«Cocktail»

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Moderatore: Cruscanti

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Decimo
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«Cocktail»

Intervento di Decimo »

Desidero porre l'attenzione su un'informazione che ho avuto modo di cogliere solamente pochi minuti fa.
Premetto che non sono un accanitissimo fautore della proposta di Migliorini arlecchino in campo di miscele di liquori, ma per i restanti casi (a sradicare ad esempio la locuzione "cocktail di gamberi", e negli equivalenti in area ristorativa) ne sono davvero un acceso sostenitore.
Sono certo che già tutti avete avuto modo di recepire la segnalazione da Wikipedia alla voce cocktail: di esso viene suggerita un'etimologia che, a mio parere, induce a meditare su nuove proposte per un adatto e moderno traducente del summenzionato forestierismo.
Wikipedia, l'enciclopedia libera ha scritto:potrebbe essere una distorsione dal latino [aqua] decocta, cioè acqua distillata.
Spero che Marco o Infarinato o Federico o Incarcato o altri, se non possedessero già quest'informazione, ne vengano per lo meno indotti alla mera curiosità, o, ancor meglio, si facciano creatori, apportando alla lista un altro equivalente italiano al(lo) zoppicante cocktail.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non so quanto sia attendibile una tale etimologia… Riporto la voce del piú fidato DELI:
Vc. ingl. d’America (cocktail: 1806; cocktail-party: 1928), propr. ‘coda di gallo’ (comp. di cock ‘gallo’ e tail ‘coda’), vc. di gergo che indicava dapprima i cavalli bastardi, poi una bevanda bastarda, fatta d’acqua e alcool. “Si è tentato in Italia qualche insufficiente adattamento (cocteil, coccotello), la traduzione coda di gallo, la sostituzione arlecchino” (1942, Panz. Diz.).
Io, per me, uso sempre arlecchino, e quelli del barre m’intendono. ;)
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Decimo
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Intervento di Decimo »

Marco1971 ha scritto:Non so quanto sia attendibile una tale etimologia…
...
Io, per me, uso sempre arlecchino, e quelli del barre m’intendono. ;)
Senz'altro, ma non all'attendibilità dell'etimologia dobbiamo relazionarci!
Letta la frase, l'ho considerata immediatamente come un'occasione da non mancare...
Marco, la vedo poco propenso ad accettare il mio punto di vista, ma sicuramente non senza motivo.
Così a questo punto io mi faccio nuovamente eretico e propongo il latinismo crudo decocta s.f., e pur se sembri estremo mutare il sesso del forestierismo nella resa in Italiano, sono giustamente portato a credere che esso non recherebbe un fastidio eccessivo per la vicinanza con i femminili (e italianissimi) bevanda alcolica e bibita alcolica.

L'espressione Il * è un cocktail alcolico, prodotto dalla multinazionale **. diverrebbe Il * è una decocta alcolica, prodotta dalla multinazionale**.

Be'... non c'è altro da aggiungere, purché i commenti (siano essi tutti negativi) non manchino!
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il suo punto di vista l’accetto, ma non lo condivido. Per me decocta richiama decotto (e in latino decocta è l’acqua bollita) e invece di suggerire una bevanda alcolica mi evoca tè e tisane... :D
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Decimo
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Intervento di Decimo »

Marco1971 ha scritto:Il suo punto di vista l’accetto, ma non lo condivido. Per me decocta richiama decotto (e in latino decocta è l’acqua bollita) e invece di suggerire una bevanda alcolica mi evoca tè e tisane... :D
:lol: In effetti non avevo pensato al decotto! E non posso fare a meno di ridere alla lettura della definizione di decocta: acqua bollita e rinfrescata con la neve... :lol:
Stavolta ho proprio sbagliato...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Meglio, adunque, l’arlecchino, già registrato (e attestato in quest’accezione sin dal 1848) nel senso di ‘gelato con diversi gusti’ (GRADIT). :D

Un’ulteriore estensione semantica è del tutto contemplabile, e ricordo che arlecchino era anche una proposta di Bruno Migliorini, mica si scherza. ;)
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Decimo
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Intervento di Decimo »

Marco1971 ha scritto:Il suo punto di vista l’accetto, ma non lo condivido. Per me decocta richiama decotto (e in latino decocta è l’acqua bollita) e invece di suggerire una bevanda alcolica mi evoca tè e tisane... :D
Perdonatemi se pretendo di riesumare un filone sepolto da mesi di dibattiti su ben più pressanti neoforestierismi, ma in qualche modo voglio dar riparo alla cattiva figura (in ibleo malafiura) dell'avere avanzato quella ridicola proposta per sostituire cocktail che leggete in uno degli interventi precedenti.

