Fonologia italiana fantasiosa

Spazio di discussione su questioni di fonetica, fonologia e ortoepia

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Carnby
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Fonologia italiana fantasiosa

Intervento di Carnby »

Ogni tanto sfoglio libri di fonologia moderna e ci trovo scritte delle cose veramente molto strane.
Nel volume The Handbook of Phonological Theory si citano un libro e un articolo, Prosodic Phonology e «Prosodic domain of external sandhi rules» in The Structure of Phonological Representations entrambi di Marina Nespor e Irene Vogel e pubblicati da Foris, nei quali si asseriscono queste cose incredibili sul raddoppiamento sintattico (in rosso gli errori).
Marina Nespor (con Irene Vogel) ha scritto:(1) Raddoppiamento sintattico (RS): In a sequence of two words w1 and w2, the initial consonant of w2 geminates if w1 ends in stressed vowel, and if certain syntactic conditions are met.

(2) Parlo [b:]ene
"He spoke well"

(3) Devi comprare delle [ mappe [ di citta [v:]ecchie ]PP ]NP
"You must buy some maps of old cities"

(4) Devi comprare delle [ mappe [ di citta ]PP // vecchie ]NP
"You must buy some old maps of cities"

(5) Devi comprare delle [ mappe [ di citta // molto vecchie ]PP ]NP
"You must buy some maps of very old cities"
Tralasciamo gli accenti saltati su parlò e città, anche se su un libro così prestigioso questi errori non dovrebbero capitare.
Veniamo al punto. Per farla breve, le Nostre ritengono che il RF avvenga se vecchie si riferisce a città ma non quando si riferisce a mappe (!) e nemmeno se tra città e vecchie s'inserisce qualcosa (molto); «ovviamente» non hanno minimamente considerato che in questo caso raddoppierebbe la consonante iniziale di molto anziché quella di vecchie...
Invece, lo sappiamo bene, nelle varietà d'italiano che hanno il RF, questo avviene sempre, a meno che non s'inserisca una pausa tra la parola che attiva il RF e quella seguente.
Il problema di questi articoli è che, sebbene abbiano una circolazione limitata e certamente meno «popolare» delle castronerie e degli insulti alla lingua che legggiamo in continuazione sui giornali e sui vari mezzi di comunicazione di massa, sono riconosciuti come «validi» nel mondo accademico, insomma «quello che conta», e questo contribuisce a tramandare idee sbagliate sulla nostra lingua. Errori gravi che vengono poi riportati sulle riviste linguistiche più prestigiose.
Le due autrici avrebbero fatto meglio a specificare a quale varietà d'italiano si riferivano (la mia impressione è che si tratti di un idioletto settentrionale con acquisizione parziale del RF) perché quello che scrivono non è affatto valido per l'italiano senza aggettivi (stavo per scrivere tout court ma mi sono trattenuto). :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Carnby ha scritto:Tralasciamo gli accenti saltati su parlò
Súbito ho pensato, leggendo parlo []ene, che si trattasse della pronuncia romana.

Comunque, volevo chiederle (e chiedo scusa se l’argomento è già stato trattato): il raddoppiamento fonosintattico s’inattiva solo se s’interpone una pausa forte, segnata nello scritto (almeno) da una virgola? Mi pare di capire che il confine di sintagma non coincida con una pausa abbastanza forte da impedire il raddoppiamento; allora ne deduco che è necessario che le due parole siano separate almeno da un confine di proposizione o da un inciso, o sbaglio?

Per esempio, in una frase come «La vita in città, che è un posto caotico, può essere logorante», non si dà raddoppiamento della consonante del pronome che, giusto?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Comunque, volevo chiederle (e chiedo scusa se l’argomento è già stato trattato): il raddoppiamento fonosintattico s’inattiva solo se s’interpone una pausa forte, segnata nello scritto (almeno) da una virgola? Mi pare di capire che il confine di sintagma non coincida con una pausa abbastanza forte da impedire il raddoppiamento; allora ne deduco che è necessario che le due parole siano separate almeno da un confine di proposizione o da un inciso, o sbaglio?

