«Halloween»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

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Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

valerio_vanni ha scritto:
Ivan92 ha scritto:Gli anziani, dalle mie parti, dicono proprio Aulin(ne)! :lol:
Con l'accento sulla /a/ e la doppia /n/?
Sí, ma ho messo appositamente tra parentesi ne, ché non sempre [n] è geminato. Insomma, si sente dire sia Aulin sia Aulinne.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Lo chiedo perché è piuttosto rara l'accentazione sdrucciola in presenza della penultima sillaba chiusa.

Se ne parlava qui:
http://www.achyra.org/cruscate/viewtopic.php?t=5021

O forse è un rilascio vocalico debole, a cavallo tra l'essere o non essere una terza sillaba?
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

valerio_vanni ha scritto:O forse è un rilascio vocalico debole, a cavallo tra l'essere o non essere una terza sillaba?
Sí, certo, è una sorta di "strascico". E in effetti, ora che me lo fa notare, anche quell'e finale non ha i tratti d'una vocale anteriore. Assomiglia piú a una vocale centrale. E da queste parti è abbastanza strano, ché, quando si ha paragoge, la vocale aggiunta è sempre [e]: tràmme, bàrre, scútere, compiútere, ecc. Evidentemente, come dice Lei, essendo rara l'accentazione sdrucciola di parole con la penultima sillaba chiusa, la stessa vocale finale è piú arretrata.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Da noi si dice ['alˑlowiŋ], con varianti possibili ['alˑlowĩ] e ['alˑlowi] nel registro più rustico; [-v-] non c'è quasi mai al posto di [-w-], al massimo [-ʋ-]. Fno a qualche tempo fa si poteva sentir dire ['alˑloʋe̞ŋ].
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Carnby ha scritto:Da noi si dice ['alˑlowiŋ]
Una velare in fine di parola?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ivan92 ha scritto:Una velare in fine di parola?
Certamente: è un esito possibile di n finale. Le alternative sono l'epitesi vocalica [-(n)ne] (oggi rara), la nasalizzazione della vocale precedente e il dileguo totale della nasale. Una [n] (alveolare) finale assoluta non è possibile nella mia parlata.
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Sixie
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Intervento di Sixie »

Recentemente, a Chioggia, ho sentito un Aloin che mi è parso del tutto accettabile come versione in veneto del termine in questione.
Rimanendo in ambito lagunare e a proposito di rituali e tradizioni attorno al periodo di Ognissanti, proprio a Chioggia ( ma un po' lungo tutta la linea di costa, Delta compreso), si narrano leggende, come quella Dei Sette Morti, sul divieto delle attività lavorative - in questo caso la pesca - e le regole da rispettare, soprattutto Dai Morti, per non incorrere in gravi conseguenze.
Il divieto si estendeva anche agli innumerevoli mulini sul Po o Adige che, nei giorni dei Morti, non dovevano assolutamente macinare . Il molinaro allora, prima di abbandonare il mulino, lasciava del cibo e del vino per i Morti che, in quelle notti buie e nebbiose di fine ottobre-inizio novembre, a bordo di una barchetta illuminata da deboli lucine, avrebbero attraversato il fiume per raggiungere e consumare quanto era loro dovuto.
Anche nelle campagne vi era la consuetudine di portare un piatto di polenta infasolà in cimitero, al tramonto, per poi tornare a rinchiudersi in casa, prima che facesse buio. Trovarsi per strada, in quelle notti, magari di ritorno dall'osteria e vedersi comparire davanti una lumassa, una sorta di globo infuocato che si muoveva a zig-zag, avanti e indietro, a tratti sparendo dietro i filari dei pioppi o le siepi per poi tornare a manifestarsi salendo da un canale e fermandosi proprio lì, in mezzo allo stradone che si stava percorrendo, costringendo il malcapitato a fermarsi o cambiare strada... altro che Halloween.
Erano le àneme dei Morti che tornavano a far visita ai vivi. :)
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
S·B·U·M·B
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Le Lumiére

Intervento di S·B·U·M·B »

In un quotidiano veneto oggi 31 ottobre, vigilia d'Ognissanti, si legge (in occhiello non firmato) un testo ...che scoprirò parafrasi da Wikipedia.it:

"Halloween, o Notte delle Lumiere in italiano, è una ricorrenza di origine celtica celebrata il 31 ottobre, che nel XX secolo ha assunto negli Stati Uniti le forme spiccatamente macabre e commerciali. Usanze affini sono sempre state comuni in Italia, anche se spesso si collocavano nella notte fra l'1 e il 2 novembre."

