Ausiliare di «essere» coi verbi servili

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

pocoyo ha scritto:Ma questo, Marco, val solo per essere?
Non capisco bene la domanda... :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
pocoyo
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Intervento di pocoyo »

Scusa, hai ragione. Intendo dire: val solo per “sarebbe dovuto/potuto/voluto essere” o anche per altri verbi che nei tempi composti sono retti dall’ausiliare essere (andare, partire, salire…)?
Ultima modifica di pocoyo in data mer, 17 giu 2009 10:54, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

I verbi coniugati con l’ausiliare ‘essere’, in presenza dei servili ‘dovere/potere/volere’, prendono sia ‘essere’ sia ‘avere’. Tradizionalmente, ‘essere’ in senso neutro; ‘avere’ se si vuole sottolineare l’idea di dovere, possibilità o volontà. Nell’uso moderno, perlopiú, senza differenza semantica.

Per quanto riguarda il verbo ‘essere’ usato coi servili, chi intenda esprimersi in buon italiano impiegherà sempre l’ausiliare ‘avere’. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di pocoyo »

Mi permetto di dare le mie due lire bucate, ben consapevole di star gridando in chiesa. Non vi sembra che codesta sia una opinione eccessivamente dura? E non parlo del virgolettato «linguista», ma della scelta di un ausiliare piuttosto che l’altro. “Eccessivamente” perché in fondo la scelta di usare avere in tutti i casi ha sí difensori intoccabili quali Leopardi e D’Annunzio citati da Marco, ma pare mancare d’argomentazioni sostanziali (o forse io non le conosco, comunque non sono state esplicitate in questo filone). Su che base insomma, se non per le occorrenze (e qui, gridare per gridare, bestemmio), si giustifica questa scelta?

Personalmente carezzerei una visione un po’ piú salomonica, una, ad esempio, che veda fra “avrei potuto essere” e “sarei potuto essere” una differenza. È possibile che, pur mantenendo come stàndaro l’uso di avere, essere si possa usare per dare rilievo, tramite il legame sintattico, al verbo retto piuttosto che al servile?

Rimetti la mia hybris, Marco: è frutto solo dell’amore per la lingua. :D
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Intervento di Marco1971 »

Qualsiasi distinzione semantica, nell’impiego di parole e costrutti esistenti, può scaturire solo e soltanto da un uso consolidato. Le teorie non valgono. Cosí s’è affievolita la sfumatura tra Sono voluto andare e Ho voluto andare, che partecipa della generale tendenza all’estensione di ‘avere’ ai danni di ‘essere’.

Possiamo inventare tutte le sottigliezze che vogliamo; ma se non hanno riscontro in un uso reale, vicino o lontano, restano parvenze vagolanti nella fumea.

L’eccesso non è nel vaglio della realtà; è forse in quello delle potenzialità.
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Intervento di pocoyo »

Forse una distinzione non c’è affatto, ma allora (e lo dico con intento tutt’altro che polemico) come si motiva la scelta unica e irrefragabile di avere? A mio parere il vaglio dei classici non si riduce che a un valido testimonio, ma che, preso da solo, rischia di condurre a un atteggiamento pedissequo e acritico nei confronti della lingua. È bene ricorrervi nel caso di convenzioni grafematiche tutt’oggi in dubbio o invece in quello degli usi di talune preposizioni ancora dibattute, ma in questioni come quella che abbiamo alla mano si tratta di scelte che son forse piú che semplici abiutdini. O sbaglio?
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Intervento di Marco1971 »

La spiegazione piú logica mi pare vada ricercata nello spessore semantico: il verbo ‘essere’ non è molto pregnante, ha cioè contenuto semantico vago rispetto a quello di ‘dovere/potere/volere’, sul quale si concentra il pensiero. Di qui, presumo, Ha dovuto/potuto/voluto essere, per attrazione semantica dei servili, piú «forti».

Una volta stabilito l’uso, non si può piú rimettere in discussione. :)

P.S. Mi permetto di ricordare che la locuzione è a tutt’oggi (da non confondere con tuttora ;)).
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Intervento di pocoyo »

La questione si sposta allora sui verbi servili: perché dovrebbero favorire un ausiliare piuttosto che l’altro?

Grazie mille per il poscritto, Marco, che accetto senz’altro con sommo gaudio. :D
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Intervento di Marco1971 »

Visto che i servili si coniugano con ‘avere’, si preferisce ‘avere’ quando l’accento è posto sull’idea espressa dal servile, e ‘essere’ quando il pensiero cade sul verbo all’infinito (se richiede ‘essere’) – e il servile passa in secondo piano.
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Intervento di pocoyo »

Ti ringrazio. :)
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Prego. :)

Riporto qui le gustose parole di Luciano Satta (Parlando e scrivendo, Firenze, Sansoni, 1988, pp. 29-30).

Avere Questo articoletto avrebbe potuto essere la continuazione del precedente, sugli ausiliari. Si fa a sé per dargli piú risalto, anche perché sappiamo che negli uffici nei giornali nelle scuole divampano le dispute. La materia del disputare è proprio in quello che qui si è scritto all’inizio, nelle parole avrebbe potuto essere. Coloro che hanno imparato la regoletta, peraltro rispettabilissima (ma si è visto sopra quanto poco sia rispettata) del verbo servile che prende l’ausiliare del verbo servito, non si arrendono facilmente: il verbo servile è potere, dicono; il verbo servito è essere; essere vuole essere, vedi sono stato eccetera; allora sarebbe potuto essere. Ma suona male, e il discorsino dei ligi alla regola va all’aria con un piccolo pretesto: essere fa razza per conto suo, tanto è vero che nei tempi composti ha un participio passato d’accatto, non l’antico suto che almeno era roba sua, bensí stato che è stare e non essere. Abbiamo pasticciato un poco, ma non volevamo confondere la testa del lettore; o anche sí, ma soltanto per concludere che con essere e un servile sta bene avere: «Ho dovuto essere severo con voi», «Aveva voluto essere presente in tutti i modi», «Oh, se avesse potuto essere di ritorno oggi!». Mettete per prova le forme di essere al posto di avere: vedrete che l’orecchio non ci sta. Non è meraviglioso nemmeno cosí come abbiamo consigliato, in verità. Ma è meglio, credete.

Meglio, non piú semplice. Bisogna ricordare un’eccezione. Il verbo essere caccia via avere in presenza della particella ci: «Ci sarebbe dovuto essere anche lui». Per il momento non rammentiamo altro, salvo l’eccezione dell’eccezione: avere si rifà largo a gomitate e riprende il suo posto se la particella ci è enclitica: «Avrebbe dovuto esserci anche lui». Si ricorda che questo avviene con tutti i verbi, si pensi alla forma riflessiva: «Mi sono dovuto fermare», non* «Ho dovuto fermarmi».


*Dev’essere un errore per ma.
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