Per esempio, in una frase come «La vita in città, che è un posto caotico, può essere logorante», non si dà raddoppiamento della consonante del pronome che, giusto?
Preciso che, naturalmente, ho il RF nella mia competenza linguistica nativa. Nell'esempio che fa, leggendo in modo «colto», non raddoppio la/k/, la percepisco come se fosse all'inizio di frase. Però, nel parlato spontaneo «vernacolo», in un qualcosa come «la [ʋ]ita in città [dd]dato [h]e [ʧʧ]'è [dd]imolta [h]onfusione [ʃ]i sta [kk]e [dd]ia [ɸ]arecchia noia» tendo a raddoppiare parecchie consonanti iniziali.
Ultima modifica di Carnby in data gio, 16 mag 2013 16:23, modificato 1 volta in totale.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie mille. Quindi in un italiano normale e sorvegliato, con le giuste pause espressive, in quell’esempio non ci sarebbe RF.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ci sarebbe, ci sarebbe. ;)

La cosa risulta evidente nel momento in cui si sfrutti il rapporto di complementarità che intercorre fra RF e gorgia: non sarebbe, infatti, possibile un «la vita in città, *[h]e è un posto caotico…», ma solo «la vita in città, [kː]e…». Ora, questo [kː] non sarà magari molto lungo, ma di certo appartiene a /kk/, non a /k/.

Per il RF [fonologicamente motivato] è significativa solo l’effettiva adiacenza della vocale finale di parola alla consonante iniziale della parola successiva: una pausa in quanto tale, quindi, non blocca il RF… a meno che non sia tale da far sí che la parola successiva sia davvero percepita dal parlante come iniziale assoluta d’enunciato.

Diverso il caso del RF di tipo morfolessicale. Si confrontino i seguenti enunciati: «Ti dico dove, [m]a non perché» ~ «Ti dico perché, [mː]a non come» (appetto a «Dove [vː]ai?»), «E come [n]o!» ~ «E perché [nː]o!» (rispetto a «Come [fː]ai?»), etc.

Per tutto questo (e per il totale annientamento delle insostenibili tesi di Napoli, Nespor e Vogel sulle presunte ostruzioni [prosodico-] sintattiche al RF, parzialmente valide, ad esempio, per il napoletano, ma non certo per l’italiano normale di base toscana —tesi, che, come ricordava Carnby, hanno purtroppo trovato largo séguito nel mondo accademico anglofono :(), rimando, come al solito (…ma leggeteli, però! ;)), ai fondamentali saggi di Luciano Agostiniani (Su alcuni aspetti del “rafforzamento sintattico” in Toscana e sulla loro importanza per la qualificazione del fenomeno in generale, «Quaderni del Dipartimento di Linguistica, Università degli studi di Firenze», 3 [1992]: 1–28) e di Michele Loporcaro (L’origine del raddoppiamento fonosintattico: saggio di fonologia diacronica romanza, Basel and Tübingen: «Francke Verlag», 1997).
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Grazie, gentile Infarinato. Anch’io, nella mia pronuncia «adottiva», ero piuttosto sicuro di dire, spontaneamente, città·cche, con o senza pausa: la testimonianza di Carnby rischiava di mettermi in crisi! :D Penso che, in caso di pausa, si tratti d’un [-kk-] cólla prima [-k-] «tenuta» piú a lungo del normale, sicché —essendo priva dell’esplosione, a differenza della seconda— un orecchio inesperto potrebbe non percepirla chiaramente, scambiandola per la pausa stessa. (…Does this make any sense to you guys?)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

