«Tirarsela»

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Incarcato
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«Tirarsela»

Intervento di Incarcato »

Invoco aiuto per cercare di capire a cosa allude l'espressione gergale «tirarsela» ovvero «me la tiro», «te la tiri», «se la tira» assai diffusa tra giovani e giovanissimi ma il cui significato mi è oscuro.
Cosa si tireranno mai costoro? Il suono non mi piace ma, non capendo, sospendo il giudizio.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Nel Battaglia si trova questa definizione:

«darsi arie, atteggiarsi a superiorità e condiscendenza», con quest’esempio di G. Culicchia:

«Tondelli era circondato da giovani lettori. Tutti parlavano del suo romanzo. Lui era sorridente, rilassato. Non sembrava nemmeno uno famoso. Non se la tirava assolutamente.»

Purtroppo, dell’etimologia e di quella cosa sottintesa che uno si tirerebbe non so nulla (il GRADIT, in cui tirarsela compare a lemma, dice solo «sec. XX; der. di tirare). Qualcuno ne ha idea?
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arianna
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Intervento di arianna »

E' un'espressione che ho sentito piu' volte, e dai contesti ho capito che vuole dire<<darsi aria>>, sentirsi importanti. Pero' non mi sembra un'espressione raffinata, io non la userei nel comunicare,altrettanto nello scrivere.
Felice chi con ali vigorose
le spalle alla noia e ai vasti affanni
che opprimono col peso la nebbiosa vita
si eleva verso campi sereni e luminosi!
___________

Arianna
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie, Arianna, del suo contributo. È vero che non è un’espressione «raffinata», ma nel parlato informale mi sembra molto efficace, per indicare una persona che, appunto, «si dà importanza», ha un atteggiamento altezzoso, ecc.

Ci domandiamo piuttosto quale ne sia l’origine. Che abbia che fare con l’espressione stare sul tirato nel senso di «essere restio a fare qualcosa; comportarsi con cautela e circospezione; non mostrare aperture all’interlocutore»? O «comportarsi in modo sostenuto, non conciliante né amichevole»? Il primo significato dell’espressione è «limitare drasticamente le spese; essere ritenuto nello spendere, comportarsi con tirchieria».

Machiavelli: «El Duca predetto sta in sul tirato e è in sul volere cauzioni, e guardarla nel sottile.»

Guicciardini: «Sta in sul tirato e mostra poca voglia di concludere, come quello che pare che presupponga che el re abbia a observare, et cosí che ogni cosa gli abbia a restare in preda.»

Si potrebbe allora ricollegare all’accezione di tirarsi (nel Battaglia n. 66): «volgersi a un atteggiamento, a un modo di essere».

Ma questo non delucida il referente di «la» in tirarsela... Potrebbe forse essere, originariamente, «tirare a sé la borsa», come segno di freddezza?

Ove siete giti? :wink:
Max
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Re: "Tirarsela"

Intervento di Max »

incarcato ha scritto:Cosa si tireranno mai costoro? Il suono non mi piace ma, non capendo, sospendo il giudizio.
Come molte delle espressioni tipiche del gergo giovanile (fare lo sborone, essere uno sfigato eccetera), alcune delle quali usate in modo disinvolto anche dagli adulti, “tirarsela”, mi dispiace deludervi, ha solo espliciti riferimenti sessuali. Cercherò di spiegarmi, consapevole di correre sulla lama di un rasoio molto affilato, compiendo un piccolo percorso tra queste tre forme.

Fare lo sborone” (frase resa celebre dal meccanico Oriano Ferrari di Zelig che la riferisce a Schumacher che “vuol fare lo sborone”), ha il significato di “tirarsela”, di darsi delle arie, di credersi superiori. Per capirne l’origine, occorre utilizzare altre espressioni – peraltro ben attestate dai dizionari del gergo giovanile disponibili in Rete –, al limite della decenza. Mi prendo la libertà di citare una frase tipica della zona di Cesena e di altre province della Romagna: “Sborri tanto che ci hai lavato". E’ molto volgare, ma indica in modo esplicito l’atteggiamento di colui che si sente superiore (maschio molto virile e “produttivo”…).

