La «spazzatura» nei vari dialetti

Spazio di discussione su questioni di dialettologia italiana e italoromanza

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domna charola
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La «spazzatura» nei vari dialetti

Intervento di domna charola »

Apro questo filone dopo una divertente discussione di dialettologia comparata con amici di varie provenienze regionali: sembrerebbe che il concetto di spazzatura, cioè le cose che si gettano nel bidone, venga espresso in giro per l'Italia con termini molto diversi tra loro anche come etimologia.
Io essendo cresciuta in un fritto misto di dialetti, peraltro in casa censurati, non mi ci raccapezzo e uso il termine italiano.
Ma dalle vostre parti cosa viene/veniva usato?
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Sixie
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Intervento di Sixie »

In Veneto usiamo scoàse: ciò che si spazza via con la scoa.
Ci sarebbe anche il termine rusco ma è più delle aree confinanti con l'Emilia-Romagna, non del Veneto centrale dove rusco indica la pula del grano.
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sixie ha scritto:In Veneto usiamo scoàse : ciò che si spazza via con la scoa.
Ho chiesto ai miei genitori, quasi solo dialettofoni, e dalle mie parti scoàse (che qui diventerebbe scoàze, con [ʦ]) non si usa. Non credo si usi da nessuna parte nemmeno nel resto del Veronese: mi suona padovana o veneziana… :?

Stranamente, non saprei dire una parola specificamente bassoveronese per nominare la spazzatura. Neanche ai miei genitori viene in mente.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Confermo, lo conosco anch'io come veneziano.
Solo che in famiglia mi sembrava venisse usata quasi una doppia s.

Quindi non si estende a tutto il veneto...
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

domna charola ha scritto:Quindi non si estende a tutto il veneto...
Qui da me non l’ho mai sentita, ed è un concetto molto comune, perciò il dialetto dovrebbe avere una parola per descriverlo. In dialetto ho sempre sentito e detto imondizie (!).

Forse è una di quelle parole che si è persa nel tempo ed è stata sostituita dall’italiano, come buro per l’autoctono butièro (sentita spesso pronunciare dalla mia nonna).
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

In Liguria si usa rümenta, dal latino tardo ramenta "frammenti, avanzi e scorie di vari materiali". Il termine è usato anche nell'italiano regionale come rumenta.
Largu de farina e strentu de brenu.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

I' sudicio! :)
Pugnator
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Intervento di Pugnator »

Munnezza in lingua napoletana. (Per la distinzione tra lingue e dialetti mi affido alla classificazione UNESCO)
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Gli scarti delle verdure e le bucce erano 'mondature' e andavano alle bestie, come gli scarti di cucina. Se non erano buoni a niente finivano in concimaia o nel bottino. In cucina c'era il 'secchio del sudicio', per tutto quel che andava portato in discarica (allo scarico, si diceva), cioè vetri, latta, cocci e sudiciumi vari. Quel che bruciava, d'inverno veniva acceso nel camino e d'estate fuori nel campo. Spazzatura o sudicio era quel che a Roma chiamano monnezza.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Millermann
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Intervento di Millermann »

Nel mio dialetto, il nome della spazzatura è quello tipico centro-meridionale: munnízzi (o 'mmunnízzi, letteralmente: (im)mondezze).
Di solito il termine, per indicare la spazzatura nel suo insieme, è usato al plurale: la singola munnízza, infatti, ha un significato molto più ampio di quel che ci si potrebbe aspettare, potendo denotare una qualsiasi "impurità", dal bruscolino al rifiuto di cucina. (Ricordo, da bambino, la mia ilarità quando sentivo dire che a qualcuno era finita una «munnízza» nell'occhio! :D)
In particolare, gli scarti di frutta e verdura sono detti anche qui munnatúri (letteralmente: mondature).
Comunque, in italiano regionale, credo che ormai si usi di più il termine "spazzatura", rispetto a "immondizia".
Ultima modifica di Millermann in data ven, 24 lug 2015 11:24, modificato 1 volta in totale.
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
domna charola
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Intervento di domna charola »

Qui fra Milano e il Lario sento usare anche ruèra (non riesco a capire se la e corretta è aperta o chiusa, comunque è accentata) e rudo, però non li so collocare esattamente dal punto di vista linguistico.
A Bergamo invece usano pastorino/a.
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Sixie
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Intervento di Sixie »

domna charola ha scritto:Confermo, lo conosco anch'io come veneziano.
Solo che in famiglia mi sembrava venisse usata quasi una doppia s.

Quindi non si estende a tutto il veneto...
A quanto pare il termine scoàsse (o scoàze con altra pronuncia) non è di tutto il veneto, ma lo è sicuramente della variante vicentina, padovana e veneziana (di città, di terraferma e lagunare).

Ripensando a quanto scritto da Scilens, è vero che bisognerebbe differenziare gli ambiti socio-linguistici di provenienza del termine: il concetto di 'rifiuto' non era lo stesso per chi abitava in campagna o in città.
Nell'economia della corte rurale quasi non esisteva il 'residuo', tutto veniva utilizzato e riutilizzato più volte, non si 'buttava via' niente o quasi.
Ad esempio, quello che noi chiamiamo 'residuo umido' veniva dato in pasto agli animali da cortile, lo stallatico veniva portato al letamaio per poi essere riutilizzato per la concimazione dei campi e così via.
Si faceva la raccolta differenziata in tempi in cui nemmeno si sapeva si chiamasse così.
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Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Da me, mondezza o monnezza/munnezza.
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Millermann
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Intervento di Millermann »

Sixie ha scritto:Si faceva la raccolta differenziata in tempi in cui nemmeno si sapeva si chiamasse così.
Non solo... c'era perfino la raccolta porta a porta! :D

Un tempo, chi allevava il maiale aveva la necessità di doverlo "governare" mattino e sera, e perciò, per procurarsi abbastanza pastone da dargli, si metteva d'accordo con gli amici e i vicini. Predisponeva ogni mattina un secchio vuoto accanto alle porte delle loro abitazioni, e queste famiglie vi depositavano la "ghiotta" (jotta in dialetto), ovvero l'acqua di cottura della pasta, riutilizzata anche per lavare i piatti, e gli altri avanzi della tavola. Al tramonto, qualcuno ritirava quei secchi, e ne faceva uso come base per l'alimentazione del maiale, ricambiando poi il favore con un po' dell'animale stesso.

Naturalmente, è una storia d'altri tempi, che mi hanno raccontato, e che dimostra come i concetti di rifiuti e riciclaggio fossero diversi da quelli della nostra epoca consumistica.
Spero di non essere andato troppo fuori tema! :)
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
Pugnator
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Località: Napoletano, ma vivo a Roma.

Intervento di Pugnator »

La raccolta differenziata e una sorta di legislazione ambientale erano già presenti nel 1832 nel Regno delle Due Sicilie. Se non sbaglio, pure Goethe lodò la pulizia di Napoli, specialmente se comparata a Venezia e Roma che trovò al tempo sporchissime.
Fonti: "Raccolta differenziata e legislazione ambientale" http://decretiamo.blogspot.it/2010/11/l ... -1832.html
Goethe e Napoli "Viaggio in Italia" di Goethe.
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