«Follower»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

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Ferdinand Bardamu
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«Follower»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Quando propongo un traducente per un forestierismo in voga, mi sento sovente rispondere: «Sí, ma non vuol dire la stessa cosa». Dietro una simile risposta sta l’illusione che esistano traducenti perfetti, e l’ignoranza della gamma d’accezioni della parola straniera.

Questo accade ad esempio per follower, parola in uso nel linguaggio delle reti sociali (e di Twitter in particolare). Il traducente naturale, seguace, è respinto adducendo la scusa che riporto su. Si veda questo passo di un articolo del Corriere:

Forse l’incomprensione nasce dal modo in cui traduciamo la parola follower. Forse non vuol dire seguaci, ma segugi. Follower non equivale a fan, e neanche ad audience.

Di là dalle vicende contingenti cui fa riferimento l’articolista, forse giova fare chiarezza rimanendo ancorati alle parole. Stando a questo dizionario, follower ha queste accezioni principali:
  1. a person or thing that follows. [Chi o ciò che segue.]
  2. a person who follows another in regard to his or her ideas or belief; disciple or adherent. [Chi segue le idee o le credenze di un’altra persona; discepolo o adepto.]
  3. a person who imitates, copies, or takes as a model or ideal. [Chi imita, copia o riprende un modello o un ideale.]
I primi tre significati corrispondono suppergiú a seguace (anche se, in italiano, il primo è ormai antiquato e, comunque, appartiene al registro letterario). Confrontato coi suoi sinonimi, l'inglese follower si distingue perché «often has an implication of personal relationship or of slavish acquiescence» [implica spesso relazione personale o servile acquiescenza]: e una sfumatura dispregiativa simile si ritrova in seguace quando è adoperato, ad es., per gli adepti d’una setta religiosa.

Escludiamo pure altre soluzioni morfologicamente piú fedeli alla parola inglese, ma molto meno comuni, come seguitore o secutore. Ci rimane allora solo seguace, il cui effetto sull’utente italiano non dev’essere tanto dissimile da quello che ebbe follower sugli utenti anglofoni, quando fu impiegato per la prima volta nel neonato contesto sociale. Che ne pensate?
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Probabilmente, potrebbe attecchire più facilmente seguitore che seguace, il quale, oltre essere avvertito negativamente, implica anche che uno sia un sostenitore o condivida certe idee, mentre io possono "seguire" una persona anche solo per monitorare ciò che scrive.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sí; c’è un problema, però. Tolta l’improbabile eventualità che la gran parte degl’internauti conosca la sua accezione antica, seguitore rischia di essere interpretato come ‹chi segue› sí, ma nel senso concreto di ‹procedere dietro a qualcuno›.

Su Facebook i follower si chiamano seguaci.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Seguace mi sembra perfetto; anzi, è fin troppo gentile. Il mio odio viscerale per facebook e twitter e il mio disprezzo tanto per chi reputa sia di fondamentale importanza "condividere" il proprio entusiasmo per l'acquisto di un paio di mutande quanto per la morbosa curiosità con cui certuni sbirciano nelle non memorabili vite altrui mi renderebbero propenso a qualcosa di meno neutro, come tampinatore. :twisted:
Ultima modifica di Animo Grato in data sab, 31 ago 2013 11:36, modificato 1 volta in totale.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
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PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Sí; c’è un problema, però. Tolta l’improbabile eventualità che la gran parte degl’internauti conosca la sua accezione antica, seguitore rischia di essere interpretato come ‹chi segue› sí, ma nel senso concreto di ‹procedere dietro a qualcuno›.
Ne dubito, dato i contesto.
Ferdinand Bardamu ha scritto:Su Facebook i follower si chiamano seguaci.
Però, ammetterà che potrebbe creare imbarazzo risultare fra i "seguaci" - faccio un esempio - di certi politici, di cui magari non si condivide manco una virgola.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

PersOnLine ha scritto:Però, ammetterà che potrebbe creare imbarazzo risultare fra i "seguaci" - faccio un esempio - di certi politici, di cui magari non si condivide manco una virgola.
Certo, ma chi segue qualcuno nelle reti sociali lo fa per scelta consapevole, perché ne condivide le idee oppure lo vuol trollare. Nell’un caso e nell’altro, non credo che costui o costei si senta in imbarazzo per la definizione di seguace.

Dovremmo forse metterci nei panni d’un anglofono: come si sente quando diventa follower di un politico o di cantante? È un po’ a disagio perché è assimilato all’adepto di una setta? Se questo disagio c’è, è ormai stemperato dall’uso continuo nel contesto della socialità in Rete. L’abitudine rende normale anche ciò che, sulle prime, appare strano: per fare un esempio, io, quando sento la parola filone, penso súbito a un filone di discussione in un forum. :)
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Ferdinand Bardamu ha scritto:chi segue qualcuno nelle reti sociali lo fa per scelta consapevole, perché ne condivide le idee oppure lo vuol trollare
Non son d’accordo. Chi per esempio s’occupa di questioni politiche, economiche &c di solito segue su Twitter i principali esponenti dei partiti italiani e cosí via per restar aggiornato, per commentarli, per trarne spunto per un articolo… Non necessariamente «perché ne condivide le idee» (o, al contrario, li vuol trollare). :) In questi casi, seguace significherebbe tutto fuorché «seguace». :D
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sí, ha ragione: non avevo tenuto conto di questo aspetto. Allora mi chiedo se gli utenti anglofoni percepiscano piú o meno allo stesso modo la parola follower. E in mancanza di meglio — seguitore mi convince poco per i motivi sopra esposti — quale potrebb’essere l’alternativa alla risemantizzazione di seguace?
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Non penso di poter parlar a loro nome, ma personalmente, parlando in inglese, avverto quel follower come del tutto neutro. Banalmente, follower è «colui che followa», laddove Follow è un’operazione che s’esegue sui social network come un’altra.

