«Bloggista» (!)

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

Moderatore: Cruscanti

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Marco1971
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«Bloggista» (!)

Intervento di Marco1971 »

Mi dispiace dover ripetere una regola fondamentale dell’ortografia italiana (ma ignota, pare, anche a qualche lessicografo): g + e/i si legge /dZe, dZi/, e quindi bloggista non può che dar luogo a /blodZ'dZista/. Se s’intende parlare di /blog'gista/ bisogna introdurre una h: blogghista. Diverso, naturalmente, il caso di blogger (ma non serve a nulla!), che è un prestito integrale e, come corpo estraneo, non sottostà alle norme ortografiche dell’italiano.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Daniele
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Intervento di Daniele »

Ma dove l'ha trovato? Non può trattarsi di un refuso, una distrazione? Possibile che lo scrivente non si sia accorto che bloggista non si legge blogghista? Come diceva un grande comico: "Non ci posso credere!"
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

No, perché è registrato cosí nel GRADIT:

bloggista /blog'gista/ (blog•gi•sta) s.m. e f. (TS) inform.
-> blogger


Non si stupisca nessuno, per favore. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Incarcato
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Intervento di Incarcato »

:shock:
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Anche il Devoto-Oli 2007 registra, per blogger, la sola variante bloggista. Quest’ultima è anche la variante prevalente in rete (di gran lunga però sorpassata dal forestierismo crudo).
Forse invece di sgranare gli occhi o presumere che i lessicografi non conoscano le regole dell’ortografia italiana sarebbe meglio chiedersi se non siamo noi a ignorare quelle regole della moderna lessicografia che determinano la selezione dei lemmi da inserire nei vocabolari. :)

Naturalmente riconosco che blogghista è sicuramente meglio formato di bloggista.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Blogghista è sicuramente la grafia da preferire.
"Guglando" ho scoperto, però, che la forma piú adoperata è bloggista.
Bloggista: 12.400 occorrenze
Blogghista: 4.360 occorrenze
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Gugolando, caro Fausto, scoprirà tanti di quegli errori di cui lei si lamenta. In realtà, le occorrenze in rete servono solo (e parzialmente) a saggiare la diffusione di certi termini o espressioni. Penso che nessuno qui s’invischierà nella falsa equazione maggiore frequenza = forma corretta o da preferire (voglio almeno sperarlo).

I lessicografi reputano che sia loro dovere registrare l’uso esattamente come appare, anche se confrontati a grafie in stridente contrasto colle regole fondamentali dell’italiano. È un modo di vedere e operare. Ma non mi sembra interamente condivisibile. Perché? Perché a furia di tralignamenti gravissimi (tralascio i meno gravi) come questo, s’introducono nel sistema linguistico eccezioni che non possono se non infondere un insalúbre senso d’incertezza nei parlanti e scriventi. Se si dice, come si sa, che g + e/i dà luogo a /dZe, dZi/ (parlo di voci italiane o italianizzate, come, appunto, blogghista), chi scrive o legge va sul sicuro senza téma di sbagliare; se si dice che a questa regola c’è l’eccezione bloggista, la lingua si grava di un’inutile irregolarità. Ecco dove il lessicografo dovrebbe intervenire, mettendo a lemma la forma corretta blogghista e sconsigliando l’altra grafia. Se le lingue tendono spontaneamente alla semplificazione, qui ci avviamo a complicazioni gratuite e artificiali, nocendo alla funzionalità del sistema.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Decimo
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Intervento di Decimo »

Mi stupisco del raddoppiamento grafico della g... adattamento mutilato? Tutt'al piú avrei giustificato – ma non certo accettato – l'apposizione del suffisso al forestierismo crudo ("blogista" per intenderci): avrebbe avuto una sua logica.
Assurdo, non credo possa esistere adattatore tanto creativo (per non dire altro) da sostituire il suffisso -er con l'italiano -ista, ignorando la radice effettiva (blog e non *blogg).
Davvero "bloggista" è caso unico nel suo genere, personalmente lo considero il peggiore esempio di onomaturgia volgare.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Anche nel caso di blogista, si potrebbe leggere solo /blo'dZista/: dal momento che si appone un suffisso italiano, la parola diventa italiana a tutti gli effetti (e questo, che mi pare evidente, lo dice anche Luciano Satta). Solo una cosa come blogist, in quanto estranea al sistema, potrebbe fare di testa propria e pronunciarsi /'blOgist/.

