Termini informatici
Moderatore: Cruscanti
Bene. Per quanto riguarda worm, la traduzione migliore è probabilmente verme, ma mi chiedo se non si possa chiamarlo semplicemente virus, con un'altra specificazione (magari proprio "verme": virus-verme) per i casi in cui è importante distinguere (che sono ben pochi: credo che la stragrande maggioranza delle persone li chiami virus comunque, non conoscendo la differenza). Del resto, sempre cercando la definizione con Google, leggo "Programma della famiglia dei virus": non capisco però se si intenda che è un tipo di virus o che come i virus fa parte della famiglia dei malcodici.
A proposito, servirebbe forse un traducente unico anche per malware...
A proposito, servirebbe forse un traducente unico anche per malware...
Mah, tutto questo mi lascia perplesso... Non credo che gl’italiani siano recalcitranti alle metafore in ambito tecnico (ma procedura guidata è un termine aulico? Io la chiamo mera circonlocuzione), credo piuttosto che siano molto malleabili e che se qualcuno avesse il coraggio di lanciare certi termini, essi avrebbero successo.Freelancer ha scritto:La risposta naturalmente è che in ambito tecnico gli italiani recalcitrano di fronte alle metafore e preferiscono termini più aulici. Sarà possibile riportare indietro le lancette dell'orologio a Galileo e indurre gli italiani a usare termini comuni come tecnicismi? Ai posteri l'ardua sentenza.
Basta aprire il vocabolario per vedere quanti termini comunissimi, anche nomi di animali, hanno accezioni tecnicissime (persino topo!). Se domani tutti i manuali adottassero mago per wizard, ad esempio, non vedo chi protesterebbe, né quale motivo i contestatari addurrebbero a giustificazione della protesta.
Ultima modifica di Marco1971 in data mer, 05 apr 2006 21:50, modificato 1 volta in totale.
Direi proprio di sí: strumentario è solo un uso specifico del suo normale significato; programmario fa perno sul valore collettivo; malevolario non offre nessuno di questi vantaggi...Marco1971 ha scritto:Troppo ardisco?

Comunque volendo si potrebbe anche usare, se si ritenesse che l'"assonanza" con strumentario e programmario sarebbe utile...
Comunque Google trova il sorprendente numero di 35.200 risultati per "codice maligno": forse è il caso di sfruttare la cosa.
Ma malevolario è una formazione comunque regolare dall’aggettivo-sostantivo malevolo + -ario, e su questa base si potrebbe anche continuare con infiltra(ta)rio (spyware, da infiltrato, sinonimo di spia).
Ricordo inoltre che tutte queste parole inglesi in -ware hanno valore collettivo, tanto che non si può dire *a software, ma a piece of software.
Mi sembra anche importante la coerenza interna; ma capisco che le mie proposte possano non piacere (almeno sulle prime
).

Mi sembra anche importante la coerenza interna; ma capisco che le mie proposte possano non piacere (almeno sulle prime

- Freelancer
- Interventi: 1930
- Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37
Bisogna valutare caso per caso. Ad esempio a me, ingegnere e traduttore tecnico, chiamare mago una serie di istruzioni, anche se semplificate al massimo, pare assurdo. Recepire un termine straniero con un calco, se quest'ultimo non è adeguato, può anche indicare una passività non molto superiore all'adozione del prestito integrale. Confronti con il calco motore di ricerca, che mantiene una certa carica metaforica pur offrendo una descrizione adeguata dell'oggetto.Marco1971 ha scritto:Mah, tutto questo mi lascia perplesso... Non credo che gl’italiani siano recalcitranti alle metafore in ambito tecnico (ma procedura guidata è un termine aulico? Io la chiamo mera circonlocuzione), credo piuttosto che siano molto malleabili e che se qualcuno avesse il coraggio di lanciare certi termini, essi avrebbero successo.Freelancer ha scritto:La risposta naturalmente è che in ambito tecnico gli italiani recalcitrano di fronte alle metafore e preferiscono termini più aulici. Sarà possibile riportare indietro le lancette dell'orologio a Galileo e indurre gli italiani a usare termini comuni come tecnicismi? Ai posteri l'ardua sentenza.
