Dizionario delle combinazioni lessicali
Moderatore: Cruscanti
E vuole leggere la risposta a una mia recente segnalazione alla redazione del Treccani?
Gentile Utente,
La ringraziamo per la segnalazione che ci ha permesso di effettuare la modifica nella voce on-line.
Distinti saluti
Redazione del sito dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani
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Gentile Utente,
La ringraziamo per la segnalazione che ci ha permesso di effettuare la modifica nella voce on-line.
Distinti saluti
Redazione del sito dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani
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Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Segnalo l'uscita del Dizionario delle collocazioni, edito dalla Zanichelli. Qui l'estratto; senza nulla togliere al precedente, mi sembra decisamente più economico e completo.
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Ho il massimo rispetto per questi dizionari delle collocazioni che cominciano a uscire dappertutto - ne ho un terzo, quello a cura di Vicenzo Lo Cascio, sulla scrivania perché mi è stato chiesto di recensirlo. Vorrei solo ribadire, come ho fatto alcuni interventi prima, che vorrei che nell'introduzione questi dizionari avvertissero l'utente di non farsi ingabbiare nell'uso delle collocazioni, per evitare di parlare e scrivere in modo standardizzato. Ossia, di imparare le collocazioni per imparare a non usarle quando necessario. Ad esempio, giusto suggerire che bianco e nero è preferibile a nero e bianco, in generale; ma sarebbe bene che l'utente sapesse che si può anche scrivere la seconda, inusuale collocazione purché si sia consapevoli di conseguire un particolare effetto stilistico. Un po' come Gadda che preferisce scrivere giù e su.
Infine, dato che da alcune discussioni qui e lì è emerso che in genere gli utenti di questo foro apprezzano le correzioni, faccio notare bonariamente a PersOnLine che quando ha scritto completo, non va bene; perché un dizionario non può mai essere completo - e la stessa Paola Tiberii dice nell'introduzione che questo dizionario non è completo. Né può essere più completo di un altro, perché completo appartiene a quella categoria di aggettivi, quali unico e perfetto, che non possono essere qualificati ulteriormente. Sarà dunque più ampio, probabilmente. Ecco dunque una collocazione - dizionario vasto - da preferire senz'altro alla collocazione dizionario completo.

Infine, dato che da alcune discussioni qui e lì è emerso che in genere gli utenti di questo foro apprezzano le correzioni, faccio notare bonariamente a PersOnLine che quando ha scritto completo, non va bene; perché un dizionario non può mai essere completo - e la stessa Paola Tiberii dice nell'introduzione che questo dizionario non è completo. Né può essere più completo di un altro, perché completo appartiene a quella categoria di aggettivi, quali unico e perfetto, che non possono essere qualificati ulteriormente. Sarà dunque più ampio, probabilmente. Ecco dunque una collocazione - dizionario vasto - da preferire senz'altro alla collocazione dizionario completo.

Mi trovo in perfetto accordo con quanto ben espresso da Roberto qui sopra riguardo alla coscienza che il locutore e, piú spesso, lo scrivente dovrebbe avere nelle sue scelte – naturalmente sempre funzionali al contesto comunicativo.
Un po’ meno mi convincono le restrizioni applicate all’aggettivo completo; sul tema delle gradazioni avevo scritto qualcosina qui. Numerosi gli esempi della sequenza piú completo; mi basta Leopardi:
...se non puoi questo, almeno immagina un disegno piú perfetto, piú completo, piú giusto, piú conveniente, piú esatto, piú squisito di quello della natura, relativamente alla organizzazione ec. del tuo corpo. (Zibaldone, 1832)
Si trova anche in Verga, D’Azeglio, Rovani, Boito, Serao, ecc.
Quanto al Dizionario delle collocazioni, penso che l’acquisterò, sembra fatto bene, e ringrazio PersOnLine d’averne segnalato la pubblicazione. Non ho letto tutto, ma scorrendo il pdf, m’è saltata agli occhi questa frase (grassetto mio):
Assumiamo di aver scelto l’aggettivo profonda.
Let us assume that...: anglicismo semantico. So che i moderni dizionari registrano quest’uso – come di consueto senz’avvertire che si tratta dell’inglese to assume, che è della lingua comune – ma francamente lo giudico indigesto e inopportuno: si può dire supponiamo, poniamo, ecc.
