Aldo Gabrielli sui forestierismi

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Aldo Gabrielli sui forestierismi

Intervento di bubu7 »

Visto che ultimamente il buon Aldo Gabrielli è stato un po' strapazzato (soprattutto da Teo :) ), vediamo di ridimensionare la presunta entità del suo purismo.

Riporto una piccola citazione dal suo Nella foresta del vocabolario (1977).

Nel capitolo finale (L'accolta degli intrusi), in cui tratta dei forestierismi, dopo aver specificato che lui non ha mai sentito il bisogno di usarli, aggiunge:
Perciò aggiungo súbito che so anche fare una distinzione tra vocaboli stranieri inutili e vocaboli stranieri utili, perfino necessari; sciocco sarebbe, come si faceva al tempo del vecchio purismo, arrabattarsi a trovare il sostituto, che so, di hobby, di slogan, di golpe, di identikit o che altro volete; non dico che anche per codesti non ci sia un corrispettivo italiano; ma ormai, ripeto, son di casa, dicon subito quel che si vuol dire, e accettiamoli dunque, come accettammo a suo tempo il film, il bar, lo sport, il tram e via dicendo.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ottima iniziativa, quella di aprire questo filone, gentile bubu7. Debbo confessare ancora una volta che mi sono «formato» prima di tutto col Gabrielli, e serbo un forte sentimento di gratitudine nei suoi confronti. Poi naturalmente, maturando, e coll’apporto di altri maestri, su certe cose si può mutare d’avviso (solo per ricordare che scrivo in italiano operistico ottocentesco :mrgreen: ).

Sono cose che abbiamo già detto, ma cito tuttavia dallo stesso Nella foresta del vocabolario (p. 232), che è del 1977, tanto per dire che dormiamo da oltre trent’anni (per quanto riguarda gli anglicismi):
Dicevo all’inizio di questo capitolo che ci sono stranieri utili e stranieri inutili nel nostro linguaggio; degli utili ho detto in breve, ché sarebbero parecchi di piú [ma il Gabrielli non parla – se mal non m’appongo – delle migliaia di adattamenti che nessuno sospetta]; dirò ora degli inutili, e perfino nocivi, anche qui scegliendone un pizzico soltanto, perché questi sono addirittura legione, tanto che se ne son fatti perfino dei dizionari di centinaia e centinaia di pagine. Si tratta di parole straniere, specialmente inglesi, trasferite di peso nel nostro linguaggio per pura pigrizia mentale, come ho già detto, ma anche, ora aggiungo, per ignoranza della lingua propria. Io penso che chi fa il mestiere dello scrittore o anche del pubblico parlatore, l’italiano dovrebbe saperlo; è il suo ferro del mestiere, che diamine, e se anche non trova là per là la parola giusta che gli occorre, faccia un piccolo sforzo e la cerchi sul vocabolario.

I colleghi giornalisti non mi devono prendere in uggia o in antipatia se mi permetto di metterli sempre sul banco degli accusati; devono riconoscere onestamente che son proprio loro a diffondere e a imporre certe voci straniere che nessun lettore si sognerebbe mai di conoscere; direi anzi che la maggioranza dei lettori si ribella a questo eccesso di forestierismi, spesso arcani ai loro orecchi, di cui certe cronache sono inzeppate; quanti sono quelli che mi hanno scritto per dirmi che ormai i nostri quotidiani vanno letti col vocabolario inglese alla mano?
Mi auguro che qualche giornalista coscienzioso e convinto dia l’esempio ai suoi colleghi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Teo
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Re: Aldo Gabrielli sui forestierismi

