Nella grammatica di Serianni leggiamo (XIV.58e; sott. mia):Cominciamo dal caso, non infrequente, in cui il verbo reggente è un condizionale (come direi, crederei, penserei). Molto spesso il condizionale presente si associa a un congiuntivo imperfetto: «Vorrei che la smettessero», «Andrei subito a casa se il primo treno non fosse fra tre ore». Questo però non implica (come sembrano dare per scontato anche talune grammatiche) che da un condizionale presente debba sempre dipendere un congiuntivo imperfetto. Osservate queste frasi:
Non direi che Halloween XIV sia orrendo; è solo inutile.
Non saprei dire se Halloween XII e XIII fossero peggio perché non li ho visti.
I condizionali direi e saprei dire sono semplicemente una forma ingentilita del presente indicativo dico e so. Per questo si comportano, ai fini della dipendenza, come presenti indicativi, e reggono (obbligatoriamente) un presente congiuntivo se l’azione è contemporanea, e un imperfetto se è anteriore. E se l’azione della dipendente è posteriore? Bisogna usare il futuro indicativo:
Tenderei a credere che la situazione economica peggiorerà.
«Piú spesso che», già, perché il congiuntivo presente è possibile anche con verbi di questo tipo:Se nella reggente figura il condizionale presente di un verbo indicante volontà, desiderio, opportunità (come volere, desiderare, pretendere, esser conveniente e simili; un’ampia lista in Moretti-Orvieto 1979: I 148), la dipendente si costruisce col congiuntivo imperfetto piú spesso che col congiuntivo presente.
(1) Vorrei che fosse lui a farmi da testimone. (Questo è il mio desiderio, ma non insisto piú di tanto se incontro resistenza.)
(2) Vorrei che sia lui a farmi da testimone. (Questo è il mio desiderio, che esprimo in maniera piú categorica e diretta; un’attenuazione del piú burbero voglio, insomma.)
In modo piú generale direi che il congiuntivo presente, in frasi simili, esprime un fatto sentito come piú vicino, piú forte; mentre il congiuntivo imperfetto lascia il fatto nella sua reale ipoteticità.