Il confronto. Sul futuro della lingua italiana

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

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amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Magari il goffo tentativo parodico di De Mauro sarebbe suonato ancor meno riuscito e più debole, a certi orecchi, se invece di dire:
La vendistica dell’editore Laterza va sempre più migliorando e parecchi tra noi autori sperano che i loro libri diventino dei vendissimi. Così potremo finalmente dedicarci ai nostri ubini. Io, per me, non avendo più problemi di guardabimbi, vorrei procacciarmi un velopattino e darmi arie di nocchiero trascorrendo cosi, fubbia permettendo, ogni intrèdima.


si dicesse:

La politica di mercato dell’editore Laterza va sempre più migliorando e parecchi tra noi autori sperano che i loro libri diventino dei successi editoriali. Così potremo finalmente dedicarci ai nostri passatempi preferiti. Io, per me, non avendo più problemi di bambinaie, vorrei procacciarmi una tavola a vela e darmi arie di nocchiero trascorrendo così, foschia e aria inquinata permettendo, ogni fine settimana.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A parte la parodia, non mi pare che i termini proposti da amicus_eius siano necessariamente migliori. E nocchiero rimane tale e quale? ;)

Naturalmente, tutte le proposte sono meglio dei termini inglesi, ma forse bisogna valutar meglio se le callide giunture siano per forza la soluzione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Nocchiero, più che traducente, sembra essere il culmine della presa in giro :? . Probabilmente una resa meno marcata di skipper potrebbe essere "navigatore" o "pilota" o "esperto pilota".

Di fronte a un dilagare dell'inglese in contesti in cui l'anglismo è inutile, la parodiabilità potenziale di neoconii troppo forti (alla Pacuvio e Accio) è troppo facilmente ironizzabile, per essere preferita alle callide giunture. Tenendo conto che, nella struttura dell'italiano, le callide giunture sono, tipologicamente parlando, l'equivalente diretto dei composti germanici.

In ogni caso, non pretendevo di aver trovato i termini migliori: più che altro indicavo un metodo.

Insomma: meglio un italiano "augusteo" che un italiano "enniano", almeno secondo me... :wink:

________________________

Dixeris egregie notum si callida verbum Reddiderit iuntura novum... (Ma questa è roba vecchia, no? :wink: )
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Meglio di esperto pilota sarebbe esperto surfista. Noto anche che nebbia nella versione iniziale è stato sostituito da foschia, finalmente qualcuno si è accorto di una delle assurdità della frase parodica. Infine, occorre sostituire procacciarmi con procurarmi e la frase risulta quasi normalizzata. Confesso però di non avere capito del tutto dove si vuole arrivare con questo giochetto, forse un'anima buona me lo può spiegare?
:wink:
amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Tentativo di proporre un metodo alternativo, rispetto al neoconio troppo stridente, al fine di limitare l'anglismo inutile senza troppo dare nell'occhio.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Cosa ci sia di stridente mi va spiegato: non intendo...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:Cosa ci sia di stridente mi va spiegato: non intendo...
La stranezza della frase di De Mauro deriva principalmente dalla scientifica accumulazione di neologismi, mi sembra.
Uri Burton ha scritto:Chiamiamolo sfottò, o «facezia» (peraltro « forse poco opportuna»), o bonaria presa in giro, l’esordio di Tullio De Mauro è un tipico espediente per mettere in cattiva luce le proposte del Castellani e il seguito un trito stratagemma venato d’ipocrisia per mascherare il vero intento dell’esempio, che è quello di prevalere, di porsi in una condizione di superiorità sminuendo le opinioni dell’interlocutore.
Sicuramente è cosí; possiamo volendo anche chiamarla captatio benevolentiae nei confronti del pubblico dei parlanti meno propensi alla sostituzione dei forestierismi: ma a mio parere tutti questi stratagemmi in una discussione – a meno che siano veri e propri insulti irrispettosi, e non è il caso – sono da stigmatizzare solo quanto servono a nascondere i problemi e parlare d'altro, mentre De Mauro prosegue la propria argomentazione in maniera piuttosto solida, mi pare (poi ognuno resta delle proprie opinioni, ma questo non vuol dire).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Riducendola all’osso, l’argomentazione del De Mauro si esaurisce in questo: la forza dell’uso. Un’altra faccia della passività. E, come abbiamo visto, l’esempio addotto del giapponese che accoglie finali consonantiche è una fola. È, insomma, a parer mio, una risposta insufficiente, debole, e proporzionalmente inadeguata all’ampio saggio del Castellani (Morbus anglicus).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto:Riducendola all’osso, l’argomentazione del De Mauro si esaurisce in questo: la forza dell’uso. Un’altra faccia della passività.
Secondo me non è giusto ridurre a queste conclusioni le argomentazioni del De Mauro.
In questo modo lo si mette solo in cattiva luce per far prevalere le proprie opinioni, mettendosi in una condizione di superiorità e sminuendo l’interlocutore.
Che cosa ci guadagniamo da questa operazione?
Il nostro intento dovrebbe essere la maggiore comprensione dei fenomeni. Per raggiungere quest’obiettivo, bisogna valorizzare al massimo le argomentazioni del nostro interlocutore, prima di cercare in tutti i modi di demolirle.

