«Riflettere su/a»: sfumatura delle preposizioni

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

Intervieni
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

«Riflettere su/a»: sfumatura delle preposizioni

Intervento di Marco1971 »

I dizionari, alla voce riflettere, o danno solo esempi con ‘su’, o includono un solo esempio con ‘a’, generalmente del tipo rifletti a ciò che ti dico (Treccani), Rifletti bene a ciò che sto per dirti (Gabrielli bivolume).

La scelta della preposizione, come in molti altri casi, mi sembra che voglia sottolineare una particolare sfumatura. Gli esempi che seguono (scusate l’abbondanza, ma per trarre conclusioni è necessario un campionario non troppo limitato) mi porterebbero a credere che con ‘a’ abbiamo un senso che si avvicina a «considerare, rendersi conto», mentre con ‘su’ s’indicherebbe piuttosto il «concentrarsi della mente» su qualcosa al fine d’indagare per trovare una risposta.

Che ne pensate?

Ma possibile, signora Beatrice, che vi lasciate così acciecare dalla gelosia, senza riflettere all’offesa che fate alle persone d’onore, senza considerare al vostro decoro, e senza prima assicurarvi del fondamento? (Goldoni, L’erede fortunata)

Queste tre caterve di studiosi sono per lo più compresi sotto il collettivo titolo di eruditi; ma chi volesse riflettere alla forza delle loro schiene, e alle violenti fatiche che fanno, e alla somma pazienza che hanno, pare a me che potrebbe comprenderli tutti sotto un titolo, se non più decoroso, almeno più assai caratteristico. (Baretti, La frusta letteraria)

...e non potendo quindi non sentire la lor servitù; debbono i ricchi, quando non siano del tutto stolidi, moltissimo riflettere alle conseguenze del pigliar moglie nella tirannide. (Alfieri, Della tirannide)

Così il riflettere alla fugacità del tempo m’invigoriva l’animo. Ma mi ricorsero alla mente il padre, la madre, due fratelli, due sorelle, un’altra famiglia ch’io amava quasi fosse la mia; ed i ragionamenti filosofici nulla più valsero. M’intenerii, e piansi come un fanciullo. (Pellico, Le mie prigioni)

...non ha l’esercizio dello scrivere, nè del pensare a questo fine, nè del mirare a ciò nell’assuefarsi ec. ec. ec. non ha l’abito dell’attendere e del riflettere alle minuzie, ch’è necessario per assuefarsi a porre in opera le altre assuefazioni; non ha l’abito della fatica ec. (Leopardi, Zibaldone)

Per vanità di casta, per premunirsi contro se stesso, egli aveva dato marito alla Solmo, con quel tirannico patto, senza punto riflettere alle sue possibili conseguenze. (Capuana, Il Marchese di Roccaverdina)

La lotta che facevo contro me stesso, per non assumer coscienza di ciò che sentivo per Adriana, m’impediva intanto di riflettere alle conseguenze della mia anormalissima condizione d’esistenza rispetto a questo sentimento. (Pirandello, Il fu Mattia Pascal)

Ecco il vizio comune di quasi tutte le donne. Criticare le azioni altrui e non riflettere sulle proprie. (Goldoni, Il cavaliere e la dama)

Ebbi tempo così di riflettere sulle cose e di studiar il teatro. Scopersi ad un tempo stesso le occulte trame del mio potente rivale, e mi parve alfine che avrei potuto scrivere un libretto senza i difetti del primo. (Da Ponte, Memorie)

Chiunque ami riflettere sulla natura del cuore umano vi rinviene di che pascere le sue osservazioni tanto più utilmente, quanto che i fenomeni interni della nostra natura si dispiegano con maggior forza negli animi di que’ rari individui che sovrastano agli altri per eccellenza di mente e per vigore di passioni. (AA. VV., Il Conciliatore)

2. coll’immensa varietà acciocchè l’uomo stanco o disingannato di un piacere ricorresse all’altro, o anche disingannato di tutti i piaceri fosse distratto e confuso dalla gran varietà delle cose, ed anche non potesse così facilmente stancarsi di un piacere, non avendo troppo tempo di fermarcisi, e di lasciarlo logorare, e dall’altro canto non avesse troppo campo di riflettere sulla incapacità di tutti i piaceri a soddisfarlo. (Leopardi, Zibaldone)

Ed è vero ancora che l’abitudine dell’animo de’ moderni li porta a contenere dentro di se, ed a riflettere sullo spirito, senza punto o quasi punto lasciarla spargere ed operare al di fuori, qualunque più gagliarda impressione e affezione. (Leopardi, ibid.)

