«Cara Italia, come scrivi male», L'Avvenire, 18 marzo 2011

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Ferdinand Bardamu
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«Cara Italia, come scrivi male», L'Avvenire, 18 marzo 2011

Intervento di Ferdinand Bardamu »

La letteratura è ancora in grado di fornire modello stilistici? Chi legge gli autori contemporanei, insomma, può imparare a scrivere bene? Un articolo dell'Avvenire mette in discussione lo stile degli scrittori dei nostri tempi.

Evidenzio un passo per me fondamentale della tesi di Gianluca Colella:
Se la letteratura, che viene solitamente intesa come forma di comunicazione alta, propone una lingua scadente, la conseguenza è che non esiste più un modello stilistico a cui ispirarsi. Così si scivola verso la volgarità gratuita. Lo si vede nei mezzi di comunicazione di massa. Anche se un certo giornalismo può essere indicato come modello per i giovani[.]
Quanto alla seguente citazione, se, da un lato, sono del tutto d'accordo con la sua censura dell'antilingua burocratica, dall'altro non capisco la sua critica a «Buongiorno» e «Buonasera» in esordio d'un messaggio di posta elettronica:
Se chiedo loro cosa hanno fatto nella giornata, non scrivono "sono andato", ma "mi sono recato". Una forma inutilmente burocratica. Allo stesso modo si registra un uso massiccio del verbo "effettuare", al di fuori del suo significato effettivo, invece del più semplice e polivalente "fare". C’è chi usa "promulgare" invece di "diffondere". Si fa un uso frequente di "ubicare" e via dicendo. Spesso, poi, mostrano di avere scarsa padronanza con la lingua scritta anche nelle cose elementari. Ti mandano una e-mail ed esordiscono con "buongiorno" o "buonasera"... Oppure chiudono con un "arrivederci". Non sanno distinguere fra lingua scritta e lingua parlata
Sebbene si tratti, come dice, di lingua scritta, e perciò sarebbe piú adatto un «Gentile signor/signora» e simili, tenendo presente che spesso la posta elettronica si legge quotidianamente e anche piú volte al giorno, «Buongiorno» o «Buonasera» non sfigurano.

C'è poi il fattore diamesico: siamo sicuri che, ceteris paribus, la posta elettronica richieda lo stesso grado di formalità di una lettera intestata?


P.S. In chiusa, sottolineo alcuni orrori nel testo dell'intervista: «bit generation» per «beat generation» (a quanto mi risulta, non ci sono nativi digitali – esponenti della generazione dei «bit» – che abbiano avviato movimenti letterari); «buon studio» per «buono studio» (ci dobbiamo rassegnare a questo sfondone, come dice Paolo D'Achille?).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non c’è dubbio che buon studio sia errato: non lo trovo giustificato neanche nell’appena ricevuta Grammatica di riferimento dell’italiano contemporaneo di Giuseppe Patota (2006).

Per quanto riguarda Buongiorno/buonasera in un messaggio di posta elettronica, per me c’è da valutare la formalità della situazione (non credo che sia per forza meno formale una lettera solo perché inviata elettronicamente).

Sul fatto che l’odierna letteratura, in genere, sia pattume, penso che siamo in molti a essere d’accordo. Per me, una lingua tersa si trova ormai solo presso qualche giornalista.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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