Riporto tre citazioni, a mio parere non sufficientemente meditate, dalle quali sarebbe possibile far ripartire la discussione per poter raggiungere una sintesi costruttiva.
De Mauro ha scritto: Il mutamento delle lingue, continuo, inevitabile, e, per dirla con gli studiosi di istorica, un «accadimento», risultato dell’imprevedibile equilibrarsi degli innumeri effettivi comportamenti linguistici dei singoli utenti della lingua, ciascuno dei quali si sforza di utilizzare i materiali linguistici messigli a disposizione dal suo tempo e dal suo popolo, obbedendo alle esigenze (che sono, si noterà, antinomiche) del minimizzare gli sforzi e massimizzare le distinzioni tra le cose da dire, dell’aderire all’uso linguistico altrui e, insieme, del differenziarsene.
De Mauro ha scritto: La buona circolazione linguistica entro una comunità non si garantisce dunque intervenendo sulle parole e regole, ma, caso mai, migliorando le conoscenze (anche linguistiche) e le possibilità di commercio intellettuale e civile dei parlanti.
Castellani ha scritto: Il divenire della lingua è frutto d’innumerevoli microinterventi. Ma ci sono anche dei macrointerventi. Questo vale in particolare per l’italiano. Il De Mauro non parlerebbe come parla se nel 1525 Pietro Bembo non avesse dettato le sue norme nelle Prose della volgar lingua, se tali norme non fossero state seguite, pur con qualche aggiustamento, da Leonardo Salviati e dagli Accademici della Crusca, e se il Manzoni non avesse corretto i Promessi sposi e scritto la Relazione del 1868. Lungi da me il voler promuovere un macrointervento. Ma un intervento «medio» forse sì, se si mettessero insieme alcuni linguisti non percorsi da brividi al solo sentir parlare di mezzi di difesa, e cercassero di migliorare almeno le condizioni generali di quel malato di morbus anglicus che sta diventando o è diventato l’italiano.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Uri Burton
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LA CRITICA DI DE MAURO

Intervento di Uri Burton »

