Pistoia e Alto Reno «longobardi»?

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Carnby
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Pistoia e Alto Reno «longobardi»?

Intervento di Carnby »

È una storia vecchia (lo stesso Biasutti riscontrò nella pianura pistoiese tracce di «biondismo associato a dolicocefalia», il che per la scuola antropologica della prima parte del secolo scorso era sintomo di «razza nordica») e la «longobardità/germanicità» di quelle zone viene ribadita in questo sito vecchiotto che forse alcuni di voi già conoscono. Non è un sito «linguistico» (e si nota) e a me pare che molte delle forme «pistoiesi» e «altorenane» che vengono citate siano, in realtà, comuni a gran parte della Toscana e alcune diffuse anche in altre parti d'Italia. Che ne pensate?
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

C'è molto materiale. Anch'io ho notato che molti termini 'longobardi' non sono caratteristici ed unici di quella zona. Può darsi che vi fosse uno stanziamento germanico consistente ma ritenere che l'Alta Val Reno e il Pistoiese fossero originariamente longobardi, mi sembra eccessivo.
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caixine
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Intervento di caixine »

Mi pare che anche il cognome Alighieri, di Dante, dovrebbe essere di origine germanica come pure il cognome Garibaldi.
Anche il mio "Pento" dovrebbe essere dell'alta Germania, forse Sassone.
Pensate che il periodo germanico è durato più di quello romano: per esempio nella mia terra veneta il periodo romano è durato poco più di seicento anni (dal 181 a.C. al 476 d.C.) e quello germanico oltre novecento anni (dal 476 d.C. ai primi anni del 1400 quando le città venete si diedero a Venezia) a parte la Venezia lagunare che è stata bizantina e poi "veneta europea e mediterranea".
Per quanto concerne le migrazioni germaniche a partire dalla fine dell'impero romano e dall'inizio degli stati germanici o a guida germanica, queste furono rilevantissime e credo che in termini numerici superarono di gran lunga le migrazioni dei romani e dei latini in area italica.
In epoca longobarda Verona fu la prima capitale dell'Austria, come Pavia fu capitale della Neustria.
A Treviso è nato l'ultimo grande re goto (ostrogoto), Totila.
Nella mia terra veneta le chiesette, i castelli, i casali, le masserie e le corti longobarde, francocarolinge, germaniche sono presenti e diffuse a miliaia.
I cognomi di origine germanica sono centinaia e miliaia i toponimi.
Anche le parole germaniche entrate nel lessico veneto e italico sono migliaia.
Sino a tutto il XIV secolo nelle chiese dell'alto vicentino a celebrare messa vi erano sacerdoti di origine e lingua germanica.
Ultima modifica di caixine in data dom, 14 ott 2012 19:15, modificato 1 volta in totale.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
Alberto Pento
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igrino
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Intervento di igrino »

Salve Caixine,
Il periodo storico a cavallo della caduta dell'impero romano mi ha sempre incuriosito: nei libri che ho letto non ho mai trovato indicazioni precise sul numero di persone coinvolte nelle migrazioni germaniche.
Lei però scrive "Per quanto concerne le migrazioni germaniche a partire dalla fine dell'impero romano e dall'inizio degli stati germanici o a guida germanica, queste furono rilevantissime e credo che in termini numerici superarono di gran lunga le migrazioni dei romani e dei latini in area italica."
Mi sa per caso indicare delle stime numeriche? Cioè a che percentuale corrispondevano gli abitanti di origine germanica sul totale della popolazione dell'Italia?
Grazie!
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caixine
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Intervento di caixine »

Salve Igrino

credo che di indicazioni precise sia difficile averne e darne, non ho ancora trovato degli studi approfonditi a riguardo, però qualche dato per cominciare esiste, la prendo larga e premetto che mi sono concentrato di più su l'area veneta che è quella che mi sta più a cuore, perché è la mia terra:

Immagine
http://imageshack.us/a/img40/3148/conpg ... olater.jpg



http://www.sandrodiremigio.com/scienze/ ... azione.htm


L’esplosione demografica nel neolitico
di Armando Boccone
http://www.antrocom.it/index.php?name=M ... =3375#3375


http://www.parcomontale.it/terramare.shtml

I villaggi erano molto frequenti e tutta l’area comprendente la pianura emiliana e le zone di bassa pianura delle province di Cremona, Mantova e Verona era densamente abitata il numero complessivo degli abitanti era molto alto per quel tempo, poteva aggirarsi fra 150.000 e 200.000.