Sfigato” deriva letteralmente dall’essere senza ragazze (definite ovviamente in modo più volgare); in senso lato, come a tutti è noto: sfortunato, scalognato, non attraente.

Se la tira”, infine, era inizialmente un’espressione riferibile a una ragazza che si dà delle arie, che “tirandosela” (ossia “chiudendosela come se avesse una zip" - e non è il caso di spiegare cosa…) non si/la concede a nessuno. È l’equivalente di “sborone”, pertanto è facile comprenderne il significato. Con il tempo, tuttavia, anche gli uomini hanno iniziato a “tirarsela”. L’evoluzione è dovuta principalmente a un fenomeno sociale, perché se da un lato le ragazze sono diventate più mascoline (nell’abbigliamento e negli atteggiamenti), dall’altro lato i ragazzi hanno acquisito i “difetti” delle donne, soprattutto in quello che è sempre stato il campo di battaglia maschile, ossia il corteggiamento: un tempo era una caratteristica femminile, ma ora pure i maschi fuggono nel momento cruciale. Gli adolescenti, primi attori di tale fenomeno linguistico, hanno così iniziato a dire che anche un maschio “se la tira”: perfetta parità dei sessi!

Gli adulti, come spesso accade, per sentirsi ancora giovani si appropriano di molti termini o forme gergali da strada e, impiegandoli in altri contesti, li elevano al rango di parole da dizionario, come capitato per “sfigato” e molte altre.

Mi scuso se ho urtato la sensibilità di qualche lettore, ma se si affronta il tema del linguaggio giovanile è pressoché impossibile non sconfinare nella volgarità.
Max
Ladim
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Intervento di Ladim »

Più pacatamente - senza sbilanciarmi troppo -, direi che il verbo «tirarsela» andrebbe (linguisticamente) analizzato come «verbo procomplementare», in cui la proforma della particella pronominale non custodirebbe alcun valore «referenziale», ma, con Tullio De Mauro, concorrerebbe a modificare il significato del verbo di base attraverso un «sovrappiù semantico» (cfr. «svignarsela, prendersela» etc.)...

Non mi sembrerebbe scorretto ricondurre più in generale tale costruzione (verbo+proforma) alle movenze del parlato, vale a dire alla carica espressiva dell'eloquio quotidiano - alludo alla solita «enfasi» (con la medesima si spiegano altri fenomeni quali il «che polivalente», le arciforme pronominali dativali, la sintassi marcata etc., tutti relativi alla «lingua parlata» - la "procomplementarizzazione" dei verbi, allora, potrebbe divenire un altro elemento... per una varietà di lingua tutta particolare).

Insomma, soprattutto valutando la struttura "microsintattica", lascerei da parte le considerazioni di ordine «disfemico» (comunque ben meditate e, sotto un certo punto di vista, persuasive - ma qui emergerebbe il punto di vista sull'oggetto!), forse più appropriate per spiegare altre "tipologie linguistiche" in ambito [però] segnatamente «lessicale» (vedi appunto «sfigato» etc.)...
Max
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Sì, ma l’«allusione»?

Intervento di Max »

Apprezzabile la sua analisi, certamente più pacata della mia, Ladim, tuttavia anche incarcato riportando «l’espressione gergale “tirarsela”», aveva ritenuto necessario esplicitare le varie forme «me la tiro», «te la tiri», «se la tira», poiché il verbo “tirarsela” non è quasi mai usato nel parlato – e, penso, ancora meno nello scritto, come svignarsela o prendersela. A mio giudizio, ma sono pronto a ricredermi in presenza di altri autorevoli commenti, «me la tiro», «te la tiri», «se la tira» vanno intese come espressioni idiomatiche, e da qui nasce la domanda di incarcato: «Cosa si tireranno mai costoro?». Il punto non era quello di spiegare la tipologia linguistica, peraltro a tutti ben nota, ritengo, bensì l’origine, l’«allusione» dell’espressione.

Saluti.
Max
Avatara utente
Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Max ha colto bene il mio dubbio: mi chiedevo appunto cosa si tirassero, perché l'espressione deve avere più valenze nel gergo giovanile.