Intervento di Teo »

bubu7 ha scritto:Visto che ultimamente il buon Aldo Gabrielli è stato un po' strapazzato (soprattutto da Teo :) ), vediamo di ridimensionare la presunta entità del suo purismo.
È vero, l'ho un po' strapazzato: va comunque detto che Gabrielli avrà anche avuto alcuni meriti, soprattutto a livello di compilazione lessicografica e di divulgazione linguistica, ma non era un linguista professionista (per quello che ne so non era neppure docente, né di liceo, né di università, e non era laureato in lettere, bensì in giurisprudenza: il che non vorrebbe dire granché, perché neppure Benedetto Croce era laureato, né insegnava. Tuttavia, si può non essere laureati e scrivere contributi di alto valore scientifico: ma non mi sembra il caso di Gabrielli), bensì un "dilettante" di un certo ingegno. Fatto sta che, a leggere i suoi contributi, si rileva la più totale assenza di qualsiasi riferimento alla linguistica contemporanea (non dico Chomsky, ma almeno Martinet o Benveniste avrebbe potuto leggerli): sembra quasi che la sua cultura linguistica si fermi alla grammatica tradizionale e alla storia della lingua italiana, ma mediata attraverso opere di alta divulgazione, più che acquisita attraverso contributi scientifici attinti dalle riviste specializzate. Non è comunque un caso che nelle bibliografie dei linguisti accademici le opere di Gabrielli siano poco o punto citate: ad esempio, nella Grande Grammatica italiana di consultazione a cura di Renzi e Salvi non figurano affatto in bibliografia; fanno eccezione Serianni e Castelvecchi, che includono nella bibliografia della loro Grammatica italiana tre opere di Gabrielli, ma poi non lo citano granché.
bubu7 ha scritto:Riporto una piccola citazione dal suo Nella foresta del vocabolario (1977).

Nel capitolo finale (L'accolta degli intrusi), in cui tratta dei forestierismi, dopo aver specificato che lui non ha mai sentito il bisogno di usarli, aggiunge:
Perciò aggiungo súbito che so anche fare una distinzione tra vocaboli stranieri inutili e vocaboli stranieri utili, perfino necessari; sciocco sarebbe, come si faceva al tempo del vecchio purismo, arrabattarsi a trovare il sostituto, che so, di hobby, di slogan, di golpe, di identikit o che altro volete; non dico che anche per codesti non ci sia un corrispettivo italiano; ma ormai, ripeto, son di casa, dicon subito quel che si vuol dire, e accettiamoli dunque, come accettammo a suo tempo il film, il bar, lo sport, il tram e via dicendo.
Anch'io ho quel libro, e ho verificato che l'atteggiamento ivi mantenuto è abbastanza moderato e, per quanto conservatore, improntato a un certo equilibrio. Sta di fatto che lo stesso Gabrielli, vent'anni prima, quando compilò il Dizionario linguistico moderno (1956), si attestò su posizioni puristiche estreme, che poco avevano da invidiare a quelle di Puoti, Ranalli, Fanfani, Arlia, Rigutini ecc., soprattutto nell'avversione ai francesismi, compresi quelli adattati, oltre che ovviamente agli anglicismi, allora non così dilaganti. Semmai stupisce che quelle posizioni siano state conservate anche nel Dizionario dello stile corretto, edito nel 1976, quando egli aveva palesemente moderato un certo estremismo: evidentemente si trattava di esigenze editoriali che hanno impedito di modificarlo più di tanto.
Comunque, in questi due dizionari (cito dal Dizionario dello stile corretto, che è quello in mio possesso), Gabrielli riprova anche i forestierismi che invece in Nella foresta del vocabolario sembra accettare. Cito:

hobby (hòbi), ingl., vóce che in orígine valéva «cavallo»; òggi, fig., corrispónde a quel che con paròle italiane si dice, secóndo il bisógno, passatèmpo preferíto, fissazióne, chiòdo, manía, passióne, innocènte manía, predilezióne, capríccio, ghiribizzo, tícchio e, volg., pallino.

