«Mugnaio»

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

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«Mugnaio»

Intervento di PersOnLine »

Se «mugnaio» deriva dal latino tardo molinarius, perché non c’è oggi traccia di /l/ o /ʎ/, ma anzi c’è stata una trasformazione in /ɲ/?
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Infarinato
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Perché il passaggio è avvenuto attraverso la forma intermedia [sincopata] *MOLNĀRĬU(M) (la O passa a u in protonia e -RĬ- dà regolarmente [j] in fiorentino).

Che [in Toscana] si possa avere [ɲɲ] da [ln] (attraverso una fase [ʎɲ]) è dimostrato da alcuni toponimi, e.g. da Alina > Algna > Agna (paesino casentinese) e da Tulina > Tulgna (tutti documentati): cfr. A. Castellani, «Mugnaio nostrano», SLI V (1965): 85–8 (ora in: Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [19461976], Roma 1980, «Salerno Editrice», vol. II, pp. 16–20).
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Quindi la mediazione del provenzale monier, sostenuta dal Pianigiani (opera che, però, so essere datata), è da escludersi? A me pare di sí, perché, altrimenti, dovremmo avere non -aio, suffisso di nomi di mestiere tipicamente toscano, bensí -iere, dunque *mugn(i)ere.
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Intervento di Infarinato »

Sí, è [sostanzialmente] la vecchia tesi del Meyer-Lübke, dalla quale parte (per contestarla) il Castellani.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

La sorte delle atone latine è davvero curiosa, alcune volte cadono, alcune volte resistono, apparentemente senza una regola precisa. Nel mio dialetto, per esempio, il mugnaio si chiama murinà, con derivazione da MOLINARIUS senza sincope.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

In veneto (veronese), è molinaro, con la radice latina praticamente intatta.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:A me pare di sí, perché, altrimenti, dovremmo avere non -aio, suffisso di nomi di mestiere tipicamente toscano, bensí -iere, dunque *mugn(i)ere.
Però -aio e -aio- sono stati produttivi fino a poco tempo fa: basti pensare a pizzaiolo, invece che pizzarolo. Non mi stupirebbe se fosse avvenuto un passaggio da mugniere a mugnaio nella Toscana di qualche secolo fa.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto:Non mi stupirebbe se fosse avvenuto un passaggio da mugniere a mugnaio nella Toscana di qualche secolo fa.
Vede, caro Carnby, codesta —non se la prenda: la sua (lo so) era solo un’osservazione fatta di passaggio, ma mi porge il destro per mettere in guardia «i piú giovani» :D— è la classica congettura di chi formula magari ragionevolissime e teoricamente verosimillime ipotesi senza però premurarsi di trovarvi un riscontro nei dati documentari (…e questo non succede soltanto in linguistica! :evil:).

Rimando per tutt’i dettagli all’articolo del Castellani, ma, riassumendo, alle argomentazioni di fonetica storica suesposte si aggiungano le seguenti (riprendo in ordine sparso quelle del Castellani):
  1. Pare strano che per un mestiere come il mugnaio si ricorra a un prestito;
  2. La Toscana [medievale e moderna] si trova al centro di un’area (compresa in un’area piú vasta in cui si conserva il tipo molinaroMOLINĀRĬU[M]) in cui si conservano cinque tipi, tutti (seppur in modo diverso) foneticamente riconducibili a una base comune (*MOLNĀRĬU[M], appunto), e cioè: munaro, munnaio, mollaro, mugnaio, mogliaio;
  3. In particolare, per rispondere al dubbio di Carnby: se davvero, secondo la «tesi di Meyer-Lübke/Battisti/Pianigiani», il nostro mugnaio venisse dall’antico francese mounier, ci aspetteremmo delle forme intermedie del tipo *moniere, *muniere, *mogniere o *mugniere, di cui però non rimane alcuna traccia… To’, ma la prima attestazione di mugnaio è del sec. XIV, si dirà… ERRORE! :D Bisogna tener conto [anche] delle carte latine di Toscana, che ci forniscono già dalla prima metà del sec. XII il nostro mugnaio nella forma che ha oggi negli antroponimi Mugnaius e Mugnarius (il secondo in una forma [piú] latineggiante).
Come direbbe Crozza-Zichichi: «e questa è scïenza». :D
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caixine
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Intervento di caixine »