(A differenza che in passato...) io non mi produrrò ora qui in più degne ricerche, ma chioserò appena al volo:

- (per me) encomiabile lo sforzo culturale del giornale (nonché dei vichipedisti) di possibile (retro)riconnessione linguistico-antropologica: qualcosa l'avevamo d'antico nei costumi, e quindi nella lingua d'unificazione, da poter sovrapporre nel processo di assimilazione dell'imponente usanza di importazione(1);

- senonché Google (fatto aggio che non si tratta più dell'ampio sguardo del Google d'una volta) mi dà oggi uno scarso uso della locuzione "notte (o festa) delle Lumiere", giusto qualcosa di più significativo nella lezione dialettale "lumera, lumere", la quale peraltro porrebbe addirittura davvero un'esistenza locale e quindi, nel dirla oggi, italianissima, della tradizione All Hallows’ Eve / All Hallowed Souls, salvo aggiungere (direi io) più che altro in area di presenza egemonica storica celtica; da dirla volendo "padana"(2) e friulana ma molto meno "veneta" (veneto andrebbe più opportunamente, volendo, preso come sinonimo di antigallico) (più veneti i rituali "bati marso" o "ciara stea" non in periodo Samhain);

detto questo voterei volentieri a favore di una resa tutta italiana del forestierismo, ad esempio un proponibile quindi "le Lumiére".
___

(1) Una mia nota ulteriore volante: usanza, quella di Halloween, attualmente ancor più in spolvero figurativo e drammaturgico (artistico e rituale), per l'accrescersi mondiale della forza della lingua e cultura spagnolo-americane, con quel quanto di cadaverico immaginario centroamericano (di radici precolombiane), che ha visto rimbalzare skulls e zombies (e perchenò Fride) ogni dove tutto l'anno al passaggio di nuovo millennio con le sue nuove inquietudini planetarie.
(2) http://www.terraorobica.net/Articoli/Tr ... Lumere.htm
Repertorio bibliografico: v. "Schedario - Libri" nel mio Sito personale
domna charola
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Intervento di domna charola »

In realtà il rituale dei morti che tornano, spesso rappresentato dalla questua dei fanciulli, creature che nella tradizione mediterranea sono considerate liminali quindi atte a incarnare gli spiriti dei trapassati, sino a un cinquantennio fa era diffuso in svariate aree della penisola, anche nel meridione. Quindi diventa secondo me non solo difficile recuperare il nome tradizionale italiano, ma anche decidere fra le tante denominazioni che probabilmente esistono a scala locale.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

A costo di ripetermi, è d’uopo ricordare che traduzioni alloguinesche erano diffuse un po’ in tutt’Italia ma non necessariamente a cavallo tra ottobre e novembre: in Toscana la zucca vuota con la candela dentro si esponeva davanti alle case alla fine dell’estate, quando appunto maturavano da noi le zucche. Il problema è che nella maggioranza dei casi queste tradizioni antichissime non avevano un nome univoco, anzi poteva variare anche a brevissima distanza. Così, quando c’è ripiombato Alloguino dal Nordamerica e in generale dai Paesi anglosassoni e celtici, questa ricorrenza ha trovato facile presa nell’innestarsi su tradizioni preeesistenti, ma non ha trovato un nome locale con cui esser chiamata. Se s’imponesse presso qualcuno Lumiere o Notte delle lumiere, sarei ben felice di adottare subito questo nome.
Nota polemica: le critiche che sento fare in questi giorni a questa ricorrenza sono le stesse che tempo fa venivano fatte all’italianissimo Carnevale.
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Halloween»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Riguardo alla tradizione veneta della lumièra (o lumèra), riporto quanto scrive Dino Coltro in Mondo contadino. Volume 3. Le stagioni del mondo contadino. L’inverno. La primavera, Pastrengo: «Azzurra Publishing (su licenza di Cierre Edizioni)», 2015, pp. 23-24:
Dino Coltro ha scritto:Nei paesi anglosassoni la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre è chiamata Halloween (All Hallows Eve, ossia vigilia di tutti i santi) e viene considerata la «notte delle streghe». Fino al Settecento nessuno si arrischiava per le strade; giravano soltanto i guisers, i mascherati, giovani camuffati con il viso coperto da maschere, i quali passavano di porta in porta, danzando e cantando per tenere lontano il malocchio e le fatture.

