Proposta di legge di iniziativa popolare

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Moderatore: Cruscanti

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Modna
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risposte ;)

Intervento di Modna »

A Luca 86: nemmeno io penso sia stato respinto, piuttosto "perso" o "dimenticato" nei meandri politici di governi che sembrano muoversi solo quando obbligati dall'UE o quando possono raccogliere voti e consenso. Sono pienamente d'accordo con lei sulla positività dell'approdo della questione alle camere. ;)
Al tempo stesso mi preoccupa che vi stazioni da molti, troppi anni, senza trovare una evoluzione concreta: il primo DDL per l'istituzione del Consiglio superiore della lingua italiana era già stato comunicato alla Presidenza del Senato il 21 dicembre 2001, e ben dieci anni dopo nessuna legge è stata promulgata...di questo passo, campa cavallo... :(

A Infarinato: pienamente d'accordo. Per parare le stoccate ed evitare accuse (ridicole, a mio parere) di pseudo-fascismo è necessario "inserire" la questione linguistica in una panoramica più ampia, che mostri il collegamento tra la lingua e importanti diritti costituzionali tra i quali, da lei giustamente citato, il «principio di comprensibilità». Nella voce della Legge Toubon sopra citata troverete la Proposta di legge di Philippe Marini, che mostra un caso di sanzione ai danni General Electric basata proprio su motivazioni riconducibili all'analogo principio francese. L'approccio da lei proposto mi piace molto. :D

A Marco: davvero? Come mai? Le confesso che non pensavo: l'espressione è molto usata dalle mie parti, non mi ero mai interrogato sulla sua correttezza. :)

A tutti: non mettiamo il carro davanti ai buoi. Credo che ciò che dice u merlu rucà sia ben fondato, tuttavia potremmo cercare di ottenere l'appoggio multipartitico dell'Onorevole Frassinetti e altri, proprio per cercare evitare il dimenticatoio. Non mi pare il caso di disperare fin da ora. ;)
Nota: purtroppo, la legge francese si regge su un principio costituzionale ben più forte dei nostri (attualmente disponibili).
La legge Toubon poggia su una disposizione introdotta nel 1992 nella Costituzione francese: «La lingua della Repubblica è il francese» (articolo 2). In questo modo, la legge riconosce al cittadino francese il diritto a esprimersi e ricevere in francese tutte le informazioni relative alla presentazione dei prodotti, i modi d'uso e le garanzie. L'atto normativo genera pertanto l'obbligo a redigere i testi corrispondenti in lingua francese.
Credo dovremmo lavorare anche su questo aspetto.
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Intervento di PersOnLine »

Nella formulazione della proposta temo si debba prestare attenzione a non contrastare con l'art. 6 della Costituzione sulla tutela delle minoranze linguistiche (per fortuna nessuna inglese).
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Marco1971
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Re: risposte ;)

Intervento di Marco1971 »

Modna ha scritto:A Marco: davvero? Come mai? Le confesso che non pensavo: l'espressione è molto usata dalle mie parti, non mi ero mai interrogato sulla sua correttezza. :)
Fuori tema, mi permetto di segnalarle questo filone. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sono ovviamente d’accordo con l’idea di comprensibilità, ma mi domando fino a che punto questo concetto regga: una volta accolto e diffuso il forestierismo, tutti sanno cosa vuol dire e con ciò non si risolve la questione dell’inquinamento linguistico... :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

La lingua della Repubblica è il francese, l'italiano, lo spagnolo. Domanda che sembra stupida ma non lo è: quale autorità stabilisce cosa sia il francese, l'italiano, lo spagnolo? Anche perché, garantito al limone, in Italia prima o poi si arriverebbe al contenzioso. Faccio un esempio stupido. Una struttura pubblica per anziani, con sede a Roma, bandisce una gara di appalto per l'acquisto di mille 'pedalini', in pratica di mille calze. Io sono il titolare di un'azienda produttrice che ha sede in una zona dove si usa comunemente calze o calzerotti e non conosco il termine 'pedalino', quindi non partecipo. In seguito scopro che pedalini equivale a calze e faccio ricorso perché non è stato usato il termine calze. Altro esempio. Dalle mie parti, in atti ufficiali (in particolare delibere comunali), spesso viene usato il termine ritano, che corrisponde più o meno all'italiano rio/ruscello. Un romano che venisse ad abitare nella mia zona, avrebbe dei problemi a capire di che si tratta. E si potrebbe continuare all'infinito.
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Intervento di Infarinato »

