«Jihad»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

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G. M.
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«Jihad»

Intervento di G. M. »

Sono consapevole di avventurarmi su un terreno difficile; correggetemi se faccio errori e non siate troppo severi. :)

Premessa: penso che, per la specificità del termine, non si possa fare un calco o limitarsi a una perifrasi, ma vada adattato. Ecco le mie considerazioni.

In italiano questo forestierismo viene pronunciato /ʤiˈad/ (mentre è sbagliata sotto ogni punto di vista la pronuncia con la j francese, /ʒiˈad/). L’adattamento più immediato sarebbe /ʤiˈada/ (con una d sola, per rendere l’allungamento vocalico dell’arabo, [ʤiˈaːda]). Si scriverebbe dunque giada: tuttavia nell’italiano standaro il gruppo ‹gia›, quando la i non è accentata, si pronuncia sempre /ʤa/: il termine rischierebbe di perdere presto il proprio carattere peculiare diventando /ˈʤada/*. Si potrebbe evitare ciò usando sempre la dieresi e scrivendo dunque gïada (cosa che si potrebbe fare, a prescindere da questo, per distinguere la gïada islamica dalla giada pietra), ma la dieresi è un segno grafico estraneo all'italiano comune, usato quasi unicamente in poesia: nell’uso comune una simile grafia apparirebbe straniera.
Per mantenere lo stacco tra la i e la a la soluzione migliore mi sembra allora quella di inserire tra di esse una consonante ad hoc.
La soluzione non è così ardita come può sembrare di primo acchito; vi porto il precedente di egira:
DOP ha scritto:lettera -i- inserita in it[aliano] e altre lingue (sp[agnolo], fr[ancese], ingl[ese]) solo per assicurare in qualche modo il suono palatale della lettera -g- come nell’ar[abo] hijra [hìǧra]
Sul genere da adottare per l’adattamento: in arabo il termine è maschile e questo, mi pare, è l’uso preferito dagli storici e dagli studiosi, ma comunemente si usa il femminile:
Vocabolario Treccani ha scritto:s. m., arabo […], usato in ital. per lo più al femm. (per avvicinamento alla parola guerra)
Anche il DOP lo dà come femminile, e così anche altri dizionari in rete (Sabatini-Coletti, Gabrielli). Il De Mauro dà sia maschile che femminile. Per fare un confronto, è femminile anche in spagnolo. Penso che con la terminazione in -a si possa offrire la possibilità di ambo i generi: femminile per l'uso comune, maschile per quello storico-scientifico, con regolare plurale in -e e -i rispettivamente.

(*Per citare un caso analogo, dalle mie parti – sono di Parma – praticamente tutti dicono sciare e sciato come [ˈʃaːre] e [ˈʃaːto]. Non so come sia la situazione nel resto d’Italia, ma vedo che, pur marcata "da evitare", tale pronuncia è riportata dal DiPI, per cui l'errore dev'essere abbastanza diffuso.)

Ditemi cosa ne pensate.
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Pedroh
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Intervento di Pedroh »

Gihada o jiade?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

La Treccani scrive gihād e così scriverei anch’io (aggiungendo magari la pipa secondo l’uso dell’ISO 233, quindi ǧihād). Non mi sembra il caso di avventurarsi in adattamenti, dato che è un termine appartenente alla cultura islamica e non possiamo tradurre tutti i concetti islamici con parole fonotatticamente italiane (a cominciare dai cinque pilastri: šahādah, ṣalāt, zakāt, ṣawm, ḥaǧǧ).
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Jihad»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Se ne parlò (in parte) anche in questo filone.
G. M. ha scritto:L’adattamento più immediato sarebbe /ʤiˈada/ (con una d sola, per rendere l’allungamento vocalico dell’arabo, [ʤiˈaːda]).
Mah, direi piuttosto che in italiano tradizionale (di base toscana) l’adattamento piú spontaneo sarebbe gïàdde.

