Un «compendio» per la sezione

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

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G.B.
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Iscritto in data: gio, 15 ago 2019 11:13

Un «compendio» per la sezione

Intervento di G.B. »

Introduzione e ringraziamenti.
Gentili lettori della sezione «Forestierismi»,
qui troverete un compendio essenziale dell'esperienza che si è cumulata nel corso negli anni in questo forum in materia di «forestierismi», cioè di parole e locuzioni straniere in uso nella lingua italiana, in particolare inglesi. Il «compendio» ha carattere divulgativo e non ha la pretesa di sostituire o contrastare il lavoro dei linguisti che si occupano o si sono occupati di questa materia in àmbito accademico (cfr. qui); tutt’al piú, intende raccogliere gl’interventi essenziali sui quali è fondata questa sezione del forum, per facilitarne il reperimento e favorirne la comprensione.

Si ringraziano, in particolare, l’Amministratore Infarinato (che ha gentilmente accolto questa mia proposta), i Moderatori Marco1971, Ferdinand Bardamu, l’utente Freelancer e tutti coloro che hanno apportato il loro contributo, diretto o indiretto, nella stesura di questo lavoro.

Citazione degli interventi.
Per i riferimenti si usa [anche] il sistema escogitato dall’Infarinato qui, che consiste nell'uso del simbolo (cfr.) CrX o (cfr.) CrXf, dove X sta per il numero dell’intervento ed f sta per un rimando all'intero filone (X vale il numero del primo intervento, in quest'ultimo caso). Questo tipo di riferimento è posto in una parentesi quadra sotto ciascun passo. S'è ritenuto superfluo, quindi, di virgolettare gl’interventi (o parti di essi) citati «parola per parola».

1§. Secondo sistema fonologico italiano.
Per «secondo sistema fonologico italiano» è ragionevole intendere quello che si sviluppa a partire dal ‘500, quando si fissa la «grafia fonetica» dell’italiano, e conseguentemente si sviluppa una «lettura pedissequa» di quei nessi consonantici [perlopiú greci, a inizio o in corpo di parola] che non rientra[va]no nella fonotassi genuina della lingua.
Tale «secondo sistema fonologico» è definito dai seguenti vincoli fonotattici propri del «primo sistema» e conservati nel passaggio da questo al secondo:

1) Esclusione delle consonanti in posizione finale (cioè in fine di parola isolata, cioè in fine d’enunciato);
2) Esclusione di U non accentata in posizione finale.

[Cr8404]

Alla prima regola l’italiano piú genuino riconosce le seguenti e sole eccezioni:
  • In poesia, ovvero in fin di verso, se la parola termina per m/n/l/r precedute da vocale;
  • In metalinguistica, cioè in fin d'enunciato («il complemento di causa può essere introdotto dalla preposizione per»);
  • In quella minima parte del lessico che si colloca ai margini della fonotassi di qualsiasi lingua (interiezioni e onomatopee).
N.b.: parole come in, un, del, non e le rimanenti non fanno eccezione, perché in «posizione finale» (vd. supra), non possono comparire (se non in àmbito «metalinguistico»; e allora rientrano nella seconda eccezione di cui sopra). Questo vale anche per i troncamenti come gran[de], bel[lo], caval[lo] (p. es. nel proverbio: «a caval donato non si guarda in bocca») ecc., che non stanno mai in posizione finale (se non in poesia; e allora rientrano nella prima eccezione).

[Cr54215, Cr6916, Cr62915, Cr1695, Cr7967, Cr7968, Cr9775f]

Altre deroghe (pragmatiche e moderne, perlopiú) si possono fare rispetto ai nomi propri, ai marchi registrati che non abbiano subíto un «processo di volgarizzazione» (post-it, p.es., fa parte ormai del lessico comune), a sigle e [messe rigorosamente in corsivo o tra virgolette] a parole/locuzioni latine e greche e «citazioni» straniere (p.es. last not least).

[Cr6916, Cr61560f, Cr34480, Cr30127, Cr11098]

Queste sono le restrizioni sostenute dal cosiddetto «purismo strutturale», teoria puristica sviluppata dal professore Arrigo Castellani, nell’intervento «Neopurismo e glottotecnica: l’intervento linguistico secondo Bruno Migliorini» (18 dicembre 1976) e negli articoli «Morbus anglicus», Studi Linguistici Italiani XIII, 1987, pp. 137–53, «Vendistica e il concetto di bizzarro», Studi Linguistici Italiani XVII, 1991, pp. 139–141.