PersOnLine ha scritto:Nella formulazione della proposta temo si debba prestare attenzione a non contrastare con l'art. 6 della Costituzione sulla tutela delle minoranze linguistiche (per fortuna nessuna inglese).
Mi scusi, caro PersOnLine, ma il suo timore mi sembra infondato: non contrastare con l’art. 6 della Costituzione vuole semplicemente dire che in alcune regioni/aree bisognerà eventualmente affiancare alla comunicazione in italiano la sua traduzione nella lingua/lingue minoritaria/e, non certo che si debba infarcire il testo italiano di forestierismi [incomprensibili alla maggior parte degl’italofoni]! ;)
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Intervento di Infarinato »

Marco1971 ha scritto:Sono ovviamente d’accordo con l’idea di comprensibilità, ma mi domando fino a che punto questo concetto regga: una volta accolto e diffuso il forestierismo, tutti sanno cosa vuol dire e con ciò non si risolve la questione dell’inquinamento linguistico... :roll:
Il problema dell’insistere [in àmbito legislativo] sull’«inquinamento linguistico», quand’anche ben motivabile sul piano strutturale, è che si presterebbe troppo facilmente a strumentalizzazioni ideologiche.

Il principio di comprensibilità, pur non potendo intervenire su quelli esistenti, perlomeno arginerebbe l’afflusso di nuovi xenismi: un forestierismo «nuovo» (o comunque fin qui confinato a una ristretta cerchia di specialisti) è per definizione meno comprensibile del suo equivalente italiano, sia questo già nell’uso o frutto d’una [trasparente] neoformazione, etc…
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Infarinato ha scritto:Il principio di comprensibilità, pur non potendo intervenire su quelli esistenti, perlomeno arginerebbe l’afflusso di nuovi xenismi: un forestierismo «nuovo» (o comunque fin qui confinato a una ristretta cerchia di specialisti) è per definizione meno comprensibile del suo equivalente italiano, sia questo già nell’uso o frutto d’una [trasparente] neoformazione, etc…
È vero, ma forse solo in parte. È una cosa di cui mi sono reso conto di recente. Prendiamo un esempio semplice. Il tedesco Transferunion tradotto in unione di trasferimento. Si capisce unione e trasferimento, ma chi sa cosa significa esattamente?

Le parole sono etichette, e la comprensione di esse – indipendentemente dalla loro forma – è garantita dalla sola diffusione del termine, specie mediatica. È questo il mio umile parere.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Infarinato »

Ne convengo, caro Marco, ma qui stiamo parlando —mi sembra— di «Pubblica Amministrazione»: le polirematiche esistono in ogni àmbito, ma il linguaggio della Pubblica Amministrazione dovrebbe essere —credo— il piú semplice possibile (sul modello del Plain English britannico, per intenderci).

Se i tecnicismi (stranieri o no che siano, adattati o no che siano) sono troppi o troppo oscuri, la comunicazione è compromessa in partenza.

Torniamo a un esempio piú terra terra (ma forse piú pertinente): sportello/centro assistenza [clienti] sarà piú [immediatamente] comprensibile per l’italofono [medio] d’un ridicolo [in italiano] help desk? :D
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Intervento di Modna »

Caro Marco, grazie della segnalazione. Leggerò il filone con cura. :)

Sono d'accordo sia con lei che con Infarinato, PersOnline; le dirò di più, io modificherei in tal senso proprio l'articolo 6 (libera rielaborazione-esempio): «La lingua della Repubblica è l'italiano. La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.». In questo modo i due principi sarebbero chiari e sanciti con pari dignità.

