«Costare» è un verbo transitivo?
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«Costare» è un verbo transitivo?
Nella trattazione sui verbi transitivi e intransitivi dell’Enciclopedia dell’Italiano, leggo:
Ad altri verbi denotanti attività o stato, quali costare, avere, invece, non si applica nessuno dei test di transitività sopra illustrati, come negli esempi seguenti:
(5)
a. *un euro è costato dal biglietto [← il biglietto è costato un euro]
b. *il libro è avuto da Mario [← Mario ha un libro]
c. *fretta è avuta da tutti [← tutti hanno fretta]
Il paragrafo del passo presenta questo percorso: Il polo transitivo > Proprietà della costruzione transitiva > Verbi biargomentali. L’autrice mette dunque costare nell’insieme dei verbi appartenenti al polo transitivo.
Costare ha effettivamente alcune somiglianze con i verbi transitivi. Come cantare, ad esempio, ammette l’omissione dell’oggetto, o meglio del secondo argomento: «Mario canta», «Il latte nutre», «Una buona istruzione costa». E, come i verbi transitivi del tipo di cantare e nutrire, l’uso assoluto fa sí che il verbo venga interpretato come una qualità del soggetto: «Mario canta» significa «Mario è un cantante»; «Il latte nutre» significa «Il latte è nutriente»; «Una buona istruzione costa» significa «Una buona istruzione è costosa».
A differenza dei verbi transitivi, però, prende l’ausiliare essere nei tempi composti. Inoltre, come si dice nella voce dell’enciclopedia che ho citato su, condivide con il verbo avere l’impossibilità di applicare le prove di transitività degli altri verbi: non può essere volto al passivo e non ammette il costrutto anticausativo (ossia il costrutto intransitivo pronominale con l’oggetto in funzione di soggetto).
Oltre alla trattazione di tutt’i dizionari, che marcano il verbo come intransitivo, ciò che mi lascia perplesso è proprio il fatto che costare richiede l’ausiliare essere, una caratteristica incontrovertibile d’intransitività. Ha senso questa classificazione del Treccani?
Ad altri verbi denotanti attività o stato, quali costare, avere, invece, non si applica nessuno dei test di transitività sopra illustrati, come negli esempi seguenti:
(5)
a. *un euro è costato dal biglietto [← il biglietto è costato un euro]
b. *il libro è avuto da Mario [← Mario ha un libro]
c. *fretta è avuta da tutti [← tutti hanno fretta]
Il paragrafo del passo presenta questo percorso: Il polo transitivo > Proprietà della costruzione transitiva > Verbi biargomentali. L’autrice mette dunque costare nell’insieme dei verbi appartenenti al polo transitivo.
Costare ha effettivamente alcune somiglianze con i verbi transitivi. Come cantare, ad esempio, ammette l’omissione dell’oggetto, o meglio del secondo argomento: «Mario canta», «Il latte nutre», «Una buona istruzione costa». E, come i verbi transitivi del tipo di cantare e nutrire, l’uso assoluto fa sí che il verbo venga interpretato come una qualità del soggetto: «Mario canta» significa «Mario è un cantante»; «Il latte nutre» significa «Il latte è nutriente»; «Una buona istruzione costa» significa «Una buona istruzione è costosa».
A differenza dei verbi transitivi, però, prende l’ausiliare essere nei tempi composti. Inoltre, come si dice nella voce dell’enciclopedia che ho citato su, condivide con il verbo avere l’impossibilità di applicare le prove di transitività degli altri verbi: non può essere volto al passivo e non ammette il costrutto anticausativo (ossia il costrutto intransitivo pronominale con l’oggetto in funzione di soggetto).
Oltre alla trattazione di tutt’i dizionari, che marcano il verbo come intransitivo, ciò che mi lascia perplesso è proprio il fatto che costare richiede l’ausiliare essere, una caratteristica incontrovertibile d’intransitività. Ha senso questa classificazione del Treccani?
Re: «Costare» è un verbo transitivo?
Costare potrebbe richiedere, in altre lingue, l'ausiliare avere, come il tedesco es hat mich zuviel gekostet o il veneto me ga costà caro, per l'italiano mi è costato caro.Ferdinand Bardamu ha scritto:Nella trattazione sui verbi transitivi e intransitivi dell’Enciclopedia dell’Italiano, leggo:
(...)
