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Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

PersOnLine
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Forse è solo una mia impressione, ma da una parte noto - con favore - una crescente insofferenza verso l'anglicismo servaggio, soprattutto quanto più viene utilizzato per rendere la comunicazione volutamente non comprensibile, e dall'altra, con rammarico, come la Crusca no si discosti dai mille altri inutili istituti italiani che costano al contribuente (ricordo che nell'ultima finanziaria è stata finanziata!) e non danno alcuna risposta.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E quel che mi sembra grave, non è solo il fatto che l’Accademia si occupi anzitutto di argomenti riguardanti il passato, è il fatto che giustifichi, attraverso le sue risposte (considerate o no come tali), l’atteggiamento involontariamente criminale dei lessicografi, che fanno il proprio lavoro solo a metà, senza la parte critica. O via: o si ha coscienza, o non si ha; ma l’assenza di proposte, esistenti o no, per sostituire tutta questa massa di lava forestiera rivela una specie di concezione nichilista della lingua. E per finire ci si nasconde dietro il nobile concetto di multilinguismo in Europa, fraintendendo del tutto quanto ciò realmente significa.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
PersOnLine
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Qualche mese fa, lessi un articolo - purtroppo non riesco a rintracciarlo - in cui uno studioso dava ancora non più di un secolo un secolo e mezzo di vita all'italiano, dopo di che lo si potrà probabilmente annoverare tra le lingue morte.
Lei cosa ne pensa? Per lei quando si avrà il punto di non ritorno?
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

È difficile fare pronostici in termini di tempo perché la morte di una lingua è anche un concetto di non facile definizione: ci sono vari stadi prima che una lingua cambi talmente da diventare irriconoscibile. Ma direi che siamo sulla buona strada, purtroppo!

Io ipotizzo che fra cinquant’anni molte delle parole anche comuni saranno sostituite da parole inglesi (ricorderà l’esempio di un glass di vodka, attestato in rete), parecchi verbi continueranno a essere formati sul tipo di downloadare, e il lessico tutto s’anglomorfizzerà. Rimarranno salde per ancora molto tempo le strutture sintattiche, il congiuntivo non è certo morto, anzi, si mette spesso dove non ci sta.

Ma credo anche che la cosa piú subdola in tutto questo sia l’assenza di consapevolezza di chi potrebbe porre un freno a questo degrado; e tale incapacità a riconoscere i sintomi d’una contaminazione forse deleteria e fatale si acuirà attraverso l’abitudine quotidiana a sentire come si parla per televisione e come si scrive in rete. Contrariamente a molti linguisti, la mia umile opinione è quindi decisamente pessimista.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Infarinato
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Cratilo
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Intervento di Cratilo »

Aggiungerei divario ai traducenti, ancora più breve di differenziale e di pari significato.
Quando si parla di economia non dimentichiamo che usare anglicismi inutili ha una funzione in più: rendere il discorso opaco e tecnico, sì che l'opinione pubblica non lo possa comprendere e contestare...
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