Infatti io conoscevo ed intendevo l'espressione «tirarsela» quando si parla di un evento sfortunato, del tipo (in un ipotetico scambio di battute):
A: «temo di non superare l'esame...»
B: «dai, non tirartela!»

Qui s'allude chiaremente alla sfortuna, alla sfiga.

Però in quest'altro esempio: «quella ragazza se la tira», l'espressione è identica, ma il senso è un altro, che continuo a comprendere, ma di cui non coglievo l'origine.
Max
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Per conferma...

Intervento di Max »

Un po’ per gioco, ho fatto delle ricerche in quel di Livorno, patria del Vernacoliere, e ho trovato un’altra origine assolutamente credibile dell’espressione “se la tira”. Oggi vanno di moda i pantaloni a vita bassa e una ragazza si sente attraente se riesce a calarli fino a lasciar intravedere la cucitura delle slip, ma anni fa era esattamente il contrario: andava di moda tirarsi su i jeans fino all’inverosimile, comprimendo le parti intime fino allo spasimo. Ebbene, a Livorno quelle che “se la tiravano di più” erano le ragazze che arrivavano alla tensione estrema, e davano l’idea che quasi “le si dovesse strappare”! Ho trovato simpatiche varianti, infatti, che rendono l’idea, pur traslitterate in italiano: “Se te la tiri ancora un po’ diventa una fionda!”; “Se te la tiri ancora un po’ te la strappi!”. In ogni caso, tali fanciulle venivano considerate inavvicinabili, poiché erano talmente “serrate” che gli approcci focosi sarebbero risultati impossibili.
Insomma, dall’Adriatico al Tirreno si ruota sempre attorno allo stesso tema…

Concludendo questo simpatico viaggio nel gergo giovanile, che ne dite dello slogan “La patatina tira” di Amica Chips, altamente evocativo e dal doppio senso sessuale fin troppo esplicito, vista anche la grafica dei manifesti?
Max
Avatara utente
Incarcato
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 12:29

Intervento di Incarcato »

Secondo me, pescando dal vernacolo labronico, Max potrebbe avere azzeccato l'etimologia.
Ladim
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Re: Sì, ma l’«allusione»?

Intervento di Ladim »

Max ha scritto:Il punto non era quello di spiegare la tipologia linguistica, peraltro a tutti ben nota, ritengo, bensì l’origine, l’«allusione» dell’espressione.
[«te la tiri, se la tira» equivarrebbero alla seconda e alla terza persona indicativo presente di «tirarsela» (?) - il pronome si comporterebbe come la particella dei verbi pronominali intransitivi: «mi vergogno, ti vergogni... vergognarsi» etc.]

Il mio modesto intervento fermava un'ipotesi strutturale (individuando proprio nella «tipologia linguistica» l'origine di un verbo la cui etimologia resta incerta perché appunto riconducibile all'uso parlato di oggi [in altre parole si direbbe «se la tira» perché la "procomplementarizzazione" - che sarebbe una particolarità [un "comportamento" linguistico] del parlato informale - ne avrebbe suggerito la struttura... di qui l'"evasività" dei dizionari)...

Quindi non eluderei la risposta alla domanda di Incarcato, bensì in qualche modo la delegittimerei (sia chiaro, in sede teorica; del resto nessuno si domanderebbe a che cosa si allude con il pronome di «svignarsela» [«me/te la svigni» etc.] - o forse sì? Tuttavia in «tirarsela», una tale curiosità, sembrerebbe più giustificata!)... ma, beninteso, la mia resta una proposta (mi rendo conto, poco divertente)...

Dovendo scegliere un'ipotesi etimologica, sentirei più vicine le riflessioni di Marco1971... Ma anche le sue, Max, mi andrebbero benissimo...
marcri
Interventi: 39
Iscritto in data: ven, 05 nov 2004 22:06

Intervento di marcri »

Ho chiesto ai miei tre figli, una femmina e due maschi d'età compresa tra i diciannove e i quindici anni, quale significato attribuissero a tutte e tre le espressioni citate da Max, e quali fossero, secondo loro, i sottintesi.
La risposta unanime è stata la perfetta conferma di quello che dice Max, quasi sovrapponibile parola per parola.
L'unica sfumatura che non hanno saputo spiegare è quella relativa al fenomeno sociale per cui anche i maschi "se la tirano", ma forse per questo sono troppo giovani...

