«Ci se ne frega» e «ce ne si accorge»
Moderatore: Cruscanti
«Ci se ne frega» e «ce ne si accorge»
Il primo è di Buzzati, il secondo l'ho trovato in un libro di cinema.
Potete spiegarmi questi due costrutti?
Ringrazio Marco1971 per la chiarezza delle sue risposte.
Potete spiegarmi questi due costrutti?
Ringrazio Marco1971 per la chiarezza delle sue risposte.
Re: "Ci se ne frega" e "Ce ne si accorge"
Propongo un ragionamento intuitivo. In «ce ne freghiamo» supponga di sostituire «si frega» (come se fosse «si mangia» al posto di «mangiamo») e otterrà «ce ne si frega» o, appunto, «ci se ne frega». Il secondo è lo stesso.Rubicante ha scritto:Il primo è di Buzzati, il secondo l'ho trovato in un libro di cinema.
Potete spiegarmi questi due costrutti?
Ringrazio Marco1971 per la chiarezza delle sue risposte.
Poi si presenta l'annoso problema dell'accumulo di particelle pronominali: se si possa metterne tre di fila, in che ordine vadano messe, ecc.; ne abbiamo parlato già diverse volte (poi faccio una ricerca).
Re: "Ci se ne frega" e "Ce ne si accorge"
Buzzati sapeva scrivere; l’autore di quel libro di cinema probabilmente non conosce bene l’italiano: si dice ci se ne accorge, esattamente come uno se ne accorge.Rubicante ha scritto:Il primo è di Buzzati, il secondo l'ho trovato in un libro di cinema.
Prego!Rubicante ha scritto:Ringrazio Marco1971 per la chiarezza delle sue risposte.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Sono andato a istinto, ma trovo conferma nella GGIC (vol. I, p. 589):
La successione dei clitici può essere rappresentata nella seguente maniera: due pronomi clitici entrano in combinazione nell'ordine indicato in (412):
(412) 1) mi; 2) gli, le, dativi; 3) vi; 4) ti; 5) ci; 6) si rifless.; 7) lo, la, li, le accusativi; 8) si impersonale; 9) ne.
Donde si ricava proprio ‘ci + se riflessivo + ne accorge’.
La successione dei clitici può essere rappresentata nella seguente maniera: due pronomi clitici entrano in combinazione nell'ordine indicato in (412):
(412) 1) mi; 2) gli, le, dativi; 3) vi; 4) ti; 5) ci; 6) si rifless.; 7) lo, la, li, le accusativi; 8) si impersonale; 9) ne.
Donde si ricava proprio ‘ci + se riflessivo + ne accorge’.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Vedo che Marco ha interpretato in modo completamente diverso la domanda, comunque non sono riuscito a trovare le discussioni che ricordavo (anche perché il "forum nuovo" della Crusca è momentaneamente inaccessibile
), ma solo qualche breve cenno qui, poi proseguito in una discussione con messaggi sparsi qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui.

Grazie, Federico, per i rimandi.
In realtà, non mi pare d’aver interpretato erroneamente la domanda iniziale: stabilito che *ce ne si non è dell’italiano normale (o stàndaro o modello), e quindi è sintassi «sbagliata», non aveva senso per me entrare in considerazioni genetiche.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
La questione è ripresa qui.
Cercando altro, ho trovato per caso nel Rohlfs (Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1968, Morfologia, § 476) un’ulteriore conferma:
Il nesso ci si nel senso di un doppio si resta indivisibile, per esempio Ci se ne accorge, ci se lo ricorda, quando vi ci si abitua.
Il nesso ci si nel senso di un doppio si resta indivisibile, per esempio Ci se ne accorge, ci se lo ricorda, quando vi ci si abitua.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
1. Ce ne accorgiamo
2. Ci si accorge
3. Ce ne si accorge
4. Ci se ne accorge
Questi sono i casi: quindi, secondo quanto detto, sono tutte corrette tranne la n. 3; più in particolare, la 2 trova conferma e logica continuità nella 4, mentre la 1, benché sia corretta, non trova altrettanta correttezza nella sua "logica" prosecuzione nella 3. Confermate?
Si noti inoltre che stiamo prendendo l'esempio di un verbo intransitivo, della particella ne che ha valore pronominale (in quanto riferita al verbo pronominale accorgere/accorgersi) e della particella si che ha valore - credo - impersonale. Mi chiedo pertanto se le quattro frasi riportate sopra seguano la stessa "regola" anche nel caso di verbi transitivi, di particella ne con valore partitivo e di particella si con valori passivante e riflessivo.
2. Ci si accorge
3. Ce ne si accorge
4. Ci se ne accorge
Questi sono i casi: quindi, secondo quanto detto, sono tutte corrette tranne la n. 3; più in particolare, la 2 trova conferma e logica continuità nella 4, mentre la 1, benché sia corretta, non trova altrettanta correttezza nella sua "logica" prosecuzione nella 3. Confermate?
Si noti inoltre che stiamo prendendo l'esempio di un verbo intransitivo, della particella ne che ha valore pronominale (in quanto riferita al verbo pronominale accorgere/accorgersi) e della particella si che ha valore - credo - impersonale. Mi chiedo pertanto se le quattro frasi riportate sopra seguano la stessa "regola" anche nel caso di verbi transitivi, di particella ne con valore partitivo e di particella si con valori passivante e riflessivo.
Sí, la 3 è errata. Non credo cambi nulla nell’ordine e nelle forme la funzione grammaticale delle particelle. Ma ha forse qualche esempio da sottoporci? (Si ragiona sempre meglio in concreto che in astratto.)
P.S. Benvenuto!
P.S. Benvenuto!

