Salve a tutti, sono stato contraddetto allorquando ho detto che una certa persona aveva "un italiano molto buono".
Colui che mi ha corretto ha detto che è una forma dialettale.
Qualcuno sa dirmi qualcosa di più approfondito?
Grazie
«Buono» in questo contesto?
Moderatore: Cruscanti
La gente ha talvolta idee strane sulla lingua. Non v’è nulla di dialettale in questa frase, come ci confermano i vocabolari:
Dal Gabrielli in linea
buono 11 Di qualità; eccellente, pregevole: una buona musica; un buon libro; fate un buon lavoro!
Dal Sabatini-Coletti in linea
buono 11 Soddisfacente, che esprime gradimento o giudizio positivo: godere di b. stampa; b. notizie; un b. voto
Dal Gabrielli in linea
buono 11 Di qualità; eccellente, pregevole: una buona musica; un buon libro; fate un buon lavoro!
Dal Sabatini-Coletti in linea
buono 11 Soddisfacente, che esprime gradimento o giudizio positivo: godere di b. stampa; b. notizie; un b. voto
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: "Buono" in questo contesto?
Benvenuto Matth1!
Ma non è certo questo il caso di "avere un italiano (o altra lingua) molto buono", espressione del tutto normale, come è stato rilevato
Insomma chi dicesse "avere un italiano molto buono" sta secondo me, oltretutto, evidentemente compiendo uno sforzo per sostituire quel tanto comune "parlare un ottimo italiano" (o un duretto "possederlo") (anche ritmicamente e focalmente s'intende: la posposizione dell'aggettivo al sostantivo, resa obbligatoria dall'introduzione del "molto", comporta l'automatica accentuazione del "buono" nell'economia della frase), rischiando però effettivamente "all'orecchio" di cadere nell'uso più primitivo (sul quale tipicamente si correggono i bambini, invitandoli ad arricchire il proprio linguaggio) del "buono" universale e così pure dell'introduzione, volendo in qualche modo sottolineare, del superlativo (che pure "molto" non è poi l' "estremamente" del "massimo grado"...); ma, come visto, ad arrivare per il caso in esame davvero a un'obiezione formale secondo me è cadere in una deriva ingiustificata.
Similmente, ovviamente con diversa sfumatura, si dice anche "un bell'italiano (o altra lingua)", nonostante anche per "bello" valga pari pari quanto detto sopra (peraltro, linguisticamente, "bello" nasce come proiezione di "buono"): cioè che è buona (sic) norma provare a "declinare" più precisamente, nel nostro caso il senso di confacente e gradevole, quanto si incontrasse nelle cose, ma (a questo punto sottolineiamolo) senza privarci di un qualche uso fondamentale anche della parola più sprecata.

Secondo me: volendo capire la motivazione di una perplessità del genere, va rilevato che effettivamente "avere" e "buono" (e all'inverso "cattivo") sono parole talmente elementari, primarie, da poter risultare generico, banale e quindi sempliciotto, sciatto, usarle (da cui direi il riferimento a un parlante che mescolasse italiano e dialetto), in luogo di una aggettivazione più accurata ed espressiva; e così per l'enfasi introdotta da un "molto".Matth1 ha scritto:Salve a tutti, sono stato contraddetto allorquando ho detto che una certa persona aveva "un italiano molto buono".
Colui che mi ha corretto ha detto che è una forma dialettale.
Qualcuno sa dirmi qualcosa di più approfondito?
Grazie
Ma non è certo questo il caso di "avere un italiano (o altra lingua) molto buono", espressione del tutto normale, come è stato rilevato
e lo dimostra anche il frequente dire, quasi una frase fatta, "parlare un ottimo italiano (o altra lingua)", per quanto riguarda il "buono" (o un "cattivo"); e il, seppur meno frequente, "possedere una lingua" nel senso di "padroneggiare", al momento di dire "avere un buon italiano (o altro idioma)" anziché "parlare, usare bene una certa lingua".Marco1971 ha scritto:Non v’è nulla di dialettale in questa frase, come ci confermano i vocabolari
Insomma chi dicesse "avere un italiano molto buono" sta secondo me, oltretutto, evidentemente compiendo uno sforzo per sostituire quel tanto comune "parlare un ottimo italiano" (o un duretto "possederlo") (anche ritmicamente e focalmente s'intende: la posposizione dell'aggettivo al sostantivo, resa obbligatoria dall'introduzione del "molto", comporta l'automatica accentuazione del "buono" nell'economia della frase), rischiando però effettivamente "all'orecchio" di cadere nell'uso più primitivo (sul quale tipicamente si correggono i bambini, invitandoli ad arricchire il proprio linguaggio) del "buono" universale e così pure dell'introduzione, volendo in qualche modo sottolineare, del superlativo (che pure "molto" non è poi l' "estremamente" del "massimo grado"...); ma, come visto, ad arrivare per il caso in esame davvero a un'obiezione formale secondo me è cadere in una deriva ingiustificata.
Similmente, ovviamente con diversa sfumatura, si dice anche "un bell'italiano (o altra lingua)", nonostante anche per "bello" valga pari pari quanto detto sopra (peraltro, linguisticamente, "bello" nasce come proiezione di "buono"): cioè che è buona (sic) norma provare a "declinare" più precisamente, nel nostro caso il senso di confacente e gradevole, quanto si incontrasse nelle cose, ma (a questo punto sottolineiamolo) senza privarci di un qualche uso fondamentale anche della parola più sprecata.
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