Oltre alla trattazione di tutt’i dizionari, che marcano il verbo come intransitivo, ciò che mi lascia perplesso è proprio il fatto che costare richiede l’ausiliare essere, una caratteristica incontrovertibile d’intransitività. Ha senso questa classificazione del Treccani?
Le riporto quanto scritto da G.Marcato in Parlarveneto, 2004, pp. 147-48:
"'Avere' con i verbi intransitivi
Bisogna ricordare che è una caratteristica dei dialetti veneti quella di usare 'avere' nelle forme composte sia dei verbi transitivi che di quelli intransitivi: go corso 'ho corso' (e anche go corso via 'sono corso via'); el ga costà poco 'è costato poco'; el ga cressuo ' è cresciuto';
el ga piasso' gli è piaciuto'; ga scomissià piovare' è cominciato a piovere'."
Per il tedesco l'ausiliare 'avere' è obbligatorio (nell'esempio sopra), ma nelle varianti austriache e bavaresi, viene ammesso anche l'uso dell'ausiliare 'essere'; per il veneto sono ammessi entrambi ma ormai si sta perdendo la consapevolezza della norma che regola il modello linguistico originale.
- Ferdinand Bardamu
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Re: «Costare» è un verbo transitivo?
Grazie, Carnby. Sí, in effetti è un verbo che mostra alcuni tratti tipici dei transitivi, pur avendo essere come ausiliare.Carnby ha scritto:La frase «costa un patrimonio» confermerebbe la sua impressione (così come altre espressioni idiomatiche).
Grazie, Sixie. Non so però quanto un confronto interlinguistico sugli ausiliari sia utile in questo caso: non scioglie, insomma, il dubbio sulla natura di costare e sul ruolo sintattico di espressioni come un patrimonio, dieci euro, e sim.Sixie ha scritto:Costare potrebbe richiedere, in altre lingue, l'ausiliare avere, come il tedesco es hat mich zuviel gekostet o il veneto me ga costà caro, per l'italiano mi è costato caro.
FUORI TEMA
Io dico, e ho sentito dire anche da parlanti anziani e con bassa scolarizzazione, senza eccezioni, «El gh’é piaxú (o piaxesto, piú raramente piaso)», «L’é cresú», «El gh’é costà [es. diexe mila franchi]». Può darsi che questi esempi mostrino fenomeni d’interferenza con l’italiano ormai radicati, come lei stessa fa notare.
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Anche la frase " Questo libro 20 euro li costa tutti" sembrerebbe convalidare il verbo costare come transitivo.
Mi ricordo però che ad una simile deduzione, rivelatasi sbagliata, arrivai anche con un costrutto con il verbo essere: " Mario italiano lo è al cento per cento", nella quale frase interpretai il pronome Lo come oggetto diretto. Mi fu detto che sbagliavo. Pazienza!
A dire il vero sono rimasto sempre nel dubbio. Magari questa è l'occasione per venirne a capo.
Mi scusino se ho leggermente deviato dall'argomento.
Mi ricordo però che ad una simile deduzione, rivelatasi sbagliata, arrivai anche con un costrutto con il verbo essere: " Mario italiano lo è al cento per cento", nella quale frase interpretai il pronome Lo come oggetto diretto. Mi fu detto che sbagliavo. Pazienza!
A dire il vero sono rimasto sempre nel dubbio. Magari questa è l'occasione per venirne a capo.
Mi scusino se ho leggermente deviato dall'argomento.
Re: «Costare» è un verbo transitivo?
Forse è parziale.Ferdinand Bardamu ha scritto: Ha senso questa classificazione del Treccani?
Com'è già stato detto, a «costa un patrimonio» può essere affiancato il comunissimo «m'è costato un occhio», con l'ausiliare essere.
Battisti, ormai stabilizzato: "Motocicletta. 10HP. Mi costa una vita. Per niente la darei."
"Costa qualcosa?" va a braccetto con l'ormai comune "cosa costa?" (ma è errato-bisogna dire quanto costa?-)
Anche "è costato tanto" andrebbe aggiunto.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
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La pronominalizzazione del complemento è un’altra prova rivelatrice. Dirò di piú qui sotto.sempervirens ha scritto:Anche la frase " Questo libro 20 euro li costa tutti" sembrerebbe convalidare il verbo costare come transitivo.
L’uso del pronome neutro lo con il verbo essere è un caso diverso. Nell’italiano neutro e sovraregionale il clitico in questione non può essere declinato al femminile e al plurale. Veda questa scheda dell’Accademia della Crusca.sempervirens ha scritto:Mi ricordo però che ad una simile deduzione, rivelatasi sbagliata, arrivai anche con un costrutto con il verbo essere: " Mario italiano lo è al cento per cento", nella quale frase interpretai il pronome Lo come oggetto diretto. Mi fu detto che sbagliavo. Pazienza!