La teoria madre del purismo strutturale, il «neopurismo» di Bruno Migliorini, ammette (tollera) i forestierismi non assimilati se:
  • Sono attestati da molto tempo (perciò non è necessario adoperare il corsivo);
  • Sono esclusivi di un popolo (oggetti, usi, titoli ecc.);
  • Sono altamente settoriali.
E concede di estendere la deroga poetica rispetto alle parole italiane terminanti in m/n/l/r precedute da vocale anche a forestierismi comuni come tram, bar, rum ecc. [sottintendendo, ovviamente, che possono impiegarsi anche in fin d'enunciato]. Queste deroghe non vanno estese ai latinismi.

[Cr4209, Cr10130, Cr9716]

Un'ultima scuola di pensiero, piú moderata (che, indefinitamente, potrebbe contare tra le sue file, p. es., il glottologo Giacomo Devoto, il linguista Francesco Sabatini e la linguista Ornella Castellani Pollidori) insiste sul rispetto dell'ortografia italiana: sarebbe meglio scrivere compiuter (o computer uniformando la pronuncia allo scritto), tait , lider, coctel e cauboi in luogo di computer, tight, leader, cocktail e cow-boy!

[cfr. Cr10706, Cr16306, Cr5250, qui; si potrebbe considerare un piccolissimo contributo a questa «scuola» questo mio intervento, insieme con questo]

2§. «Terzo sistema fonologico» italiano.
Schematicamente: il «terzo sistema fonologico» prospettato da G. Devoto in Linguaggio d’Italia: Storia e strutture linguistiche italiane dalla Preistoria ai nostri giorni, «Rizzoli», 1974, p. 240 va precisato in «terzo sistema fonotattico» (l’inventario dei fonemi non cambia) e sistema è da intendere solo come «insieme necessario» per classificare un buon numero [in ogni modo minoritario] di forestierismi non adattati, correntemente accettabili in italiano, nonché l’attuale tendenza dei parlanti al mancato adattamento.

Che cosa s’intende con «produttività fonomorfologica»? Da una parte, che i morfemi usati dall’italiano per creare parole nuove rientrano ancora pienamente (fonotatticamente e fonematicamente) nel «secondo sistema fonologico» (in particolare, quelli verbali della prima coniugazione, molto produttivi: chatt-are, resett-iamo…); dall’altra, che i forestierismi non hanno intaccato il ritmo generale della parole «autoctone». Se quindi stress ha «prodotto» stressare, non ha prodotto nesso o accèsso, per esempio.

Tanto piú che (1) la -s del plurale non ha attecchito (per parlare di effettivo «prestito [fono]morfologico», dovrebbe in ogni modo affiggersi anche a parole «autoctone») e (2) ibridismi come mentaners e [smart] laureing o l'uso estensivo di -free, -less sono ancora marginali e scherzosi (per aggiornamenti cfr. qui). Pertanto, l’unico modo per asserire che i forestierismi sono «strutturalmente italiani» è dichiarare che lo sono semplicemente perché [alcuni di essi] fanno ormai parte del nostro vocabolario di base, e quindi identificare (sociolinguisticamente) la «struttura» con l’«accettabilità» («uso» è inappropriato, in quanto non c’è riuso per via della mancata produttività fonomorfologica).

Si potrebbe quindi concludere che un «terzo sistema fonologico» non esiste; ma esiste un «sottinsieme di eccezioni fonotattiche al secondo sistema fonologico» che si può definire lessicalmente produttivo perché i suoi membri [lí raccolti passivamente] vengono spesso usati dall'italiano [lege: dal «secondo sistema fonologico»] per produrre parole nuove, rientranti nel secondo sistema (sport / sport-ivo, per esempio). Tuttavia, la mancata produttività fonomorfologica di tale sottinsieme ne preclude l'estensione delle sue caratteristiche a tutte le categorie grammaticali, a eccezione di quella dei sostantivi [non alterati] e di quella degli aggettivi [non alterati] (funzionalmente validi anche come avverbi); di conseguenza, ne preclude altresí il raggiungimento d'una frequenza d’uso [e una «valenza strutturale»] paragonabile a quella dei vocaboli appartenenti al sistema fonologico tradizionale.