Immagine
http://img694.imageshack.us/img694/7692/2akbmv7.jpg

Immagine
http://imageshack.us/a/img4/7674/copiad ... pxrejo.jpg



La popolazione in area italica:

http://www.storia.unibo.it/italia/italia.htm
...
Per la verità sulle cifre assolute degli abitanti dell'Italia nei primi secoli dell'impero la valutazioni sono molto discordanti, andando da un minimo di 6 o 7 milioni ad un massimo di 14 milioni.

Il dato di partenza è offerto da un discusso passaggio delle Res Gestae divi Augusti,

http://it.wikipedia.org/wiki/Res_Gestae_Divi_Augusti

il celeberrimo resoconto delle imprese di Augusto redatto dallo stesso imperatore poco prima della sua morte e a noi noto principalmente da un'iscrizione proveniente dal tempio di Roma e Augusto ad Ancyra, la moderna Ankara.

L'iscrizione di Ancyra riportava sia il testo latino sia la traduzione in greco; trascriviamo qui il passaggio concernente il censimento degli abitanti dell'Italia nella sola versione latina, anche se in alcuni passaggi si è potuto stabilire il testo unicamente grazie alla versione greca:

Testo 14 - Res Gestae divi Augusti, 8: le cifre dei censimenti di età augustea
Lustrum post annum alterum et quadrangensimum fec. Quo lustro civium Romanorum censa sunt capita quadragiens centum milia et sexaginta tria millia. Tum i[teru]m consulari cum imperio lustrum [s]olus feci C(aio) Censorin[o et C(aio)] Asinio co(n)s(ulibus), quo lustro censa sunt civium Romanoru[m capita] quadragiens centum millia et ducenta triginta tria m[illia. Et] t[er]tium consulari cum imperio lustrum conlega Tib(erio) Cae[sare filio meo feci] Sex(to) Pompeio et Sex Appuleio co(n)s(ulibus); quo lustro ce[nsa sunt civium Ro]manorum capitum quadragiens centum mill[ia et nongenta tr]iginta et septem millia.
[Testo tratto dall'edizione a cura di H. Malcovati, Imperatoris Caesaris Augusti Operum fragmenta, Torino 19472]

Celebrai il lustrum dopo 42 anni (28 a.C.).

In occasione di quel lustrum vennero censiti 4.063.000 cittadini romani.
E per una seconda volta celebrai, da solo e dotato di poteri consolari, il lustrum, sotto il consolato di Caio Censorino e di Caio Asinio (8 a.C.), in occasione del quale vennero censiti 4.233.000 cittadini romani.

E per una una terza volta, dotato di poteri consolari e avendo come collega mio figlio Tiberio Cesare, celebrai il lustrum, sotto il consolato di Sesto Pompeo e di Sesto Appuleio (14 d.C.); in occasione di quel lustrum vennero censiti 4.937.000 cittadini romani.

L'imperatore ricorda dunque di aver compiuto il censimento dei cittadini romani in tre occasioni (il riferimento è propriamente al lustrum, il sacrificio di purificazione che chiudeva le operazioni di censimento; poiché il censimento avveniva di regola ogni cinque anni, il termine "lustro" in italiano ha assunto il significato, appunto, di quinquennio), dopo una lunga interruzione: l'ultimo censimento dell'età repubblicana risaliva infatti agli anni 70-69 a.C.

Il dibattito si è concentrato sul significato da dare all'espressione civium capita: in età repubblicana certamente designava solamente i maschi adulti in possesso della cittadinanza romana, ma Julius Beloch, lo studioso tedesco che ha segnato una tappa fondamentale nello studio della demografia antica, riteneva che l'espressione avesse mutato di senso in età imperiale: in effetti, a parere del Beloch, non si poteva giustificare altrimenti l'enorme aumento nel numero dei cittadini romani rispetto al censimento del 70-69 a.C.

Riguardo a quest'ultimo censimento abbiamo due testimonianze: la prima ci viene dall'Epitome dell'Ab urbe condita di Tito Livio, un riassunto assai stringato della grande opera liviana, compilato forse nel IV d.C.: nell'Epitome del libro 98, 3 si ricorda che vennero censiti 900.000 cittadini romani; leggermente discordante il dato riferito da Flegonte di Tralles, autore di età adrianea, che scrive di 910.000 cittadini (l'opera di Flegonte ci è conservata solo in citazioni di autori posteriori, dunque in frammenti; il passo che ci interessa è nel frammento 12, 6, che si consulterà nella monumentale opera di F. Jacoby, Die Fragmente der griechischer Historiker, II B, Leiden 1962, p. 1165).