slogan (sloúghen), ingl., voce di orig. scozzese, deriv. dal gaelico sluagh-gairm, propr. «grido (gairm) di guerra (sluagh)», e sign. innanzi tutto grido di guerra (degli Scozzesi); poi, più gener., parola d'ordine, motto, massima, frase. Oggi diciamo comun. slogan anche noi per designare una frase pubblicitaria di particolare effetto che valga come richiamo per questo o quel prodotto che si vuol vendere; cosí, sono slogans le note frasi pubblicitarie «Tuto, Cito, Iucunde» di un'acqua purgativa; «A dir le mie virtù basta un sorriso» di un dentifricio; «Assaggiatemi, diverremo amici» di un aperitivo, e sim. L'it. dice la stessa cosa con frase, motto [pubblicitario]; o anche con battuta e ritornello [pubblicitario], che non ci sembrano peregrini, perché la frase, il motto pubblicitario è battuto e ribattuto e ritorna migliaia di volte perché si imprima bene nel cervello delle persone.


Insomma, sono queste posizioni che hanno fatto includere Gabrielli nel novero dei «guardiani» della lingua, come ebbe a dire Tullio De Mauro 18 anni fa alla presentazione romana del Gabrielli "bivolume".
E peraltro, non per infierire, ma nel Dizionario dello stile corretto ho pescato una "perla" di vago sapore razzista, che sarà magari giustificata dall'età dell'autore e dalla sua formazione avvenuta durante il fascismo, ma che oggi non potrebbe certo essere stampata senza suscitare perlomeno stupore (anche se la sua nipotina, Irene Pivetti, poco più di un decennio fa sosteneva posizioni diverse ma comunque di destra tradizionalista). Cito:

Si è creato poi il termine bughista, danzatore o danzatrice di boogie-woogie (plur. bughisti, bughiste). Ma si tratta di termini effimeri, che scompariranno con la danza stessa, soppiantata da altre frenesie negroidi [sottolineatura mia].
Teo Orlando
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Re: Aldo Gabrielli sui forestierismi

Intervento di bubu7 »

Teo ha scritto: È vero, l'ho un po' strapazzato: va comunque detto che Gabrielli avrà anche avuto alcuni meriti, soprattutto a livello di compilazione lessicografica e di divulgazione linguistica, ma non era un linguista professionista...

Lo so, caro Teo, come non lo era il Palazzi, anche se ha sfornato un vocabolario che non temeva confronti con lo scialbo Zingarelli (almeno fino alla seconda edizione del primo datata fine anni cinquanta).
La disgrazia del Gabrielli in due volumi è che è uscito (a differenza del Palazzi che uscì tempestivamente) con trent'anni di ritardo. Si è trovato così in un contesto lessicografico e sociale nei quali risultava irrimediabilmente datato.
Una piccola parentesi.
Non è che consideri del tutto sbagliato il lamento di Marco sull'assenza d'indicazioni prescrittive sui nostri vocabolari. A mio parere, in un dizionario scolastico, certe prescrizioni motivate (perfino se sbagliate) invitano il lettore sprovveduto a ragionare più del mero atteggiamento descrittivo, più consono a opere specialistiche. Chi non sa, vorrebbe sapere come si dice prima di rendersi conto di come si può ugualmente dire. Se si salta il primo passo si può provocare o disorientamento, seguito dal disinteresse, oppure si può arrivare all'idea che, visto che un modo vale l'altro, non merita occuparsene più di tanto. L'amore per la lingua non viene certo stimolato da molti moderni dizionari.
Teo ha scritto:Anch'io ho quel libro, e ho verificato che l'atteggiamento ivi mantenuto è abbastanza moderato e, per quanto conservatore, improntato a un certo equilibrio. Sta di fatto che lo stesso Gabrielli, vent'anni prima...
Questa evoluzione mi sembra che vada ascritta a suo merito visto che, in genere, le persone diventano più conservatrici coll'età...
Teo ha scritto:Gabrielli riprova anche i forestierismi che invece in Nella foresta del vocabolario sembra accettare...
Secondo me, i forestierismi crudi sono sempre da riprovare perché non fanno mai bene a una lingua.
Poi però è necessario considerare quelli di casa (che da quando scriveva Gabrielli sono molto aumentati) e i neologismi (e tra questi, quelli utili e quelli inutili).
Sottolineando che, nel linguaggio comune, oggi dei forestierismi se ne potrebbe fare quasi completamente a meno.
Ultima modifica di bubu7 in data mar, 28 ago 2007 9:02, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Diceva – scusate la parentesi – il professor Sabatini: «Ricordiamo che Ferdinand De Saussure proveniva da una cultura matematica e aveva molto di pensiero matematico, ed è stato un grande linguista...».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Teo
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Intervento di Teo »