Pur essendo distanti i motivi di questi riti dalle cerimonie cristiano-contadine, sta di fatto che la sera dei santi nessuno usciva e le famiglie restavano in attesa del ritorno dei morti. Essi uscivano dalle loro tombe appena dopo la benedizione e camminavano nelle piazze e strade deserte in processione, per celebrare la loro festa: si chiamava la procession dei morti. La famiglia raccolta attorno al focolare parlava della vita dei parenti defunti, consumava i cibi rituali e se un bambino disturbava o si metteva a piangere veniva fatto tacere con la frase tasi che passa i santi, oppure tasi che passa i morti, taci che passano i morti (santi). Per questo, i morti devono essere seppelliti con l’abito migliore, perché con quel vestito partecipano alla festa della notte del 2 novembre e, secondo il costume contadino, in procession se ghe va col vestito da festa. Gian Domenico Bernoni raccolse, nel secolo scorso, la favola della madre avara che seppellì la sua bambina morta con un vestito vecchio. A ogni ricorrenza della festa dei morti, la bambina in lacrime ricompariva davanti alla madre e la rimproverava di averla fatta vergognare davanti agli altri morti, perché col suo vestito logoro non poteva partecipare alla processione.

C’è un particolare che avvicina il costume anglosassone al veneto: è la stretta analogia tra la «lanterna di Halloween» con cui giocano i ragazzi in Inghilterra, negli Stati Uniti e anche in Australia e la lumera (lumaza [nella bassa veronese lumièra, nota mia]) dei nostri paesi. Il fuoco fatuo rappresenta l’anima di un defunto in cerca di suffragio e costituisce anche un gioco fatto dai giovani fino a qualche decennio fa, proprio all’ottavario dei morti, oppure per far paura ai ragazzi che andavano a morose. E […] nella festa dei santi nessuno si recava dalla fidanzata.

La «lanterna di Halloween» come la lumera consiste in una zucca svuotata, nella cui buccia vengono praticati dei fori per fare gli occhi, il naso e la bocca ghignante. All’interno di questa specie di teschio veniva collocata una candela accesa e i ragazzi la portavano in giro schiamazzando. Nel caso del moroso, la lumera lo seguiva, lo impauriva per fargli passare la oia [= la voglia] di andare a morose. Questa paura era usata in particolare dai ragazzi di un paese contro il moroso forestiero.
Ho trascritto quest’ampio brano perché l’autore fa una comparazione tra il costume anglosassone e quello veneto, mettendone in evidenza le differenze e le somiglianze. Il corteo di gente mascherata —vestita da strega, da morto, da mostro, ecc.— è estraneo alla cultura contadina. L’affinità si limita all’usanza della zucca, che peraltro era considerata un gioco da ragazzi o uno scherzo che gli stessi ragazzini facevano ai danni dei morosi che volevano far visita alla loro bella:
Gino Beltramini – Elisabetta Donati, Piccolo dizionario veronese-italiano, Verona: «Edizioni di ‹Vita Veronese›», 1963 ha scritto:lumèra sf. - zucca svuotata ed intagliata a somiglianza di teschio, nella quale viene accesa una candela (scherzo di ragazzi o residuo di antiche superstizioni campagnole); De gente che tien sú la so lumèra (Dante Bertini).
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Re: «Halloween»

Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 29 ott 2021 10:09Il corteo di gente mascherata [...] è estraneo alla cultura contadina.
Anche qui, ma ho letto che da qualche parte cortei di bambini esistevano anche in Italia.
Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 29 ott 2021 10:09 L’affinità si limita all’usanza della zucca, che peraltro era considerata un gioco da ragazzi o uno scherzo che gli stessi ragazzini facevano ai danni dei morosi che volevano far visita alla loro bella
A me pare invece che il senso apotropaico sia abbastanza chiaro, anche se col tempo era andato perduto.
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Halloween»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Carnby ha scritto: sab, 30 ott 2021 12:33
Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 29 ott 2021 10:09 L’affinità si limita all’usanza della zucca, che peraltro era considerata un gioco da ragazzi o uno scherzo che gli stessi ragazzini facevano ai danni dei morosi che volevano far visita alla loro bella
A me pare invece che il senso apotropaico sia abbastanza chiaro, anche se col tempo era andato perduto.
Sí, concordo. Volevo dire che delle due usanze —il corteo e la zucca intagliata— nella cultura contadina veneta era presente solo la seconda. Che fosse una tradizione piú profonda di uno scherzo fanciullesco lo conferma del resto la voce del Beltramini-Donati, quando parla di «antiche superstizioni campagnole».
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