«Stress»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

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Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:Lei a quanto pare definisce reattività come formazione dall'interno. Io la definisco nel modo classico (vedi la fisica, la medicina, la chimica), ossia risposta a uno stimolo esterno.
Lei ha semplicemente sbagliato usando il termine formazione: pet-coke, gang-bang o couponing non sono formazioni, sono prestiti integrali.
In questo momento stiamo facendo un dialogo tra sordi, mi sa. Sto parlando di come reagisce l'italiano a certi forestierismi; da film fa filmare, da stress fa stressare. Li usa come base, continuando a usarli nello stesso tempo come prestiti integrali.
Marco1971 ha scritto:Non confondiamo tutto: lo stile, la scelta delle parole è un conto; un altro conto sono le infiltrazioni di termini stranieri assolutamente inutili. La parola stress, lo ripeto per la milleunèsima volta, non è né sarà mai italiana (il fatto che una parola forestiera cruda sia nell’uso non ne sancisce l’italianità) se non vi s’aggiunge una e finale, cosí com’è diventata spagnola coll’aggiunta della e iniziale (estrés).
Lei deve solo ribaltare il suo punto di vista per capire: se un termine esiste nella lingua da cinquant'anni ed è usato senza patemi più o meno da tutti, vuol dire che non è inutile. Se diventerà inutile, scomparirà dal lessico come scompaiono tante parole. Cerchi di guardare le cose a lungo termine e diminuiranno le sue sofferenze per l'infiltrazione di termini stranieri. Se il termine continuerà a esistere e sussistere, vuol dire che fa parte della nostra lingua, pur mostrando esteriormente il suo tratto straniero.
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Intervento di Freelancer »

Infarinato ha scritto:...il vero merito della sistematizzazione devotiana sta nell’aver individuato (e chiaramente esplicitato) una «tendenza sociolinguistica».
E le par poco? Né capisco perché bisogna metterlo tra virgolette. È una tendenza nella quale siamo immersi, che ci trascina, alla quale partecipiamo (in positivo o in negativo) e che non sappiamo - anche se ognuno può avere certe idee in proposito - se e quando si stabilizzerà né come eventualmente muterà il suo corso.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:Lei deve solo ribaltare il suo punto di vista per capire: se un termine esiste nella lingua da cinquant'anni ed è usato senza patemi più o meno da tutti, vuol dire che non è inutile. Se diventerà inutile, scomparirà dal lessico come scompaiono tante parole. Cerchi di guardare le cose a lungo termine e diminuiranno le sue sofferenze per l'infiltrazione di termini stranieri. Se il termine continuerà a esistere e sussistere, vuol dire che fa parte della nostra lingua, pur mostrando esteriormente il suo tratto straniero.
Mi dispiace davvero che lei non capisca. Nel caso di stress[e] non parlo d’inutilità del termine. E non dico neanche di quel che parlo perché lei lo sa bene.

Qui non si tratta, a rigore, neanche d’utilità o d’inutilità, ma di conformazione al sistema. E non mi riparli del devotiano ecc., ché Infarinato le ha già spiegato tutto e penso che lei si sia preso la briga di leggere attentamente la sua brillante esposizione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:Mi dispiace davvero che lei non capisca. Nel caso di stress[e] non parlo d’inutilità del termine. E non dico neanche di quel che parlo perché lei lo sa bene.
Lo so ciò che ha in mente. E lei sa che lo so. E io so ecc.

Ho solo voluto ribadire, per l'ennesima volta, che non bisogna stracciarsi le vesti se da cinquant'anni coesiste con il sistema fonomorfologico italiano un forestierismo - anzi, molti - con terminazione consonantica. Altri termini così entreranno ad arricchire il terzo sistema, e probabilmente alcuni ne usciranno. Fa parte dell'attuale tendenza sociolinguistica dell'italiano. Nonché della tendenza sociolinguistica di tutte le altre lingue. La differenza è la misura in cui l'arricchimento/la fuoriuscita avvengono. :wink:
Marco1971 ha scritto:Qui non si tratta, a rigore, neanche d’utilità o d’inutilità, ma di conformazione al sistema. E non mi riparli del devotiano ecc., ché Infarinato le ha già spiegato tutto e penso che lei si sia preso la briga di leggere attentamente la sua brillante esposizione.
Ho letto attentamente e apprezzato l'intervento di Infarinato. Mi dice che il terzo sistema non è produttivo perché il criterio di produttività principe è la suffissazione. Io rispondo che si possono considerare altri criteri altrettanto validi di produttività, ad esempio l'allargamento della serie di basi di cui l'italiano si serve per ampliare il proprio lessico tramite affissi (prefissi, suffissi, infissi), dando così ulteriore flessibilità a chi voglia e sappia usare tutti gli strumenti - quindi anche il lessico, sia di natura endogena che esogena - della propria lingua.
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Intervento di Infarinato »

Freelancer ha scritto:Mi dice che il terzo sistema non è produttivo perché il criterio di produttività principe è la suffissazione…
Non dice solo questo, caro Roberto: dice anche che, proprio in quanto non fonomorfologicamente produttivo [e comunque soltanto fonotattico, non fonemico, quindi solo debolmente «fonologico»], non può costituire un «[terzo] sistema fonologico» per l’italiano.