[Cr8404f, Cr39815, Cr10091, Cr10110, Cr4205]

2.1§. Sorti dell’italiano.
Per quanto riguarda le sorti dell’italiano, piú probabile di una «speciazione linguistica», sarà una «marginalizzazione» simile a quella dei nostri dialetti, che farà della nostra lingua una lingua di sostrato, «autocristallizzata» (il lessico nuovo [straniero] non fa che giustapporsi in molti casi a quello vecchio, ma senza operarvi un’influenza fonomorfologica).

[Cr8809, Cr8818, Cr3797]

3§. Il neopurismo o il purismo strutturale.
I principi del neopurismo e del purismo strutturale si fondano in primo luogo sul rispetto della fonotassi italiana, cioè quella del «secondo sistema fonologico», possibilmente emendato delle combinazioni consonantiche che non fanno parte del seguente elenco (che costituisce i nessi consonantici interni ammessi dal «primo sistema»):
  • p, b; t, d; c, g; f, v + l, r (agro, clamore);
  • pp, bb; tt, dd; cc, gg; ff + l, r (offro, obbligo, acclamano);
  • l, m, n, r + consonante scempia o uno dei gruppi del primo punto (alto, antro);
  • s + consonante scempia o uno dei gruppi formati col primo punto (asma, strada).
Si noti che, sebbene nessi interni diversi dai sopraelencati possano creare difficoltà articolatorie in molti parlanti, essi non sono equiparabili alle terminazioni in gruppi consonantici, che distruggono i confini naturali delle parole (e, se segue una pausa, anche di frasi o semmenti di frasi) e rompono la normale prosodia della lingua.

[Cr3408]

3.1§. I principi del neopurismo o del purismo strutturale.
Schematicamente:
  • Adattamento: standard, jeansstàndaro, ginsi (Castellani);
  • Sostituzione con voci già esistenti: panfilo, inarcatura per yacht, enjambement; calchi semantici omonimici: realizzare per [to] realize; calchi semantici sinonimici: simultaneista per multitask);
  • Neoformazione: grattacielo per skyscraper (es. di calco «traduzione»); polirematiche/«glosse»: discriminazione in base all'età per ageism; derivazione: computière per computer, abbúio per blackout (Castellani); composizione: velopàttino per windsurf, cibolèsto per fast-food (Castellani); ricorso alle lingue classiche o a loro elementi: ultrafalso per deepfake, analessi per flashback; parole macedonia: flessicurezza per flexicurity, sessaggiare per (to) sextext; accorciamenti: cabrio per cabriolet, limo per limousine (cfr. qui).
Altri modi per tradurre i forestierismi (componibili con quelli sopra) sono il ricorso alle lingue sorelle o ai nostri dialetti.

[cfr., p.es., Cr30575 e Cr63144]

La «scienza» che deve occuparsi di scegliere quale delle suddette sia la strada giusta per tradurre un forestierismo è la glottotecnica, definita come «lo studio dei caratteri funzionali di un dato linguaggio e di singole serie di parole, con lo scopo di ottenere il massimo dei vantaggi e il minimo d'inconvenienti nella creazione di singoli termini o nella sostituzione di vocaboli poco adatti (sia per ciò che riguarda il rispetto ai caratteri essenziali della lingua di cui si tratta, sia per ciò che concerne i necessarî scambî linguistici fra lingue diverse)» (Migliorini 1961).

Le variabili che determinano la scelta del traducente sono plurime. Una di esse è se il forestierismo sia prestito di lusso (un forestierismo che sostituisce una o piú voci indigene già esistenti) o prestito di necessità (un forestierismo che serve a esprimere una nozione nuova). Un'altra è se il forestierismo sia recente o già acclimato: ciò determina, secondo il Castellani, se l'adattamento debba terminare in -o (recente) o in -e (acclimato); l'analogia con parole di terminazione simile: cfr. qui, qui; le connotazioni del traducente italiano: vitaiolo, con quel suffisso -aiolo, è antisnobbistico, rispetto al fr. viveur, bessèlle apparirà agli editori troppo rustico per tradurre best-seller; e altre variabili ancora, che il glottotecnico deve tenere in conto.

L’adattamento è operato tutt’oggi dai dialetti centromeridionali e da alcuni istituti nazionali, che sostengono questo tipo di traduzione dei forestierismi (in primis, Accademie di Spagna e Francia).