Premettendo che:

- tempo fa trovai feconda la locuzione latina [aqua] decocta (= acqua distillata) che Wikipedia porta fra le (im)probabili etimologie di cocktail;
- proposi banalmente il latinismo crudo decocta s.f., avendo dimenticato tuttavia la facile analogia con il decotto (che di alcolico ha ben poco...) e suscitato ilarità;

tento di rifarmi, ribadendo sì l'utilità di decocta nella formazione di un neologismo italiano che sia alternativo* a cocktail, ma con le dovute accortezze che lo allontanino da ogni possibilità di confusione con altri vocaboli...
La mia, permettemelo, insulsa proposta è un'aferesi di decocta: cioè ecocta s.f. (pl. -e).

Provando a inserire il termine in un qualche contesto:

Un'ecocta è in genere una miscela di diversi liquori, con l'eventuale aggiunta di altri ingredienti come zucchero, frutta, ghiaccio, bevande non alcoliche...

Il X è un'ecocta alcolica, prodotta dalla multinazionale Y.


______________________

*Sia chiaro: non ho alcuna pretesa! Cerco solo di dare un contributo, per quanto possa valere, forse addirittura nel modo sbagliato.
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Intervento di bubu7 »

Ottimo, Decimo! ma perché fermarsi a metà strada?
Io proporrei direttamente cocta, togliendo anche la e.
Soprattutto in un bar discretamente affollato l'ordinazione: "Vorrei un cocta!", pronunciata senza far sentire troppo la a finale, verrebbe intesa dal barista come la richiesta di un cocktail. Se quest'ambiguità si diffondesse il forestierismo non potrebbe resistere all'invadenza del nostro termine; altro che arlecchino! In un secondo tempo si potrebbe provvedere a eliminare quel fastidioso nesso -ct-, non proprio italianissimo, e a cambiare di genere alla parola per arrivare finalmente a una cotta.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sarà sociolinguisticamente accettabile? :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

bubu7 ha scritto:In un secondo tempo si potrebbe provvedere a eliminare quel fastidioso nesso -ct-, non proprio italianissimo, e a cambiare di genere alla parola per arrivare finalmente a una cotta.
Perché fastidioso? È presente nel lessico tecnico; il Devoto-Oli riporta, ad esempio, ctenidio, Ctenofori, ctonio, e inoltre il prefisso cteno- può servire a formare composti con i quali si voglia convogliare il significato 'disposizione a denti di pettine'.

Giacomo Devoto, che riconosceva la presenza in italiano dei gruppi di sorda più sorda né aveva paura delle terminazioni consonantiche, aveva già tentato di italianizzare cocktail in coctel.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:Perché fastidioso? È presente nel lessico tecnico...
Appunto, nel lessico tecnico-scientifico, al quale cocktail non appartiene...
Freelancer ha scritto:Giacomo Devoto, che riconosceva la presenza in italiano dei gruppi di sorda più sorda né aveva paura delle terminazioni consonantiche, aveva già tentato di italianizzare cocktail in coctel.
Sul modello dello spagnolo cóctel o coctel. Ma se questo va bene per la lingua di Cervantes, per quella di Dante rimane una via di mezzo, un’assimilazione parziale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:Perché fastidioso? È presente nel lessico tecnico...
Appunto, nel lessico tecnico-scientifico, al quale cocktail non appartiene...
Non sono esperto in materia di coctel :wink:, ma mi sento di affermare che c'è chi sosterrebbe che quella di fare i cocktail è sia un'arte sia una scienza. Ricorda James Bond? "Stirred, not shaken"

Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:Giacomo Devoto, che riconosceva la presenza in italiano dei gruppi di sorda più sorda né aveva paura delle terminazioni consonantiche, aveva già tentato di italianizzare cocktail in coctel.
Sul modello dello spagnolo cóctel o coctel. Ma se questo va bene per la lingua di Cervantes, per quella di Dante rimane una via di mezzo, un’assimilazione parziale.
Non per chi riconosce l'esistenza e la validità del terzo sistema fonologico.
:wink:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ma, a differenza di ctenidio e ctonio, che nessuno conosce né usa nelle circostanze della vita comune, cocktail è parola adoperata comunemente nel parlato informale.

Non torniamo sul terzo sistema fonologico, di cui abbiamo già detto tutto e la cui labilità esistenziale è stata dimostrata da Infarinato (per chi ha letto e inteso l’intervento).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:Ma, a differenza di ctenidio e ctonio, che nessuno conosce né usa nelle circostanze della vita comune, cocktail è parola adoperata comunemente nel parlato informale.

Non torniamo sul terzo sistema fonologico, di cui abbiamo già detto tutto e la cui labilità esistenziale è stata dimostrata da Infarinato (per chi ha letto e inteso l’intervento).
Dimostrata è parola troppo grossa, non siamo nel campo della matematica. Diciamo che Infarinato ha esposto la sua opinione e poi ognuno ha mantenuto o modificato la propria in base alle considerazioni da lui esposte.
:wink:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Quando le considerazioni sono motivate da fatti inconfutabili e verificabili non siamo piú nel campo delle opinioni. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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