Basta aprire il vocabolario per vedere quanti termini comunissimi, anche nomi di animali, hanno accezioni tecnicissime (persino topo!). Se domani tutti i manuali adottassero mago per wizard, ad esempio, non vedo chi protesterebbe, né quale motivo i contestatari addurrebbero a giustificazione della protesta.
Le può sembrare anche assurdo, ma è un processo che a me pare del tutto naturale. Lo stesso esempio di scrivania per desktop ne è un esempio recente. Non esiste, credo, restrizione a che un vocabolo d’una data lingua assuma un nuovo significato derivante da associazione, se esso comincia a essere usato in un senso figurato, per quanto tecnico possa essere.Freelancer ha scritto:Bisogna valutare caso per caso. Ad esempio a me, ingegnere e traduttore tecnico, chiamare mago una serie di istruzioni, anche se semplificate al massimo, pare assurdo. Recepire un termine straniero con un calco, se quest'ultimo non è adeguato, può anche indicare una passività non molto superiore all'adozione del prestito integrale. Confronti con il calco motore di ricerca, che mantiene una sua carica metaforica pur offrendo una descrizione adeguata dell'oggetto.
A me interesserebbe sapere, nel caso specifico, perché mago non sarebbe adeguato, mentre wizard, in inglese, lo sarebbe (parola che originariamente non descrive, in inglese, alcuna serie d’istruzioni).
Vero, ma malevolo non significa codice maligno, perciò malevolario non è cristallino quanto programmario.Marco1971 ha scritto:Ma malevolario è una formazione comunque regolare dall’aggettivo-sostantivo malevolo + -ario
Non che solo per questo rifiuti a prescindere questa sua interessante proposta, sia chiaro. Anzi, la trovo decisamente affascinante...
Mah, non so quanto senso abbia a questo punto parlare di coerenza interna: attualmente nella nostra lista ci sono solo due termini di questo tipo, di cui uno esiste già, seppur con un significato molto meno specifico, e l'altro deriva da un termine molto conosciuto.Marco1971 ha scritto:Mi sembra anche importante la coerenza interna; ma capisco che le mie proposte possano non piacere (almeno sulle prime).
Certo, potremmo anche decidere di cominciare a tradurre tutti i termini in -ware con altri termini in -ario, ma non mi sembra il caso: potrebbe essere comodo, e potrebbero in teoria rafforzarsi a vicenda, ma i neologismi ottenuti oltre a non essere particolarmente snelli non sono nemmeno un granché chiari, né c'è come per software tutto questo bisogno di rendere il valore collettivo...
Insomma, per malware mi sembra che basti codice maligno, visto quanto è diffuso; come "abbreviazione" si può usare semplicemente malcodice.
Anche per spyware forse può bastare programma spia; altrimenti conviene forse seguire altre strade per coniare un sostituto piú facilmente digeribile...
Né codice significa programma, e malware è mille volte meno ialino di malevolario, di cui costituisce tuttavia una suggestiva eco.Federico ha scritto:Vero, ma malevolo non significa codice maligno, perciò malevolario non è cristallino quanto programmario.
Ma codice maligno (che per me va benissimo, non è questo il punto) sarebbe piú snello di malevolario?Federico ha scritto:Certo, potremmo anche decidere di cominciare a tradurre tutti i termini in -ware con altri termini in -ario, ma non mi sembra il caso: potrebbe essere comodo, e potrebbero in teoria rafforzarsi a vicenda, ma i neologismi ottenuti oltre a non essere particolarmente snelli non sono nemmeno un granché chiari, né c'è come per software tutto questo bisogno di rendere il valore collettivo...
