[xTSC] «Ragia»

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Ferdinand Bardamu
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[xTSC] «Ragia»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Prendo spunto da quest'intervento per chieder lumi ai toscani circa la diffusione di ragia nel significato di ‹astuzia, inganno›.

Il Treccani in linea marca la parola come toscana, antica o rara, e ne riporta altresí le estensioni semantiche di ‹ingannatore› e ‹pericolo, disavventura; rabbuffo, punizione›. La stessa voce è presente anche nel Vocabolario della Crusca, che, del significato traslato, dà questa definizione: «L'usiamo ancora in signific. di Fraude, Tristizia, Inganno, Astuzia, o di Cosa, che altri volea tener celata».

Mi chiedo se il sostantivo sia comune a piú parlari toscani oppure limitato a certe zone.
PaDaSu
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Re: [xTSC] «Ragia»

Intervento di PaDaSu »

Esimio Ferdinand,

da un fiorentino di nascita e di saltuaria permanenza le posso dire che concordo totalmente con quanto riportato dal Vocabolario del fiorentino contemporaneo e cioè: "capacità di raggirare con le parole, usato spec. nell'espressione: averci una ragia".

I miei nonni che erano del contado fiorentino la usavano anche con significati allargati tipo: "s'è messo in una ràgia" (si è messo in una situazione ingarbugliata) oppure "è cascato in una ràgia" (è caduto in una trappola).
Quest'ultima si applicava anche agli uccelli quando cadevano in una trappola (decenni prima della legge del '92) in sostituzione della parola pania. Dato che ràgia è un sinonimo di resina, quest'impiego mi pare possa essere molto antico.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Ero convinto che non fosse troppo dialettale.
"Ho inteso la ràgia" vuol dire "subodorare la trappola", nel senso di piccola minaccia inespressa.
Credo che l'origine sia da ricercarsi nella pratica di catturare gli uccellini con un luto appiccicoso come la pània, quale doveva essere la ragia, cioè la resina di pino.
In questo caso il mio "ho capito la ragia " è traducibile con "ho capito l'andazzo".
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Ero fuori linea e non avevo letto letto PaDaSu, mi scuso.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ringrazio entrambi per le risposte. :D

L’espressione mi piace molto e, ora che l’ho appresa, credo che l’userò anch’io, benché «polentone». Mi par dunque di capire ch’è diffusa prevalentemente nella zona del fiorentino, o sbaglio?
PaDaSu
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Re: [xTSC] «Ragia»

Intervento di PaDaSu »

Un paio di annotazioni.

Circa il significato di ràgia è da notare quanto, a proposito dell'etimologia della stessa e del lemma resina, scrive il Pianigiani. Secondo lui ràgia è la resina che cola ed in particolare quella del pino, usata anche per le vernici, da cui il significato figurato.

Nel "Volgarizzamento del De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico" scritto in mantovano da Vivaldo Belcalzer a cavallo del 1300, compare il termine raxa come equivalente di resina: "Capitol de la raxa o sia resina".
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Nel mio dialetto ràixa significa "tartaro delle botti, efflorescenza sui fichi secchi" (ma aiga raixa "acqua ragia"), ràixina indica la resina delle conifere, tea quella del pino. Non mi risulta, però, un'espressione simile a quella del toscano.
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Ferdinand Bardamu
Moderatore
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

u merlu rucà ha scritto:Nel mio dialetto ràixa
Una curiosità: il grafema x sta per /z/, /ʒ/ o per un altro suono?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Da me ragia si usa perlopiù nel significato di «resina di conifera» (da cui acquaragia). Non saprei se sia tradizionalmente presente anche l'altro significato, ma mi pare di non averlo mai sentito.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
u merlu rucà ha scritto:Nel mio dialetto ràixa
Una curiosità: il grafema x sta per /z/, /ʒ/ o per un altro suono?
E' una fricativa postalveolare sonora, quindi ʒ (x è la resa tradizionale nella grafia del genovese e del ligure in genere).
Sempre a proposito di ràixa, c'è da notare nel mio dialetto il passaggio di significato da resina a tartaro delle botti. C'è in qualche altro dialetto?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

u merlu rucà ha scritto:Sempre a proposito di ràixa, c'è da notare nel mio dialetto il passaggio di significato da resina a tartaro delle botti. C'è in qualche altro dialetto?
Qui da me no. Sembra che ragia (o anche lagia, in certi posti) significhi unicamente «resina di conifera"», non «tartaro delle botti» (che si chiama groma) né «inganno».
PaDaSu
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Re: [xTSC] «Ragia»

Intervento di PaDaSu »

Gentile merlu,

molti sono i riferimenti di ràgia anche con il significato di tartaro delle botti.

Fra questi:

Dai 'Discorsi di Pietro Andrea Matthioli sanese, medico cesareo' (1568):
"Ma quella ragia che s'attacca alle botti, chiamata da chi Greppola, da chi Tartaro..."

Dal 'Dizionario parmigiano-italiano' di Italo Peschieri (1828):
"Greppola s.f. Gruma. Ragia che si attacca alle botti. Gromma. Tartaro."

Da 'Le imprese illustri con espositioni, et discorsi' di Girolamo Ruscelli (1566):
"Prendesi adunque polvere di litargirio e tartaro o ragia di botte..."

Dal 'Vocabolario base piemontese-italiano' della Fondazione Culturale Piemontese (2010):
"Rasa: Tartaro delle botti, ragia."
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Quale possa essere oggi la diffusione del termine ragia nel significato antico? Prima del presente filone credevo che fosse italiano, anche se in disuso. Ora che mi ci fate pensare mi sembra un relitto confinato alle zone periferiche, voglio controllare.
Da un breve giro di telefonate mi risulta conosciuto a, Massarella, Monsummano, Altopascio, Agliana, Montale, Lamporecchio e Larciano, Pistoia, Castel del Piano sull'Amiata. In definitiva il termine doveva esser noto se non in tutta, almeno in gran parte della Toscana fino a tempi non tanto lontani.

Il tartaro delle botti e tini, come dice anche Carnby, qui si chiama groma.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:Da un breve giro di telefonate mi risulta conosciuto a, Massarella, Monsummano, Altopascio, Agliana, Montale, Lamporecchio e Larciano, Pistoia, Castel del Piano sull'Amiata. In definitiva il termine doveva esser noto se non in tutta, almeno in gran parte della Toscana fino a tempi non tanto lontani.
Grazie della sua preziosa ricerca. :)
Scilens ha scritto:Il tartaro delle botti e tini, come dice anche Carnby, qui si chiama groma.
È groma o gromma? Il Treccani dà gromma, forma attestata anche nella letteratura antica (es. Burchiello: «Grasso di grilli, e gromma di barili»).
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data dom, 04 nov 2012 16:04, modificato 1 volta in totale.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Gazie delle tante lodi.

Gromma non mi risulta. Sapevo dell'esistenza del vocabolo scritto, ma non l'ho veramente mai sentito dire
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