Sia che si accolga il dato dell'epitome liviana, sia che si accordi preferenza a quello di Flegonte, in ogni caso il totale dei cittadini censito nel 70-69 a.C. è di circa quattro volte inferiore rispetto a quello del 28 a.C. Il Beloch ritenne dunque che l'espressione civium capita nelle Res Gestae designasse tutti i cittadini romani, compresi dunque le donne e i bambini.

La posizione del Beloch, ripresa recentemente da un altro autorevole esperto di problemi demografici dell'Italia antica, il Brunt, portava a concludere che il totale complessivo della popolazione dell'Italia romana in età augustea non doveva superare i 6 o 7 milioni: alle cifre dei censimenti sarebbero infatti da aggiungere gli schiavi, certamente molto numerosi, ma da sottrarre i cives romani residenti nelle province, che il Brunt valuta tra 1.200.000 e 1.800.000 in età augustea.

Contro le interpretazioni di Beloch e Brunt, altri studiosi, come Tenney Frank e Arnold Jones, hanno rilevato che il forte aumento delle cifre dei censimenti tra il 70-69 a.C. e l'età augustea poteva essere giustificato in larga misura dall'estendersi della cittadinanza romana negli ultimi decenni dell'età repubblicana (ricordiamo infatti che nel 49 a.C. Cesare aveva concesso i pieni diritti agli abitanti della popolosa Transpadana), dall'altro alla decentralizzazione e al significativo miglioramento delle operazioni di censimento in età augustea, che avrebbe ridotto ad una proporzione trascurabile il numero dei non censiti, molto alto in occasione degli ultimi rilevamenti di età repubblicana, quando ancora per essere registrati occorreva recarsi a Roma.

Queste argomentazioni sono state recentemente riprese da Elio Lo Cascio, che da parte sua ha rilevato l'implausibilità di uno stravolgimento delle operazioni di censimento da parte di Augusto, un rivoluzionario che amava presentarsi come un tradizionalista. Per Lo Cascio dunque la cifra dei civium capita dei censimenti di Augusto non può che riferirsi, come in età repubblicana, ai soli maschi adulti: valutando che questi rappresentassero circa il 30% della popolazione totale e tenuto conto dei cives romani che abitavano nelle province,
Lo Cascio ha concluso che in età augustea la popolazione libera dell'Italia doveva presumbilmente avvicinarsi ai 12 milioni di abitanti, il che ci porterebbe ad una densità vicina ai 50 abitanti per kmq., tenendo conto che la superficie dell'Italia romana era minore rispetto a quella della nostra nazione e doveva aggirarsi intorno ai 240.000 kmq.

Il confronto tra queste cifre e quelle relative agli ultimi dati sulla popolazione dell'Italia diffusi dall'ISTAT, relativi al 1997 (al 31 dicembre di quell'anno il nostro paese aveva circa 57.500.000 abitanti, distribuiti su una superficie di 301.401 kmq., per una densità di circa 190 abitanti per kmq.) sarebbe ingannevole: le cifre assolute e la struttura della popolazione dell'Italia di oggi sono il risultato di una rivoluzione demografica relativamente recente, dovuta al forte aumento dell'età media di vita e al drastico calo della mortalità infantile.

I dati dell'Italia romana andrebbero piuttosto confrontati con quelli di altre regioni del mondo antico, riguardo alle quali, purtroppo lo stato delle nostre conoscenze è ancora più frammentario è incerto. L'impressione è che l'Italia fosse un paese densamente abitato, sia nel confronto con le altre regioni del Mediterraneo, sia in rapporto ai paesi dell'Europa centrale e settentrionale.

Le datazioni, per semplificazione, sono arrotondate all’ingrosso; la carta è puramente indicativa e serve per farsi un quadro, alla bona, dell’insieme culturo-etno-storego-jeografego.