Un adattamento che si rispetti, poi, non dovrebbe tenere in considerazione caratteristiche fonetiche (o fonematiche: non so quale sia caso dell’arabo) della lingua di partenza. Anzi, piú «disordina» il forestierismo per adattarlo alle strutture della lingua di arrivo meglio è. In tal senso, l’attribuzione (antifilologica) del genere femminile rappresenta un’ulteriore forma di adeguamento, perché accosta in maniera immediata la parola straniera a un vocabolo italiano comune. (È naturale però che gli studiosi siano piú inclini a rispettare la forma della parola importata; ma allora è piú facile che adottino una traslitterazione quanto piú possibile fedele dall’arabo.)

In effetti l’uso della dieresi sarebbe una stranezza, anzi un vero e proprio unicum nella nostra lingua. A mio parere sarebbe tuttavia una soluzione preferibile al mantenimento dell’acca, se non altro perché la dieresi, usata in una funzione analoga, fa parte della nostra tradizione poetica, mentre l’acca adoperata in tal modo ci è estranea.

In ogni caso, concordo con Carnby: accontentiamoci dell’adattamento parziale proposto anche dal DOP e scriviamo gihad (la ā, in testi in cui non è necessaria l’assoluta precisione filologica, si può sostituire con a).
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G. M.
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Re: «Jihad»

Intervento di G. M. »

Pedroh ha scritto:Gihada o jiade?
L’ellissi è stata un po’ eccessiva, temo di non aver capito la domanda… :)
Carnby ha scritto:[...] non possiamo tradurre tutti i concetti islamici con parole fonotatticamente italiane (a cominciare dai cinque pilastri: šahādah, ṣalāt, zakāt, ṣawm, ḥaǧǧ).
E perché no? Se l’islamismo è davvero destinato a crescere in Europa come ci dicono… ;)
Ma, a parte queste considerazioni, si tratta di casi molto diversi: i cinque termini che lei cita sono noti in pratica solo ai mussulmani o a chi abbia studiato in qualche modo la loro religione, mentre sono totalmente ignoti alla maggioranza dei parlanti; mentre, in questi giorni, jihad è una parola molto usata, che penso conoscano praticamente tutti gli italofoni: non ne conosceranno con precisione l’esatto significato religioso, ma sanno più o meno di cosa si tratta e la parola è usata.
Ferdinand Bardamu ha scritto:Un adattamento che si rispetti, poi, non dovrebbe tenere in considerazione caratteristiche fonetiche (o fonematiche: non so quale sia caso dell’arabo) della lingua di partenza.
Penso di trovarmi su una posizione un po’ meno radicale della sua; ad ogni modo, nel caso in esame non mi pare di essere stato eccessivamente filologico: la mia proposta è infatti di aggiungere una lettera che in arabo non c’è! :D
Ferdinand Bardamu ha scritto:(È naturale però che gli studiosi siano piú inclini a rispettare la forma della parola importata; ma allora è piú facile che adottino una traslitterazione quanto piú possibile fedele dall’arabo.)
Ahimè, è così… ma è un peccato, la nostra lingua soffre e si impoverisce: le sure che diventano suwar, la Caaba che diventa Kaʿba, la Mecca che perde l’articolo…
Don Antonio
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Intervento di Don Antonio »

Ecco un articolo che avevo già individuato qualche tempo fa, il quale presentava la forma riportata anche dalla Treccani:

https://www.eurasia-rivista.com/la-batt ... trategica/

Nell'interessante articolo, il giornalista scrive con molta disinvoltura i termini gihad, gihadismo e gihadista.
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Lorenzo Federici
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Re: «Jihad»

Intervento di Lorenzo Federici »

Perché non «gicàda» (o «-dda», o «-e», o «-gà-»)? Il suono /h/ di "nihil" in latino è stato fatto diventare /k/ in "nichilismo". Ora, è vero che /ˈnikil/ è una pronuncia alternativa di /ˈniːl/ (soltanto nella pronuncia ecclesiastica, in quella classica è sempre e solo /ˈnihil/), però è nata per il bisogno di rappresentare quel suono con un qualche suono dell'italiano (e /k/ è il più vicino). Non si potrebbe fare lo stesso con «gihād»?
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Carnby
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Re: «Jihad»