Federico ha scritto:
Uri Burton ha scritto:Chiamiamolo sfottò, o «facezia» (peraltro « forse poco opportuna»), o bonaria presa in giro, l’esordio di Tullio De Mauro è un tipico espediente per mettere in cattiva luce le proposte del Castellani e il seguito un trito stratagemma venato d’ipocrisia per mascherare il vero intento dell’esempio, che è quello di prevalere, di porsi in una condizione di superiorità sminuendo le opinioni dell’interlocutore.
Sicuramente è cosí; possiamo volendo anche chiamarla captatio benevolentiae nei confronti del pubblico dei parlanti meno propensi alla sostituzione dei forestierismi: ma a mio parere tutti questi stratagemmi in una discussione – a meno che siano veri e propri insulti irrispettosi, e non è il caso – sono da stigmatizzare solo quanto servono a nascondere i problemi e parlare d'altro, mentre De Mauro prosegue la propria argomentazione in maniera piuttosto solida, mi pare (poi ognuno resta delle proprie opinioni, ma questo non vuol dire).
Io credo nell’uguaglianza morale: per me nessuno – né chi dice sciocchezze né l’autore d’un testo ben costruito – ha il diritto di prendere in giro senza motivo l’oggetto delle sue critiche. Ciò nonostante, visto che lei batte sull’efficacia delle argomentazioni di Tullio De Mauro, le ho esaminate attentamente per vedere, cercando d’essere il più imparziale possibile, se e dove colgono nel segno. Ecco le mie conclusioni:

De Mauro sfonda una porta aperta. Si domanda se «l’intervento locale d’un singolo può pretendere di modificare l’uso d’una lingua» prima d’aggiungere, citando Saussure, che «una lingua è un meccanismo così complicato, un insieme cosi vasto e complesso di parole e regole, che il singolo non ha possibilità di cambiarne un pezzo isolato». Benissimo: d’accordo. Castellani l’aveva però preceduto dicendo: «Ma io sono una persona sola, una persona che può sbagliare, e anzi sbaglia spesso e volentieri, cercando di mettere in circolazione neologismi che nessuno vuole».

De Mauro si contraddice. Tutto e tutti sono criticabili, e Arrigo Castellani come gli altri. Ma per criticarlo efficacemente bisognerebbe scendere sul terreno delle sue singole proposte. Sostenere che nuovi coni di parole straniere da tempo entrate nell’uso può rivelarsi una perdita di tempo è più che legittimo. Meno legittimo è dileggiarlo come coniatore di nuovi coni, perché quei coni non sono di per sé ridicoli, e non certo più di parole straniere adoperate senza conoscerne il significato: sono soltanto nuovi, e come tali non immediatamente accettabili. Meno legittimo è anche, da parte di Tullio De Mauro, considerare stravolgenti gli interventi suggeriti da Castellani. Innanzi tutto perché (qui la contraddizione) secondo i dati forniti dallo stesso De Mauro in diverse pubblicazioni gli anglismi crudi costituirebbero una percentuale minima del vocabolario italiano. E poi perché quel massiccio intervento per confutare il quale è stato scomodato Saussure si riduce a questo: «la mia ultima proposta sarebbe che una grande casa editrice, eventualmente la casa editrice Laterza, creasse un comitato di tre o quattro persone al quale fosse affidato il compito di suggerire termini italiani, esistenti o non esistenti, per sostituire quelli inglesi di cui si ravvisi la desiderabilità».

De Mauro scivola su una doppia buccia di banana. Dice che «che lingue fino a un’epoca parche nell’avere parole con terminazione vocalica, in un momento successivo si [riempiono] di parole provenienti da altre lingue o coniate ex novo con terminazione vocalica» e «che lingue privilegianti parole con terminazione vocalica [possono] ... accogliere parole con terminazione consonantica» citando per il primo caso l’inglese e per il secondo il giapponese. Ma i giapponesi, come abbiamo visto, adattano aggiungendovi una terminazione vocalica le parole straniere con terminazione consonantica e l’inglese è sempre stato ricco e di parole con terminazione consonantica e di parole con terminazione vocalica. Nell’inglese americano, ad esempio, la diffusione di parole con terminazione vocalica era semmai maggiore e non minore almeno fino al termine della seconda guerra mondiale, perché a New York la erre terminale non veniva pronunciata (proprio come avviene tuttora nell’inglese britannico).
Ultima modifica di Uri Burton in data sab, 27 gen 2007 17:41, modificato 1 volta in totale.
Uri Burton
CarloB
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Intervento di CarloB »