Né penso sia strettamente necessario trovar un traducente, poiché in quasi tutti i casi si può dire semplicemente Io seguo Tizio e Tizio è seguíto da X persone/utenti &c.
Anzi, oserei dire che la discussione è stata impostata in modo forviante fin dall’inizio, facendola rotare intorno al termine follower in sé, dando cioè per scontato che in italiano sia naturale, spontaneo usar un termine come —tore (o simili, ivi incluso seguace) nei succitati contesti. Ipotizzerei, invece, che in inglese i sostantivi del tipo —er siano piú frequenti e spontanei (in altre parole, che tale suffisso inglese sia particolarmente produttivo).

Quanto a seguitore vs. seguace, mi spiace dover dire che non capisco affatto i Suoi dubbi, giacché, se intendiamo seguace «che segue» e non seguace «chi segue i dettami d’una religione […]», allora seguace «che segue» e seguitore sono (perfettamente?) equivalenti, sia nel significato sia nella letterarietà; inoltre, in questo caso (cioè seguace = «che segue»), nessuno dei due è specificamente letterale o specificamente figurato.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sarà sempre un follower per gli italiani e un abbonato per me.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Souchou-sama ha scritto:Né penso sia strettamente necessario trovar un traducente, poiché in quasi tutti i casi si può dire semplicemente Io seguo Tizio e Tizio è seguíto da X persone/utenti &c.
Souchou-sama mi trova completamente d'accordo. Naturalmente non si può contrastare la tendenza del 99% delle persone a cercare il traducente ideale - in realtà cercando di riprodurre passivamente la struttura della lingua di partenza - meccanismo quasi inevitabile, che si collega alla facilità con la quale si cerca il calco, dimenticandosi che l'italiano ha i suoi modi di dire, le sue soluzioni, e per l'appunto basterebbe X segue Y o X è seguito da Y (a me viene molto più naturale) e in tutti gli altri possibili casi si può sempre usare in qualche modo il verbo. Per cui a seguitore o seguace io preferisco senz'altro un semplicissimo e naturalissimo (secondo me) segue.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sí, Roberto, l'italiano ha i suoi modi di dire e le sue soluzioni, ma la maggior parte dei parlanti ne hanno perso la memoria, e di contro a un termine straniero che prende piede ce ne vuole quasi sempre, per efficacia, un altro equivalente e persuasivo.

Ma, naturalmente, non ho piú alcuna illusione, sono qui come quello che parla di una lingua ormai morta e sepolta.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Ma per l'appunto, Marco, spesso trovarne un altro equivalente e persuasivo è impossibile (almeno al momento), per la miriade di motivi di cui abbiamo parlato a iosa qui. Allora anziché cercare il sostantivo corrispondente al sostantivo, l'aggettivo corrispondente all'aggettivo e via dicendo, perché non proporre quello che il genio della nostra lingua offre, e se per un sostantivo si propone un verbo, perché no? Viva l'innovazione! (Si fa per dire.)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sono d'accordo. Ma lo dica ai giornalisti. Noi sappiamo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Souchou-sama ha scritto:Né penso sia strettamente necessario trovar un traducente, poiché in quasi tutti i casi si può dire semplicemente Io seguo Tizio e Tizio è seguíto da X persone/utenti &c.
Idealmente, sono d’accordo con Lei e Freelancer. Si può certamente dire «Tizio è seguíto da diecimila utenti», ed è senza dubbio la soluzione piú naturale e spontanea, piú affine al genio dell’italiano. Chi invita a non cadere nella trappola del calco, come fa Lei insieme a Crivello, ha ragione. In inglese il suffisso deverbale -er è piú produttivo che -tore in italiano, e quindi è meglio rispettare le peculiarità della nostra lingua. Benissimo: nulla da dire su questo, anzi.

Se non che è la rete sociale stessa che spinge a usare follower, quando si vuol misurare il séguito di qualcuno. A mio parere, non ho sbagliato a impostare la discussione, assumendo pregiudizialmente seguace e sim. come unici traducenti possibili, ma ho soltanto tralasciato un particolare (importante, certo): la grafica di Twitter induce all’uso di follower anche gli utenti piú sensibili alla questione dei forestierismi.

Ora, il discorso è questo. Chi ha tradotto l’interfaccia del sito non si è chiesto come rendere follower (e pure following) in italiano. E l’interfaccia, per com’è fatta, obbliga a trovare il traducente piú sintetico possibile. Tutto questo porta alla tentazione del calco, anche perché l’uso dell’anglicismo follower, lí in bella mostra nel profilo, si ripercuote sul modo di parlare degli utenti: per la mia esperienza, «Diecimila utenti fòllowano Tizio» è purtroppo piú frequente che «Diecimila utenti seguono Tizio».

Ripeto: riconosco la bontà delle obbiezioni Sue e di Crivello (e condivido l’amarezza di Marco). Ma purtroppo in questo caso, e in molti altri, la parola di partenza non può non influenzare l’eventuale traduzione, anche se di quest’influenza faremmo volentieri a meno.
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