Il medesimo eccesso della cura e della contenzion d’animo che quei rari ingegni pongono a conseguire ed esercitare le qualità sociali, cura e contenzione abituale e familiare in essi, e che mai e’ non sanno intermettere o rilasciare; il medesimo eccesso dico, togliendo loro la possibilità della disinvoltura, del riposo d’animo, della facilità, dell’abbandono, della sicurezza, della confidenza in se stessi (che a chi suol riflettere sulle cose, e conoscerne e investigarne e sentirne e pesarne le difficoltà, e a chi sempre mira alla perfezione, e d’altronde sa bene per molte esperienze e sente quanto ella sia difficile, a questi tali, dico, la confidenza in se stessi è impossibile)... (Leopardi, ibid.)

Certi suoi discorsi scherzosi, certi aforismi buttati là senza riflettere sulla importanza relativa delle pratiche religiose e sull’importanza assoluta del vivere onesto l’avevano colpita fin da bambina, anche perché la mamma se ne inquietava moltissimo e supplicava suo fratello di non dire spropositi. (Fogazzaro, Piccolo mondo antico)

In parole meno solenni era un castigo di due mesi di sospensione dall’impiego, durante i quali il nominato Pianelli avrebbe dovuto vivere con qualche economia, vendere qualche superfluità, preparare il baule e riflettere sulla necessità che un regio impiegato abbia in ogni circostanza a conservare un contegno corretto e come si deve. (De Marchi, Demetrio Pianelli)

Entrava, e chiuso col saliscendi interno la porta sconnessa, si trovava subito con Dio e colle ultime rondini dell’anno a riflettere sulla sua vocazione, a meditare sui dolori della terra e sulle immense cose che riempiono il cielo, a pregare per l’anima bisognosa del povero papà. (De Marchi, Arabella)

Gli avvenimenti si erano inseguiti e incalzati con tanta rapidità, che essa non ebbe quasi il tempo di riflettere sulle conseguenze del suo passo. (De Marchi, ibid.)

Ranzelli intanto, rimasto a riflettere sulle ultime parole di Giacinta, si arrabbattava colle dita contro un bottone della divisa che stentava a entrare in un occhiello. (Capuana, Giacinta)

Si rimise a riflettere sul celibato impostogli per una metà dalla sua posizione sempre troppo incerta e per l’altra dall’avarizia dell’egoismo, che lo lusingava di vivere sempre colla medesima forza. (Oriani, Quartetto)

Perché dunque l’Adelaide gli teneva il broncio? Si mise a riflettere sulla natura di lei; benché non vi trovasse a ridire, n’era poco contento. (Oriani, ibid.)

Caterina era poi andata dalla zia Matilde? Questa domanda lo forzava a riflettere sull’orario, secondo il quale la posta distribuiva le lettere, ma si persuase subito che la sua non sarebbe recapitata prima delle nove, all’indomani. Chi era il postino, che faceva servizio per il rione della zia Matilde? (Oriani, Vortice)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
Interventi: 1725
Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25

Intervento di Fausto Raso »

La sua riflessione, cortese Marco, mi pare possa essere condivisibile. Nell'uso comune, però, si è portati ad adoperare la preposizione "su" (riflettere 'su' qualcosa) tanto è vero che i vocabolari Sabatini Coletti e il Gabrielli in rete non fanno menzione della preposizione "a".
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

La ringrazio. In realtà i vocabolari non sempre considerano (o riflettono a ;)) tutte le possibilità. Quelli con piú doviziosa esemplificazione, tuttavia, menzionano la preposizione ‘a’ con un esempio. :) Sarebbe fantascienza se non lo facessero, data la vitalità di questa costruzione in tutta la tradizione letteraria.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Bing [Bot] e 15 ospiti