[Glottotecnica: Cr29457, Cr54310, Cr67163, bibliografia di Migliorini; adattamenti: Cr62782, Cr8954, Cr5269, Cr67070; generali: Cr1054f, Cr362]

4§. Esempi di adattamenti dall’inglese.
atollo (da atol), risciò (da rickshaw), giungla (da jungle), bistecca (da beef-steak), elfo (da elf), drone (da drone), geco (da gecko), sceriffo (da sheriff), ghinèa (da guinea), folclóre (da folklore), zombi (da zombie), sciampo (da shampoo), bichíni (da bikini), urrà (da hurrah), gincana (da gymkhana), scellino (da shilling), scalpo (da scalp), mandrillo (da mandrill), toboga (da toboggan), bovindo (da bow-window), ioiò (da yo-yo), cambrí (da cambric), sciuscià (da schoe-shine), coala (da koala), quacchero (da quaker), tranvai (da tramway), mongomeri (da montgomery), gallone (da gallon), carri (da curry), mògano (da mohogany), iglú (da igloo), bangio (da banjo), tornado (da tornado), bungalo (da bungalow) , sterlina (da sterling), giurí (da jury), sciamano (da shaman), vudú (da voodoo), malto (da malt), cleristorio (da clerestory), maleo- (da malayo-), rosbíffe (da roast-beef), pogo (da pogo), ghenga (da gang), niubbo (da newbie), polo (da polo), bingo (da bingo), commando (pl. inv. o in -i), filme (da film), ponce (da punch, iarda (da yard), orango (da orangutan), vitamina (da vitamine), bughi-vughi (da boogie-woogie), tosto (da toast), meme (da meme), vigghi (da whig), trence (da trench), pispagno (da pitch-pine), princisbécco (da pinchbeck), dollaro (da dollar), viagra (da Viagra), tidale (da tidal), sciampoíno (da shampooning), gingo (da jingo), ciacche (da ciak), torí (da tory), trolle (da trolley), bipasso (da bypass), slogano (da slogan; adattam. di G. Pasquali), pulma (da pullman; adattam. di A.Pizzuto), mècce (da match; adattam. di V. Pratolini), vatterclóse (da water-closet; adattam. di C.E.Gadda), tròse (da trousers; adattam. di U.Foscolo)...

[I vocabolari consultati sono perlopiú il Treccani e il GDLI; cfr. Cr8797, Cr67070]

5§. Lettere straniere.
L'alfabeto italiano è composto di 21 lettere. La lettera H, in realtà, non rappresenta mai un suono (se non la realizzazione facoltativa dell’aspirazione in interiezioni come ah, eh, ehm, oh...) ed è il segno diacritico per eccellenza. Negli adattamenti si toglie: hobby obbi (DOP), hozelot ocellotto... Altri 5 segni (j, k, w, x, y) sono utilizzati per le parole straniere o (alcune di essi) con funzione espressiva per conferire una patina «esotica» a parole italiane (skuola, Amerika...); ma è un uso da evitare.

[cfr. qui]

J j
Lettera di alcuni alfabeti stranieri, un tempo anche di quello italiano; si chiama «i lunga/o» (non «gèi», che pur è adattamento dall'inglese jay). È stata introdotta nel Medioevo come variante grafica della I e adottata nel XVI sec. con due funzioni: come semiconsonante [in posizione iniziale o posvocalica]* (jeri, boja...) e, in fine di parola, come terminazione del plurale dei nomi in -io atono (beccaj, varj...). È caduta in disuso tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima del Novecento (L. Pirandello ancora la impiegava in parole come guajo, ajuto, sajo ecc.). In italiano sopravvive solo in cognomi (Ojetti, Pistoj...) e nomi proprî in genere (Jacopo, Jonio, Jugoslavia...). Nell'adozione di molte parole ereditate dal latino la I (o J) prevocalica s'è «palatalizzata», portando alla formazione di parole come geroglifico (da ierogliphicum), giudeo (da Iudaeus), giureconsulto (da iureconsultus) ecc. Oggi si trova perlopiú in anglicismi non adattati valendo /ʤ/ (jogging, dee-jay, jet-lag...), o in francesismi valendo, invece, /ʒ/ (j'accuse, abat-jour, déjà-vu...); con la funzione fonetica che aveva un tempo va sostituita con una I (junior → [g]iunior[e], juta iuta, junghiano iunghiano...).

[cfr. qui e qui; *integrazione segnalatami da G. M.]

K k
«Cappa»: decima lettera dell'alfabeto della lingua latina, usata in antico per il suono del κ greco. Verrà presto soppiantata dal segno C, conservandosi solo in poche abbreviazioni e varianti arcaiche (K = Caeso, Karthago = Carthago, Kalendae = Calendae). Per le lingue romanze venne ripresa nel Medioevo per esprimerne il suono velare davanti a e o i (per es., ke = che); nelle lingue germaniche è viva tutt'oggi. In italiano va evitata, valendo in tutto e per tutto una c(h) (kilo- → chilo-, kappacappa, kepleriano chepleriano ecc.).