Mi pare però che Amicus Eius abbia mostrato come sia possibile opporre alla parodia di De Mauro un testo in italiano impeccabile e che chiunque potrebbe, anzi forse dovrebbe, adoperare. Hobby si potrebbe anche rendere semplicemente con passatempo, senza la qualificazione di preferito: penso si capirebbe lo stesso.
Cercare un traducente singolo per ogni vocabolo inglese va benissimo: ma non è detto che ogni trovata sia buona né che si debba difenderla a oltranza. Al testo di Amicus Eius che potrebbe obiettare De Mauro?
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Caro Uri, non riesco a trovare una spiegazione razionale accettabile per questa sua interpretazione parziale dell’intervento di De Mauro.
La conosco come persona di cultura e d’esperienza ma faccio difficoltà a ritrovare queste qualità in alcuni suoi ultimi interventi.
Mi sembra che si stia lasciando prendere da uno spirito partigiano che in parte riduce le sue capacità critiche.
Consideri le osservazioni precedenti frutto della stima che nutro per lei.

Veniamo alla replica al suo intervento.
Uri Burton ha scritto:Io credo nell’uguaglianza morale: per me nessuno – né chi dice sciocchezze né l’autore d’un testo ben costruito – ha il diritto di prendere in giro senza motivo l’oggetto delle sue critiche.
Ma nella presa in giro tra due amici, come lo erano Castellani e De Mauro, non c'è niente di male, non vi è un disconoscimento morale dell’interlocutore. Questo rapporto tra gl’interlocutori si evince anche dal testo.
De Mauro dice: “le proposte dell’amico Castellani…” e Castellani replica: “Il suo spiritoso inizio…”

Andiamo avanti.
Uri Burton ha scritto:Meno legittimo è dileggiarlo come coniatore di nuovi coni, perché quei coni non sono di per sé ridicoli...
Il De Mauro dice proprio il contrario: “Non si dica che [le proposte del Castellani] sono ridicole. Cent’anni fa, i puristi ridevano o dicevano di ridere dinanzi al verbo deragliare: oggi, non fa più effetto a nessuno.”

Arriviamo alla sostanza che lei contesta:
Uri Burton ha scritto:De Mauro sfonda una porta aperta
Il De Mauro non sta sfondando una porta aperta perché il Castellani non afferma che non vadano fatti interventi di singoli ma che questi ultimi possono essere sbagliati. La contestazione del De Mauro è quindi valida.
(In realtà, le cose non stanno proprio così. Il Castellani non sta suggerendo l’intervento di un singolo ma un intervento dall’alto. È questo tipo d’intervento che il De Mauro contesta quando parla d’intervento singolo. A mio parere sbagliando, perché anche l’intervento dall’alto può rientrare in quel complesso di fattori che influenzano una lingua. Certo, non determinandone il cambiamento, ma condizionandolo sì.)
Uri Burton ha scritto:De Mauro si contraddice.
Meno legittimo è anche, da parte di Tullio De Mauro, considerare stravolgenti gli interventi suggeriti da Castellani. Innanzi tutto perché (qui la contraddizione) secondo i dati forniti dallo stesso De Mauro in diverse pubblicazioni gli anglismi crudi costituirebbero una percentuale minima del vocabolario italiano.
Qui, secondo me, è stato frainteso l’oggetto al quale si riferisce stravolgente. Lo stravolgimento non è quantitativo bensì qualitativo. Non si riferisce al numero dei cambiamenti richiesti bensì al tipo (il riferimento è al neopurismo).
Uri Burton ha scritto:De Mauro scivola in una doppia buccia di banana.
Sugli esempi riportati non mi pronuncio. Non conosco a sufficienza le due lingue. Ma, ammesso e non concesso il doppio scivolamento, questo fatto non mi sembra che dimostri automaticamente la falsità dell’assunto generale: che le caratteristiche di una lingua, che stiamo prendendo in considerazione, possano cambiare.

Infine, se posso esprimere la mia opinione sulle posizioni di questi due illustri studiosi, direi quanto segue.