Marco1971 ha scritto:Diceva – scusate la parentesi – il professor Sabatini: «Ricordiamo che Ferdinand De Saussure proveniva da una cultura matematica e aveva molto di pensiero matematico, ed è stato un grande linguista...».
Anche Noam Chomsky aveva studiato matematica, parallelamente a linguistica e filosofia, presso l'Università della Pennsylvania.
E come dimenticare il tedesco Hermann Grassmann (http://it.wikipedia.org/wiki/Hermann_Grassmann ), che nell'Ottocento fu sia un grande matematico, sia un grande linguista (famosa è la legge di Grassmann o della dissimilazione delle aspirate)? E tra l'altro non riuscì mai ad ottenere una cattedra universitaria, limitandosi ad insegnare in un istituto tecnico.
Ma questi erano (o sono) eminentissimi scienziati, mentre Gabrielli era tutt'al più un buon divulgatore: sostenere che Gabrielli fosse uno scienziato della linguistica sarebbe come dire che Paolo Mieli e Bruno Vespa siano dei "veri" storici o che Piero Angela sia uno scienziato.
Teo Orlando
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Intervento di bubu7 »

Teo ha scritto: Ma questi erano (o sono) eminentissimi scienziati, mentre Gabrielli era tutt'al più un buon divulgatore: sostenere che Gabrielli fosse uno scienziato della linguistica sarebbe come dire che Paolo Mieli e Bruno Vespa siano dei "veri" storici o che Piero Angela sia uno scienziato.
Sono completamente d'accordo con lei, caro Teo.
Ma forse oggi quelli di cui siamo a corto sono proprio i buoni divulgatori...
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V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sono d’accordo anch’io, né intendevo suggerire che il Gabrielli fosse uno scienziato… Tuttavia, mi sembra che non bisogni accanirsi contro di lui: il suo dizionario bivolume è per molti versi insostituibile, e dà indicazioni che gli altri vocabolari non danno, come ad esempio i plurali di certi alterati – di cui discorrevo privatamente con Infarinato qualche giorno fa – e mille dettagli sui quali gli altri tacciono maestosamente. Ecco l’esempio degli alterati:
Il Gabrielli bivolume ha scritto:[Sotto braccio:] Dimin. braccíno, plur. i braccíni, in Tosc. anche le braccína; braccétto (v.); accr. braccióne , pl. –ni, ma anche pop. le braccióne, raro le braccióna; bracciòtto, braccio rotondo, grassoccio, pieno.

[Sotto dito:] Dimin. ditíno (pl. i ditíni o le ditína); spreg. ditúccio (pl. i ditúcci o le ditúccia); accr. ditóne (pl. i ditóni o le ditóna); peggior. ditàccio (pl. i ditàcci o le ditàccia).

[Sotto uovo:] Dimin. ovétto (pl. gli ovétti); ovicíno (pl. gli ovicíni); ovíno (pl. gli ovíni, raro le ovína); ovettíno (pl. gli ovettini); spreg. o vezzegg. ovúccio (pl. gli ovúcci); peggior. ovàccio (pl. le ovàccia, gli ovàcci); accr. ovóne (pl. gli ovóni).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Teo ha scritto:[...] tra l'altro non riuscì mai ad ottenere una cattedra universitaria, limitandosi ad insegnare in un istituto tecnico.
Del resto anche oggi le lauree ad honorem si danno solo a chi palesemente non le merita (oggi Mike Bongiorno), per farsi pubblicità ma anche per non creare un concorrente.
Teo
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Intervento di Teo »