Il raddoppiamento è naturale (anche in inglese da blog s’è fatto blogger, per la regola che esige il raddoppiamento della consonante nelle parole di una sillaba terminanti in una consonante preceduta da una vocale), tant’è vero che il verbo è spontaneamente bloggare (61.200 occorrenze con Google, contro solo 100 per blogare). Casi analoghi sono blocco, bloccare (dal francese bloc).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Decimo
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Intervento di Decimo »

Marco1971 ha scritto:Il raddoppiamento è naturale (anche in inglese da blog s’è fatto blogger, per la regola che esige il raddoppiamento della consonante nelle parole di una sillaba terminanti in una consonante preceduta da una vocale)
Per sintetizzare ho finito con l'esprimermi male... mi stupisco che si sia fatto il raddoppiamento (ossia cosa corretta, perciò ho parlato di adattamento mutilato, parziale) ma non si sia messa l'acca a segnalare il suono /g/.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Guardiamo il bicchiere mezzo (un quarto, se preferite :) ) pieno.
Faccio riferimento al Devoto-Oli 2007.
Nel 2000 viene registrato blogger; già nel 2003 viene registrato il primo (maldestro ma spontaneo) adattamento bloggista; oggi, in rete, rileviamo una piccola presenza di blogghista.
Probabilmente un'analisi diastratica rivelerebbe che gli adattamenti sono diffusi soprattutto tra la gente meno colta (e, all'altro estremo, tra i puristi).
Abbiamo quindi una piccola reattività naturale dei parlanti, da apprezzare e da incoraggiare (e da contrapporre a quella innaturale, di laboratorio).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Io vorrei ricordare, invece, queste parole di Bruno Migliorini colla citazione di quelle del grande linguista danese Otto Jespersen (che, come sapete, da tempo ho fatto mie):
Ma, in questi ultimi decennii, nuove concezioni sono venute maturando. I linguisti cominciano a persuadersi che accanto al compito che piú propriamente loro compete, di descrivere e chiarire storicamente i fatti linguistici, è doveroso per loro di non straniarsi da un altro compito, quello di contribuire con la loro esperienza a chiarire i problemi pratici che nel divenire della lingua si pongono a ogni momento.
Ha sostenuto autorevolmente questo punto di vista Otto Jespersen, nel secondo Congresso dei linguisti a Ginevra: «Sono fermamente convinto che i dotti non debbano contentarsi di stare passivamente a guardare, ma che debbano prendere parte attiva, ciascuno nel proprio paese, a quelle azioni che stanno modificando le condizioni linguistiche, e a migliorarle ove sia possibile. Troppa parte è lasciata in queste azioni a dilettanti ignari: è un fatto ben noto che non c’è campo delle conoscenze umane in cui il primo venuto creda d’aver maggior titolo ad esprimere senza studio scientifico una propria opinione che nelle questioni concernenti la lingua materna: quando si discute sulla grafia o sulla pronuncia o sulla flessione o sull’uso di un termine, egli ha bell’e pronta una risposta, che per lo piú non è che un ricordo sbagliato di quello che ha imparato a scuola da maestri indotti. Quelli che si sono seriamente occupati delle lingue e del loro sviluppo non debbono tenersi estranei a tali discussioni, ma debbono usare le loro conoscenze a beneficio della propria lingua: altrimenti c’è rischio che essa sia danneggiata dall’influenza conscia di altri che non hanno conoscenze sufficienti per far da guida in questo campo.»
(«Purismo e neopurismo» in La lingua italiana nel Novecento, Firenze, Le Lettere, 1990, p. 93.)
Parole sante, ma che sembrano del tutto dimenticate dagli odierni linguisti...
Ultima modifica di Marco1971 in data ven, 01 feb 2008 17:00, modificato 1 volta in totale.
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: Parole sante, ma che sembrano del tutto dimenticate dagli odierni linguisti...
Parole sante, certo. Esse, correttamente interpretate e adeguate al progresso degli studi [ricordo che Migliorini le proferiva nella prima metà del Novecento], rappresentano uno dei punti di riferimento degli odierni linguisti...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non mi pare che sia un testo cosí enigmatico da richiedere grandi interpretazioni... Comunque, vediamo che, per quanto riguarda la lessicografia, con l’accoglimento della forma aberrante bloggista, non siamo proprio nel solco delle idee jesperseniane.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto:Comunque, vediamo che, per quanto riguarda la lessicografia, con l’accoglimento della forma aberrante bloggista, non siamo proprio nel solco delle idee jesperseniane.
Non ne sono così sicuro.
Il solco indica una direzione ma l'aratro deve proseguire nel suo lavoro perché il campo risulti produttivo. Se oggi un linguista non tenesse conto dell'ultimo secolo di progressi negli studi e nelle elaborazioni teoriche, sarebbe una mummia vivente, cosa che non si può sostenere di Migliorini e degli innumerevoli semi che ha disperso e che hanno germinato nel campo linguistico (certo qualche previsione l'ha toppata anche lui...).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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