Sti dati ne vien confermà anca da Strabon e da Pseudo Scymno (geografo greco forse vissuto nel III/II secolo a.C., autore, come Scilace, di un portolano/periegesi sulla navigazione antica).
Do, tri secułi in vanti i veneti podea metare in pie n’exerçito de 120.000 soldà (a scoltar n’aotor/scritor de kei ani, Strabone) prasiò ghe doea esarghe/saerghe almanco 6/800.000 omani/abitanti, s-ciavi conprexi; parte de sti soldà i podea esar merçenari de l'ara balcana, jermana, balta e çelta.
Inte l'ara venetiana, a dita de Pseudo Scymno ghe jera, inte ła parte interna del golfo veneto, almanco 50 viłaj (çità) dei Eneti, co almanco 1.500.000 omani, ke lu ciàma barbari.

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http://img190.imageshack.us/img190/1263/352qkxw.jpg

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http://archeologiamedievale.unisi.it/me ... inario/274

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http://img705.imageshack.us/img705/1360 ... asionn.jpg


Da l’arkeo-andropologo Peter S. Welles de l’Ogneversetà del Minexota:

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http://imageshack.us/a/img440/4759/2jg3trk.jpg

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http://imageshack.us/a/img803/6522/2ugo0t5.jpg


El nomaro de li germani ente li ani de Julio Cexare
http://www.resistenze.org/sito/ma/di/ce/mdce5n29h.htm
Engels: L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato

VIII. La formazione dello Stato presso i Tedeschi

I Tedeschi erano, secondo Tacito, un popolo molto numeroso. Un’idea approssimativa della forza dei singoli popoli tedeschi la troviamo in Cesare, che fa ammontare a 180.000, donne e bambini inclusi, il numero degli Usipeti e dei Tencteri apparsi sulla riva sinistra del Reno. Dunque circa 100.000 persone per un singolo popolo : un numero già notevolmente maggiore, per esempio, della totalità degli Irochesi nel periodo del loro fiorire, quando, in meno di 20.000, terrorizzarono tutto il territorio che va dai Grandi Laghi fino all'Ohio e al Potomac. Se cerchiamo di raggruppare coloro che abitavano nelle vicinanze del Reno, noti con abbastanza precisione dai resoconti pervenutici, noi vediamo che un tale singolo popolo occupa sulla carta, in media, all’incirca lo spazio di un distretto governativo prussiano, cioè circa 10.000 chilometri quadrati o 182 miglia geografiche quadrate. La Germania Magna dei Romani, fino alla Vistola, comprende in cifra tonda 500.000 chilometri quadrati. Calcolando un numero medio di 100.000 persone per ogni singolo popolo, il numero complessivo della popolazione della Germania Magna verrebbe ad essere di 5 milioni. Dieci abitanti per chilometro quadrato, o 550 per miglio geografico quadrato, cifra considerevole per un gruppo di popoli barbarici, ma straordinariamente piccola nella situazione odierna.
Con ciò però non abbiamo certo esaurito il numero dei Tedeschi allora viventi.
Sappiamo che lungo i Carpazi, fino alle foci del Danubio, abitavano popoli tedeschi di origine gotica, i Bastarni, i Peucini ed altri, così numerosi che Plinio ne fa la quinta tribù principale dei Tedeschi, e che essi, che già 180 anni prima dell'era volgare appaiono al soldo del re di Macedonia Perseo, durante i primi anni dell’impero di Augusto si spingevano ancora fin nei pressi di Adrianopoli. Calcolandoli solo un milione, abbiamo all'inizio della nostra era, verosimilmente, per lo meno sei milioni di Tedeschi (saria mejo dir: jermani, pì ke todeski ke lè on moto de ancò pì ke de na ‘olta).


Poi vi sono i dati di paolo Diacono sulla consistenza della migrazione longobarda:
http://it.wikipedia.org/wiki/Migrazione_longobarda
Nel 568 i Longobardi, sempre guidati da Alboino, invasero l'Italia attraversando l'Isonzo. Insieme a loro c'erano contingenti di altri popoli, come ventimila Sassoni che rimasero sempre in qualche modo separati dai Longobardi, fino a che lo scoppio di disaccordi sul loro diritto a non essere assorbiti non portò alla loro ritirata a nord delle Alpi, nel 573. Jörg Jarnut, e con lui la maggior parte degli autori, stima la consistenza numerica totale dei popoli in migrazione tra i cento e i centocinquantamila fra guerrieri, donne e non combattenti. Non esiste tuttavia pieno accordo tra gli storici a proposito del loro reale numero; altre stime parlano di non meno di trecentocinquantamila persone in totale. Secondo la leggenda, riportata dall'Origo gentis Langobardorum e ripresa da Paolo Diacono ma storicamente infondata, i Longobardi mossero verso l'Italia su invito del generale bizantino Narsete, che avrebbe così cercato vendetta contro l'imperatore Giustino che l'aveva rimosso dal governo dell'Italia: ...