Un po’ meno mi convincono le restrizioni applicate all’aggettivo completo; sul tema delle gradazioni avevo scritto qualcosina qui. Numerosi gli esempi della sequenza piú completo; mi basta Leopardi:
...se non puoi questo, almeno immagina un disegno piú perfetto, piú completo, piú giusto, piú conveniente, piú esatto, piú squisito di quello della natura, relativamente alla organizzazione ec. del tuo corpo. (Zibaldone, 1832)
Si trova anche in Verga, D’Azeglio, Rovani, Boito, Serao, ecc.
Quanto al Dizionario delle collocazioni, penso che l’acquisterò, sembra fatto bene, e ringrazio PersOnLine d’averne segnalato la pubblicazione. Non ho letto tutto, ma scorrendo il pdf, m’è saltata agli occhi questa frase (grassetto mio):
Assumiamo di aver scelto l’aggettivo profonda.
Let us assume that...: anglicismo semantico. So che i moderni dizionari registrano quest’uso – come di consueto senz’avvertire che si tratta dell’inglese to assume, che è della lingua comune – ma francamente lo giudico indigesto e inopportuno: si può dire supponiamo, poniamo, ecc.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco, se si esplorano le opere degli scrittori, non c'è dubbio che si troveranno molti altri casi di pleonasmi. Ciò non significa che il pleonasmo sia corretto, ma semplicemente che lo scrittore ha usato un pleonasmo; che giustifichiamo - fino a un certo punto e a seconda dei gusti personali - perché è un dettaglio nel mare delle sue opere che apprezziamo. Ma pleonasmo rimane. E a un povero mortale, finché non avrà dimostrato di essere Leopardi, suggerisco di evitarlo, tutto qui.
Spero che lei, se lo incontrasse in Leopardi o in qualsiasi altro scrittore, non mi direbbe che più mortale, più totale, più infinito o più essenziale, è accettabile.
Spero che lei, se lo incontrasse in Leopardi o in qualsiasi altro scrittore, non mi direbbe che più mortale, più totale, più infinito o più essenziale, è accettabile.
In linea di massima, ha ragione: chi non maneggia la lingua scritta con somma maestria dovrebbe evitare i pleonasmi perché li adopera senza sapere. Ma non certo a lei devo rammentare quel che Giovanni Nencioni a piú riprese stigmatizzò: una concezione «rigorosamente grammaticale» della lingua, che è frutto dell’uomo e sfugge a ogni matematizzazione. Se non si potesse dire piú completo – essendo il concetto di completezza relativo, come ha sottolineato lei stesso –, allora bisognerebbe reputare grammaticalmente erronea anche un’espressione come maggior[e]/minor[e] completezza. E lei non intende certo condannare simili usi legittimi, normali e naturali. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
Il Treccani, al punto 2b, dice «sinon[imo] di prendere [...] rispetto al quale ha tono più elevato», e in italiano colloquiale si può sentir dire: prendiamo di aver scelto...; non può trattarsi, quindi, di un'estensione di quest'uso sinonimico per cercar di rendere il periodo meno colloquiale?Marco1971 ha scritto:Non ho letto tutto, ma scorrendo il pdf, m’è saltata agli occhi questa frase (grassetto mio):
Assumiamo di aver scelto l’aggettivo profonda.
Let us assume that...: anglicismo semantico. So che i moderni dizionari registrano quest’uso – come di consueto senz’avvertire che si tratta dell’inglese to assume, che è della lingua comune – ma francamente lo giudico indigesto e inopportuno: si può dire supponiamo, poniamo, ecc.
P.S. Ringrazio Marco per la difesa d'ufficio...

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- Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37
Secondo me, Nencioni si riferiva soprattutto al parlato quando stigmatizzava la concezione rigorosamente grammaticale della lingua, come si desume dai vari esempi che a questo riguardo proponeva nelle sue risposte ai quesiti dei lettori della Crusca per voi. Ad esempio, più volte ha scritto che sarebbe sbagliato correggere chi, a un bambino salito pericolosamente su un albero, dicesse scendi giù, dove giù è chiaramente rafforzativo. Ma come sappiamo, quando si passa allo scritto, in cui non si può valutare la reazione dell'interlocutore e quindi correggersi in base al contesto comunicativo, bisogna stare più attenti. E tanto più attenti occorre stare quanto più si alza il registro e più sorvegliato diventa lo stile.Marco1971 ha scritto:In linea di massima, ha ragione: chi non maneggia la lingua scritta con somma maestria dovrebbe evitare i pleonasmi perché li adopera senza sapere. Ma non certo a lei devo rammentare quel che Giovanni Nencioni a piú riprese stigmatizzò: una concezione «rigorosamente grammaticale» della lingua, che è frutto dell’uomo e sfugge a ogni matematizzazione. Se non si potesse dire piú completo – essendo il concetto di completezza relativo, come ha sottolineato lei stesso –, allora bisognerebbe reputare grammaticalmente erronea anche un’espressione come maggior[e]/minor[e] completezza. E lei non intende certo condannare simili usi legittimi, normali e naturali.