Condivido il dubbio di Marco, concordo però con Infarinato che, data la tendenza linguistica, ottenere la forte limitazione di nuovi xenismi sarebbe già un successo importante, soprattutto in prospettiva. :D
Come lei, Marco, condivido l'equazione parola=etichetta e la proporzione comprensione diffusione (mi passi i parallelismi matematici), per questo ritengo decisivo il ruolo propulsivo dell'Amministrazione pubblica nella diffusione della "etichetta italiana" in concorrenza al forestierismo. Se una traduzione esatta dello stesso non esistesse in italiano si potrebbe esprimere il "nuovo" concetto usando termini italiani simili, di cui si amplierebbe la portata semantica per includere lo stesso. L'uso, propugnato dalle amministrazioni pubbliche, lavorerebbe a favore del suo accoglimento. ;)

Rispondendo a u merlu rucà: la domanda è pertinente e per nulla stupida. In Francia e in Spagna esistono l'Accademia Francese e la Reale Accademia Spagnola che si occupano di definire cosa rientri o meno nelle rispettive lingue nazionali. Da notare che i pareri non sono mai vincolanti per i singoli cittadini -né dovranno mai esserlo, altrimenti sì si potrebbe parlare di fascismo linguistico- quanto delle indicazioni autorevoli a cui si conformano lo stato e le pubbliche amministrazioni.
In questo modo ai singoli è lasciata la libertà (sacrosanta) di scelta, ma la pressione linguistica esercitata dalle PA si contrappone a quella mediatica dei pubblicitari e delle aziende linguisticamente esterofile. Chi sostiene che la lingua si tutela da sé, a mio modesto parere, non considera che non intervenire significa lasciare agire incontrastata la seconda delle "forze linguistiche" di cui sopra, con i risultati che vediamo tutti. La litigiosità italiana è, purtroppo, problema noto ed endemico: con questa impostazione, tuttavia, le PA si metterebbero al riparo da eventuali ricorsi, specificando che seguono le indicazioni dell'equivalente istituto linguistico italiano designato (le PA locali che non si adeguino, quello sì, affronterebbero una eventuale contestabilità degli atti).
Se poi qualcuno volesse fare causa a quest'ultimo, gli si potrebbe scherzosamente suggerire di agire legalmente contro Dante stesso. Va bene il garantismo e la tutela dei diritti, ma non esageriamo. :D
Ultima modifica di Modna in data mar, 06 set 2011 19:38, modificato 1 volta in totale.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Non ricordo se sia mai stato riportato:

http://www.ittig.cnr.it/Ricerca/Testi/M ... mm2010.pdf
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Carnby
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Intervento di Carnby »

u merlu rucà ha scritto:Non ricordo se sia mai stato riportato:

http://www.ittig.cnr.it/Ricerca/Testi/M ... mm2010.pdf
Ho dato un'occhiata e ho subito trovato un errore (p. 34):
Le unità di misura e monetarie si scrivono per esteso: solo all’interno di tabelle, elenchi o simili è ammesso l’uso di simboli convenzionali o abbreviazioni che vanno anteposte alle cifre.
Le unità di misura, secondo il SI, vanno sempre posposte alle cifre e mai anteposte! Inoltre si scrivono sempre col simbolo se precedute da una valore numerico.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E se tornassimo agli aspetti pratici? Nessuno ha ancora proposto concretamente un testo per sostituire il mio abbozzo e nessuno ha risposto sulle modalità per la raccolta delle firme. Ne devo desumere che s’è già perso ogni interesse e entusiasmo? :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Marco1971 ha scritto:E se tornassimo agli aspetti pratici?
Questo è quello che sono riuscito a trovare. E' (perdonatemi) deprimente che in Rete non si riesca a trovare di più e di più ufficiale su un istituto così importante per la democrazia diretta.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie, PersOnLine. :) Io dunque non me ne posso occupare, vivendo all’estero. Posso solo contribuire alla stesura del testo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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