Ausiliare con verbi servili che reggono infinito pronominale

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Ferdinand Bardamu
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Ausiliare con verbi servili che reggono infinito pronominale

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Buonasera a tutti,

nel rispondere a un nuovo utente in un altro filone, m'è venuto un dubbio. Serianni dice che, con i verbi servili che reggono un infinito pronominale, se il pronome atono è enclitico, l'ausiliare può essere sia essere che avere.
Luca Serianni, Italiano, Garzanti, VII.74 ha scritto:Nei tempi composti l'ausiliare è quello dell'infinito quando il pronome atono è anteposto al verbo reggente («non ci sono potuto entrare», perché si dice «sono entrato»), può essere quello richiesto dal verbo servile quando il pronome è enclitico («non ho potuto entrarci», come si dice «ho potuto» assolutamente; ma è altrettanto corretto: «non sono potuto entrarci»).
Serianni usa un esempio in cui la particella atona, a quanto mi sembra, è un avverbio locativo («non sono potuto entrarci» = «non sono potuto entrare lí»). Mi chiedo però se lo stesso valga per i verbi riflessivi diretti. Es. «Mi sono potuto lavare» può essere reso anche come «sono potuto lavarmi»?

Chiedo scusa dell'ingenuità della domanda e vi ringrazio in anticipo per le vostre risposte.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non ci sono domande o dubbi ingenui (almeno per me). In realtà, lei ha analizzato perfettamente la situazione parlando dell’esempio di Serianni col ‘ci’ locativo (ma anche questo appare assai marginale). Una frase come Sono potuto lavarmi mi sembra agrammaticale, ma farò le debite ricerche piú tardi. Intanto riporto quanto dice la GGIC (vol. I, p. 575):

Si noti che se il clitico non è spostato, solo l’ausiliare avere è possibile:

(294 a) Ieri non ho potuto venirci.
(294 b) *Ieri non sono potuto venirci.
(295 a) Non ho dovuto piú andarci.
(295 b) *Non sono dovuto piú andarci.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ecco, semplicissimamente, dalla Grammatica italiana di Maurizio Dàrdano e Pietro Trifone (Bologna, Zanichelli, 1989, 7.7.5):

Se il riflessivo è accompagnato da un verbo servile, si ha l’ausiliare essere quando la particella pronominale è proclitica (si è voluto lavare), l’ausiliare avere quando è enclitica (ha voluto lavarsi).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

La posizione di Serianni mi stupisce, e non poco. Se non ricordo male il Gabrielli è sulla stessa "lunghezza d'onda" della GGIC.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Marco1971 ha scritto:Ecco, semplicissimamente, dalla Grammatica italiana di Maurizio Dàrdano e Pietro Trifone (Bologna, Zanichelli, 1989, 7.7.5):

Se il riflessivo è accompagnato da un verbo servile, si ha l’ausiliare essere quando la particella pronominale è proclitica (si è voluto lavare), l’ausiliare avere quando è enclitica (ha voluto lavarsi).
Grazie, come sempre. :)

Questa formulazione è di gran lunga piú chiara di quella di Serianni, per il resto sempre molto perspicuo.

L'esempio della GGIC che lei cita piú sopra sembra contrastare con l'esempio di Serianni. «Sono potuto entrarci» è agrammaticale allo stesso modo di «sono potuto lavarmi»?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per me, sí, è agrammaticale e mi stupisco anch’io che Serianni lo reputi corretto. Ho appena fatto una ricerca nella LIZ[a] e non vi sono esempi di questo costrutto.