Il Castellani solleva un problema vero ma propone una soluzione sbagliata. La soluzione vera passa attraverso le parole del De Mauro citate in precedenza:
De Mauro ha scritto:La buona circolazione linguistica entro una comunità […] si garantisce dunque […] migliorando le conoscenze (anche linguistiche) e le possibilità di commercio intellettuale e civile dei parlanti.
Il De Mauro è troppo radicale in alcune sue affermazioni (e in parte, sì, si contraddice).
Un intervento dall’alto, che indichi traducenti e regole, non può essere risolutivo, ma neanche sarà completamente inutile. Proprio perché esso diventerebbe uno dei fattori che influenzerebbero l’evoluzione linguistica.
E su questo il Castellani aveva ragione.
Ultima modifica di bubu7 in data mar, 09 gen 2007 11:05, modificato 1 volta in totale.
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Intervento di bubu7 »

CarloB ha scritto: Al testo di Amicus Eius che potrebbe obiettare De Mauro?
Io penso che il De Mauro non avrebbe obiezioni verso il tipo di testo proposto da amicus. De Mauro direbbe che è quello il risultato che vorrebbe ottenere da ciascun parlante per mezzo di un elevamento della sua cultura (linguistica). È evidente infatti che una certa cultura linguistica ostacola l’(ab)uso dei forestierismi.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Uri Burton
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Intervento di Uri Burton »

Ringrazio Bubu dei commenti e delle manifestazioni di stima. Spero solo che in qualche mio futuro intervento riscopra quelle buone qualità che negli ultimi trova cosi carenti.

Una sola nota su una sua osservazione.
Il Castellani solleva un problema vero ma propone una soluzione sbagliata. La soluzione vera passa attraverso le parole del De Mauro citate in precedenza:
De Mauro ha scritto:La buona circolazione linguistica entro una comunità […] si garantisce dunque […] migliorando le conoscenze (anche linguistiche) e le possibilità di commercio intellettuale e civile dei parlanti.
Qui il De Mauro pecca d’astrattezza: non formula una proposta. Se non sbaglio, è stato pure membro d’un governo, a capo della Pubblica istruzione. Che cosa ha fatto per migliorare le «possibilità di commercio intellettuale e civile dei parlanti»? Ha debellato le baronie universitarie, favorito l’accesso dei giovani alla ricerca e alle professioni intellettuali, potenziato le biblioteche, contribuito a infrangere il monopolio dell’editoria, intaccato il sistema delle raccomandazioni nei concorsi per le cattedre nelle superiori, incrementato gli studi umanistici?

Mi risponda pure se crede. Le lascio volentieri l’ultima parola: mi sembra inutile trascinare troppo a lungo le discussioni sullo stesso tema.
Uri Burton
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Intervento di bubu7 »

Uri Burton ha scritto: Ringrazio Bubu dei commenti e delle manifestazioni di stima.
Prego, caro Uri. Spero solo che lei continui a considerare le mie critiche come una sincera e amichevole manifestazione d’interesse nei suoi confronti. La sua ricchezza di cultura e d’esperienze è preziosa in qualsiasi discussione.
Uri Burton ha scritto:Una sola nota su una sua osservazione.
[...]
Qui il De Mauro pecca d’astrattezza: non formula una proposta.
Possiamo dire che il De Mauro pecca d’astrattezza, solo se diciamo che tutti gli altri studiosi di linguistica si trovano nell’iperuranio.
Non c’è nessun osservatore spassionato del mondo accademico italiano che possa disconoscere i meriti del De Mauro nel proporre e nel contribuire a realizzare cambiamenti nella realtà dell’istruzione italiana.
Tutta la sua storia personale degli ultimi cinquant’anni è caratterizzata dall’impegno attivo in questo campo. Un giretto nei siti più accreditati su questi argomenti le permetteranno, senza difficoltà, di trovare conferme alle mie parole.

La saluto con viva cordialità.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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