Signori gentilissimi, si sente che siete sinceri e appassionati studiosi della lingua umana e in particolare di quella italiana e di tutte quelle lingue dette famigliarmente dialetti o volgari.

Nel caso che si sta trattando in questo filone o scomparto del filò di Cruscate, avete messo ben in evidenza delle regole di conversione fonetica tra alcune varianze linguistiche dell’area italica : latino, italiano e altre lingue dialettali, però noto, che fate discendere o ascendere tutte queste voci da e a quella latina che mettete per prima come parola madre di tutte le altre, scusatemi tanto ma non posso essere d’accordo, la mia ragione si rifiuta di accettare tale incomprensibile “conclusione o assunto dogmatico”.

Considerando l’antichità preistorica di questa primaria attività umana che affonda le sue radici nel Paleolitico più remoto e considerate la omogeneità e la ampia diffusione di queste voci nei tre continenti, nell’area linguistica detta anche del Nostratico, ho difficoltà a concordare con voi sulla derivazione dei termini dialettali da quello latino che per me sono tutte voci più semplicemente parallele e coeve con qualche possibile variazione fono-semantica nel corso dei millenni:

Muner, munaro, mugnaio, moliner, molinaro, miller e muller

Perdonatemi, ma anch’io ho la stessa vostra grande passione per la lingua umana e non posso concordare con voi, non vogliatemi troppo male per questo mio discordare, grazie e scusatemi ancora.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
Alberto Pento
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Prendiamo atto del suo dissenso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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[FT] Dialetti italiani nella preistoria?

Intervento di Infarinato »

Marco1971 ha scritto:Prendiamo atto del suo dissenso.
…Come il nostro caro Caixine dovrebbe prendere atto dei serissimi limiti [in questo campo, almeno] della Teoria della Continuità, per i quali né l’Alinei né altri hanno mai fornito risposte realmente soddisfacenti. ;)

Il fuoritema finisce qui. Grazie.

P.S. Quando dico che «il fuoritema finisce qui», intendo dire che finisce qui. Ri-grazie.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Il cognome Mungai è un errore di scrittura per Mugnai?
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Infarinato ha scritto:Perché il passaggio è avvenuto attraverso la forma intermedia [sincopata] *MOLNĀRĬU(M) (la O passa a u in protonia e -RĬ- dà regolarmente [j] in fiorentino).

Che [in Toscana] si possa avere [ɲɲ] da [ln] (attraverso una fase [ʎɲ]) è dimostrato da alcuni toponimi, e.g. da Alina > Algna > Agna (paesino casentinese) e da Tulina > Tulgna (tutti documentati): cfr. A. Castellani, «Mugnaio nostrano», SLI V (1965): 85–8 (ora in: Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [19461976], Roma 1980, «Salerno Editrice», vol. II, pp. 16–20).
Passaggio diretto o attraverso una fase -lnja (Alina > Alnja > Algna > Agna)?
Largu de farina e strentu de brenu.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

u merlu rucà ha scritto:Passaggio diretto o attraverso una fase -lnja (Alina > Alnja > Algna > Agna)?
Il passaggio /CnjV, CljV/ → [ɲ, ʎ] (scempi) è attestato anche nel toscano rustico odierno: ho sentito spesso pronunciare Corniola [kor'ɲɔːlʌ]. Però, un cognome come Severgnini, a causa della «grafia non toscana», si tende a interpretarlo come */severɲ'ɲini/ col risultato di arrivare a [sever'niːni].
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