Intervento di Carnby »

Fuori tema
Lorenzo Federici ha scritto: sab, 03 set 2022 0:52 in quella classica è sempre e solo /ˈnihil/
Eh?
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G. M.
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Re: «Jihad»

Intervento di G. M. »

Lorenzo Federici ha scritto: sab, 03 set 2022 0:52 Perché non «gicàda» (o «-dda», o «-e», o «-gà-»)? [...]
Qualche mese fa un altro membro del fòro mi ha scritto in privato interrogandomi sulla stessa questione (faceva riferimento alla voce del mio dizionarietto, ma i contenuti non differiscono sostanzialmente da quanto scritto qui nel filone). Riporto quanto gli ho risposto (spero non abbia nulla in contrario alla diffusione del mio messaggio! :mrgreen:):

[...] La mia proposta nasceva da una scelta di gusto sostanzialmente arbitraria («La scelta della v non è dovuta a considerazioni filologiche su come rendere la pronuncia araba, ma puramente a considerazioni sulla bellezza del suono della parola risultante in italiano»): per qualche motivo gicada non mi suonava bene, e ancora oggi non mi suona tanto bene (forse perché mi ricorda gincana, o il latino cicada ‘cicala’?), mentre con v i termini mi parevano istintivamente più gradevoli, e in qualche modo —non so dirle perché— di suono meno appariscente, e quindi più vicino alla pronuncia /ʤia/ (givada, givadismo, givadista…).

Va detto che ho scritto quella voce diversi anni fa, e da allora il mio gusto linguistico si è un po’ cambiato e raffinato. Il dizionarietto avrebbe bisogno di una revisione completa e profonda, ma mi manca il tempo per farlo. Oggi mi sentirei (mi sento) un po’ incerto a fare una proposta così “arbitraria” senza avere qualche motivazione più convincente, o perlomeno qualche ragione di “forza” come l’uso o un’autorità su cui appoggiarmi. Come forse saprà, in questi anni ho anche studiato la questione della nostra ortografia (nel mio libro Proposta di riforma gráfica dell'italjano) e, immaginando un mondo ideale, mi piacerebbe che disponessimo di un’ortografia per distinguere univocamente /ʤia/ da /ʤa/: così il problema sparirebbe alla radice e potremmo adattare quel /ʤiha/ in /ʤia/ senz’alcuna difficoltà (problematico —dal punto di vista non pratico ma teorico— farlo sistematicamente con la dieresi, gïada, gïadismo; ma potrebbe essere una soluzione “provvisoria”).


In pratica, oggi mi sentirei più propenso ad adattare in /ʤia-/, eventualmente coll'uso della dieresi (grafica). Se, dopotutto, la gente riesce a pronunciare la /i/ in ciellino /ʧielˈlino/ (v. DiPI), potrebbe imparare a pronunciarla anche qui... :) (Ricordando però, d'altro canto, questo; che fra l'altro, nella mia zona, mi sembra essersi persino intensificato in questi anni :? ).
Fuori tema
Carnby ha scritto: sab, 03 set 2022 7:36
Lorenzo Federici ha scritto: sab, 03 set 2022 0:52 in quella classica è sempre e solo /ˈnihil/
Eh?
Riporto le parole di Canepari al riguardo (mi limito a copincollare, se serve traduco, ditemi):

h /h/ [h, ɦ] [...] Rather weak, even in preclassical age, and not rarely voiced; between vowels, by then = [0̸] (zero): nihil ['niɫ, 'nɪ(ɦ)ɪɫ], mihi ['mɪi, 'mii, ˌmi, ̥mi] (only pedantically ['mɪɦi]).

