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Luca Serianni ha scritto:Non vedo come si possa imputare al dominio statunitense l'adozione di una parola come "ticket", goffo e infelice sostituto di "contributo sanitario". E non lo dico in omaggio a chissà quale purismo... Mi pare sia piuttosto una questione di pigrizia: politici e giornalisti si compiacciono degli anglicismi, magari pronunciandoli in modo approssimativo.
Questa, sinceramente, non l'ho capita.
Come si fa a non imputare al dominio culturale del mondo anglofono la scelta di una parola inglese da parte di una persona di cultura come un ministro della Repubblica.
Si tratterà pure di una persona pigra, ma come mai si è compiaciuta di scegliere proprio una parola inglese? E da dove deriva tale compiacimento se non da una forma di sudditanza culturale?
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Marco1971 riportando Serianni ha scritto: «Non vedo come si possa imputare al dominio statunitense l'adozione di una parola come "ticket", goffo e infelice sostituto di "contributo sanitario".
Scusate se postillo il mio precedente intervento, ma l'occasione è troppo ghiotta per anticipare Marco1971 in una delle sue citazioni preferite.

Già il nostro pluriamato Castellani aveva stigmatizzato, nel suo Morbus anglicus, la scelta di ticket da parte dell'allora ministro delle Finanze, Filippo Maria Pandolfi (laurea in filosofia).
In un'altra occasione (La Crusca per voi, n. 4, aprile 1992) lo stesso Castellani definì ironicamente la trovata del Ministro come "un'alzata d'ingegno". :)
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