Solo uno, che cito a memoria, di Nievo (ma è il caso del ‘si’ impersonale): non si è potuto trattenerla.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ho aggiunto al mio intervento nel fòro «Guida all'uso» un collegamento a questa discussione.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Aggiungo ancora la Sintassi italiana del Fornaciari, grammatica dell’Ottocento, che conferma.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Sarebbe interessante conoscere il parere "diretto" di Serianni. Conoscere il motivo per cui ritiene corretto il costrutto *non sono potuto entrarci. Questa "sgrammaticatura" di un accademico della Crusca mi lascia di stucco.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Nella stessa grammatica Serianni scrive anche:
Serianni, XI.33a ha scritto:I verbi pronominali all'infinito retti da un verbo servile o fraseologico richiedono essere se il pronome atono precede i due verbi ("si è dovuto accorgere"), avere se il pronome è enclitico ("ha dovuto accorgersi" [...]).
Si può dunque ipotizzare che ritenga dell'ausiliare (con pronome enclitico) essere ammissibile coi verbi non pronominali e scorretto con quelli pronominali?
Ultima modifica di PersOnLine in data ven, 29 ott 2010 12:27, modificato 1 volta in totale.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ferdinand Bardamu ha scritto: L'esempio della GGIC che lei cita piú sopra sembra contrastare con l'esempio di Serianni. «Sono potuto entrarci» è agrammaticale allo stesso modo di «sono potuto lavarmi»?
Definire agrammaticale "sono potuto entrarci" mi sembra eccessivo; si tratta di un esempio certamente non paragonabile a "sono potuto lavarmi" questo sì veramente agrammaticale.
Ancor più mi ha stupito che la definizione venisse dalla GGIC, una grammatica che dovrebbe graduare le diverse tensioni a cui vengono sottoposte le strutture linguistiche.
Mi sembrerebbe più opportuno marcare le frasi riportate dalla GGIC con un semplice punto interrogativo, definendole leggermente anomale: il che ridurrebbe anche il divario rispetto alla piena accettabilità riportata dalla grammatica del Serianni. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Bene, allora forse possiamo tirare le fila della discussione. Per i verbi riflessivi vale questa regola:
Se il riflessivo è accompagnato da un verbo servile, si ha l’ausiliare essere quando la particella pronominale è proclitica (si è voluto lavare), l’ausiliare avere quando è enclitica (ha voluto lavarsi).
Per i verbi accompagnati da un locativo e retti da un verbo servile si ha quest'altra: si usa l'ausiliare essere quando l'avverbio locativo atono è proclitico; essere o avere quando è enclitico.

Vado un po' brancicando, perciò, se ho scritto inesattezze, correggetemi senza indugio.
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non c’è accordo fra i linguisti; si veda qui (purtroppo si visualizza solo parzialmente).

Dobbiamo riconsiderare la questione alla luce di un altro passo della stessa GGIC (vol. II, p. 517-518):

Se troviamo i clitici accanto al verbo reggente, avremo obbligatoriamente cambio dell’ausiliare:

(208 a) Ci sono voluto andare.
(208 b) *Ci ho voluto andare.

Ma il cambio dell’ausiliare è facoltativamente possibile anche se i clitici sono dopo l’infinito:

(209 a) Ha voluto andarci.
(209 b) È voluto andarci.

Singoli verbi presentano un comportamento particolare rispetto al cambio dell’ausiliare. Con sapere come verbo reggente abbiamo il cambio solo se un clitico si trova accanto all’ausiliare:

(210 a) Ho/*Sono saputo andare a casa da solo.
(210 b) Ci sono saputo andare da solo.

Cfr. per contro:

(211) Ho/Sono voluto andare a casa da solo.

Se l’infinito è il verbo essere, l’ausiliare è sempre avere quando non è accompagnato da clitici:

(212) Non ho mai voluto essere infelice.

Quando abbiamo dei clitici accanto al verbo reggente, l’ausiliare è avere se l’infinito essere è l’ausiliare del passivo:

(213) Mio zio gli ha voluto essere presentato.

Se invece l’infinito essere non è ausiliare, sia essere che avere sono poco accettabili come ausiliari del verbo reggente:

(214) ??Mario gli avrebbe/sarebbe voluto essere grato.

In tal caso si preferirà la variante non ristrutturata:

(215) Mario avrebbe voluto essergli grato.


A ogni modo, quando abbiamo la scelta fra due opzioni, sarà meglio propendere per quella meno forzata.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Il GGIC mi pare incoerente: in un passo definisce agrammaticale:

(295 b) *Non sono dovuto più andarci

in un altro no:

(209 b) È voluto andarci

come si spiega?
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

È semplice: la GGIC (Grande Grammatica Italiana di Consultazione) è il frutto della collaborazione di diversi linguisti, e ho mostrato sopra che non tutti concordano sul grado di accettabilità del costrutto in esame. Per la precisione, il primo brano che ho citato è di Patrizia Cordin e Andrea Calabrese; il secondo, di Gunver Skytte, Giampaolo Salvi e M. Rita Manzini.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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