Io concordo perfettamente anche su quest'ultima analisi di Max, e sono pienamente convinta che la sua risposta soddisfi il quesito iniziale di incarcato: "cosa si tireranno mai costoro?"

Sono lieta della lezione di stile di tutti, prova evidente che si può disquisire di qualsiasi argomento, anche sulla lama di un rasoio, con il linguaggio lieve e intenso di chi sa ben usare le parole.
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Continuerò ancora un poco questo piacevole dibattito... Dando voce, evidentemente, a un'altra campana!

Perché riterrei necessario apporre all'ipotesi di Max qualche precisazione: in sede di analisi lessicografica, riterrei più prudente, da principio, muovere alcune considerazioni di ordine "classificatorio".

Quindi, come classificare il verbo «tirarsela»?

Anzitutto bisognerebbe revocare in dubbio l'ipotesi di un'«espressione idiomatica»... Le espressioni idiomatiche (sempre con base verbale, come «fare la cresta», «tirare le cuoia», «vuotare il sacco», «tagliare la corda» etc. [e con funzione di sostantivo: «patata bollente», «testa di cuoio» etc.]) presentano una struttura ben definita (verbo+oggetto - in cui il nesso tra i costituenti rispetta le consuete regole della sintassi); tale struttura prevede poi che l'oggetto sia ad ogni modo espresso, lasciando tuttavia frustrate le regole della «semantica combinatoria» (e per questo si parla di "significato del tutto convenzionale", quando si allude alle espressioni idiomatiche...).

«Tirarsela», quindi, non potrebbe essere un'espressione idiomatica perché non ne presenta la struttura - in più la proforma («la») non indica espressamente un referente; non vi sarebbe, insomma, un "significato generale" in qualche modo "non deducibile" dai significati dei vari costituenti - questo soprattutto perché il pronome «la» qui non può possedere un significato lessicale autonomo...

Indicare in «tirarsela» un «verbo procomplementare» equivarrebbe quindi ad escludere l'ipotesi dell'«espressione idiomatica», non fosse altro perché, in un procomplementare, il pronome «la» non conserva più alcuna «funzione deittica» (ecco perché non avrebbe senso cercare l'identità del suo referente!); il pronome (meglio «proforma») acquisisce invece una particolare funzione "semantica" (e, oggi, già di carattere "sociolinguistico"?!) tuttavia non meglio precisabile.

Il GRADIT registra «tirarsela» classificandolo (insieme ad altri 158 - «accoccarla» [di sapore dantesco... sia chiaro, da coniugare: «io la accocco, tu la accocchi...»], «allungarla», «battersela» etc.) come verbo procomplementare.

Tentare un'ipotesi etimologica richiederebbe allora di affrontare due considerazioni preliminari:

1. perché la scelta del verbo di base (e qui sarebbero più che valide le ipotesi di Max);
2. perché la procomplementarizzazione dello stesso.

Se per 1. possono valere le considerazioni acutamente articolate negli interventi di Max, per 2. bisognerebbe appunto meditare con più "pacatezza" (vale a dire ricorrendo ai criteri di classificazione già codificati dalla linguistica) sulle strutture di una determinata varietà di lingua parlata (che qualcuno già chiamerebbe «giovanilese»).

È pacifico ritrovare in «tirarsela» una tendenza (strutturale) specifica della lingua parlata (verbo+proforma)? A vedere la lunga serie dei verbi procomplementari registrati dal GRADIT si direbbe di sì - se così fosse (ma lo è), allora davvero non avrebbe senso cercare di scoprire il referente di una proforma che ha ormai perso (e nella fattispecie non ha mai avuto) il suo valore referenziale.

In buona sostanza, una volta "appurato" il riferimento «disfemico» implicito nel verbo di base («tirare» - ma già il significato di «allontanare da sé» potrebbe anche essere sufficiente), bisognerebbe identificare meglio (se possibile) la collocazione diastratica e diafasica della struttura "procomplementare".

