«Cheerpack»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

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Millermann
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Intervento di Millermann »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Pensandoci su un po’, mi pare evidente come la mia proposta e quella di Millermann siano inadeguate a tradurre in maniera soddisfacente l’anglicismo in questione. Per due ragioni diverse: otricello rimanda a un concetto arcaico (il vino nuovo negli otri vecchi) ed è una parola dal sapore troppo letterario per attecchire; ghirbetta è il derivato (idiolettale!) di un vocabolo che, con ogni probabilità, è ignoto alla maggioranza delle persone.
Devo, forse, dedurre che ha effettuato altre prove con esito negativo? :P
In realtà, gugolando come al solito, parrebbe invece che «ghirba» non sia una parola relegata esclusivamente nei vocabolari, ma abbia un suo uso moderno come attributo di «tanica», per indicare un contenitore non rigido ma pieghevole.
Il termine «tanica ghirba» presenta circa 1290 risultati in Rete, e visualizzando le relative immagini sono quasi tutti contenitori pieghevoli per liquidi.
Dunque, sembra già possibile, entrando in un negozio di articoli per campeggio, ad esempio, (ma anche di casalinghi) chiedere una «tanica ghirba» senza problemi. 8)

A parte questo, però, vorrei aggiungere alcune osservazioni. La prima è che, in ogni caso, il motivo che mi ha spinto ad aprire questo filone era rendervi partecipi di un esempio di traducente "idiolettale" spontaneo, e non il ritenere «ghirbetta» degno di figurare come traducente "ufficiale" del forestierismo.
E, a proposito di questo, mi ha fatto molto piacere notare che non è l'unico esempio: anche Sixie, infatti, ha segnalato il suo «squizzetto», molto diverso eppure dotato di quel tocco di semplicità che caratterizza le creazioni spontanee. :)

La seconda considerazione è che il fatto che ghirba sia un termine poco o pochissimo noto dovrebbe, anzi, giocare a favore di un'accoglienza dello stesso, e del diminutivo in particolare, come "novità", senza la solita scusa che "però vuole dire un'altra cosa"! :wink:

E infine, a proposito di «confezione strizzabile»: al solito, come è accaduto anche in altri filoni sui forestierismi, per me questa va benissimo come descrizione, è ottima come definizione alternativa, ma non è davvero il "nome" di un oggetto.
È un po' come entrare in un negozio e chiedere un litro d'olio in "confezione di vetro" anziché una bottiglia d'olio! :D
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Io penso invece che il relativo oblio in cui è caduto ghirba possa essere un punto a favore per la sua "palingenesi": gli anni di purgatorio dovrebbero aver contribuito a spogliare il termine di eventuali connotazioni sconvenienti, restituendoci una parola che è insieme (quasi) nuova di zecca e antica.
E non vedo alcun motivo per cui l'azienda non debba usare un nome italiano per il mercato italiano e uno inglese per quello anglofono.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Carissimo Millermann, possiamo chiamare quest’oggetto in milllanta modi diversi, tutti raffinatissimi e ingegnosissimi. A me verrebbe in mente anche, tanto per dire, guastaduzza, benché la guastada sia una specie di caraffa e non un otre. Mi piace proprio la parola. Ciò non significa che abbiamo qualche speranza che l’oggetto in questione si chiami, in futuro, guastaduzza: la ragione, credo, è piuttosto evidente. Non avremmo la certezza che il traducente, quale che sia, attecchisca nemmeno se l’azienda si convincesse a adottarlo, d’altra parte.

In quanto all’opportunità o no di sforzarsi di coniare nuove parole, ho già detto tutto nell’altro filone. Creare neologismi è bello, è appassionante, è gratificante, non lo nego; tuttavia, se vogliamo fare un favore ai nostri possibili interlocutori — i comunicatori, i giornalisti, coloro che hanno l’opportunità di diffondere una parola presso il grande pubblico — non possiamo proporre loro parole rare, o addirittura d’uso idiolettale. :?

Confezione strizzabile è un traducente innegabilmente piú lungo — nulla vieta però di sostantivare l’aggettivo strizzabile — ma ha il pregio di non aver alcuna «controindicazione»: si può adoperare subito, dovunque, senza incomprensioni.

