Perché «olio» e non *«oglio»?

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

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Scilens
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Intervento di Scilens »

Infarinato ha scritto:(...)il suo testo potrebbe essere toscano occidentale (ma ammetto di aver letto solo un brevissimo frammento!).
Nemmeno io l'ho letto tutto ma l'impressione, a orecchio, è che l'autore parlasse un toscano che collocherei tra Pisa e Siena. Solo il riferimento agli Ubaldini suggerisce Firenze.
Mi ha incuriosito soprattutto la datazione.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Scilens ha scritto:Mi ha incuriosito soprattutto la datazione.
Ha incuriosito anche me… Francamente mi sembra una datazione un po’ troppo alta. :?
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Scilens
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A me no.
Io credo che l'italiano sia nato molto prima di quel che si creda e che tra Dante e Crusca abbia subito una ulteriore, ripetuta, rilatinizzazione, un'ingiusta soggezione nei confronti della "forma corretta" che ha portato (e già stava portando anche prima del 1000, come se fossero documentate scuole grammatiche di volgare) a ipercorrezioni sia di gorgia, che di toscanismi del tipo '-ie-' per e lunga e di "-uo-" al posto di O, tanto per fare degli esempi. Ruota è termine da scrivere, rota è solo parlato. All'origine c'è la pronuncia etrusca, senza O, che veniva corretto mentre si diceva. Ru -o- ta. Ma queste sono convinzioni mie, più istintive che ragionate, che senza documentazione (perché non c'è) lasciano il tempo che trovano. Sentire la verità e non poterci arrivare.

AGGIUNTA 18/5/2014
http://www.liberliber.it/mediateca/libr ... cucina.pdf
Qui c'è la prima pubblicazione con le note e alcune correzioni, insieme ad altro materiale interssante.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Intervento di Infarinato »

Scilens ha scritto:Io credo che l'italiano sia nato molto prima di quel che si creda e che tra Dante e Crusca abbia subito una ulteriore, ripetuta, rilatinizzazione, un'ingiusta soggezione nei confronti della "forma corretta" che ha portato (e già stava portando anche prima del 1000, come se fossero documentate scuole grammatiche di volgare) a ipercorrezioni sia di gorgia, che di toscanismi del tipo '-ie-' per e lunga e di "-uo-" al posto di O, tanto per fare degli esempi. Ruota è termine da scrivere, rota è solo parlato. All'origine c'è la pronuncia etrusca, senza O, che veniva corretto mentre si diceva. Ru -o- ta.
:?: Non la seguo… :?

In ogni caso, quel che volevo dire è che la lingua del cosiddetto Anonimo Toscano mi sembra piú tarda… e infatti non credo di sbagliarmi. ;)

Bisognerebbe avere sottomano il lavoro della Martellotti, ma, stando a quanto riportato qui, qui e qui, non sarebbe il toscano Libro della cocina a risalire al Dugento, bensí il suo presunto modello latino, chiamato dalla Martellotti Liber Amissus (e di cui il libro dell’Anonimo Toscano costituirebbe una sorta di volgarizzazione), a essere databile fra 1230 e il 1250.

Non è chiaro dalle parole del Di Scipio se sia la versione del Libro della cocina che possediamo a essere stata commissionata da Ubaldino della Pila (fratello del card. Ottaviano degli Ubaldini e morto nel 1285) o il suo eventuale archetipo: in ogni caso saremmo perlomeno nella seconda metà del XIII secolo (…ma secondo me la versione in nostro possesso è piú tarda).

Quanto alla lingua, considerando i dati schiettamente linguistici e la provenienza del possibile committente (Mugello), propenderei ora per il pratese o il pistoiese, anche se nulla vieta che lo scrivano o amanuense in questione potesse provenire da altre parti della Toscana.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Ora che l'ho letto tutto ho notato qualche influsso oltremontano (romagnolo?) e abbandono la precedente frettolosa ipotesi pisano-senese per fidarmi della Sua, Infarinato, perché non conosco il Mugellano, anche se non ci trovo il minimo segno di Fiorentino, ed escluderei per questo almeno il Pratese. Se davvero la traduzione dall'originale latino fu voluta da Ubaldino della Pila degli Ubaldini, la lingua sarà Mugellana e la datazione dev'essere portata alla metà del 1200, approssimativamente.
Vorrei proprio vedere una trascrizione fedele, perché quelle che abbiamo letto sono, credo io, molto ricorrette. Segnalo anche questo collegamento http://www.oldcook.com/it/medievale-lib ... a_italiano
Quanto al mio discorso che riporta, non ho nessun elemento scientifico di sostegno tranne l'evidenza che l'Italiano nasce già fatto al suo primo apparire, e Dante purtroppo era soverchiamente colto; lo prenda pure come parole in libertà, e poco pensate, che già siamo molto fuori tema.