Poi i periodi Carolingio e del Sacro Romano Impero con le sue migrazioni; poi i normanni; i cimbri e altri:

http://it.wikipedia.org/wiki/Impero_carolingio
http://it.wikipedia.org/wiki/Sacro_Romano_Impero


Bisognerebbe fare uno studio complesso multidisciplinare compreso la genetica con anche l’analisi della toponomastica (senza i pregiudizi del dogma romanzo) e dei cognomi.
Ultima modifica di caixine in data lun, 15 ott 2012 7:54, modificato 1 volta in totale.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Gentile Igrino, le consiglio, personalmente, d’ignorare le tesi di Caixine. Costui parte da un profondo pregiudizio ideologico – la necessità, avvertita solo da lui, di dare una base pseudo-culturale alla legittima aspirazione all’indipendenza del Veneto – per giungere a conclusioni indimostrate, apodittiche e carenti, nonché di fondamento scientifico, persino di buonsenso. Le basterà, se ha voglia e coraggio per una tale impresa, farsi un giretto sul fòro di Raixe Venete per rendersi conto dell’operazione del suddetto, tutto assorto in lunghi, sconclusionati copincolla.

Malgrado rinfocoli la polemica (e chiedo scusa per questo a Infarinato), non risponderò a eventuali proteste di Caixine: per me i suoi interventi sono poco meno che spazzatura, perciò credo sia opportuno farlo presente ai nuovi arrivati. La qualità di questo fòro è molto alta e, pur da semplice frequentatore, mi preme che tale rimanga. Naturalmente, Infarinato può rimuovere questo mio intervento, se lo ritiene.
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Intervento di caixine »

Sul vecchio forum della Crusca lei Bardamu sarebbe stato richiamato più volte dal moderatore, ma in questo di Cruscate lei può insultare e dire idiozie a suo piacimento.
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Alberto Pento
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Caro Caixine, temo che sul «vecchio forum della Crusca» i suoi interventi sarebbero stati cancellati all’istante, spesso soltanto per una questione di diritti d’autore. ;)

Finiamola qui (…e limitiamo i chilometrici copincolla, per favore).

Grazie.
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igrino
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Intervento di igrino »

Salve Caixine,
La ringrazio per la gentile e ampia risposta che sicuramente leggerò con vivo interesse!

Senza alcuna ironia, ringrazio anche Ferdinand Bardamu per la sua premura nel mettermi in guardia. Le assicuro che, come è nella mia natura, leggerò le informazioni fornitemi da Caixine con mente aperta ma senza considerarle verità assolute (del resto non l'avrei fatto nemmeno se provenissero dalla Treccani! :D )...
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caixine
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Intervento di caixine »

Quando incontro qualcuno che ragiona con la sua testa mi si allarga sempre il cuore.
Grazie Igrino per le sue parole.

Vedito Bardamu
mi a Igrino ghe go dà calcosa so cu rajonar, ti no te ghe ghè dasto gnente, a parte el consejo de lexar co senso cretego le robe ke ghe gò postà.
La difarensa tra mi e ti la xe tuta ki: mi calcosa a ghe gò dà, ti purpio gnente a parte le male parole so de mi.

Infarinato questo è il "famoso filone" del forum della Crusca e non mi pare che sia capitato quello che ha scritto lei; anzi il moderatore ha ripreso chi mi maltrattava e offendeva e non il contrario:
http://forum.accademiadellacrusca.it/ph ... .php?t=411

Faccio notare che nella mia postata non vi è alcuna violazione di diritti d'autore anzi vi è valorizzazione del lavoro e dei relativi autori: come si può ben osservare il sottoscritto non si appropria del lavoro degli altri con il plagio ma lo valorizza citando ampiamente le fonti librarie e gli autori.
Postare qualche pagina per fini culturali e senza scopo di lucro non è assolutamente configurabile come una violazione di diritti d'autore, anzi è opera degna.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
Alberto Pento
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Intervento di caixine »

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Alberto Pento
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