A tal fine la produttività lessicale è irrilevante, perché non è una caratteristica fonologica: essa (ovviamente) amplia il lessico di una lingua, ma non necessariamente la sua fono[morfo]logia, a meno che la classe delle parole «fono[morfo]logicamente nuove» non sia, appunto, «fono[morfo]logicamente produttiva». ;)

In altre parole: noi sappiamo già che questi forestierismi (alcuni dei quali sono nell’uso [e, in quanto tali, registrati dai nostri dizionari] da moltissimo tempo) sono [ormai] «lessicalmente italiani». La domanda è: sono essi anche «strutturalmente [segnatamente, fonologicamente] italiani»? E la risposta è no, perché, per le ragioni anzidette (ed esplicitate nel mio lungo intervento di cui sopra), non hanno finora ampliato e continuano a non ampliare il sistema fono[morfo]logico.

Tornando alla sua domanda (retorica):
Freelancer ha scritto:
Infarinato ha scritto:...il vero merito della sistematizzazione devotiana sta nell’aver individuato (e chiaramente esplicitato) una «tendenza sociolinguistica».
E le par poco?…
Non mi pare poco, ma mi pare «fonologicamente irrilevante», e il continuare a chiamarlo «sistema fonologico» [è forviante e] finisce con lo svilire la vera portata di quell’analisi.
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: ... a meno che la classe delle parole «fono[morfo]logicamente nuove» non sia, appunto, «fono[morfo]logicamente produttiva».
Condivido quasi completamente le sue puntualizzazioni, meno quella citata (e alcune conseguenze che ne trae).

Mi sembra riduttivo considerare la produttività la pietra di paragone per decidere se il sistema fonomorfologico sia cambiato o no.

Importante mi sembra invece la frequenza, nella lingua, della tipologia considerata (come numero di termini ma soprattutto come frequenza d’uso).

Anche in assenza di produttività, un massiccio ingresso di forestierismi non adattati e un aumento notevole della loro frequenza d’uso, modificherebbe di fatto il sistema fonomorfologico dell’italiano.

Certo, la produttività, per come la intende Infarinato, sarebbe un fattore che aumenterebbe queste frequenze. Ma non è indispensabile per parlare di modificazioni del sistema fonomorfologico.

In italiano non si può parlare di nuovo sistema fonomorfologico per la relativa esiguità dei termini non adattati e soprattutto della loro frequenza nell’uso comune.

È indubbio quindi che in Italia sia aumentata la disponibilità ad accettare forestierismi non adattati (modificazione sociolinguistica) ma non si può ancora parlare (e non e detto che se ne parlerà mai) di un nuovo sistema fonomorfologico dell’italiano (a causa dell’esiguità del fenomeno).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Mi sembra riduttivo considerare la produttività la pietra di paragone per decidere se il sistema fonomorfologico sia cambiato o no.

Importante mi sembra invece la frequenza, nella lingua, della tipologia considerata (come numero di termini ma soprattutto come frequenza d’uso).
E infatti la frequenza d’uso è un fattore che prendo in debita considerazione alla fine di quel lungo intervento, e tutto il mio ragionamento sottintende questa relativa esiguità dei forestierismi non adattati…

Tuttavia, ricordiamoci sempre di questo: il fatto che questa classe di vocaboli non sia fonomorfologicamente produttiva le preclude [oggi, ma, salvo francamente inverosimili sconvolgimenti, anche domani —perlomeno un domani non troppo remoto e futuribile] tutte le categorie grammaticali a eccezione di quella dei sostantivi [non alterati] e di quella degli aggettivi [non alterati] (alle quale si può forse aggiungere con un po’ di liberalità quella degli avverbi), e quindi, automaticamente, di raggiungere una frequenza d’uso [e una «valenza strutturale»] paragonabile a quella dei vocaboli appartenenti al sistema fonologico tradizionale.
«And then he was A Count, and then he knew / Music, and dancing, fiddling, French and Tuscan; / The last not easy, be it known to you. / For few Italians speak the right Etruscan.» (George Gordon Lord Byron, Beppo, XXXI, vv. 1–4).
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: Tuttavia, ricordiamoci sempre di questo...
Certo.
Ed è proprio perché mi ricordo di questo che sono relativamente tranquillo sulle sorti prossime venture della nostra lingua. La lingua ha un’intrinseca inerzia ai cambiamenti profondi e questo le permette di superare i momenti di pigrizia dei parlanti.
Passerà la moda superficiale degli anglicismi se gl’italiani si sveglieranno dal sonno della ragione: una spia potrebbe essere la diminuzione dell’indice d’ascolto di una qualche futura edizione del Grande fratello…
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Federico
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Intervento di Federico »

Mi permetto una risposta rapida sulla questione originaria.
Freelancer ha scritto:Ma perché vuole eliminarlo?
Ho detto che è possibile se si vuole: è ovvio che ciascuno deve libero di fare quello che vuole
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