A dire il vero sono rimasto sempre nel dubbio. Magari questa è l'occasione per venirne a capo.
Codesta osservazione, insieme con quella di Sempervirens, mi ha fatto venire in mente che la GGIC può aiutarci. Prendendo a riferimento il paragrafo 1.3.3.2.2. del primo volume (Grande Grammatica Italiana di Consultazione, a cura di Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi, Anna Cardinaletti, Bologna: «Il Mulino», 2001, vol. I, p. 70 e segg.), riporto alcuni punti fondamentali riguardo ai verbi di misura e al loro complemento:Scilens ha scritto:"Costa qualcosa?" va a braccetto con l'ormai comune "cosa costa?" (ma è errato-bisogna dire quanto costa?-)
Anche "è costato tanto" andrebbe aggiunto.
- I verbi di misura, come costare, durare, misurare, pesare, valere reggono un complemento che esprime «la misura della relazione espressa dal verbo» (p. 70).
- Questi complementi hanno sí alcune proprietà dei complementi oggetti, ma sintatticamente si comportano come i verbi che non indicano misura (es. Piero ha corso (per) dieci minuti).
- Questi complementi dei verbi di misura, inoltre, non possono divenire soggetti di una costruzione passiva (es. *Cinquantamila lire sono costate da questo libro).
- Nella costruzione fattitiva, il soggetto del verbo costare (e verbi simili) appare come complemento oggetto, non come complemento indiretto o d’agente: es. Faremo costare questo libro cinquantamila lire (non *a/da questo libro) ~ Faremo vedere il libro a Giovanni, cioè Il libro costerà cinquantamila lire, Giovanni vedrà il libro.
- La misura può essere espressa anche da un avverbio in -mente: in questo caso sintagma nominale di misura e avverbio in -mente stanno in opposizione paradigmatica: non si può dire *Questa valigia pesa terribilmente cinquanta chili.
- Come nel caso del complemento oggetto, il complemento dei verbi di misura può essere reso con il clitico ne o un clitico accusativo, ma solo nella costruzione di anticipazione («dislocazione a sinistra») o posticipazione («dislocazione a destra»): es. Di lire, questo libro ne costa cinquantamila; Giovanni ne pesa cento, di chili.
- Il sintagma interrogativo corrispondente al complemento di misura può essere anche cosa? oltre a quanto? (in un registro colloquiale, molto informale).
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data dom, 31 mag 2015 9:26, modificato 1 volta in totale.
- Animo Grato
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- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
Arrivo in ritardo, ma grosso modo è quello che avrei sostenuto anch'io: le indicazioni del prezzo (puntuali, come dieci euro, o generiche e metaforiche, come un patrimonio o un occhio), pur presentandosi come complemento diretto, non mi sembrano troppo lontane, da un punto di vista logico, da espressioni come "questa cosa mi piace un sacco".Ferdinand Bardamu ha scritto:[...]
- I verbi di misura, come costare, durare, misurare, pesare, valere reggono un complemento che esprime «la misura della relazione espressa dal verbo» (p. 70).
Quindi, sebbene il sintagma nominale che funge da complemento oggetto mostri molte similitudini con l’oggetto, il verbo costare — e gli altri verbi di misura — non possono considerarsi transitivi.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Sono complementi di quantità, rispondenti alla domanda quanto?
A tal proposito segnalo una delle regole dell'accordo del participio passato in francese, in cui questa differenza è palese:
Les 800'000 francs que cette maison a coûté. (Senz'accordo perché Quanto?)
Les efforts que ce travail m'a coûtés. (Accordo perché c'è un vero complemento oggetto anteposto.)
Una regola fantasma imposta nel Cinquecento (se non erro), ma una di quelle che hanno finito col divenire regola inviolabile.
A tal proposito segnalo una delle regole dell'accordo del participio passato in francese, in cui questa differenza è palese:
Les 800'000 francs que cette maison a coûté. (Senz'accordo perché Quanto?)
Les efforts que ce travail m'a coûtés. (Accordo perché c'è un vero complemento oggetto anteposto.)
Una regola fantasma imposta nel Cinquecento (se non erro), ma una di quelle che hanno finito col divenire regola inviolabile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Chi c’è in linea
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