Lingua italiana, scuola, sviluppo

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Marco1971
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Lingua italiana, scuola, sviluppo

Intervento di Marco1971 »

M’era sfuggito questo.

Credo proprio che «siamo» un caso disperato e che non ci sia via d’uscita... :(
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Non ho ben capito però quale sia la soluzione proposta: affiancare ai corsi di laurea in lingue quelli in linguistica (curioso, solo pochi giorni fa mi è capitato di sentir citare questa possibilità come esempio di spreco, da parte di un illustre accademico)?
Non credo poi che i nuovi regolamenti sulle scuole superiori, riducendo gli orari, privilegino l'italiano, come il documento sembra affermare (purtroppo non ci sono ancora i testi, ma qui si trova un riassunto, che si inserisce in una lunga serie di interessanti articoli sull'argomento nello stesso sito).
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sabrinita85
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Intervento di sabrinita85 »

Quello dell'insegnamento è un argomento dolente.
Il punto è uno: una laurea non sempre attesta anche la capacità di saper insegnare.
In realtà, oggigiorno, una laurea non attesta, in alcuni casi, neanche un livello minimo di cultura accademica, ma tant'è.
Il guaio dell'istruzione italiana è che tuttora si pensa che con una laurea (e magari anche una specializzazione o un dottorato) si è certamente preparati anche per l'insegnamento. Niente di più falso.
Nessuno vuole mettere in dubbio le capacità di un laureato o un dottorato, nessuno crederà che non sia esperto nella sua materia... ma questo può garantire il saper insegnare?
A mio avviso no.

La soluzione?
Seguire i modelli stranieri.
Creare dei corsi di laurea che hanno come base "insegnare ad insegnare".
Per esempio, in Spagna esistono vari corsi di laurea di tre anni (integrabili con altri due anni di specializzazione) chiamati "Maestro: Especialidad ..." in cui la specialità è variabile: va dalla lingua straniera, all'educazione fisica, musicale, infantile, etc.
I laureati di questi corsi saranno persone che oltre ad essere esperti della materia, sapranno anche come insegnarla. Vi pare poco?
In Italia la famosa (?) "scienze della formazione" è un titolo quasi inutile che non è in grado, a mio parere, di fornire una preparazione adeguata per l'istruzione media superiore in cui vengono trattati abbastanza approfonditamente, argomenti che poi verrano ripresentati in ambito universitario.

Se potessi metterci le mani, per quanto riguarda gli insegnanti di italiano e lingue straniere delle superiori, farei sì che questi abbiano sul curriculum accademico tanti esami di linguistica quanti di letteratura, perché è veramente assurdo che nelle scuole venga insegnato che il soggetto è colui che compie l'azione. :?



P.S: Mi scuso se ho scritto frasi e periodi sconnessi...! Deve essere a causa dell'orario! :roll:
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

sabrinita85 ha scritto:Quello dell'insegnamento è un argomento dolente.
Il punto è uno: una laurea non sempre attesta anche la capacità di saper insegnare.
Sí, ma è anche piú corretto dire che la laurea in una qualunque materia, con l'insegnamento della stessa non c'entra proprio nulla.

Quest'ultima dipende da doti, personali o acquisite, che sono indipendenti dal corso di laurea seguito. In alcuni casi il laureato le ha, in altri no, ma non c'entra nulla con il corso fatto.

E se pure è in parte naturale che una passione coltivata fa spesso venire anche la voglia di trasmetterla, è anche vero che non sempre si va all'università per passione.

Spesso poi le conoscenze acquisite all'università sono in effetti inutili quando poi si va a insegnare.

A che serve essere laureati in matematica o fisica, se poi quello che si va a insegnare è esattamente tutto ció che precede? O meglio, in che modo si dovrebbe diventare bravi insegnanti di matematica o fisica (o in genere le altre materie) andando a studiare approfonditamente tutto ciò che poi non si insegnerà?

Poi è naturale che essere esperti nel settore specifico sia una cosa buona, in ispecie se poi si riesce a trasmettere l'interesse nella materia (e la cosa importante alla fine è quella), visto che aiuterà a soddisfare le eventuali curiosità dell'alunno interessato. Ma questo, appunto, dipende da qualità personali e non dalla laurea.

Tanto pe restare sulla stessa materia, la mia professoressa di matematica e di fisica nell'ultimo triennio del liceo non ha quasi mai saputo rispondermi adeguatamente quando avevo qualche curiosità che esulava dal programma scolastico. Ora so, anzi, che in un paio di occasioni mi rispose cose sbagliate. La laurea ce l'aveva, ma la mancanza di reale interesse nella materia aveva fatto sí che dimenticasse la maggior parte di tutte quelle cose studiate all'università, in effetti inutili per il suo lavoro. Del resto, lei stessa ammise di essersi iscritta alla facoltà di matematica per il solo fatto che era la materia che le riusciva meglio al liceo. E di essere poi divenuta insegnante perché era lo sbocco lavorativo piú "naturale" con la laurea conseguita.

Orribile.
Il sonno della ragione genera mostri.
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Federico
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Intervento di Federico »

methao_donor ha scritto:Tanto pe restare sulla stessa materia, la mia professoressa di matematica e di fisica nell'ultimo triennio del liceo non ha quasi mai saputo rispondermi adeguatamente quando avevo qualche curiosità che esulava dal programma scolastico. Ora so, anzi, che in un paio di occasioni mi rispose cose sbagliate. La laurea ce l'aveva, ma la mancanza di reale interesse nella materia aveva fatto sí che dimenticasse la maggior parte di tutte quelle cose studiate all'università, in effetti inutili per il suo lavoro. Del resto, lei stessa ammise di essersi iscritta alla facoltà di matematica per il solo fatto che era la materia che le riusciva meglio al liceo. E di essere poi divenuta insegnante perché era lo sbocco lavorativo piú "naturale" con la laurea conseguita.
Bisogna anche dire che lo studente universitario, anche volendo, non ha grandi possibilità di variare il proprio piano di studio in base ai propri interessi, e i programmi dei corsi di laurea hanno delle forti rigidità dovute anche a ciò per cui tipicamente viene usata la laurea che garantiscono; in altre parole, uno studente di matematica (ma anche uno di fisica) è costretto a studiare certi argomenti che per loro natura o per come insegnati non sono interessanti o utili per un matematico (o un fisico, o chiunque altro), ma sono funzionali all'insegnamento (perché a scuole si insegnano quelle cose, in quel modo)...
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