Marco1971 ha scritto:Sono d’accordo anch’io, né intendevo suggerire che il Gabrielli fosse uno scienziato… Tuttavia, mi sembra che non bisogni accanirsi contro di lui: il suo dizionario bivolume è per molti versi insostituibile, e dà indicazioni che gli altri vocabolari non danno, come ad esempio i plurali di certi alterati – di cui discorrevo privatamente con Infarinato qualche giorno fa – e mille dettagli sui quali gli altri tacciono maestosamente.
Verissimo. Si trattava in effetti di un dizionario che aveva molti pregi e un'indubbia originalità e peculiarità d'impostazione. Se avessero emendato i suoi difetti approntando una seconda edizione (anche se alcuni difetti vennero eliminati nell'edizione monovolume del 1993), probabilmente sarebbe riuscito benissimo a far concorrenza ad altre opere più diffuse.
Tra l'altro, sono riuscito a ripescare dal mio archivio la lettera che spedii ben 17 anni fa alla Mondadori e che accompagnava la restituzione del Gabrielli bivolume che avevo chiesto in visione (in realtà non potei acquistarlo anche perché all'epoca ero un dottorando con poche risorse; ma motivai il mancato acquisto anche con critiche nello specifico). Riproduco qui di seguito la lettera, perché immagino che alcune annotazioni possano interessare i partecipanti a questa lista di discussione: noterete forse qualche intemperanza, dovuta alla giovane età (25 anni) e a posizioni che oggi ho riveduto.

