre, c'è chi adopera questo anglicismo nella vita di tutti i giorni, per indicare l'abilità di una persona nello svolgere più compiti insieme (i.e. "Nel terzo millennio le mamme sono sempre più multitask").
Personalmente lo reputo un termine obbrobrioso e lo tradurrei con: multiattivo (o pluriattivo?).
Che ne pensate? Avete altri suggerimenti?
Complimenti vivissimi per il sito!
Benvenuto, AmorEst! E grazie del suo apprezzamento!
Ero convinto che multitask[ing] fosse nella nostra lista, ma in effetti non c’è. In senso informatico, il GRADIT rimanda a multiprogrammazione. Per quanto riguarda l’uso generico, di chi compie piú attività, sarebbero valide molte possibilità: oltre alla sua ottima proposta, la traduzione letterale multicompito, o composti di multi-/pluri-: multifunzione, ecc.
Ero convinto che multitask[ing] fosse nella nostra lista, ma in effetti non c’è. In senso informatico, il GRADIT rimanda a multiprogrammazione. Per quanto riguarda l’uso generico, di chi compie piú attività, sarebbero valide molte possibilità: oltre alla sua ottima proposta, la traduzione letterale multicompito, o composti di multi-/pluri-: multifunzione, ecc.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Gentile AmorEst, innanzitutto benvenuto anche da parte mia!
La traduzione riportata da Marco mi pare acconcia.
Tuttavia, quando si tratta di trovare soluzioni per i forestierismi, vorrei ancora una volta invitare a non ragionare solo in termini di traduzione. L'obiettivo non deve essere sempre quello di tradurre la parolina, specie nel contesto quotidiano; piuttosto, dev'essere quello di rendere lo stesso messaggio. Per cui, per esempio, riguardo alla sua frase (Nel terzo millennio le mamme sono sempre più multitask), si potrebbe proporre: nel terzo millennio le mamme sono sempre piú dinamiche.
Altrimenti ci costringiamo da soli in un vicolo cieco.
La traduzione riportata da Marco mi pare acconcia.
Tuttavia, quando si tratta di trovare soluzioni per i forestierismi, vorrei ancora una volta invitare a non ragionare solo in termini di traduzione. L'obiettivo non deve essere sempre quello di tradurre la parolina, specie nel contesto quotidiano; piuttosto, dev'essere quello di rendere lo stesso messaggio. Per cui, per esempio, riguardo alla sua frase (Nel terzo millennio le mamme sono sempre più multitask), si potrebbe proporre: nel terzo millennio le mamme sono sempre piú dinamiche.
Altrimenti ci costringiamo da soli in un vicolo cieco.
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
Sí, però dinamico è un po’ generico per indicare la facoltà di svolgere piú mansioni: si può essere molto dinamici e compiere una sola attività. Vedrei meglio, allora, polivalenti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Uh, ma che calda accoglienza!
Incarcato, ha ragione quando dice che non ci si dovrebbe focalizzare troppo sui traducenti, perché altrimenti si rischia di non vedere termini italiani più evidenti e comuni. Per questo "tuttofare" mi sembra la traduzione più giusta perché rende (per lo meno alle mie orecchie) anche l'idea dell'impegno e della destrezza.
Incarcato, ha ragione quando dice che non ci si dovrebbe focalizzare troppo sui traducenti, perché altrimenti si rischia di non vedere termini italiani più evidenti e comuni. Per questo "tuttofare" mi sembra la traduzione più giusta perché rende (per lo meno alle mie orecchie) anche l'idea dell'impegno e della destrezza.
Tuttavia, l'efficacia del termine multitasking sta proprio nell'attribuire a una persona una caratteristica di un calcolatore.
L'ho sentito dire per la verità solo una volta, da un ragazzo che si vantava del proprio multitasking, che consisteva principalmente nel condurre molteplici discussioni contemporanee in MSN Messenger balzando da una finestra all'altra in continuazione, e magari nel contempo navigando o giocando ecc.
P.s.: In lista abbiamo multithread.
L'ho sentito dire per la verità solo una volta, da un ragazzo che si vantava del proprio multitasking, che consisteva principalmente nel condurre molteplici discussioni contemporanee in MSN Messenger balzando da una finestra all'altra in continuazione, e magari nel contempo navigando o giocando ecc.
P.s.: In lista abbiamo multithread.
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So di andare controcorrente tranne che con Incarcato, ma essere multitasking (che non è tuttofare, polivalente ecc. ecc.) in italiano normale significa saper dividere la propria attenzione su più compiti contemporanei.
Lo so, lo so, non è breve, non è così che si combatte la diffusione dell'anglismo e così via, ci vogliono le paroline brevi, perché altrimenti l'inglese ci travolge e chi più ne ha più ne metta.