[...] The situation of Latin h is a little peculiar, as in the Romance languages, which derived from Latin itself. Differently from many other languages of the world, the main Romance languages do not have a /h/ phoneme, even if they ‘inherited' the grapheme h from Latin h.
Even in Latin, /h/ was certainly not one of its principle phonemes. Actually, although the grapheme h was quite frequently used in written texts, it tended not to be always realized as /h/ [h]. Clearly, mihi ['mɪi, 'mii, ˌmi, mi] and nihil ['nɪɪɫ, 'niɫ, ˌniɫ, niɫ] were as shown, including the more realistic variants: mi ['miˑ, ˌmi, mi] (& ['mɪɪ, 'mɪi]) and nil ['niɫ, ˌniɫ, niɫ] (& ['nɪɪɫ]).
[...]
The sociophonic situation, of course, included a number of partially different ‘realities', (more or) less clearly explicit for the Latins themselves. Thus, we inevitably have to consider the following ‘categories': neutral pronunciation, that we prefer, in addition to an excessive mannered one
[...], on the one hand, and colloquial and illiterate (including popular and rural), on the other hand.
Let us explain that all (more or less obscure) observations by the Latins themselves, posed again exactly the same by philologists and classicists, must necessarily be ‘interpreted' according to the sociophonic categories just introduced above. So, it is very important to clearly distinguish between neutral and colloquial pronunciation.
[...]

Non vado oltre perché colla massa di simboli canIPA so che farei fatica a trascrivere. :mrgreen: Per chi volesse continuare la lettura, qui la fonte.
Ultima modifica di G. M. in data sab, 03 set 2022 17:20, modificato 1 volta in totale.
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Jihad»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Fuori tema
G. M. ha scritto: sab, 03 set 2022 9:01In pratica, oggi mi sentirei più propenso ad adattare in /ʤia-/, eventualmente coll'uso della dieresi (grafica). Se, dopotutto, la gente riesce a pronunciare la /i/ in ciellino /ʧielˈlino/ (v. DiPI), potrebbe imparare a pronunciarla anche qui... :)
La dieresi sarebbe la soluzione meno appariscente e pure conforme alla nostra tradizione letteraria.
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G. M.
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Re: «Jihad»

Intervento di G. M. »

Fuori tema
Ferdinand Bardamu ha scritto: sab, 03 set 2022 12:07 La dieresi sarebbe la soluzione [...] conforme alla nostra tradizione letteraria.
Sì e no; chiarisco cosa intendessi con quel «dal punto di vista non pratico ma teorico» così da non lasciare punti oscuri.

Dal punto di vista pratico, scrivere una dieresi a mano non presenta alcuna difficoltà. Digitarla con un apparecchio elettronico può essere più difficile, ma non troppo, e, se si riesce a creare e avere diffusa la coscienza della pronuncia corretta, poi chi scrive di fretta o in modo anche trascurato potrebbe scrivere senza dieresi, e si capirebbe lo stesso, come capisco che il diffuso *⟨autoblu⟩ va comunque pronunciato /autoblu̍*/ (anche se *⟨autoblu⟩ è effettivamente un errore in italiano, mentre ⟨giada⟩ /ʤi.a̍da/ senza dieresi grafica non sarebbe "sbagliato") (sempre ricordando però la tendenza contraria vista in sciare ecc. :?). Venendo invece al punto di vista teorico...
  1. La dieresi grafica ⟨¨⟩ dovrebbe accompagnarsi fone(ma)ticamente a un iato.
  2. Nel caso di ⟨gïada⟩ /ʤi.a̍da/, c'è evidentemente una coincidenza fra le due cose, per cui il termine scritto così è senz'altro conforme alla nostra tradizione letteraria.
  3. Nel caso dei derivati come giadismo ?⟨gïadismo⟩ /ʤiadi̍zmo/ e giadista ?⟨gïadista⟩ /ʤiadi̍sta/, il gruppo gia- iniziale in pronuncia normale (non "poetica" o "manierata") tenderebbe a essere realizzato come /[ˌ]ʤia.-/ con dittongo (cfr. un esempio dantesco: «I' son Beatrice che ti faccio andare», Inferno, II, 70)1. Dunque avremmo due possibilità:
    1. ⟨gïadista⟩ e ⟨gïadismo⟩ scritti così ma pronunciati con /[ˌ]ʤia.-/ in modo "normale", senza forzare un iato /ʤi[.ˌ]a.-/: ciò sarebbe in contrasto colla nostra tradizione, cambiando il significato tradizionale della dieresi;
    2. ⟨gïadista⟩ e ⟨gïadismo⟩ scritti così e pronunciati effettivamente con iato /ʤi[.ˌ]a.-/: ciò sarebbe conforme alla nostra tradizione ma costringerebbe a una pronuncia innaturale.
Il problema quindi sta nei derivati.
Ne avevamo accennato qui.
Può sembrare una questione di lana caprina, ma visto che qui ci piace discutere (almeno qui!) anche delle finezze, mi sembra giusto precisare tutti i dettagli. :)

