«Pena la morte»

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«Pena la morte»

Intervento di PersOnLine »

Che tipo di costruzione è pena la morte (o pena la vita)? Insomma, con una costruzione del tipo sost. + art. + sost., dove un sostantivo regge direttamente un sintagma nominale senza mediazione di una preposizione.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
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Coniglio de' Conigli
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Intervento di Coniglio de' Conigli »

Né mica facile! :o

Dopo un'attenta disamina della questione e dopo avere attinte informazioni da fonti diverse, arrischio una (concisa) risposta.
Orbene, mi pare che "il dottore su due ruote" che m'ha preceduto dia nel segno solo in parte. Vero è che nel caso di specie s'ha a che fare con un uso «assoluto» del sostantivo 'pena' (cfr. salvo il, previo il ecc.) - che richiama le costruzioni assolute greche e latine rispettivamente al genitivo e all'ablativo; tuttavia detto uso assolve una funzione ben più circoscritta. La polirematica pena la (vita/morte), isolatamente considerata, è più semplicemente forma contratta di sotto pena di / a pena di e pertanto una locuzione prepositiva o preposizionale. Almeno stando alla mia (IN)competenza!
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Si tratta indubbiamente di una costruzione assoluta, come ha detto Animo Grato. Si veda al riguardo la voce «Pena» del Treccani (sott. mia):
  • In senso ampio, sotto pena di (o assol. pena), locuz. che introduce l’enunciazione della pena comminata per un determinato reato
Tuttavia, come si evince dal passo che ho incollato qui sopra, e come ha ben sottolineato l’aulico Coniglio, sembra la parola pena in questo caso subisca una grammaticalizzazione, diventando una sorta di preposizione.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Confesso che avevo dato anch'io una sbirciatina alla voce pena del Treccani, ma l'equivalenza tra sotto pena di e pena il/la non mi convince fino in fondo. O meglio: sul fatto che significhino la stessa cosa non ci piove, ma l'impostazione sintattica è radicalmente diversa, tanto che non credo si possa considerare pena il/la una "forma contratta" di sotto pena di: la forma contratta, casomai, sarebbe *pena di (usato assolutamente).
Io qui vedo solo un sostantivo con la sua brava apposizione, come nell'espressione assoluta latina consule Caio (ovviamente all'ablativo), usata per indicare l'anno: "sotto il consolato di Gaio [cioè nell'anno X] successe questo e quest'altro". Curiosamente, la traduzione italiana, in questo caso, ricalca fedelmente l'espressione di cui stiamo disquisendo (sotto pena di = sotto il consolato di), ma ciò non toglie che la forma più "sintetica" sia un costrutto assoluto che non è interpretabile come "versione accorciata" di una preesistente forma più comune.
Coniglio de' Conigli ha scritto:"il dottore su due ruote" che m'ha preceduto
Magari! :wink:
Visto che finora non ci siamo incrociati in altri filoni, approfitto dell'occasione per darLe un tardivo benvenuto!
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Coniglio de' Conigli
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Intervento di Coniglio de' Conigli »

Animo Grato ha scritto:Visto che finora non ci siamo incrociati in altri filoni, approfitto dell'occasione per darLe un tardivo benvenuto!
E io ricambio con un tempestivo «grazie»! :)


Quanto alla disputa grammaticale, ho poco da aggiungere.
All'Autore va riconosciuto il merito di avere individuato prima e portato alla nostra attenzione poi un caso di non facile soluzione, una vera "chicca linguistica".

La Sua tesi, Vale-The-Doctor, è ben congegnata e spiegata; e degna di menzione è l'intuizione dell'assolutezza, da cui anch'io ho preso le mosse.
Resto purtuttavia dell'idea che il ruolo svolto dall'espressione de qua sia più limitato: materia da analisi grammaticale e logica, più che sintattica - se mi passa la semplificazione "scolastica". Come accennavo, il sostantivo 'pena' può senz'altro essere sussunto nella categoria dei nomi usati assolutamente (ammesso che tale categoria trovi attestazioni anche nelle grammatiche più autorevoli), ma l'unità polirematica che si ricava dall'"iniezione" dei vari 'vita' 'morte' ecc. non mi sembra tanto strutturata da consentire il guado del rivo che separa semplici locuzioni preposizionali da costrutti sintattici complessi.
Beninteso, resta un mio parere non professionale!


P.S. Un milione di euro in gettoni d'oro al primo che riesce a leggere fino in fondo le castronerie di cui sopra. L'autore vi ha già rinunziato.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Il costrutto nasce indubbiamente come nominativo assoluto, come durante la guerra. A PersOnLine, dunque, ha risposto esaurientemente Animo Grato. Si può però aggiungere che la parola pena tende a svolgere le funzioni di una preposizione: è l’elemento reggente del sintagma, la testa, mentre il sostantivo che segue svolge la funzione del complemento; serve di collegamento tra diversi sintagmi, introducendo un complemento di pena. Pena, come stante o, meglio ancora, durante, mostra dunque una grammaticalizzazione.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Non mi sembra, però, che la definizione della Treccani "l’unione di un nome e di un aggettivo o di un avverbio" sia molto centrata su questo caso, dove non vedo né l'aggettivo né l'avverbio. E non mi sembra neanche che si possa parlare di locuzione cristallizzata tout court nel caso di pena la morte, perché l'uso preposizionale (?) di pena è produttivo, sebbene non comune, in altre frasi: pena l'esclusione.
Non si potrebbe, invece, parlare di pena quale vera preposizione impropria, anche se non ancora registrato nei dizionari come tale?
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