Programma spia, in effetti, è ottimo.Federico ha scritto:Anche per spyware forse può bastare programma spia; altrimenti conviene forse seguire altre strade per coniare un sostituto piú facilmente digeribile...
Be', non esageriamo: mille mi sembra un po' eccessivo...Marco1971 ha scritto:malware è mille volte meno ialino di malevolario, di cui costituisce tuttavia una suggestiva eco.
No, ma non lo è neanche tanto meno, perciò a mio parere non vale la pena di preferirgli malevolario, molto meno chiaro.Marco1971 ha scritto:Ma codice maligno (che per me va benissimo, non è questo il punto) sarebbe piú snello di malevolario?
Né i suoi gusti né i miei avranno alcun effetto. Si tratta di proporre parole suscettibili di attecchire se qualcuno le lancia. Quindi il nostro compito non è di decidere quale sia il termine migliore ma quello di mettere nella lista quelli che oggettivamente, secondo criteri linguistici, possono avere maggiori probabilità di prender piede.
- Freelancer
- Interventi: 1930
- Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37
E chi ha detto che un antropomorfismo come wizard sia una metafora adeguata in inglese? Legga questo documento: A Taxonomic Analysis of User-Interface Metaphors in the Microsoft Office ProjectMarco1971 ha scritto:A me interesserebbe sapere, nel caso specifico, perché mago non sarebbe adeguato, mentre wizard, in inglese, lo sarebbe (parola che originariamente non descrive, in inglese, alcuna serie d’istruzioni).
- giulia tonelli
- Interventi: 370
- Iscritto in data: mar, 12 lug 2005 10:51
- Località: Stoccolma
Io credo che le lingue differiscano tra loro non solo per ragioni fono-morfo-struttural-bla-bla, ma anche per diversa "attitudine". L'inglese è una lingua molto, molto, MOLTO più malleabile dell'italiano. In inglese è più facile inventare parole nuove che attechiscono al volo, è più facile creare neologismi mettendo insieme parole esistenti, ed è più semplice prendere una parola già esistente e usarla in un altro significato.
Io non so perché sia così, e non so nemmeno se sia un bene o un male; credo abbia a che fare con la storia della lingua inglese e la storia e la cultura dei popoli che la parlano.
L'italiano, nato come lingua letteraria e non "naturale", è infinitamente più restio ai neologismi e alle risemantizzazioni. E per favore non venitemi fuori con liste di parole che in italiano sono state risemantizzate: non sto dicendo che le risemantizzazioni in italiano non esistono, sto dicendo che esistono in quantità estremamente più esigua rispetto all'inglese.
E sinceramente, a me personalmente, questo sforzo di spingere la nostra lingua a "diventare come l'inglese", in cui si piglia una parola idiota che non c'entra niente e la si usa per dire tutt'altro (come wizard), dà molto più fastidio di usare parole inglesi con la pronuncia storpiata. Mi sembra di prendere una cosa seria, e vestirla da buffone. L'inglese è già un buffone trasformista di per sé, e ha una sua coerenza buffonesca, e una sua logica interna. L'italiano no, è un signore elegante vestito con la marsina e il cappello, e io preferisco vederlo prendere con la punta delle dita (un po' schifate) delle parole inglesi e appiccicarsele addosso, che vederlo travestito da buffone.
Mi piacerebbe l'opinione di Infarinato.
Io non so perché sia così, e non so nemmeno se sia un bene o un male; credo abbia a che fare con la storia della lingua inglese e la storia e la cultura dei popoli che la parlano.
L'italiano, nato come lingua letteraria e non "naturale", è infinitamente più restio ai neologismi e alle risemantizzazioni. E per favore non venitemi fuori con liste di parole che in italiano sono state risemantizzate: non sto dicendo che le risemantizzazioni in italiano non esistono, sto dicendo che esistono in quantità estremamente più esigua rispetto all'inglese.