[1. PS. Aggiungo un riferimento con qualche informazione in più sul fenomeno: A. Camilli, Pronuncia e grafia dell'italiano, 3ª edizione riveduta a cura di P. Fiorelli, Sansoni, Firenze 1965, p. 96, nota 146.]
Ultima modifica di G. M. in data dom, 04 set 2022 18:48, modificato 2 volte in totale.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Re: «Jihad»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Fuori tema
G. M. ha scritto: sab, 03 set 2022 18:03Sì e no; chiarisco cosa intendessi con quel «dal punto di vista non pratico ma teorico» così da non lasciare punti oscuri.
Capisco l’osservazione sulla teoria, e ti ringrazio. Il mio era un discorso piú terra terra: dal momento che il segno grafico è usato anche nella tradizione letteraria per dare all’i diacritico valore di suono vero (con tutt’altri fini, certamente), sarà piú facile accettarlo nelle consuetudini grafiche.
valerio_vanni
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Re: «Jihad»

Intervento di valerio_vanni »

G. M. ha scritto: sab, 03 set 2022 18:03[*]Nel caso dei derivati come giadismo ?⟨gïadismo⟩ /ʤiadizmo/ e giadista ?⟨gïadista⟩ /ʤiadi̍sta/, il gruppo gia- iniziale in pronuncia normale (non "poetica" o "manierata") tenderebbe a essere realizzato come /[ˌ]ʤia.-/ con dittongo (cfr. un esempio dantesco: «I' son Beatrice che ti faccio andare», Inferno, II, 70). Dunque avremmo due possibilità:
  1. ⟨gïadista⟩ e ⟨gïadismo⟩ scritti così ma pronunciati con /[ˌ]ʤia.-/ in modo "normale", senza forzare un iato /ʤi[.ˌ]a.-/: ciò sarebbe in contrasto colla nostra tradizione, cambiando il significato tradizionale della dieresi;
  2. ⟨gïadista⟩ e ⟨gïadismo⟩ scritti così e pronunciati effettivamente con iato /ʤi[.ˌ]a.-/: ciò sarebbe conforme alla nostra tradizione ma costringerebbe a una pronuncia innaturale.
Come fa una pronuncia (aggiungo parecchio) innaturale a essere conforme alla nostra tradizione?

Non possiamo considerare solo quel segmento e lavorarlo a nostro piacimento senza considerare quelli adiacenti.
Nello specifico, non dimentichiamo la sillaba tonica che segue: /dis/. Se mettiamo un accento su /a/ lo andiamo a togliere a /dis/ e ne andiamo a fare uno a valle. In pratica, viene fuori una struttura accentuale simile a "si va di là" o "di là si va".

Anche lasciando perdere un momento il fatto (raro) dell'accento che finisce a monte di una penultima sillaba chiusa, la parola con il suffisso "-ista" è sicuramente sfasciata.
Avatara utente
G. M.
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Re: «Jihad»

Intervento di G. M. »

valerio_vanni ha scritto: dom, 04 set 2022 14:48 Come fa una pronuncia (aggiungo parecchio) innaturale a essere conforme alla nostra tradizione?
Forse non è stata una scelta espressiva molto felice; non intendevo conforme alla «tradizione» come complesso di cose in generale, bensì al singolo elemento tradizionale discusso, ovvero il significato del simbolo ⟨¨⟩.
Avatara utente
Carnby
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Re: «Jihad»

Intervento di Carnby »

Ma gigada no? Ricordiamo che in passato, per evitare l’iato, erano possibili sia /v/ (Giovacchino) sia /ɡ/ (Pagolo).
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