________________

Roma, 18 novembre 1990

Egregio Dottor Ermanno Conti -
Direttore Grandi Opere
CDE - Mondadori

Spettabile CDE,
mi vedo costretto, dopo averne preso ampia visione, a restituire il Grande Dizionario della lingua italiana di Aldo Gabrielli, perché non corrisponde alle aspettative e ai criteri lessicografici che improntano altre opere analoghe ed autorevoli. Esso viene giustamente definito un "dizionario d'autore", in quanto frutto, in gran parte, dell'opera di un solo lessicografo anziché di un'équipe redazionale come i più recenti dizionari della lingua italiana. Tale caratteristica viene presentata piuttosto come un pregio che come un difetto, in quanto essa garantirebbe l'unitarietà dell'opera come un complesso organico e compatto, e non come una "semplice elencanzione di vocaboli con accanto una fredda esposizione di significati". In realtà, essendo Gabrielli morto nel 1979, appare evidente che il dizionario, per soddisfare esigenze incontrate nell'ultimo decennio e per ovviare alle ubbie puristiche dell'autore, ha subito con tutta probabilità un notevole lavoro di revisione ed integrazione, tanto che esso appare un'opera con almeno due stratificazioni. Di questo obsoleto purismo qua e là restano pittoresche tracce: non si può dimenticare, senza con ciò volere in nessuna maniera offenderne la memoria, bensì con l'intenzione di collocarlo nella giusta luce, che Aldo Gabrielli ancora nel 1976 aveva il coraggio di dare alle stampe una riedizione di quel Dizionario dello stile corretto dove innocue parole come 'controllare', 'terrorizzare', 'decollare', 'constatare', ecc. venivano etichettate (o meglio definite, ché 'etichettare' è voce barbara!) come brutti francesismi. Pertanto, come rilevò Tullio De Mauro nella presentazione del dizionario tenutasi a Roma lo scorso anno, mentre in Italia cominciavano vigorosamente ad attecchire nuove pratiche didattiche per un'educazione linguistica democratica e linguisti innovativi introducevano nel nostro Paese la grammatica generativo-trasformazionale di Chomsky, c'era ancora chi, come Gabrielli e altri, sparuti pedanti, pretendeva di imporre la cintura di castità alla lingua, con intenzioni tanto infantili nel loro sterile estremismo quanto totalmente inefficaci sul piano pratico. In effetti, Gabrielli più che un autentico linguista era un dilettante appassionato di lessicografia (seppur d'ingegno, senza il minimo dubbio) e ciò non soltanto per la mancanza di qualifiche accademiche (il che non vorrebbe dire, considerando che in passato fior di studiosi non conseguirono mai cattedre universitarie), ma anche perché le sue pubblicazioni erano per lo più repertori compilativi o prontuari alfabetici di modesta originalità e metodologicamente altrettanto insensibili a qualsiasi istanza della linguistica post-saussuriana quanto pronti a riportare come oro colato le opinioni di ostinati pedanti come Fanfani, Arlia, Rigutini, Ranalli, Monelli, Pestelli e via elencando. Si noti tra l'altro che esisteva comunque un neopurismo moderato, fondato dallo storico della lingua Bruno Migliorini, che ripudiava il "purismo ingenuo e sentimentale" (De Mauro) per ispirarsi ai criteri di una rigorosa (o presunta tale) glottotecnica, in virtù della quale respingeva i forestierismi e i neologismi solo allorché effettivamente mal foggiati e non integrabili nella lingua italiana: ma a leggere Gabrielli, sembra che anche tale posizione non sia da accogliere e sia invece da perseguire un nazionalismo linguistico senza altro criterio se non l'avversione indiscriminata per i cosiddetti barbarismi.
In effetti, che il dizionario anche a questo proposito sia costituito da due "strati" appare evidente dal diverso trattamento che tocca a vocaboli come 'installare' e 'realizzare', entrambi biasimati dall'autore, e a vocaboli più recenti come 'deresponsabilizzazione", che Aldo Gabrielli non avrebbe esitato a bollare come deformi e barbari ma che, inseriti palesemente non da lui ma dalla redazione, sono semplicemente definiti senza commenti.
Ma ciò che mi ha più sfavorevolmente impressionato, è l'assenza di molti neologismi, più frequente nelle prime lettere (A e B, evidentemente compilate molto prima delle altre e poi mal revisionate), presenti invece in altre opere lessicografiche che vanno per la maggiore come lo Zingarelli (XI edizione, ristampa leggermente arricchita del 1987), il Devoto-Oli (edizione in due volumi del 1987) e il Garzanti (1987), nonché i due supplementi del DEI della Treccani (1974 e 1984). Queste assenze sono in realtà da imputare non certo a Gabrielli, che comunque era uno studioso di estrema scrupolosità, quanto alla redazione che ha poi completato il suo lavoro e che evidentemente ha operato con una certa fretta e approssimazione.
Prendendo come parametri i due supplementi del DEI della Treccani ho compilato una breve lista di omissioni, che qui riporto con a fianco le registrazioni in altri dizionari (in particolare Devoto-Oli e Zingarelli), tanto più gravi se si considera che ho volutamente evitato tecnicismi troppo speciali e se si tiene conto che alcuni di questi termini erano già registrati nel supplemento al DEI del 1974 (De=Devoto-Oli, Zi=Zingarelli):