Tirando le somme, non condanno nessun uso legittimo, normale e naturale; ma analogamente a quando abbiamo concordato in merito alle collocazioni, suggerisco di evitare pleonasmi a meno che non si voglia conseguire un determinato effetto stilistico - che ciascun lettore giudicherà secondo i propri gusti.
Sí. Tuttavia, per concludere l’argomento sulla legittimità o no di piú completo – e qui non si tratta di pleonasmo –, siccome nessuna opera può per definizione essere completa, alcune sono piú complete di altre: il GRADIT ad esempio è piú completo del Garzanti per quantità di lemmi e accezioni, pur non essendo completo. Si esprime insomma il concetto fondamentale di gradazione e comparazione rispetto a un concetto esistente solo come tendenza nelle opere dello spirito umano.
A PersOnLine:
Prendiamo che...? Mettiamo che..., direi...
A PersOnLine:
Prendiamo che...? Mettiamo che..., direi...
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...alcune sono più ampie/dettagliate di altre: il GRADIT ad esempio è più vasto del Garzanti per quantità di lemmi e accezioni, pur non essendo completo.Marco1971 ha scritto:...alcune sono piú complete di altre: il GRADIT ad esempio è piú completo del Garzanti per quantità di lemmi e accezioni, pur non essendo completo.

Secondo me, questa è una sua preferenza personale. Nessuno viola alcuna norma grammaticale dicendo o scrivendo piú completo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Utilità dei dizionari delle collocazioni
Salve a tutti,
mi permetto di aggiungere il mio parere sull'argomento dell'utilità vera o presunta dei dizionari di collocazioni.
Nel mio caso è uno strumento utilissimo per "depurare" le traduzioni (tecniche). Pur essendo italiano, vivo in Spagna, più precisamente in Catalogna, e subisco dunque l'influsso e l'interferenza sia dello spagnolo, sia del catalano. A volte mi sfuggono proprio le accoppiate sostantivo-verbo, che sulle prime tendo a tradurre letteralmente. Mi accorgo istintivamente che in italiano "non si dice", ma fatico a trovare il termine corretto. Il dizionario mi aiuta a recuperare l'espressione più comune (certo, a volte abusata, ma nel 95% dei testi che traduco questo problema stilistico non si pone). Come tutti gli ausili per i professionisti della lingua, anche questo va usato con attenzione, ma - ripeto - per me è molto utile.
Saluti
Marco
mi permetto di aggiungere il mio parere sull'argomento dell'utilità vera o presunta dei dizionari di collocazioni.
Nel mio caso è uno strumento utilissimo per "depurare" le traduzioni (tecniche). Pur essendo italiano, vivo in Spagna, più precisamente in Catalogna, e subisco dunque l'influsso e l'interferenza sia dello spagnolo, sia del catalano. A volte mi sfuggono proprio le accoppiate sostantivo-verbo, che sulle prime tendo a tradurre letteralmente. Mi accorgo istintivamente che in italiano "non si dice", ma fatico a trovare il termine corretto. Il dizionario mi aiuta a recuperare l'espressione più comune (certo, a volte abusata, ma nel 95% dei testi che traduco questo problema stilistico non si pone). Come tutti gli ausili per i professionisti della lingua, anche questo va usato con attenzione, ma - ripeto - per me è molto utile.
Saluti
Marco
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- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
Sulla completezza dei dizionari delle collocazioni
Ho appena acquistato il dizionario della Tiberii – precedentemente menzionato – e lo sto, per così dire, “testando”: ho cercato il lemma contropiede, pensando di trovarvi associati i verbi prendere e cogliere con relativa reggenza, ma il lemma è assente, così come molti altri comuni, che invece mi aspettavo di trovarvi. Ora mi chiedo: sono questi dizionari "scarsi", dal punto di vista del lemmario, perché recenti, oppure sono io che mi aspetto di trovarvi delle collocazioni che, invece, tali non sono – non so, magari sono solo espressioni idiomatiche che, quindi, vanno cercate sui comuni dizionari?
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