AGGIUNTA del 19/5/2014
http://www.culturagastronomica.it/site/ ... _103r.html
Qui si possono vedere i fogli del manoscritto, le copie che abbiamo letto sono poco accurate, a volte alcune parole sono invertite, in una versione del pimo foglio una riga ("spetie cum garofani e di queste erbe peste forte nel mortaio cum") è stata saltata, non si legge 'mortaro', ma chiaramente 'mortaio', basta confrontare per esempio http://www.culturagastronomica.it/site/ ... i/094r.jpg
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Intervento di domna charola »

Vado a memoria perché il libro della Martellotti è a casa: l'autrice ricostruisce comunque l'esistenza di un Liber Amissus, confrontando più manoscritti con il medesimo nucleo di ricette e tentando di ricostruirne lo stemma.
Ovvero, a partire dalla prima copia conservata, l'Anonimo Angioino, del 1308, che sarebbe quindi la più antica, trova per confronto che altre copie, materialmente più recenti, rimandano a un archetipo comune, da cui si sono avute ripetute traduzioni dal latino al volgare e viceversa. Dato che la materia appare già cristallizzata in una forma evoluta nella copia del 1308, deduce che l'archetipo deve essere duecentesco.
Lo colloca quindi non oltre la metà del secolo considerando:
- il tempo necessario per arrivare all'elaborazione già raggiunta nella copia del 1308;
- l'origine nel Sud Italia, dove esisteva la corte angioina e prima di essa quella sveva di Federico II;
- la presenza di ricette della tradizione araba, elemento questo compatibile con la tradizione multietnica della corte sveva.
Da qui trae la suggestiva ipotesi che il nucleo originale debba risalire a Federico II, cosa che blocca la data a prima del 1250, anno di morte dello Stupor Mundi.

Ma si tratta, a questo livello, di una mera ipotesi, neppure accettata da tutti gli storici.
Al di là di essa, resta il fatto che possediamo solo i manoscritti citati nel libro, databili dal 1308 in poi, e che sono frutto di ripetuti rimaneggiamenti.
Quindi al massimo, per ciascuno si può risalire all'epoca della sua stesura, e quindi alla lingua allora corrente.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Grazie mille del chiarimento, cara Domna Carola! :D

Tutto torna ora. ;)
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Intervento di Scilens »

Infarinato ha scritto:Tutto torna ora. ;)
Dubbio: l'Anonimo Toscano (libro de la cocina) o è commissionato da Ubaldino della Pila, e allora è per forza duecentesco, o non lo è e allora può essere successivo.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Intervento di Infarinato »

Scilens ha scritto:Dubbio: l'Anonimo Toscano (libro de la cocina) o è commissionato da Ubaldino della Pila, e allora è per forza duecentesco…
No, basta (sempre ammesso che la Martellotti abbia ragione) che sia dugentesco l’originale della copia tre-quattrocentesca in nostro possesso. ;)
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

'ɔ:ʎo toscano e ‘œ:ɹiu ligure presuppongono una base o-li-u, altrimenti l'esito sarebbe 'ɔʎʎo e 'œ:ʎu. Se non si tratta di una base popolare, è stata comunque adottata in epoca remota, visto che nel ligure partecipa al passaggio -l-> -ɹ-, che, in base alla documentazione storica, sembra sia avvenuto nel XII sec. o, comunque, è attestato da quell'epoca.
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Intervento di Infarinato »

u merlu rucà ha scritto:'ɔ:ʎo toscano e ‘œ:ɹiu ligure presuppongono una base o-li-u…
No, come ha già spiegato Carnby, [ˈɔːʎo] toscano (non mi pronuncio sul ligure) può essere soltanto la realizzazione fonetica superficiale [«rustica», cioè diastraticamente bassa e/o diatopicamente eccentrica] di /ˈɔljo/, e quindi può essere solo di derivazione [semi]dotta, l’influsso del latino ecclesiastico non avendo potuto impedire il passaggio da Ĕ prevocalico a [j] (collocabile fra il I sec. a.C e il I sec. d.C. secondo il Castellani), ma avendo presumibilmente bloccato (o meglio: avendo fatto regredire) il raddoppiamento di [l] davanti a [j] (I–II sec. d.C.) e la successiva palatalizzazione (III sec.).
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Mi sembra poco probabile che il latino ecclesiastico abbia potuto impedire o bloccare tali fenomeni, non tanto per motivi di ordine fonetico ma sociale. Nel I/III sec. d.C. i cristiani erano ancora un'infima minoranza della popolazione.
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Intervento di Infarinato »

Certo. :) …Proprio per questo ho súbito rettificato parlando di «regressione»: le date erano solo per dare un’idea della scansione temporale dei vari fenomeni e della loro «discretezza».

In sostanza, [in fiorentino antico] un ipotetico *oglio (/ˈɔʎʎo/ [ˈɔʎːʎo]) di tradizione ininterrotta poteva, sotto l’influsso dell’oleum della liturgia, (per un genere alimentare cosí comune e… «toscano») piú facilmente regredire a olio che a oleo.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Dato che in toscano popolare abbiamo oglio ('ɔ:ʎo), occorre spiegarlo. Una palatalizzazione successiva partendo da un oljo introdotto per influsso del latino ecclesiastico, in cui non c'è raddoppiamento perché avvenuta dopo che il passaggio originario si era ampiamente concluso? Oppure da un o-li-u, comunque si sia prodotto, con lo stesso esito finale (o-li-u > olju > 'ɔ:ʎo)?
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u merlu rucà ha scritto:Dato che in toscano popolare abbiamo oglio ('ɔ:ʎo)…
No, abbiamo (solo per certi parlanti) [ˈɔːʎo], che non è *oglio (/ˈɔʎʎo/ [ˈɔʎːʎo]), cosí come (per i medesimi parlanti) abbiamo [eˈɔːʎo] per eolio (/eˈɔljo/ [eˈɔːljo]), [roˈzɔːʎo] per rosolio (/roˈzɔljo/ [roˈzɔːljo]) e [famiˈʎaːɾe] per familiare /famiˈljare/ [famiˈljaːɾe], che non è famigliare /famiʎˈʎare/ [famiʎˈʎaːɾe], etc. ;)
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