[cfr. qui]

W w
Lettera sconosciuta all'alfabeto latino classico, ideata nel Medioevo in area germanica allo scopo di distinguere dalla u vocale una u semiconsonante (w inglese, come in whisky) oppure una u consonante, cioè una v (w tedesco, come in wafer). In italiano si chiama «doppia vu» o «vu doppia». La sua resa oscilla tra la labiovelare gu (di guanto, guardare, guerra , guidrigildo ecc.), la v (di vadia, vandalo, volframio ecc.) e la u (dopo consonante: twittare tuittare, softwarista softuerista...).

[cfr. Cr1931f, Cr24334f, Cr69593, Treccani (w, W), Treccani (alfabeto); Cr66815]

X x
Lettera degli alfabeti greco e latino, che ricorre in tecnicismi da quelle due lingue mutuati e lí solo tollerata (uxoricida, xilografo...). Altre due eccezioni si fanno rispetto ai latinismi ex (→ es) ed extra (→ estra). In principio di parola la ícchese/íccase ha lo stesso trattamento della s impura e cioè non permette dinanzi a sé il troncamento (uno xenofobo). Nell'italiano piú genuino si sostituisce, a inizio di parola, con una s scempia (xilofono silofono, xantosisantosi, xenofobia senofobia), e, in posizione mediana, con una geminata (alexitimiaalessitimia) [tranne che nei composti del sopraccitato ex- e di esa-, qui solo anticamente geminata (essercito, essagono)]*. Il suono proprio della X è riprodotto dal digramma cs, che però non è tanto piú italiano e, soprattutto, è confinato a un numero ristretto di parole (clacson e derivati, fucsia e poche altre).

[cfr. Cr34728, Cr61275, Cr40187; *integrazione segnalatami da G. M.]

Y y
Vocale greca, passata poi al latino nella trascrizione di parole greche, e dal latino al francese e ad altre lingue moderne. Si chiama «ipsilon[ne]» o, con un francesismo, «i greca». In italiano corrisponde in tutto e per tutto a una I e pertanto, negli adattamenti, va con questa sostituita (yogurt iogurt[e], yprite iprite, disneyano disneiano ecc.).

6§. Anglicismi sintattici.
Egualmente [certamente non piú] preoccupanti, oltre alle ormai comuni violazioni della norma fonotattica, sono gli anglicismi sintattici, spesso propagati da traduzioni di testi inglesi. Alcuni esempi qui, qui, qui e qui.

Se il problema riguarda pure la morfologia, si parla di «morfosintassi». La formazione del tipo determinante-determinato, tipica anche del greco e del latino, rientra in questo àmbito: due esempi cosí fatti sono ludoterapia e audiocassetta, che non si possono definire «dannosi» per la lingua.

Per analisi differenti vedere qui.

Ricordiamo, infine, che struttura è anche la sintassi e, infatti, l’unico mutamento strutturale degno di nota tra l’«italiano antico» (ovvero il fiorentino due-trecentesco di Dante) e l’italiano moderno si potrebbe dire che sia proprio un mutamento di ordine sintattico (*); ma l'autorità esercitata dall'inglese sulla sintassi italiana è assai meno imperiosa dell'uso di anglicismi lessicali (di cui, invece, non si può far senza quando manca la forma italiana).

[(*) l'Infarinato in un messaggio privato]

Collegamenti.
  • Altri argomenti.
    • Ortografia e lessicografia: qui (intero filone);
    • Analisi storiche e culturali del tema degli anglicismi: qua e qua.
  • Altre voci sul tema.
    • Alfonso Leone: qui;
    • Andrea Camilleri: qui;
    • Claudio Marazzini (Presidente attuale dell'Accademia della Crusca): qui e qui;
    • Delfino Insolera (divulgatore scientifico): qui;
    • Ghino Ghinassi: qui;
    • Gian Luigi Beccaria: qui;
    • Giovanni Nencioni: qui;
    • Massimo Fanfani: qui;
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    • Raffaele Simone: qui;
    • Rosario Coluccia: qui;
    • Salvatore Claudio Sgroi: qui;
    • Sergio Romano (storico): qui;
  • La lista dei traducenti: qui.
Ultimo aggiornamento: 19/01/2022
G.B.
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