ABALIETÀ (ma c'è 'aseità' con rimando!): Devoto-Oli, ABIOTICO Zingarelli, ABUSIVISMO De, Zi, ACCULTURARSI (ma c'è 'acculturazione'!), ACTION PAINTING De, ADATTIVO, AFFIDABILE, AFFIDABILITÀ De, Zi (omissione, questa, del tutto ingiustificabile e che rende il dizionario scarsamente...affidabile), AFTER SHAVE, AGRITURISMO De, Zi, AIDS Zi, ALCOLOMANIA, ALGHICIDA Zi, ALLITTERARE, ALGOL De, AMMANICATO Zi, ANECOICO Zi, ANGIOPLASTICA, ANTAGONIZZARE, ANTICAPITALISMO, ANTICOLONIALISMO, ANTIDROGA De, Zi, ANTIPSICHIATRIA Zi, ANTISKATING Zi, ANTISTATICO Zi, ANTOLOGIZZARE Zi, ARTICOLATORIO Zi, ASCII, ASSEMBLATORE Zi, AVIONICA Zi, De, BASS-REFLEX De, BIOINFORMATICA, BIOMEDICO, BIRRIFICIO Zi, BRUTALISMO, BUROSAURO De, CADUCAZIONE Zi, CAPACIMETRO Zi, CARBURIZZAZIONE, CARENZIALE Zi, CARTELLINARE Zi, COBOL De, COMPOSTAGGIO Zi, COMPUTAZIONALE Zi, De, CRONOBIOLOGIA De, Zi, DEATTIVARE De, DEBUGGING, DECISIONISMO-STA (incredibile svista: c'è l'aggettivo 'decisionistico' che rimanda all'inesistente 'decisionismo'), DEFIBRILLATORE De, DELEGIFICARE De, DEMITOLOGIZZARE De, DEPOTENZIARE Zi, DEREPRESSIONE, DESTABILIZZARE De, Zi (altra svista marchiana), EGEMONISMO De, Zi, ENCEFALINA Zi, ENERGIZZARE De, ENVIRONMENT De, Zi, ETNOCENTRISMO Garzanti, EUROCENTRISMO De, Zi, FILOVEICOLO De, FILTRAGGIO Zi, De, FITNESS Zi, FORMATTARE-AZIONE Zi, De, FRICCHETTONE Zi, FUNTORE, GAMBIZZARE De, Zi, GIRANASTRI Zi, GLOSSEMATICA Zi (ma c'è glossema), GLOTTODIDATTICA Zi, HOMING Zi, IDIOTIPO, INIZIALIZZARE, IPOSEMA, JOGGING Zi, LOGOGRAMMA Zi, MINIMALISMO Zi, MONOPEZZO Zi, MONOSCOCCA, MOTOMEZZO Zi, OPTOELETTRONICA Zi, ORTOPEDAGOGIA, PALAZZINARO Zi, PARTICOLATO, PATACCARO Zi, POLICARBONATO, POLITOLOGIA (questo vocabolo si trova, ma con la datazione del 1982: peccato che lo registrasse già il Devoto minor del 1979) POSTMODERNO Zi, De (omissione assurda), PRECONFEZIONATO Zi, REGIONALIZZARE Zi, RETRIBUTIVO (come faranno a scioperare per i loro livelli retributivi i vari redattori del dizionario?), RIDUZIONISMO Garzanti, SCIACALLAGGIO Zi, STAGFLAZIONE Zi, De, TELEFAX Zi, ZOOSEMIOTICA Zi, ZWINGLISMO Zi, ZZZ Zi.

