Cinese vs inglese?

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Moderatore: Cruscanti

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Cinese vs inglese?

Intervento di Incarcato »

Vorrei porre all'attenzione del Forum un argomento che in parte esula dalle tematiche qui principalmente trattate, tuttavia d'interesse linguistico.

Pochi giorni or sono assitevo ad un seminario di sinologhi, in cui si discuteva sul futuro del cinese come lingua di comunicazione internazionale, che sempre piú s'imporrà come tale. Voi che ne pensate? Si avrà una lotta tra inglese (che alcuni chiamano il «nuovo latino») e cinese per l'egemonia?

Mi viene in mente al riguardo la distinzione che il grande linguista Charles Bally faceva tra lingua di comunicazione e lingua d'espressione. Nella sua visione, la lingua «comunicativa» (ricordo che egli additava il francese), per imporsi, deve avere come prerequisito la semplicità ed una struttura sintattica «facile».
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per quanto mi riguarda, trovo molto balzana l’idea del cinese come lingua internazionale. Per tre motivi: da una parte, il cinese non ha larga diffusione fuori della Cina (Taiwan e Singapore); inoltre pare improbabilissimo imporre al mondo intero la scrittura ideografica, poiché la maggioranza delle lingue piú diffuse hanno l’alfabeto latino; infine, l’inglese è veramente diffusissimo in tutto il mondo, ed è lingua ufficiale di numerosi stati (magari accanto ad altre lingue): Repubblica Sudafricana, India, Kenia, Nigeria, Pakistan, Singapore, Filippine, ecc., senza dimenticare una parte della stessa Repubblica Popolare Cinese!

La lista si trova qui: http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_official_languages

Mi sembra quindi del tutto utopico che il cinese s’imponga, senza parlare della sua difficoltà d’apprendimento (lingua monosillabica, non flessa e tonale: anni luce dalle altre lingue di ampia diffusione, come lo spagnolo, il francese e il portoghese). È il prestigio culturale d’una lingua a rendere questa piú o meno influente sulle altre (per esempio, in italiano esistono 62 parole d’origine cinese, contro 6292 d’origine inglese, 4944 d’origine francese e 1055 d’origine spagnola).
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Intervento di Incarcato »

Io trovo che l'ipotesi del cinese come lingua internazionale non sia poi cosí utopica.

Intanto, anche se il cinese è parlato solo in Cina, credo che un miliardo e duecento milioni d'individui – tanti sono i Cinesi, un quinto di tutti gli abitanti della Terra – siano una cifretta che fa riflettere.

Da secondo, io non credo che l'unico, né il principale, motivo della diffusione d'una lingua sia il suo prestigio culturale (altrimente, cosa dovrei ahimè dedurre dalla diffusione dell'italiano?): penso piuttosto che sia la preminenza nei campi del commercio, dell'industria, della tecnologia stricto sensu – insomma, del potere «tangibile» – ad imporre sulla scena internazionale una lingua (la Storia ha parlato spesso in queso senso).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

I Cinesi rappresentano un quinto della popolazione mondiale, questo sí. Ma la lingua cinese non ha diffusione mondiale, e men che meno il suo sistema grafico.

Riguardo al prestigio culturale, mi riferivo all’influenza d’una lingua, non alla sua diffusione: quante parole italiane sono entrate nel lessico delle altre lingue nel campo della musica, dell’architettura, della finanza, della pittura, ecc. quando l’Italia era all’avanguardia (Rinascimento)?

Peccato che pochi partecipino alle discussioni: sarebbe interessante avere anche altri pareri!
Avatara utente
Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Che la struttura dell’idioma cinese non lo renda adatto, per i varî motivi che lei ha giustamente addotti, alla diffusione internazionale lo credo anch’io.

Ma è proprio per questo che la domanda non è scontata: riuscirà la futura super-potenza economica ad imporre la sua lingua, cosí ostica, — per non dire estranea — a tutti noi Occidentali?

Del resto, qui in Italia si moltiplicano coloro che studiano cinese ed in diverse scuole si vocifera da tempo d'inserire tale lingua tra le materie d’insegnamento a partire dall’anno prossimo. Vedremo.
atticus
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Intervento di atticus »

Premesso che ammiro la storia del popolo cinese (e invidio un pochino il loro modo di prender la vita), a mio parere tra inglese e cinese non c'è gara. Però non sono profeta, nè lontano parente di qualche profeta.
Una lingua si afferma per una serie di circostanze che, riguardo al cinese, non mi pare siano all'orizzonte.
Lasciamo stare l'italiano che, col Rinascimento, ha dato ecc. ecc. L'ha già scritto Marco71. Prendiamo l'inglese: esso si è imposto attraverso un lungo predominio politico, economico e culturale dell'Inghilterra prima, degli americani poi. Mi sbaglierò di certo, ma non vedo la Cina imporre al mondo il proprio modello culturale (il maoismo, o che altro?); anzi, essa sta assorbendo modelli europei (vedi il capitalismo di stato). Pertanto, immagino una Cina occidentalizzata, piuttosto che un Occidente cinesizzato.
E poi, l'inglese (meglio sarebbe dire l'americano; ma siamo lí) ha vinto la guerra...
Mi faccio coraggio: il cinese nelle scuole italiane? Ma perché, da noi a scuola s'imparano le lingue?
PS
Intanto (notizia di oggi) in Isvizzera scompaiono le cattedre di lingua e letteratura italiana. Anche quella che fu di Francesco De Sanctis. Vorranno, i nostri vicini orologiai, sostituirle con cattedre di cinese? Mah!
M
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Iscritto in data: mer, 10 nov 2004 14:30

La diffusione di una lingua

Intervento di M »

Le lingua purtroppo si diffondono solo per il potere coercitivo di chi le parla, altrimenti anche l'inglese, che non è affatto così facile come lo si pretende, specie nella comprensione dei suoi suoni, non avrebbe avuto molto credito. Se i cinesi 'domineranno il mondo' per un congruo periodo si vedranno i lessici di molte lingue arricchirsi di parole cinesi traslitterate, non c'è niente di speciale in questo. Altro è modificare la struttura delle altre lingue del mondo, portandole ad adottare modi nella costruzione della frase (e del pensiero) nuovi oppure accentuare caratteri ivi esistenti ma minoritarii: quanto accaduto nel passaggio da latino a lingue romanze non mi sembra molto ripetibile allo stato attuale ed è quelllo della struttura il vero cambiamento linguistico. Ulteriori modifiche tipo nuovi suoni, od addirittura il modo ideografico di scrivere, sono decisamente improbabili: il nucleo della lingua italiana non consiste nei suoi termini derivati dal latino ma in primis nella sua solidità nei suoni e nel suo forte ancoraggio segno grafico/suono, poi nella sua struttura analitica 'libera' e nel suo 'costruire le espressioni' non ricorrendo necessariamente al neologismo od alla espressione preconfezionata, infine nella sua 'ridondanza' se vista come puro segnale (consonanti precise e forti separate da vocali molto distinte, molte sillabe). Purtroppo le lingue non si diffondono per le loro virtù, altrimenti che dire dell'Aymara?
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