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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:...non della necessità di abbreviare una parola italiana per conformarsi alla corrispondente inglese.
Guardi che queste abbreviazioni, nell’italiano parlato, sono una cosa naturalissima e osservabile, poco o nulla conta l’inglese in questo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Lei sostiene che esisteva già ed era in uso l'abbreviazione appli per applicazione prima che si diffondesse l'uso di app propugnato dalla Apple e ripetuto dai suoi pappagalli in Italia e altrove, e prima che a Ferdinand Bardamu venisse in mente che si potrebbe sostituire app con appli?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Nient’affatto! Dove l’ho scritto? Io dico che in italiano queste abbreviazioni sono cosa normale. Anche uni per università, per ampliare la lista. Questo non è un influsso dell’inglese, è un fenomeno proprio, credo, di tutte le lingue.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Il modo tradizionale di formare i diminutivi in italiano è comunque quello di prendere la parte finale della parola. Negli antroponimi si pensi a Lino, Gino ecc. mentre Giannino per Giovanni, diffuso in Toscana, è più l'eccezione che la regola. La tendenza a prendere la prima parte del nome (Ale, Vale ecc.) è recente e non si può escludere un'influenza – sia pur indiretta – dell'inglese che ha questa caratteristica (per es. Alec Alexander, BradBradley ecc.).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Carnby ha scritto:Il modo tradizionale di formare i diminutivi in italiano...
Non stiamo parlando di diminutivi, ma di abbreviazioni.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Pochi giorni fa sono stato in Francia. Nei manifesti pubblicitari di aziende che offrono servizi non compare la parola app, ma appli (almeno in quelli che mi è capitato di vedere). Qui un esempio dell’uso di appli nel maggiore giornale francese.
fiorentino90
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Intervento di fiorentino90 »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Pochi giorni fa sono stato in Francia. Nei manifesti pubblicitari di aziende che offrono servizi non compare la parola app, ma appli (almeno in quelli che mi è capitato di vedere). Qui un esempio dell’uso di appli nel maggiore giornale francese.
Sí, i francesi usano il termine appli, ma in italiano non si potrebbe dire appí (sarebbe la pronuncia delle prime due lettere, cioè ap, comprensibile perché simile all'inglese app)? :roll:
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

fiorentino90 ha scritto:Sí, i francesi usano il termine appli, ma in italiano non si potrebbe dire appí (sarebbe la pronuncia delle prime due lettere, cioè ap, comprensibile perché simile all'inglese app)? :roll:
Mi sembra un’abbreviazione poco naturale. Da bicicletta si è fatto bici, da cinema cine, quindi da applicazione farei appli. In ogni caso, giacché appli non è affatto comune in italiano (cercando in Google se ne trova giusto un esempio, qui), io mi attengo a applicazione. Per quanto mi riguarda, non riesco proprio a dire app, che mi sembra una parola poco espressiva, quasi come un’interiezione.
fiorentino90
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Intervento di fiorentino90 »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
fiorentino90 ha scritto:Sí, i francesi usano il termine appli, ma in italiano non si potrebbe dire appí (sarebbe la pronuncia delle prime due lettere, cioè ap, comprensibile perché simile all'inglese app)? :roll:
Mi sembra un’abbreviazione poco naturale.
Sí, à ragione. È un'abbreviazione inventata a tavolino.
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