Ora, è ben vero che un dizionario non va giudicato soltanto per l'esaustività e per il numero di neologismi, ma qui mi sembra davvero che il lavoro di revisione sia stato eseguito in maniera un po' frettolosa. Ciò non toglie che l'opera possegga molti pregi: dalla ricchezza di citazioni ed illustrazioni a molte definizioni felici (più soddisfacenti di quelle dello Zingarelli, scarne, essenziali ed asettiche, ma comunque lontane dalla potente efficacia e precisione di quelle del Devoto-Oli), fino alla cura grafica.
Tuttavia, in attesa di una (si spera prossima) seconda edizione che colmi le lacune e integri le omissioni della presente (in fondo, come ha scritto Luciano Satta, nel compilare un dizionario occorre sempre avere sott'occhio le opere analoghe più autorevoli), preferisco restituire l'opera al mittente, come del resto è previsto dagli accordi.
Con i migliori saluti.
Teo Orlando
Università di Firenze - Dipartimento di Filosofia
Ultima modifica di Teo in data mer, 29 ago 2007 11:11, modificato 2 volte in totale.
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Teo ha scritto: Riproduco qui di seguito la lettera, perché immagino che alcune annotazioni possano interessare i partecipanti a questa lista di discussione: noterete forse qualche intemperanza, dovuta alla giovane età (25 anni) e a posizioni che oggi ho riveduto.
Grazie mille, Teo. La sua lettera è molto istruttiva.
Condivido in larga parte le sue critiche ma vorrei di nuovo sottolineare il grande pregio dell'opera, ricordato diverse volte anche da Marco.
Mi riferisco all'abbondanza d'indicazioni motivate che permettono all'utente comune di orientarsi nei casi d'incertezza.
Oggi gli altri vocabolari, per rispettare i più moderni orientamenti della linguistica, accanto a innovazioni utilissime (indicazioni delle reggenze, ecc.) lasciano il lettore comune, in cerca di certezze, nell'insicurezza o nella convinzione che le scelte che si possono operare siano equivalenti.
Il Gabrielli, anche fornendo spesso indicazioni puristiche non condivisibili, cerca di orientare il lettore.
Per farle un esempio concreto, mi sarebbe piaciuto trovare in un dizionario scolastico, sotto acclimatare, un ragionamento del tipo di quello che ho fatto nella discussione che stiamo avendo in un'altra sezione di questo forum.
Non semplicemente, come fa il Devoto-Oli 2007 e tanti altri, una trattazione del significato sotto acclimatare e un semplice rimando sotto acclimare.
Certo, dare consigli non è oggi ammesso in sede accademica ma, in un dizionario scolastico, anche un accademico dovrebbe spingersi a tirare fuori il proprio sentimento.
Per inciso nel nuovo Devoto-Oli non mi sembra che appaia molto l'impronta del Serianni (molto meno comunque che nella Grammatica). Ho l'impressione che egli abbia fornito poco più del nome... :?
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Guardi, proprio ieri mattina mi è occorso di parlare per telefono con la caporedattrice del nuovo Devoto-Oli (di cui sono stato collaboratore), Biancamaria Gismondi. Sarà sorpreso, ma ha manifestato opinioni piuttosto in linea con quanto lei dice qui. Più che altro, ha sottolineato come molti "utenti" dei dizionari siano spesso alla ricerca di consigli e di indicazioni di carattere prescrittivo, che non sempre i dizionari dell'ultima generazione hanno deciso di includere, dato che preferiscono registrare "descrittivamente" gli usi. Mi ha anche "pronosticato" il possibile, futuro accoglimento di "piuttosto che" come congiunzione disgiuntiva, cosa che invece sarebbe preferibile registrare con una nota di disapprovazione.
Quanto all'impronta di Serianni, penso che essa sia stata consistente, ma che poi le scelte finali siano state rimesse alla redazione.
Teo Orlando
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Intervento di bubu7 »

Teo ha scritto: Più che altro, ha sottolineato come molti "utenti" dei dizionari siano spesso alla ricerca di consigli e di indicazioni di carattere prescrittivo...
Questo che dice mi fa piacere: vuol dire che non sono poi tanto fuori dal mondo. :)
Teo ha scritto:Mi ha anche "pronosticato" il possibile, futuro accoglimento di "piuttosto che" come congiunzione disgiuntiva, cosa che invece sarebbe preferibile registrare con una nota di disapprovazione.
Questo mi fa un po' meno piacere (al di là del caso specifico): vuol dire che non hanno intenzione di tener conto delle aspettative della gente comune... :(
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Bue
Interventi: 866
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 11:20

Intervento di Bue »

Teo ha scritto: Mi ha anche "pronosticato" il possibile, futuro accoglimento di "piuttosto che" come congiunzione disgiuntiva…
AAAAAAAAAaaaaaaaaaaaaaaaaargh!!!!!

(scusate)
Avatara utente
Incarcato
Interventi: 900
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 12:29

Intervento di Incarcato »

Se sarà vero quello che dice, caro Teo, dovrò aggiornare la mia opinione — ahimè — anche sul Devoto-Oli. :cry:
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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