Ho un dubbio circa un verso della celeberrima aria del Rigoletto di Verdi, «Cortigiani, vil razza dannata»:
Cortigiani, vil razza dannata,
Per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l’oro sconviene
Ma mia figlia è impagabil tesor.
La rendete — o, se pur disarmata,
Questa man per voi fora cruenta;
Nulla in terra piú l’uomo paventa,
Se dei figli difende l’onor.
Quel «per voi» che ho evidenziato col grassetto secondo voi ha valore agentivo (che è proprio della lingua antica)? Oppure strumentale? Inoltre — e spero che il buon Francesco Maria Piave non mi lanci qualche maledizione dall’oltretomba — quel «fora» (=sarebbe) non vi pare un po’ fiacco per una simile invettiva? O c’è un valore del condizionale compatibile col contesto?
«Questa man per voi fora cruenta»
Moderatore: Cruscanti
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Nel per voi vedrei un semplice complemento di vantaggio/svantaggio (cfr Serianni VIII.119.III.). Per quanto riguarda il condizionale fora, non bisogna dimenticare che, sebbene accecato dal dolore, Rigoletto è pur sempre il buffone della corte, inferiore di rango alle persone cui si rivolge. Esso permette quindi, forse, di attenuare alquanto l'impeto dei suoi detti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Ti ringrazio: una risposta, come sempre, illuminante.
È vero ciò che dici riguardo a Rigoletto: dopo la violenta invettiva, infatti, passa alla servile adulazione («Marullo… signore, / tu ch’hai l’alma gentil come il core») e all’umiliazione delle scuse («Miei signori, perdono… pietate…»). In questo contesto, la cautela del condizionale ha senso.
È vero ciò che dici riguardo a Rigoletto: dopo la violenta invettiva, infatti, passa alla servile adulazione («Marullo… signore, / tu ch’hai l’alma gentil come il core») e all’umiliazione delle scuse («Miei signori, perdono… pietate…»). In questo contesto, la cautela del condizionale ha senso.
Di nulla. 
Chi volesse ascoltarne una bellissima interpretazione, può sentire Tito Gobbi. (E chi fosse interessato alla classe magistrale di Maria Callas su quest'aria, può cliccare qui.)

Chi volesse ascoltarne una bellissima interpretazione, può sentire Tito Gobbi. (E chi fosse interessato alla classe magistrale di Maria Callas su quest'aria, può cliccare qui.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Google [Bot] e 3 ospiti