La malattia del «-tion»

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Marco1971
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La malattia del «-tion»

Intervento di Marco1971 »

Il GRADIT ne registra 82. Scoraggiato, ho fatto la ricerca nel DISC, che ne annovera una trentina:

body lotion, compilation, connection, convention, corporation, de-escalation, deregulation, escalation, fiction, hesitation, hyphenation, imation, implementation, location, nomination, novelization, piolet-traction, pixilation, play station, pole position, pollution, promotion, reception, reflation, regulation, science fiction, slumpflation, stagflation, workstation.

La maggior parte si potrebbe facilmente rendere italiana convertendo -tion in -zione (e con aggiustamenti minori). Invece sembra in atto la tendenza inversa: cambiare -zione in -tion. Ho sentito oggi stesso in una pubblicità generation, e credo d’aver udito anche, qualche tempo fa, action.

La nostra lingua, che, come diceva Leopardi, «era capo di tutte le lingue viventi» è dunque veramente «divenuta impotente». E comincio a rassegnarmi, consolandomi come fece il Castellani.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Ma esistono dati sull'effettiva diffusione di queste parole? Ad esempio, per molte di esso, eliminando settori particolari d'uso, come la pubblicità, qual è l'uso reale che se ne fa, sia nel parlato sia nello scritto?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Dal momento che la televisione li diffonde, s’infiltrano nell’uso. Nella lista del DISC almeno compilation, escalation, fiction, location, nomination, play station, pole position, reception sono d’uso, purtroppo, comunissimo. E questo perché nessuno avverte la necessità di dire compilazione, scalazione, fizione, sito, nominazione, stazione [di] gioco, partenza al palo, ricezione o le mille altre diverse possibilità. Viene usata monotonamente, nei mèdia, sempre e soltanto la voce straniera.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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