In altre parole, la 'u' di cuore, cuoco e scuola non è una semiconsonante? (sorvolando sul fatto che in cúi c'è iato, in tutti gli altri casi dittongo – mi si corregga se sbaglio perché questa materia mi è ostica).Il Piccolo Palazzi ha scritto:A questo proposito va notato che però la q si adopera soltanto quando le due vocali (la u e l’altra vocale) formano un suono unico. Quando invece le due vocali si pronunziano separate, si deve usare la consonante c. La differenza appare chiara nella pronunzia di qui e cui. Perciò si scriverà cuore, taccuino, cuoco, scuola, innocuo.
Castroneria?? [Ortografia della lingua italiana]
Moderatore: Cruscanti
Castroneria?? [Ortografia della lingua italiana]
Possibile che nell'appendice al Piccolo Palazzi sia scritto ciò? O mi sfugge qualcosa?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- Ferdinand Bardamu
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In attesa degli esperti, le posso dire che anche a me sembra una castronería. La distinzione c ~ q è etimologica non fonetica: si scrive cuore e non *quore perché la parola latina da cui deriva è *CŎRE(M); lo stesso vale per scuola (< *SCŎLA(M)) e cuoco (< CŎCU(M)). Questo vale sia per le parole di tradizione ininterrotta sia per i cultismi, come innocuo, la cui u, però, non dovrebbe essere pronunciata come [w] (vedi DOP).
Ma, quand'anche la distinzione fosse fonetica (e non lo è), quale differenza fonetica vede (o dovrei dire sente) fra la -uo- di quota e quella di cuore? È qui che sta (soprattutto) la castroneria: nel dichiarare una distinzione su base fonetica e poi smentirla con gli esempi!Ferdinand Bardamu ha scritto:La distinzione c ~ q è etimologica non fonetica:
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Semmai avrebbe dovuto dire che quando la u è una «vocale piena» (come in cui) non è possibile usare la q. Il fatto che la differenza tra cu- e qu- sia essenzialmente etimologica è dimostrato dal comunissimo strafalcione (spesso ironico) *squola.
Foneticamente credo proprio di no; fonematicamente c'è chi ha proposto per l'italiano l'esistenza del fonema labiovelare /kʷ/, per tentare di spiegare l'anomala distribuzione di /w/, che compare principalmente nel «dittongo ascendente» /wɔ/ (che spesso si semplifica in /ɔ/ nel parlato popolare toscano e mediano) oppure preceduta da consonante occlusiva velare.Zabob ha scritto:Ma, quand'anche la distinzione fosse fonetica (e non lo è), quale differenza fonetica vede (o dovrei dire sente) fra la -uo- di quota e quella di cuore?
Forse si poteva dire che la distinzione è anche fonetica, nel senso che:
– in cua, cue e cui la 'u' è sempre vocale, come in "lacuale", "vacue", "acuito" (ma quanti la "sentirebbero" questa vocale?);
– nel caso di cuo la distinzione è solo etimologica, poiché la 'u' può essere sia vocale, come in "innocuo", sia approssimante, come in "cuore" (ma anche come in "quota");
– invece la 'u' in quV è sempre approssimante.
E quel cùi non ci azzecca per niente perché contiene un(o) iato!
– in cua, cue e cui la 'u' è sempre vocale, come in "lacuale", "vacue", "acuito" (ma quanti la "sentirebbero" questa vocale?);
– nel caso di cuo la distinzione è solo etimologica, poiché la 'u' può essere sia vocale, come in "innocuo", sia approssimante, come in "cuore" (ma anche come in "quota");
– invece la 'u' in quV è sempre approssimante.
E quel cùi non ci azzecca per niente perché contiene un(o) iato!
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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