Scusate il ritardo: già a novembre 2013, in previsione dell'uscita del film, sul quotidiano Il Secolo XIX Michele Anselmi aveva commentato il misfatto, con un trafiletto che potete leggere per intero qui.Carnby ha scritto:Mi autocito. Dopo Troy, ecco arrivare Noah («naturalmente» in Francia e Spagna è Noé).
Ne riporto l'incipit:
Nota bene: «Non è per fare gli autarchici a oltranza o difendere l’italico idioma». Ecco il punctum dolens: se osi difendere l'italico idioma, la lingua del tuo Paese (o quel che ne avanza), sei un codino "nostalgico". Infatti il nostro mette le mani avanti e, pur scagliandosi giustamente contro chi ha rinunciato a rendere il titolo in italiano (pazienza se fosse stato Mary Stuart o Thomas Moore, e forse anche Troia a caratteri cubitali su un cartellone avrebbe provocato più di una risata, lo dico per Carnby), il nostro, dicevo, coerentemente inanella disinvoltamente nella stessa frase speaker, trailer e yankee.Non è per fare gli autarchici a oltranza o difendere l’italico idioma. Ma che scempiaggine è fare uscire da noi il 14 aprile 2014 l’epico kolossal di Darren Aronofsky sull’Arca di Noè lasciando il titolo internazionale “Noah”? Per gli anglosassoni Noè è Noah, quindi non ci piove, scusate la battutaccia. Per gli italiani è Noè (i francesi scrivono invece Noé).
Ma siccome ci sentiamo tutti anglofoni, al punto che uno speaker di tg recentemente ha pronunciato all’inglese la locuzione latina “sine die”, trasformandola in “sain dai”, ecco che il primo trailer doppiato conserva la dizione yankee. «Noah, cosa ti ha detto?» chiede Naamah, la moglie incarnata da Jennifer Connelly.