«Schadenfreude»

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Ferdinand Bardamu
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«Schadenfreude»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Animo Grato ha scritto:A costo di attirarmi qualche antipatia, mi dichiaro felice del fatto che alcuni "concetti" che giudico sgradevoli restino al margine della mia visione del mondo, e che pertanto i riflessi verbali di tali "concetti" rimangano intradotti: la Schadenfreude è un sentimento squisitamente tedesco, e glielo lascio volentieri - parola compresa.
Beh, Schadenfreude rimanda a un concetto tutto sommato universale. Che i tedeschi abbiano una parola per indicarlo non toglie che si possa rendere efficacemente anche in italiano, per esempio con una a noi congeniale callida giuntura: gioia maligna.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mar, 23 set 2014 17:09, modificato 1 volta in totale.
DMW
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Intervento di DMW »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Beh, Schadenfreude rimanda a un concetto tutto sommato universale. Che i tedeschi abbiano una parola per indicarlo non toglie che si possa rendere efficacemente anche in italiano, per esempio con una a noi congeniale callida giuntura: gioia maligna.
Il sostantivo Schadenfreude si può tradurre in aticofilia o faulofilia.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Mah, le dirò… i composti neoclassici raramente mi convincono come traducenti di parole comuni. Hanno sempre una connotazione tecnica o pseudotecnica che il forestierismo non ha. In questo caso aticofilia o faulofilia mi paiono quasi nomi di perversioni o malattie mentali.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ma un semplice malagioia no, eh?
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

DMW ha scritto:
Ferdinand Bardamu ha scritto:Beh, Schadenfreude rimanda a un concetto tutto sommato universale. Che i tedeschi abbiano una parola per indicarlo non toglie che si possa rendere efficacemente anche in italiano, per esempio con una a noi congeniale callida giuntura: gioia maligna.
Il sostantivo Schadenfreude si può tradurre in aticofilia o faulofilia.
Qualcuno potrebbe sciogliere questi composti, spiegando atico- e faulo-?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Freelancer ha scritto:Qualcuno potrebbe sciogliere questi composti, spiegando atico- e faulo-?
L'aggettivo greco ἀτυχής (atychḗs) significa «sfortunato» (e il sostantivo ἀτυχία «sfortuna»). Invece φαῦλος (fâulos) significa «cattivo» (e sostantivato, τὸ φαῦλος «il male»).
Apani
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Intervento di Apani »

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Intervento di Pugnator »

Molto simile al sadismo, comunque lo chiamerei : elupefilia . L'ho formato da εκ λυπης (ek ypes) che significa dal dolore e φιλια (filia) che significa (tra gli altri significati)amore e usato spesso in costruzioni simili .
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Nel caso di λύπη, il composto «normale» italiano sarebbe lipofilia.
Pugnator
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Intervento di Pugnator »

Perché ? λυπη si pronuncia lupe con la u francese e l'eta si pronuncia e, o almeno cosi è nella pronuncia etacista erasmiana che era quella originaria dell'antica grecia. E cosi si è mantenuto tipo in Afelio che deriva da *αφηλος o come Amnesia da αμνησια e molti altri...
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Intervento di Animo Grato »

Pugnator ha scritto:
Carnby ha scritto:Nel caso di λύπη, il composto «normale» italiano sarebbe lipafilia.
Perché?
In tutti i casi che mi vengono in mente, la "Υ" greca è diventata "i" in italiano: ipnosi, licantropo, Odissea...
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Intervento di Pugnator »

Non in tutti, basta guardare ad esempio ad Argonauta che viene da Αργοναυτης , Arturo che viene da Αρκτουρος , Aula da Αυλης, Austerità da αυστηερια, Autarchia da αυταρκεια , Bruco da βρουχος e cosi via...
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Intervento di Infarinato »

:shock: Ma nei dittonghi αυ e ευ la υ valeva [u], mentre ου era [ou] in epoca arcaica, poi espediente grafico per [oː] e successivamente [uː], mentre la υ isolata [in epoca classica] valeva [(h)y(ː)], di qui le differenze.
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Intervento di Pugnator »

La "υ" si pronunciava in greco classico come la u inglese o in determinati dittonghi come la u nostrana. Per quanto riguarda la seconda parte, in cui dici che la "υ" isolata si è evoluta in y dico che non è sempre cosi, infatti ci sono parole come caduceo che viene dal greco κῆρυξ (kerux) che significava araldo (il cui genitivo è κερυκος (c'è stato una sorta di rotacismo al contrario che ha fatto diventare quel Ro (ρ) una D , come è successo in armadio, che infatti un tempo si chiamava armario) ) , oppure come in cubo da κυβος. Scusate la poca eleganza ed eventuali errori di lessico/ortografia/grammatica ma le ricerche per accavallare le mie tesi hanno richieste ore e sto scrivendo questo alle 4:32 di notte...
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Intervento di Infarinato »

Pugnator ha scritto:Scusate la poca eleganza ed eventuali errori di lessico/ortografia/grammatica ma le ricerche per accavallare avallare le mie tesi hanno richieste richiesto ore e sto scrivendo questo alle 4:32 di notte...
Perché? Perché?? Perché??? :x

Se a Lei, com’è del tutto evidente, mancano le basi (mancanza cui non può certo sopperire con una [pur lunga] ricerca notturna, ma che richiederebbe anni di studio), perché perde tempo a cercare di avallare tesi insostenibili anziché tacere e ascoltare chi ne sa piú di Lei?

Questo è un fòro sulla lingua italiana per cui siamo già ampiamente fuori tema, ma molto rapidamente la informo che in greco arcaico [preclassico] la υ valeva [u(ː)] proprio come la u [vocalica] latina (e lo stesso discorso vale praticamente per tutte le lingue indoeuropee antiche). A quest’epoca risalgono prestiti [arcaici, appunto] come CŬBUS (< κύβος), CĀDŪCĔUM (forse < καρύκειον), GŬBERNĀRE (< κυβερνᾶν), CRŬPTA (< κρύπτη), variante arcaica/popolare di CRYPTA (che rispecchia invece la pronuncia seriore classica, da cui la voce dotta cripta in italiano), da cui l’italiano grotta (etimologicamente ancora pronunciato con la o chiusa nell’Italia meridionale), etc.

In epoca classica, questo valore originario della υ greca si è mantenuto nei dittonghi (laddove, ovviamente, questi non si siano a loro volta monottongati in qualcos’altro), ma in isolamento si è mutato in [y(ː)] (che non è la [lunga] inglese, ma semmai la francese o la ü tedesca!), di qui la trascrizione y in latino classico (pronunciato per isfoggio [y(ː)] dai latini colti, ma [i(ː)] dal popolo), e quindi il passaggio a/i/ in italiano.

Infine, in epoca ellenistica (e quindi bizantina e moderna) la υ ha perso l’elemento labiale e si è ridotta a /i/, e come tale si è continuata in greco moderno.

Ma i grecismi dòtti arrivati fino a noi (e i neologismi greci o greco-latini coniati in epoca moderna) seguono tutti la trascrizione latina classica y, che in italiano diventa i. Chiaro?… E ora davvero basta.
Pugnator ha scritto: Per quanto riguarda la seconda parte, in cui dici
In questo fòro ci si dà del «Lei» se non ci si conosce personalmente! :evil:
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