Mi preme solo sottolineare che chi non si cura di cercare sempre di riprodurre passivamente parole, sintagmi, espressioni inglesi per questa mania imperante delle parole brevi (ma chi l'ha detto che ci vogliono sempre?) può esprimere in modo acconcio qualunque concetto. Se poi a uno si richiede di parlare fotocopiando l'inglese o uno sente l'obbligo di parlare in questo modo per l'influsso dell'inglese, è un altro discorso.
Lo so, lo so, non è breve, non è così che si combatte la diffusione dell'anglismo e così via, ci vogliono le paroline brevi, perché altrimenti l'inglese ci travolge e chi più ne ha più ne metta.
Mi preme solo sottolineare che chi non si cura di cercare sempre di riprodurre passivamente parole, sintagmi, espressioni inglesi per questa mania imperante delle parole brevi (ma chi l'ha detto che ci vogliono sempre?) può esprimere in modo acconcio qualunque concetto. Se poi a uno si richiede di parlare fotocopiando l'inglese o uno sente l'obbligo di parlare in questo modo per l'influsso dell'inglese, è un altro discorso.
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Roberto, sono perfettamente d’accordo con lei: tutto è esprimibile mediante perifrasi e definizioni. Il problema al quale siamo confrontati è – nel linguaggio tecnico, e prevalentemente scritto – che sostituire a ogni anglicismo una perifrasi rende il discorso poco tecnico da una parte, e ingombrante dall’altra. È necessaria una terminologia, e questo lei lo sa benissimo, essendo traduttore.Freelancer ha scritto:Mi preme solo sottolineare che chi non si cura di cercare sempre di riprodurre passivamente parole, sintagmi, espressioni inglesi per questa mania imperante delle parole brevi (ma chi l'ha detto che ci vogliono sempre?) può esprimere in modo acconcio qualunque concetto. Se poi a uno si richiede di parlare fotocopiando l'inglese o uno sente l'obbligo di parlare in questo modo per l'influsso dell'inglese, è un altro discorso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Certo, chiedo scusa. Tuttavia, è innegabile la tendenza attuale al bisogno di brevità anche nel parlato, per quanto discutibile. Dobbiamo prenderne atto e cercare soluzioni accettabili.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Voglio seguirla in questo giochetto. Il calco pedissequo multicompito non va bene per la nostra struttura linguistica e per come noi creiamo certe connotazioni. Si consideri un tipico articolo sul multitasking, come questo. Già il titolo How to multitask darebbe problemi: Come essere multicompito non suona bene, vero?Marco1971 ha scritto:Certo, chiedo scusa. Tuttavia, è innegabile la tendenza attuale al bisogno di brevità anche nel parlato, per quanto discutibile. Dobbiamo prenderne atto e cercare soluzioni accettabili.
Invece mi sembra che suoni già meglio Come essere multifunzionali che si presta di più al gioco linguistico, dato che multifunzionale in genere si applica agli oggetti (come multitasking si applica ai computer) e qui lo estendiamo alle persone. Poi naturalmente nell'articolo si possono usare anche altri costrutti per varietà.
Non voglio fare il difensore di Franco Fochi, però devo ammettere che non ha tutti i torti quando scrive che tutte queste parole "sembrano messe insieme... coi pezzi d'un meccano, ...secondo un procedimento di casa nelle lingue nordiche quanto estraneo alla nostra dove il posto d'onore è sempre toccato alla libera fantasia e non... all'officina per le macchine di precisione".
Non per difendere, ma per giustificare la legittimità di multicompito (parola alla quale non tengo particolarmente, sia detto per inciso), dirò che s’inserisce in una nutrita serie di composti del tipo multi + sostantivo presenti perlopiú nel linguaggio tecnico. Eccone un piccolo campionario: multiaudio, multibanda, multibase, multibipolo, multibobina, multicanale, multicaule, multicomponente, multicorsia, multicristallo, multicuspide, multidisco, multielaboratore, multielemento, multifibra, multifilamento, multifunzione, e cosí via.
Che tali formazioni siano relativamente recenti (almeno credo, non ho guardato le date), che non ne abbiamo (ma bisognerebbe controllare) esempi abbastanza antichi è irrilevante: qui vedo la tanto decantata vitalità e l’osannato dinamismo della lingua, che estende a un’altra categoria grammaticale (il sostantivo) ciò che era principalmente riservato agli aggettivi. Un ampliamento, insomma, della sintassi di formazione delle parole.
P.S. Il collegamento dato qui sopra non funziona.
Che tali formazioni siano relativamente recenti (almeno credo, non ho guardato le date), che non ne abbiamo (ma bisognerebbe controllare) esempi abbastanza antichi è irrilevante: qui vedo la tanto decantata vitalità e l’osannato dinamismo della lingua, che estende a un’altra categoria grammaticale (il sostantivo) ciò che era principalmente riservato agli aggettivi. Un ampliamento, insomma, della sintassi di formazione delle parole.
P.S. Il collegamento dato qui sopra non funziona.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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