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Grazie, lieto di confrontarmi con dei puristi della nostra amata madrelingua come voi
Tornando alla questione, prendiamo per esempio due verbi, mangiare e prendere, entrambi transitivi.
1. Ce ne mangiamo
2. Ci si mangia
3. ---
4. Ci se ne mangia
----------------------
1. Ce ne prendiamo
2. Ci si prende
3. ---
4. Ci se ne prende
Sono tutte corrette e correntemente usate come nei tipici casi dei verbi pronominali?

Tornando alla questione, prendiamo per esempio due verbi, mangiare e prendere, entrambi transitivi.
1. Ce ne mangiamo
2. Ci si mangia
3. ---
4. Ci se ne mangia
----------------------
1. Ce ne prendiamo
2. Ci si prende
3. ---
4. Ci se ne prende
Sono tutte corrette e correntemente usate come nei tipici casi dei verbi pronominali?
Sono tutte frasi grammaticali e teoricamente possibili (qualcuna con piú d’un’interpretazione), ma con poche probabilità di realizzazione spontanea (tranne ci si mangia: in quel ristorante, ci si mangia bene).
Per quanto mi riguarda, purista non sono ma neopurista, nel solco di Bruno Migliorini e Arrigo Castellani.
Per quanto mi riguarda, purista non sono ma neopurista, nel solco di Bruno Migliorini e Arrigo Castellani.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Dissotterro questo filone per domandare: è accettabile una frase come mi vi avvicino?
Ultima modifica di Luca86 in data sab, 01 dic 2012 2:14, modificato 1 volta in totale.
È piú che accettabile, è di registro oggi elevatissimo. La sequenza mi vi è attestata ininterrottamente dal Due al Novecento. Illustro con pochi, ma significativi esempi. 
E se mai con tutta la mia forza a dovervi in cosa alcuna compiacere mi disposi, ora più che mai mi vi disporrò, per ciò che io conosco che altra cosa dir non potrà alcuno con ragione, se non che gli altri e io, che v’amiamo, naturalmente operiamo... (Boccaccio, Decameron)
Io mi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi su le sepolture de’ miei padri, e come uno di que’ sacerdoti che taciti e riverenti s’aggiravano per li boschi abitati dagl’Iddii. (Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)
Ora domando: t’ho io forse pregato di pormi in questo universo? o mi vi sono intromesso violentemente, e contro tua voglia? Ma se di tua volontà, e senza mia saputa, e in maniera che io non poteva sconsentirlo nè ripugnarlo, tu stessa, colle tue mani, mi vi hai collocato; non è egli dunque ufficio tuo, se non tenermi lieto e contento in questo tuo regno, almeno vietare che io non vi sia tribolato e straziato, e che l’abitarvi non mi noccia? (Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese)
– È vero! – disse Lucio sordamente, rimettendosi. – Non ne ho mai parlato ad alcuno. Mi vi hai costretto tu. (Pirandello, Appendice alle Novelle)
Oggi, fuori d’un contesto molto letterario, useremmo mi ci.

E se mai con tutta la mia forza a dovervi in cosa alcuna compiacere mi disposi, ora più che mai mi vi disporrò, per ciò che io conosco che altra cosa dir non potrà alcuno con ragione, se non che gli altri e io, che v’amiamo, naturalmente operiamo... (Boccaccio, Decameron)
Io mi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi su le sepolture de’ miei padri, e come uno di que’ sacerdoti che taciti e riverenti s’aggiravano per li boschi abitati dagl’Iddii. (Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)
Ora domando: t’ho io forse pregato di pormi in questo universo? o mi vi sono intromesso violentemente, e contro tua voglia? Ma se di tua volontà, e senza mia saputa, e in maniera che io non poteva sconsentirlo nè ripugnarlo, tu stessa, colle tue mani, mi vi hai collocato; non è egli dunque ufficio tuo, se non tenermi lieto e contento in questo tuo regno, almeno vietare che io non vi sia tribolato e straziato, e che l’abitarvi non mi noccia? (Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese)
– È vero! – disse Lucio sordamente, rimettendosi. – Non ne ho mai parlato ad alcuno. Mi vi hai costretto tu. (Pirandello, Appendice alle Novelle)
Oggi, fuori d’un contesto molto letterario, useremmo mi ci.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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