Struttura ad ogni modo attiva e produttiva! Se Marcrì chiedesse ai suoi figli di analizzare un neologismo quale «viaggiarsela» («guarda quello lì come se la viaggia!») forse, senza tuttavia poterne precisare il significato esatto, potrebbero ad ogni modo individuare in esso un verbo riconducibile a un enunciato appartenente al registro informale di alcuni loro compagni di classe (e no)...
Max
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Iscritto in data: dom, 07 nov 2004 22:31
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La strada e la grammatica...

Intervento di Max »

Comprendo a pieno la tendenza a portare sul "tavolo chirurgico" la questione del “se la tira”, ma a mio avviso, come ha confermato il promotore della discussione, il dubbio iniziale scaturiva da un livello di osservazione molto più basso («Cosa si tireranno mai costoro?»).

Il gergo giovanile si origina dal lampo di genio del “creativo del Gruppo”, da associazioni ben precise tra azioni realmente accadute o immaginate e verbi o parole che fino a quel momento non avevano alcun significato riferibile alla situazione che ha generato il neologismo o il nuovo significato. Solo quando il neologismo o l’espressione sopravvive per anni (e anche quando è analizzato freddamente dagli adulti), forse si perde la memoria storica, ma oggi se un ragazzo dice “Quella là è una che se la tira”, secondo me sa bene quale sia il referente implicito del “la”, pur non trattandosi di un’espressione idiomatica con oggetto espresso… Tra le mille che conosco, cito un’ultima espressione, costruita con il verbo “cacare”, del quale, prima di tutto e a scanso di equivoci, riporto il significato 3 del Del Mauro:

cacare: 3 v.tr., fig., gerg., nel linguaggio giovanile: tenere in considerazione: Mario non mi caca per niente. Varianti: cagare.

Dalle mie parti si sentirebbe dire: “Mario non se lo/la caga neanche di striscio”, quindi potremmo intavolare una discussione pure su “cagarsela”, ma la nuova domanda potrebbe essere: “Cosa si cagherà mai costui?”. E così all’infinito…
Ovviamente quando qualcuno ha usato per la prima volta “cagare/cagarsela” nel senso di “filare/filarsela” (sempre dal De Mauro, filare: 6 v.tr. RE centrosett., prendere in considerazione, rivolgere l’attenzione: sta sulle sue senza f. nessuno) avrà senz’altro avuto le sue ragioni… “creative”!

In conclusione, Ladim e Marco (con quest’ultimo ho scambiato anche alcune battute in privato) hanno ragione, ma, ribadisco, il livello di osservazione per me era un altro, più vicino alla strada che ai tecnicismi della grammatica!

Saluti,
Max
Ladim
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Credo che nessuno, a proposito del nostro «tirarsela», possa guadagnarsi finalmente la palma della "ragione"... il nostro era solo un piacevole confronto - lei ha considerato un aspetto ad ogni modo fondamentale della lingua... io un altro... sono due punti di vista che non si escludono, e anzi possono integrarsi; insomma, non ritengo di aver risolto alcunché: avrei solo dato soddisfazione a una mia piccola inclinazione, da lei, Max, definita «chirurgica», ma che evidentemente tradisce parte dei miei interessi (che mi impongono di osservare la lingua anche nelle sue "strutture")...

Del resto continuerei a trovare più che pregevoli le sue considerazioni, oltre che la sua straordinaria capacità argomentativa... In questi giorni ho chiesto ai più giovani che ho avuto modo d'incontrare di esprimersi al riguardo; ebbene, sette su dieci, ovviamente senza esibire la Sua eleganza, hanno più o meno coinvolto la medesima "porzione anatomica"... Vede bene quindi che il Suo discorso continua ad avere un valore comunque legittimo... Si potrebbe anche parlare di una sorta di riappropriazione semantico-referenziale (il lessico, come ogni altro aspetto della lingua, vive di tensioni continue; infine ognuno di noi adopera quotidianamente un numero non precisabile di parole di cui ha smarrito il senso originario, ma che adopera avendo ben chiaro ciò a cui vuol far riferimento - «etimologia» e «semantica» a volte si guardano senza comprendersi; le suggestioni "culturali", poi, impongono la loro voce: da quando ho letto un Suo intervento, ad esempio, non mi riesce più di guardare con indifferenza un certo cartellone pubblicitario...).
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