La ringrazio, Infarinato, per l’utile e chiara risposta e per i rimandi. :)
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Infarinato ha scritto:La cosa risulta evidente nel momento in cui si sfrutti il rapporto di complementarità che intercorre fra RF e gorgia: non sarebbe, infatti, possibile un «la vita in città, *[h]e è un posto caotico…», ma solo «la vita in città, [kː]e…». Ora, questo [kː] non sarà magari molto lungo, ma di certo appartiene a /kk/, non a /k/.
Ultimamente sembra che io non ne azzecchi più una... :oops:
Infarinato ha scritto:rimando, come al solito (…ma leggeteli, però!), ai fondamentali saggi di Luciano Agostiniani (Su alcuni aspetti del “rafforzamento sintattico” in Toscana e sulla loro importanza per la qualificazione del fenomeno in generale, «Quaderni del Dipartimento di Linguistica, Università degli studi di Firenze», 3 [1992]: 1–28) e di Michele Loporcaro (L’origine del raddoppiamento fonosintattico: saggio di fonologia diacronica romanza, Basel and Tübingen: «Francke Verlag», 1997).
Me li segno, quando passo dal centro di Firenze cercherò di procurarmeli (sa, non si trovano in tutte le biblioteche di provincia, come invece i vendissimi di Dan Brown e Ken Follett). :?
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Intervento di Souchou-sama »

Carnby ha scritto:sa, non si trovano in tutte le biblioteche di provincia, come invece i vendissimi di Dan Brown e Ken Follett
Perdonatemi il fuori tema, ma mi sento in dovere di consigliarvi —se avete familiarità coll’inglese— la lettura di quest’articolo a dir poco esilarante, che sbeffeggia tutti gli stilemi tipici di tanta letteratura contemporanea, anche italiana. E ovviamente è di grande interesse anche dal punto di vista linguistico. :) Comunque è vero, in Italia si fa una gran fatica a reperire moltissimi titoli… :(
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Intervento di Infarinato »

Infarinato ha scritto:…insostenibili tesi di Napoli, Nespor e Vogel sulle presunte ostruzioni [prosodico-] sintattiche al RF, parzialmente valide, ad esempio, per il napoletano, ma non certo per l’italiano normale di base toscana —tesi, che, come ricordava Carnby, hanno purtroppo trovato largo séguito nel mondo accademico anglofono…
…con inevitabili riflessi sulla Guichipedía inglese. :(

Onestamente, mi fa troppa fatica correggerli: che si crògiolino nel loro brodo. :evil:
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GianDeiBrughi
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Intervento di GianDeiBrughi »

Personalmente (in casa) non uso il rinforzo dopo il "no" se è seguito da un altro "no".
Es.
"Sapevi che c'era la partita stasera? No, no!"

È facile perché se no suonerebbe "nonno".

Poi per esser preciso non lo faccio nemmeno dopo la "è" del "c'è da <verbo>", mentre lo faccio regolarmente dopo tutte le altre "è". Questo però sospetto che sia un influsso settentrionale dovuto all'esser cresciuto in queste lande. Il "no, no" invece posso confermarlo anche per i miei parenti autoctoni. :)
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Intervento di Souchou-sama »

No: secondo il DiPI, il mancato RF prima di da è molto diffuso, ed è possibile perfino in Toscana. :)
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Carnby
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Intervento di Carnby »

GianDeiBrughi ha scritto:"Sapevi che c'era la partita stasera? No, no!"

È facile perché se no suonerebbe "nonno".
Semmai nonnò. :)
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GianDeiBrughi
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Intervento di GianDeiBrughi »

Grazie sia per le utili informazioni sia per la gentile correzione! :D

Confesso in particolare di non aver caso all'accento tonico. Il fatto è che, quelle volte che raddoppio per sbaglio, mi vien fuori una specie di /nɔ'n:ɔ/ con due "o" aperte (chiedo scusa per eventuali imprecisioni nella trascrizione).
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Intervento di Infarinato »

GianDeiBrughi ha scritto:Personalmente (in casa) non uso il rinforzo dopo il "no" se è seguito da un altro "no".
Es.
"Sapevi che c'era la partita stasera? No, no!"

È facile perché se no suonerebbe "nonno".
Codesto è normale, ma ovviamente la ragione è un’altra. Secondo il Giannelli il mancato raddoppiamento potrebbe derivare da un precedente [paragogico] nòe nòe (…e analogamente per sí sí: cfr. Luciano Giannelli, Toscana, «Pacini», Pisa, 2000² [1976¹], p. 34, nota n. 70).
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