L’esempio che fa lei paragonando confezione strizzabile a confezione di vetro non è molto pertinente, a mio modesto parere: mentre il secondo termine è senza dubbio un iperonimo di bottiglia d’olio, il primo non è affatto un iperonimo; o, meglio, non è ancora. Potrebbe diventar tale in futuro, quando ghirbetta sarà accettato come traducente di cheerpack. Ma in futuro quando? Tra un anno? Tra dieci? Nel frattempo che facciamo? Cioè: nel frattempo il giornalista illuminato, la famosa figura mitologica, che può fare? Dannunzieggiare creando squisiti oscuri neologismi o dedicarsi a un lavoro piú umile, cercando la resa piú piana e comprensibile? Unire due punti con un arabesco o con una linea retta? :mrgreen:

P.S. Ho proseguito nell’indagine: nemmeno i miei genitori conoscono la parola, per lo meno non nell’accezione qui presa in esame. Mia madre la cita come sinonimo — a quanto ho capito, dialettale — di gerla (!), mio padre solo nel significato traslato di vita.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Nelle feste di paese ci sono ormai dappertutto i "gonfiabili" - sottinteso giochi - quindi potrebbero diffondersi anche gli "strizzabili" con riferimento ai contenitori.
C'è differenza con la confezione di vetro, del resto, perché in questo caso si indica un materiale, che può assumere le forme più disparate, mentre per lo strizzabile ci si riferisce a una modalità d'uso, che è comune a tutta una serie di varianti di forma e dimensioni.
Ad esempio, dell'olio in confezione di vetro potrebbe essere consegnato anche in vasetti a chiusura ermetica, o in fiale sigillate da farmacista.
A ben pensarci, anche strizzabile può corrispondere alle confezioni a forma di tubetto col tappo, ma in plastica morbida che non si deforma stabilmente in seguito a strizzamento, diffuse dal dentifricio sino al latte condensato... :roll: aiuto!...
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

domna charola ha scritto:A ben pensarci, anche strizzabile può corrispondere alle confezioni a forma di tubetto col tappo, ma in plastica morbida che non si deforma stabilmente in seguito a strizzamento, diffuse dal dentifricio sino al latte condensato...
È vero, ma in quel caso la confezione si chiama tubetto, senz’altra specificazione. La caratteristica principale dell’oggetto di cui discutiamo, invece, è la possibilità di farne uscire un liquido, non una pasta o una crema, strizzandolo. La somiglianza con otri e ghirbe c’è, ma non mi pare che sia decisiva per definirlo.

P.S. Chi strizza un tubetto, quale che sia il materiale di cui è fatto, è un barbaro! Il tubetto si schiaccia delicatamente all’estremità opposta all’imboccatura, e si accompagna a misura che si consuma il prodotto. :evil: :D
domna charola
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Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Intervento di domna charola »

Ferdinand Bardamu ha scritto:P.S. Chi strizza un tubetto, quale che sia il materiale di cui è fatto, è un barbaro! Il tubetto si schiaccia delicatamente all’estremità opposta all’imboccatura, e si accompagna a misura che si consuma il prodotto. :evil: :D
…si dice "diversamente civile", messere… :twisted:
sempervirens
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Iscritto in data: gio, 23 apr 2015 15:14

Intervento di sempervirens »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Un’azienda che punti conquistare i mercati mondiali ha due possibilità per denominare il suo prodotto: o trova una parola italiana di facile pronuncia anche per uno straniero, una parola che sia al tempo stesso memorabile; o prende la scorciatoia dell’anglicismo.
Purtroppo la situazione è proprio quella che Lei ha riassunto. E tutto questo mi rattristisce.

Fortunatamente c'è invece chi ha ancora coraggio, e con il prodotto fa conoscere anche il nome. Arduino, della Olivetti, è un sistema di schede elettroniche a moduli, ideato a Ivrea. Fare a meno di questo prodotto della tecnologia elettronica italiana ormai è impossibile. Doppi onori agli ideatori!

https://it.wikipedia.org/wiki/Arduino

P.S Mi sia permessa un'osservazione, e mi sia permesso di essere nazionalista. Nomen omen, così quando un oggetto porta appresso un anglicismo inevitabilmente la gente comune identifica la paternità dell'oggetto a menti americane, quando invece sappiamo che nella stragrande maggioranza dei casi è esattamente il contrario.E restando nella tecnologia cito quel Faggin inventore del microprocessore.

https://it.wikipedia.org/wiki/Federico_Faggin
Io nella mia lingua ci credo.
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