E sinceramente, a me personalmente, questo sforzo di spingere la nostra lingua a "diventare come l'inglese", in cui si piglia una parola idiota che non c'entra niente e la si usa per dire tutt'altro (come wizard), dà molto più fastidio di usare parole inglesi con la pronuncia storpiata. Mi sembra di prendere una cosa seria, e vestirla da buffone. L'inglese è già un buffone trasformista di per sé, e ha una sua coerenza buffonesca, e una sua logica interna. L'italiano no, è un signore elegante vestito con la marsina e il cappello, e io preferisco vederlo prendere con la punta delle dita (un po' schifate) delle parole inglesi e appiccicarsele addosso, che vederlo travestito da buffone.
Mi piacerebbe l'opinione di Infarinato.
L’italiano non è nato come lingua letteraria, è nato coi fiorentini del Trecento, che quella lingua parlavano in modo naturalissimo, prima ancora di scriverla; si può dire che è diventato strumento letterario. Ma la sua stessa «letterarietà acquisita», lo rende al contrario apertissimo ai neologismi e alle metafore e risemantizzazioni: basta aprire a caso il Battaglia per rendersene conto. Che i parlanti abbiano poca cultura e fantasia, poi, è un altro discorso; ma la lingua, di per sé, non è restia a nulla del genere.giulia tonelli ha scritto:L'italiano, nato come lingua letteraria e non "naturale", è infinitamente più restio ai neologismi e alle risemantizzazioni.
Questo andrebbe dimostrato statistiche alla mano.giulia tonelli ha scritto:E per favore non venitemi fuori con liste di parole che in italiano sono state risemantizzate: non sto dicendo che le risemantizzazioni in italiano non esistono, sto dicendo che esistono in quantità estremamente più esigua rispetto all'inglese.
La vera pagliacciata, a mio parere, consiste invece nello scimmiottamento, con l’adozione di termini che nessuno sa pronunciare ma che tutti sfoggiano credendo di sciorinare la propria brillante cultura. L’attribuire a un termine un significato, anche lontano da quello proprio, non è appannaggio specifico dell’inglese, ma di tutte le lingue storico-naturali. Che signore elegante può essere l’italiano della performance, della corporate governance e del know-how? Altro che signore elegante: è un misero servo arrancante, vestito di cenci ragnati.giulia tonelli ha scritto:E sinceramente, a me personalmente, questo sforzo di spingere la nostra lingua a "diventare come l'inglese", in cui si piglia una parola idiota che non c'entra niente e la si usa per dire tutt'altro (come wizard), dà molto più fastidio di usare parole inglesi con la pronuncia storpiata. Mi sembra di prendere una cosa seria, e vestirla da buffone. L'inglese è già un buffone trasformista di per sé, e ha una sua coerenza buffonesca, e una sua logica interna. L'italiano no, è un signore elegante vestito con la marsina e il cappello, e io preferisco vederlo prendere con la punta delle dita (un po' schifate) delle parole inglesi e appiccicarsele addosso, che vederlo travestito da buffone.
- giulia tonelli
- Interventi: 370
- Iscritto in data: mar, 12 lug 2005 10:51
- Località: Stoccolma
La lingua "di per sé" non esiste. Dire che i parlanti italiani hanno meno cultura e fantasia dei parlanti inglesi e' esattamente equivalente a dire che l'italiano e' una lingua piu' restia ai neologismi e alle risemantizzazioni. A me sinceramente sembra strano di dover difendere questa opinione, mi sembra assolutamente evidente che l'italiano sia una lingua piu' rigida e meno incline ai neologismi e alle invenzioni dell'inglese, veramente e' solo una mia impressione? Non basta come dimostrazione il fatto che l'inglese e' cambiato moltissimo in un periodo di tempo in cui in italiano e' a malapena cambiata la grafia di alcune parole?Marco1971 ha scritto:Che i parlanti abbiano poca cultura e fantasia, poi, è un altro discorso; ma la lingua, di per sé, non è restia a nulla del genere.
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Ahrefs [Bot] e 2 ospiti